Dokument-Nr. 10005

[Erzberger, Matthias]: Lloyd George, l'Intesa e l'azione della pace svoltasi nel Reichstag germanico il 19 luglio 1917, 28. Juli 1917

La rappresentanza del popolo tedesco – il Reichstag proclamò il 19 luglio che la Germania non fa una guerra di conquista, ma mira invece ad una pace d'accomodamento e alla durevole riconciliazione dei popoli. E il nuovo Cancelliere, Dr. Michaelis, che dirige la politica dell'Impero, si mise, nel giorno stesso, sul terreno della deliberazione del Reichstag e dichiarò: "La Germania, se riesce ad ottenere una pace onorevole, non continuerà la guerra nemmeno un giorno di più, sol per procedere a conquiste territoriali colla forza."
Questa deliberazione del Reichstag germanico sui fini di guerra, accettata dal dirigente della politica dell'Impero, è il fatto dominante nello sviluppo che, nelle ultime settimane, hanno preso le cose in Germania. Essa crea una situazione nuovissima dalla quale ai si può attendere che il suo significato di straordinaria portata non rimanga all'estero per troppo tempo privo dell'apprezzamento che merita. È vero che lo sviluppo che portò ad una tale manifestazione di volontà della rappresentanza popolare tedesca, procedette parallelamente con una crisi del Governo; con una crisi che produsse impressione tutta speciale all'estero, abituato ai fenomeni della forma governati va parlamentare, e le inclinò, specialmente net riguardi del mutamento di Cancelliere, a deduzioni tutte sbagliate, come se il mutamento di Cancelliere dovesse importare necessariamente una rotta tutta diversa dalla politica bethmanniana sull'accomodamento. Per quanto Bethmann Hollweg fosse combattuto tanto più aspramente e vintientemente dai conservatori e pangermanisti
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quanto più continuava la guerra, pure non rileveremo mai abbastanza che Bethmann Hollweg non è caduto a cagione della sua politica d'accomodamento, sibbene per il corso vacillante e indeciso che aveva la sua politica, la quale in molti casi non era completamente all'altezza del compito in quanto all'usufruire di qualsiasi occasione a profitto della pace, e non possedeva la forza sufficente per combattere gli attriti interni. È quindi falsissimo voler vedere nel nuovo Cancelliere un segno tangibile del mutamento di rotta della politica d'accomodamento perseguita da Bethmann. Il signor Dr. Michaelis non ha occupato l'ufficio del Cancellierato quale antagonista, in fatto di politica bellica, del suo predecessore; e se anche si dovessero supporre in lui, contrariamente alle sue dichiarazioni esplicite, idee annessionistiche, il Reichstag non ha punta volontà di rinunciare alla scrupolosa tutela dei suoi diritti e della sua influenza, di cui ha dato una vigorosa prova colla sua "risoluzione" sulla pace. La quale fissa l'importanza decisiva dell'ultimo periodo parlamentare, ed il suo senso è esattamente questo: la rappresentanza popolare germanica e il Cancelliere attuale rigettano qualsiasi piano di annessione forzosa di territori non appartenenti all'Impero, e dichiarano essere intendimento del Supremo Comando germanico proteggere la vita e la sicurezza della Patria in guerra di render possibile prima, e tutelare poi, il libero sviluppo del lavoro tedesco in Europa ed oltremare contro qualsiasi trama malevola. È questo l'intento bellico tedesco, o, più precisamente espresso, il fine di pace. Nessun altro pensiero si nasconde dietro la "risoluzione" del Reichstag, la quale, come abbiano già detto e come ripetiamo, è stata accettata dal
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nuovo, Cancelliere nelle sue linee principali e fondamentali.
I partiti che hanno votato la "risoluzione" e formano una stragrande, maggioranza, non erano certamente tanto ingenui, dopo le esperienze fatte dalla Germania sull'accoglienza delle vari manifestazioni di pace, da credere che i circoli governativi inglesi e francesi avrebbero receduto immantinente dai loro programmi ultra-bellici. Tuttavia ci si poteva ben attendere che nessuno avrebbe menomamente dubitato dell'onestà della "risoluzione" dei partiti della maggioranza, e dell'atteggiamento preso nettamente dal Cancelliere dinanzi alla "risoluzione" stessa, col suo discorso. Come reagisce invece l'Intesa alla nuova situazione? Astrazion fatta di poche voci disperse, le quali si sforzano, almeno, di render giustizia alla "risoluzione" di pace del Reichstag tedesco e al discorso di Michaelis – come il "Manchester Guardian" che scrive non avere il mondo nulla da obbiettare sinchè la Germania presenta come suo intento esclusivamente la sua stessa difesa; e la "Westminster Gazette", la quale ammette tendere il Cancelliere ad una formula moderata di pace – tutta la stampa inglese e francese considera l'azione del Reichstag come una manovra calcolata e speculante sull'inganno, dopo la quale niente resulta mutato di una sola virgola. Frattanto, si ebbe il discorso del ministro inglese Carson, tenuto a Belfast, nel quale disse che se la Germania vuole la pace ritiri anzitutto le sue truppe al di là del Reno. Sul qual discorso lo stesso "Daily News" scrisse, riposar evidentemente la graziosa pretesa di Carson su un errore di geografia, (è oltremodo sintomatico che in un ministro britannico si riscontri una tale mancanza di cognizioni geografiche, da indurre
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persino un giornale inglese a rilevare senza ambagi lo strafalcione, come una cosa usuale in ministri inglesi); aver il signor Carson ritenuto essere il Reno il confine della Germania; considerar non solo fuor di luogo ed indegne siffatte dichiarazioni nella bocca di un membro del Cabinetto di guerra, ma ostacolar esse il Governo anche nella condotta politica, ciò che, nel caso attuale, potrebbe condurre ad una catastrofe determinata dall'ignoranza e dalla stoltezza. Ma eccoti, poco dopo, il primo ministro inglese che scodella un nuovo discorso, il quale si distingue da quello del suo collega anche per il fatto che, se non dà prova della consueta ignoranza, rivela però una forte mancanza di onestà e di buona fede in tutto il giudizio dell'azione del Reichstag germanico.X) Lloyd George tenne questo discorso nel Queenshall di Londra, nell'occasione dell'anniversario dell'indipendenza belga.
Le sue elucubrazioni sono le solite; rimpinzate, come sempre, di demagogia e di scaltrezza abbastanza grossolana. Esse dovrebbero rispondere al discorso tenuto, da Michaelis al Reichstag. Il signor Lloyd George semplifica molto le cose, fingendo di obliare completamente quei passi del discorso del Cancelliere che più debbono essergli rimasti indigesti. E dice di aver letto il discorso non meno di tre volte, per trovarci qualche cosa che potesse secondargli le sperante in una prossima fine della lotta cruenta! Ciò non malgrado – ed è que-
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sta una bella provo della "lealtà" del signor Lloyd George - egli non ha ricordato nemmeno con una parola che il Cancelliere si è dichiarato esplicitamente e nettamente per una pace di compensi e di accomodamento: e ciò in base a quella "risoluzione" della maggioranza dei partiti, che il signor Lloyd George egualmente e "onestamente" dimentica di citare. Orbene: se si pensa a quella lettura triplice ed accurata e a tutta l'ostentazione con cui ne ha dato notizia al mondo, cotali amnesie non possono essere casuali. E allora rimane la conclusione logica che il Presidente dei ministri britannico non voglia la pace di accomodamento. Egli ha avuto l'ardire di affermare che il significato del discorso di Michaelis sarebbe: "annessioni a destra e a sinistra, e consolidamento del militarismo più forte che mai" e attribuisce alla Germania intenzioni annessionistiche nel Belgio. Ora, sarebbe fatica sprecata voler dimostrare a Lloyd George che mènte, semplicemente affermando che il Governo tedesco mira ad annessioni da tutte le parti. Non c'è peggior sordo di colui che non vuole intendere. Il Cancelliere ha detto, in modo categorico, che la Germania, se potrà ottenere una pace onorevole, non farà la guerra nemmeno un giorno di più, sol per procedere a conquiste territoriali di viva forza. Tutto ciò non vuol dir soltanto che la Germania non continuerà nemmeno di un sol giorno la guerra per conquistare, ad esempio, territori non ancora occupati, ma che il Governo è pronto anche a restituire territori già conquistati quando questo risulti fattibile sulla base di una pace onorevole. Fra i territori da restituirsi vi è anche il Belgio sul quale manca assolutamente qualsiasi intenzione annessionistica. Ora una domanda: Come mai il signor Lloyd George, per bocca del quale parla l'Inghilterra imperiali-
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stica, si interessa tanto svisceratamente del Belgio? Su che cosa si basa l'urgente interesse dell'Inghilterra sul Belgio; quell'interesse che essa manifestò prima della guerra, stringendo accordi strategici collo Stato Maggiore belga? Per rispondere a questa duplice domanda, basta ritornar colla mente alla dichiarazione che il signor Asquith fece nel maggio dell'anno corrente, allorchè disse che impossessarsi di punti strategici per proteggersi e difendersi non vuol dire niente affatto procedere ad annessioni. Era guasta una risposta al leader operaio Snowden, il quale pretendeva dal Governo inglese una dichiarazione anti-imperialistica simile a quella fatta dal Governo russo. Non evvi dubbio alcuno che l'Inghilterra intende di impiegare nei riguardi del Belgio il principio che sopra, ed è così spiegato il perchè dei gonfi e rimbombanti paroloni di Lloyd George sul Belgio, gocciolanti da tutte le parti un ethos ipocrita sul diritto delle genti.
Lloyd George si spinge tante innanzi fino a voler negare all'Impero tedesco la sicurezza dei suoi confini. Egli dice che, con questo pretesto, la Germania si incorporò nel 1870/71 l'Alsazia-Lorena. Eh via! Anzitutto l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena da parte della Germania non fu niente affatto un'annessione ma, piuttosto, una disannessione, avvenuta in base al principio delle nazionalità; perchè l'Alsazia-Lorena – non v'è chi non lo sappia, e lo stesso signor Lloyd George non dovrebbe ignorarlo – strappata alla Germania dalla brama conquistatrice di un re francese, aveva nel 1870 ed ha a tutt'oggi una popolazione di pura razza germanica che parla, il 90 %, tedesco. Ecco, in breve, le principali date storiche.
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Nella pace vestfalica del 1648 la fronda strappò alla Germania, devastata dalla guerra dei trent'anni, l'Alsazia inferiore e varie fortezze nella Lorena; nella pace di Luneville, nel 1801, tutta quanta la riva sinistra del Reno; e questo dopo essersi appropriata, nel 1552, delle città tedesche, fino allora libere, di Metz, Toul e Verdun, e, nel 1681, Strasburgo. Per ben 800 anni l'Alsazia aveva appartenuto alla Germania. Il diritto incontestabile dalla Germania di procedere, nel 1870-71, alla disannessione dell'Alsazia-Lorena, fu riconosciuto, a suo tempo, da tutta la stampa inglese e dal Governo britannico, specialmente riguarda alla necessità per la Germania di assicurare i suoi confini contro gli attacchi e le velleità di conquista della Francia. L'8 settembre 1870 il "Daily News" scrisse:
"I Tedeschi hanno il diritto di porre le loro condizioni. Essi pretendono, soltanto di vivere in pace e di non essere continuamente molestati da vicinanti gelosi che cercano di seminar zizzania fra le varie stirpi germaniche. La Francia si è voluta sempre mischiare negli affari della Germania. Il popolo tedesco si è acquistato oggi il diritto delle garanzie". Il 20 agosto 1870 il medesimo giornale scrisse: "Quasi duegento anni fa Luigi XIV rubò ai Tedeschi l'Alsazia. Può darsi che per il furto vi sia prescrizione, ma ciò non toglie di mezzo il diritto della riconquista. La popolazione dell'Alsazia è tedesca per origine, per lingua e per costumi."
Esempi di questo genere ci sembra che siano più che sufficenti a bollar di nera ipocrisia le escandescenze odierne dai signori Inglesi contro la Germania. Comunque, in una prossi-
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ma nostra relaziona, non mancheremo di riportare per esteso i vari giudizi della stampa inglese nel 1870-71, per dimostrare a luce meridiana come si approvasse colà senza riserve alcune l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena da parte della Germania. II signor Lloyd George non ha, dunque, nessun diritto di negare oggi alla Germania la sicurezza dei suoi confini, venendoci a dire che l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena nel 1871 fu motivata con questa necessità. Necessità, sicuramente; e necessità – badisi bene – riconosciuta a suo tempo dal Governo e dalla pubblica opinione inglese come giustificatissima; non solo perchè, allora, la necessità e la verità si imponevano al popolo inglese, ma perchè questo popolo non aveva motivi e scopi riposti per negarla, coste viene a fare oggi alquanto in ritardo. Il punto di gravità che Lloyd George pone sulle pretese tedesche di sicurezza dei confini in rapporto colla questione belga, fa capire a volo che l'Inghilterra stessa ha la pia intenzione di stendere gli artigli sul Belgio. La Germania non vuole annettersi questo paese, ma nemmeno potrà mai permettere che il Belgio divenga inglese. Esso dovrà essere completamente libero da qualsiasi influenza britannica. Il senso di sicurezza dei confini tedeschi sta tutto qui; ed esso dice implicitamente che anche i confini sud-occidentali debbano rimanere tali e quali furono tracciati nel 1870-71 a scopo di protezione della Germania meridionale e del Reno dagli attacchi francesi. Per ogni tedesco è più che naturale che l'Intesa abbia a rinunciare a qualsiasi pensiero sull'Alsazia-Lorena. Il Cancelliere lo disse: il territorio della patria è intangibile, e la Germania non negozierà mai con un avversario che chiede terra dell'Impero. In questo tutto quanto il popolo tedesco è d'accordo con lui.
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I sinceri fautori del democratizzamento interne della Germania e della non-annessione del Belgio, rigettano qualsiasi tentativo che miri a toccare i diritti incontestabili della Germania sull'Alsazia-Lorena. Il signor Lloyd George e i suoi Inglesi dovrebbero ben dirsi questo: essi, che combattono perchè il Belgio non divenga tedesco, se daranno garanzie sufficenti perchè il Belgio non divenga una sfera d'interessi anglo-francesi contro la Germania, nessuna grave difficoltà si oppone ad una pace in base all'accomodamento. Se invece gli Inglesi e Lloyd George vogliono prolungare la guerra per ridare ai Francesi 1'Alsazia-Lorena, il bagno di sangue, stolto ed assassino, condannato a sicuro insuccesso, ricadrà sulle loro teste. Il Cancelliere ha dichiarato, in modo più che esplicito, di non voler prolungare la guerra nemmeno di un giorno per procedere a conquiste. Queste parole dovrebbero bastare a qualsiasi nemico che desideri lo stesso. Al tavolino verde, poi, non sarà difficile creare i compensi e le assicurazioni reciproche per addivenire ad una pace duratura. Senonchè le ultime dichiarazioni di Lloyd George tradiscono, ancora una volta, il vero umore della bestia: alla Germania non dovrà essere garantita nessunissima sicurezza futura e Lloyd George rigetta una pose in base all'accomodamento. Egli dice che l'Intesa combatte per il diritto delle genti e per la giustizia, per mantenere e difendere il futuro dell'umanità; in verità, però, egli non ha altro di mira che lo schiacciamento del temuto concorrente: l'Impero tedesco. Fino a tutt'oggi è rimasta senza smentita la scoperta resa nota dal "Berner Tagwacht" del 19 giugno, che cioè la Francia si era fatta assicurare dalla Russia, col l'approvazione dell'Inghilterra, e con apposito accordo segreto, la conquista
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dell'Alsazia-Lorena, del bacino del Saar e di altre parti della provincia renana da essa desiderate. Se l'Inghilterra ai immagina una pace cosiffatta, ai può comprendere benissimo che Lloyd George, pur avendolo letto tre volte, non abbia trovato nel discorso del Cancelliere tedesco alcun segno che predisponga alla pace.
Il nuovo tentativo di Lloyd George, di armare la "democrazia tedesca" contro la cosiddetta "autocrazia germanica", dicendo che l'Inghilterra deva surrogare con pretese di garanzie materiali - ossia garanzie territoriali - quella fiducia che riporrebbe in un Governo veramente democratico, è, dinanzi ai notori intenti bellici dell'Intesa, una ipocrisia inaudita. La Francia vuole, oltre i territori suspecificati, la Siria; l'Italia e la Rumenia debbono ottenere quel che si son fatte promettere nei loro accordi intesi alla rapina; l'Inghilterra vuole le colonie tedesche e, per lo meno, la Mesopotamia, mentre l'Arabia e la Persia meridionale dovrebbero essere incorporate sotto la forma del protettorato – tutto questo ascondo l'interpretazione asquithiana del concetto annessionistico per l'assicurazione di punti strategici e coll'intento della protezione e della propria difesa! Per drappeggiare, poi, questi fini di guerra, serve a meraviglia la tesi della lotta della democrazia contro l'autocrazia. La "Morning Post" è, almeno, tanto onesta da dire che democrazia e autocrazia non valgono una presa di tabacco. E il ministro della guerra Painlevé dichiarò, pochi giorni fa, nella Camera francese, con una chiarezza davvero ingenua, che la Francia non fa la guerra per liberare politicamente ma per riconquistare l'Alsazia-Lorena. Orbene: davanti a questi intenti bellici dall'Intesa, basati su pure conquiste ed annessioni,
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davanti alla "risoluzione" del Reichstag del 19 luglio e al fatto che il Cancelliere germanico dichiarò che la Germania non avrebbe prolungato nemmeno di un giorno la guerra sol per procedere a conquiste violante; c'è un Lloyd George che osa negare combattere i Tedeschi per la libertà e indipendenza della loro patria. Per libertà e indipendenza da darsi al mondo, Lloyd George non intenda altro che l'amputazione della Germania e delle sue alleate. E quando dice che, dopo la rivoluzione russa, la Germania non ha più ragione di combattere in oriente, il primo ministro britannico tace intenzionalmente il fatto che la Germania ha offerto ad una Russia liberata dall'autocrazia dello Zar una pace senza annessioni e senza indennizzi e che il Governo provvisorio russo, costretto, invero, dai suoi imperialistici alleati anglo-franco-americani, ha risposto con una nuova offensiva alle offerte di pace tedesche. II signor Lloyd George, parlando della sua alleata orientale, dice che la Russia dello Zar era "l'autocrazia depravata e povera di spirito in oriente". Nonostante questa giusta denominazione della Potenza che porta la colpa diretta allo scoppio della conflagrazione, Lloyd George è ben lontano nel voler riconoscere nella Germania il diritto della legittima difesa. Egli sopprime il fatto che la Germania non ha assolutamente pensato ad entrare in guerra contro la Russia sol perchè essa era retta con regime autocratico, ma che prese le armi sol perchè la Russia aveva mobilitato contro la Germania e voleva schiacciarla. Anche sotto altri riguardi la logica del ministro britannico non è niente affatto persuasiva. Egli dichiara che l'Inghilterra non può, assolutamente, concludere una pace con una Germania dominata dall'autocrazia. Andare d'accordo colla autocrazia tedesca che, in perità, non è tale;
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intendersi con una Germania la cui rappresentanza popolare diede il 19 luglio, in pieno Reichstag, la prova chiarissima della sua volontà e della sua forza; con una Germania che vuole concludere una pace in base a compensi e all'accomodamento, ma che non è inclinata a farsi dettar leggi dagli altri, è impossibile per il signor Lloyd George; ma stringere un'alleanza coll'autocrazia russa – la quale, secondo io stesso primo ministro britannico, non solo meritava realmente questo nome, ma era altre a ciò depravata e povera di spirito - e combattere fianco a fianco con essa, ciò non faceva ai pugni con i principi inglesi.
Quella parte del discorso di Lloyd George che si occupa della guerra subacquea, è stata pronunciata ad uso e consumo degli stessi Inglesi. Che l'Inghilterra l'avrebbe fatta finita coi sommergibili tedeschi, è una canzoncina che sentiamo ripetere da mesi e mesi, ogni volta che un ministro inglese prende la parola. In effetto, però, i resultati della guerra sottomarina rimangono sempre egualmente tragici per l'Inghilterra, e non accennano a diminuire. Il numero delle tonnellate natanti affondate fu, nell'aprile, di 1.091.000; questa cifra scese, è vero, nel maggio, a 869.000 tonnellate, a risalì nel giugno a 1.016.000. L'osservazione che la cifra complessiva del tonnellaggio relativo affondato va diminuendo, non attacca. È troppo naturale che se diminuisce il tonnellaggio mondiale natante rimpiccolisca anche per i subacquei la superfice d'attacco. L'importante è che la differenza fra navi affondate e nuove costruzioni sia sempre maggiore, e di questa missione si occupano i sommergibili tedeschi. Spalanchi pure la bocca
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quanto vuole il signor Lloyd George; sputi pure, per i suoi popoli, nastri pieni d'iscrizioni rettoriche, e fiamme per incuorare i compatriotti sfiduciati; – il lavoro convulso dei cantieri inglesi ed americani non basterà giammai a turare le grandi falle aperte nel tonnellaggio avversario. E che in Inghilterra c'è un urgentissimo bisogno di inalare alla pubblica opinione, e persino agli stessi competenti, una buona dose d'ossigeno della speranza, lo si deduce da tanti sintomi abbastanza eloquenti. Il 21 giugno, il "Times" scrisse:
"Il paese vede la sua costanza messa a durissima prova. Le perdite della flotta commerciale britannica oscillano di settimana in settimana per motivi piuttosto oscuri, anzi che no. L'aprile fu un mese nero, e il giugno non promette di cangiar colore. Probabilmente oscilla, di mese in mese, anche il numero dei sommergibili che si trovano in mare. Il nòcciolo della questione deve essere, però, messo a nudo; ed è questo: che la Germania non ha subíto alcuna diminuzione essenziale delle sue armi subacquee, e rimane il fatto che finora non è stato trovato nessun mezzo universale contro i sommergibili."
Il 5 luglio il "Journal of commerce" scrisse, nell'edizione che tratta della costruzione del naviglio:
"Le dichiarazioni degli uomini politici valgono meno che niente, e quelle degli uomini responsabili della condotta della guerra rimangono immutabilmente ottimiste. L'Ammiragliato ci fornisce certe statistiche settimanali che ci dicono qualche cosa, ma troppo poco, in verità. Altre sorgenti ufficiali si sono inaridite."
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In queste parole si legge, per chi sa intendere anche quello che è detto fra le linee, che la guerra sottomarina rappresenta un pericolo ben più grande di quella che credono o vogliono far credere Lloyd George e i suoi colleghi inglesi e alleati. Il "Finanzitidende", un foglio danese, scrisse il 26 luglio:
"La guerra subacquea eserciterà, a lungo andare, automaticamente, una pressione così forte sugli avversari, che verrà il momento in cui si spianerà come per incanto la via fra Berlino e Londra, per procedere a negoziati diretti."
Presentemente la pressione dei subacquei sull'Inghilterra non è giunta al punto da far scattare la molla dei negoziati, ma il tempo è galantuomo e lavora assiduamente di pari passo coi sommergibili. Lloyd George non potrà tenere indietro l'ineluttabile, se, per raggiungere gli intenti di conquista dell'Intesa, rifiuterà oggi una pace in base al reciproco accordo. Questi fini di conquista furono sempre la stella polare della politica bellica dell'Intesa; tutti gli altri motivi di carattere etico messi innanzi non furono altro che mantelli confezionati in modo da coprire la brutale nudità di quegli intenti di conquista. Gli ultimi fronzoli sono stati la formula della democratizzazione della Germania e l'appello della democrazia all'autocrazia. Nello stesso stile ipocrita è stata distesa la dichiarazione che i membri della Conferenza balcanica a Parigi hanno fatto in questi giorni; e che, stando al comunicato Havas, suona come appresso:
"Le Potenze alleate e unite, oggi più che mai, nella difesa del diritto internazionale, specialmente nella
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penisola balcanica, sono fermamente decise di posare le armi sol quando avranno raggiunto l'intento che domina ai loro occhi qualsiasi altro, impedire cioè il ripetersi di un attacco delittuoso come è quello per cui l'imperialismo delle Potenze Centrali porta la responsabilità."
E dagli! Ancora una volta la favoletta dell'imperialismo tedesco colpevole della conflagrazione, vien ripetuta per coprire la colpa dell'imperialismo intesaiolo. (Gli scopi di guerra dell'Intesa sono la prova migliore per l'esistenza di questo imperialismo.) Sentiamo un po' cosa disse, sul tema "Chi impedisce la pace", pochi giorni fa e precisamente il 23 luglio, un giornale di Copenhagen, il "Sozialdemokraten", niente affatto sospetto di tenerezze per la Germania:
"L'opposizione più grande contro una pronta pace, ci viene dalla Francia, dall'Inghilterra e dall'America. La Francia si svena; su questo non v'è dubbio alcuno. Il Governo riesce tuttavia a tener desto convulsivamente l'umore bellico, coll'ossigeno della speranza che l'Alsazia-Lorena abbia a ritornare alla Francia. L'Inghilterra ha raggiunto i suoi fini di guerra: ha screditato e messo male la Germania in tutto il mondo, ha paralizzato il suo commercio mondiale, ha conquistato le sue colonie, ha separato l'Arabia dalla Turchia e ha messo piede nella Persia meridionale e nella Mesopotamia. Se l'Inghilterra fosse sicura di potersi tenere tutto ciò alla conclusione della pace, questa si potrebbe avere anche domani. La questione alsaziano-lorenese, quella polacca ed altre ancora, diverrebbero senza importanza per l'imperialismo
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inglese. L'Inghilterra, nonostante tutto il suo liberalismo a parole, ha, specialmente negli ultimi anni, beato la sua posizione sullo sfruttamento di tutte le parti del mondo, e questo mediante numerose guerre. A calcolare soltanto dal 1871 ad oggi, essa ha scatenato ben 34 guerre, e aggiogato al suo carro 59 milioni di uomini. A nessun paese la parola "imperialismo" calza bene come all'Inghilterra. Non è che un'ipocrisia bella e buona se, nella stampa sciovinista inglese, si grida di fare la guerra "contro l'imperialismo tedesco". Ma che imperialismo tedesco d'Egitto! È lo sviluppo commerciale pacifico tedesco che si combatte; perchè questo sviluppo minaccia il monopolio mondiale dell'Inghilterra. L'Inghilterra voleva soltanto per sè il dominio del mondo e non voleva lasciare nessun posto a un concorrente. Se si domanda chi era interessato alla guerra si deve rispondere senza ambagi: l'Inghilterra; l'Inghilterra sola. La Germania non traeva dalla pace che vantaggi."
La risposta surriferita di tutta l'Intesa alla "risoluzione" di pace del Reichstag germanico non ha, obbiettivamente considerata, valore alcuno. Deve avere essa lo scopo di troncar netto qualsiasi nuova discussione, o sta là a rappresentare lo scantonamento operato alla zittina?
Un giornale svizzero, il "Tagblatt" di Berna, scrive che il discorso del nuovo Cancelliere e la "risoluzione" di pace del Reichstag, sono documenti davanti ai quali l'Intesa non può più passare a naso ritto e far le finte di ignorarli. A questa osservazione noi aggiungiamo: I Governi dell'Intesa tentano ancor
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oggi di scantonare e, come mostra la dichiarazione della conferenza balcanica a Parigi, di pungere ancora i loro popoli per tener deeto in essi lo spirito guerresco col mostrar loro un nuovo e ipocritamente mentito scopo morale. È dubbio che riesca ad essi di impippiare ancora i loro popoli con discorsi bugiardi, tendenti a mantener viva l'opinione che la Germania faccia la guerra per procedere a conquiste. La deliberazione del Reichstag è troppo esatta e troppo chiara per lasciar adito alla sbrigliata e malevola fantasia degli avversari. Essa si rivolge direttamente ai popoli nemici perchè l'ascoltino. E l'ascolteranno certamente, e la prenderanno a cuore, col tempo, se non subito, perchè una parola onesta mandata da popolo a popolo per redimere l'umanità da questo orrendo bagno di sangue, non può rimanere inascoltata. A questo effetto la "risoluzione" di pace del Reichstag, dovutasi all'iniziativa dell'onorevole Erzberger - "risoluzione" accettata dal Cancelliere per la politica dell'Impero, - non è stata inutile, nè inutile vien ritenuta dalla stragrande maggioranza del popolo germanico.
X)Veniamo ad apprendere successivamente che Carson non rivolse la sua graziosa pretesa alla Germania per pura ignoranza, come ritenne lo stesso giornale inglese succitato, il quale conosce i suoi polli, ma, si assevera, ben sapendo che le due rive del Reno appartengono incontestabilmente alla Germania con un buon tratto di hinterland verso il confine francese.
1Seitenzählung folgt der Zählung des Autors.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Lloyd George, l'Intesa e l'azione della pace svoltasi nel Reichstag germanico il 19luglio 1917 vom 28. Juli 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 10005, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/10005. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 26.06.2019.