Dokument-Nr. 10015

[Erzberger, Matthias]: La questione dei fini di guerra in Germania e il dibattito al Reichstag il 15 maggio 1917, 18. Mai 1917

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Indice delle materie.
I. Discussioni sui fini di guerra; rivoluzione russa e il socialismo tedesco.
II. L'interpellanza dei conservatori e quella dei socialisti.
III. La risposta del Cancelliere al Reichstag il 15 maggio.
IV. Il voto di fiducia dei partiti di mezzo al Cancelliere.
V. Unità fra Governo, Parlamento e popolo in Germania.
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I.
Dal momento che, per espresso desiderio del Reichstag, fu accordata la più ampia libertà di discussione pubblica dei fini di guerra, quei partiti, quelle associazioni interessate e tutte quelle commissioni che nella questione suddetta credono di doversi partire da un programma stabile, van facendo della libertà accordata un uso ed un abuso orale e scritto davvero esagerato. Nella discussione dei fini di guerra debbonsi distinguere due campi principali ed opposti. Da una parte trovansi quelli che non vogliono sia conclusa la pace senza ampiamenti di territorio in oriente ed in occidente e senza un grande indennizzo di guerra, opinando essi che qualsiasi altra pace avrebbe un'influenza deleteria perenne sull'Impero germanico. Sono questi specialmente i conservatori, i grandi industriali, i grandi latifondisti, i circoli che si è usi comprendere sotto il nome di pangermanisti, ai quali appartiene anche una piccola parte dell'intelligenza accademica che condivide le loro opinioni. Dall'altra parte – nel campo democratico sociale – si chiede una pace conclusa senza annessioni e senza indennizzo di guerra, una pace che renda possibile il traffico economico pacifico futuro fra i popoli, che metta fine all'odio ed escluda altri conflitti. Fra questi due estremi sta la maggioranza del popolo tedesco orientata se mai – in quanto alla politica di guerra – più verso sinistra che verso destra; la quale maggioranza è d'opinione che la pace futura abbia ad essere la pace dell'accordo collettivo e che quindi non è opportuno fissare un programma stabile mentre durano le ostilità. Questa opinione, appunto perché generale, non
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ha bisogno di tanta grancassa. I due partiti estremi, invece, fanno un grande rumore tanto nella stampa pangermanista che in quella socialista; mentre gli accoliti di una pace in base ad un'intesa mantengono, relativamente, una grande riservatezza.
Così stavano le cose, quando, prendendo le mosse dalla manifestazione del Consiglio degli Operai e Soldati in Russia, e annettendo un valore esagerato alla portata pratica di questa manifestazione, i capi del socialismo tedesco si dichiararono per la preparazione di una pace collettiva senza annessioni né indennità di guerra sulla base del libero sviluppo nazionale di tutti i popoli, e fissarono come il più importante dovere dei socialisti di tutti i paesi combattere i sogni imperialistici di qualsiasi nazionalismo ambizioso, costringere i rispettivi Governi alla chiara rinuncia di qualsiasi politica conquistatrice, ed iniziare al più presto possibile negoziati risolutivi di pace sulla base suddetta. Per dire il vero, questa manifestazione del socialismo tedesco fu, meno per il suo contenuto obbiettivo che dal punto di visto tattico, un errore, – (considerata la situazione attuale militare e politica della Germania e tenuto presente il fatto che le Potenze Centrali non si sono mai stancate dal giorno della loro offerta di pace – 12 dicembre 1916 – di offrire all'Intesa la mano per la pace, ripetendo infine ed espressamente la loro offerta dopo la rivoluzione russa); fu, ripetiamo, un errore, perché poteva destare nell'Intesa, che aspetta il momento dello sfacelo della Germania e delle sue alleate, idee sbagliate e nuove speranze. Tuttavia non eravi motivo alcuno perché i circoli annessionistici prendessero motivo da que-
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sta manifestazione per fare rumore, molto più considerato che essa non conteneva nulla di nuovo, avendo sempre il socialismo difeso il programma di una pace fra i popoli senza annessioni e senza indennità di guerra. La manifestazione dei socialisti fu, invece, per i circoli annessionistici, come il segnale di nuove tempeste, non soltanto a favore dei loro fini di guerra, sibbene anche contro il Cancelliere che si era rifiutato di dichiararsi favorevole alle mire annessionistiche.
Per calmare l'agitazione la "Norddeutsche Allgemeine Zeitung" fece una dichiarazione semi-ufficiale (vedasi l'Allegato 1) dalla quale risultava che il Governo non riteneva opportuno esprimersi ancora particolareggiatamente sulle modalità della pace e sui fini di guerra più di quello che era ormai avvenuto più volte solennemente e pubblicamente, e cioè con parole che non lasciano dubbio alcuno sul punto non trovarsi le richieste del Governo tedesco alla conclusione della pace in contrasto veruno con i diritti delle altre nazioni, ma dover assicurare esse soltanto l'esistenza, l'onore e il libero sviluppo dell'Impero germanico. Nella dichiarazione ufficiale fu respinta la domanda proveniente dai due campi opposti; che, cioè, il Governo dichiarasse quali erano i suoi fini di guerra. A ragione fu ricordato ai socialisti che l'Intesa insisteva ancora nelle sue temerarie pretese, dinanzi alle quali la formula pacifica dei socialisti sarebbe risultata fiacca e avrebbe subito disillusioni; che, inoltre, l'Intesa avrebbe attinto dalla dichiarazione dei socialisti tedeschi nuove speranze per le sue popolazioni sofferenti e le avrebbe costrette a sanguinare ancora e a morire per chi sa quanto tempo. Agli annessionisti fu detto
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che il tono preso dalla loro stampa non avrebbe, cozzando con quello dei socialisti, potuto che recar danno alla Patria. Contemporaneamente il Governo richiese da tutti i partiti unità interna ed una forte volontà per la difesa vittoriosa dal Paese e questo per poter realizzare la sua politica.
Le due parti contendenti, alle quali la risposta era diretta, non ne rimasero soddisfatte. La stampa socialista ed alcuni giornali democratici progressisti credettero, come per lo passato, che il Cancelliere avrebbe fatto meglio, nell'interesse della pace, d'accettare il programma di una pace senza annessioni e senza indennità di guerra; dall'altra parte i conservatori e gli organi pangermanisti dichiararono doversi alla debolezza della politica del Governo quel non osare di dichiarare pubblicamente i fini di guerra. Aggiungevano che l'esistenza e l'avvenire dell'Impero sarebbero dipesi dalla notificazione o dalla non-notificazione di essi fini da parte del Cancelliere.
Così continuò la lotta alla quale si mescolarono le varie tendenze di partito miranti ad aggravare la posizione del Cancelliere e la sua politica. E qui bisogna prendere in considerazione specialmente l'avversione di ampi circoli conservativi contro la politica del Governo, dichiaratosi pronto a corrispondere al bisogno che ha la Germania di un nuovo ordinamento dei rapporti interni.
Questa politica apparentemente voluta dal Cancelliere, ma, in verità, condivisa e determinata da tutti gli uomini di governo nonché da S. M. l'Imperatore, è odiata da tutti quelli
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che vorrebbero invece la politica della forza. Questi cotali vorrebbero colpire in pieno il pensiero fondamentale di una siffatta politica, e credono di poter ottenere l'anelato intento rovesciandone il rappresentante, il Cancelliere Bethmann-Hollweg.
II.
Frattanto ricominciarono, al principio di maggio, le discussioni plenarie del Reichstag, interrotte dalle vacanze pasquali. Era imminente la discussione di grandi problemi nella compilazione del bilancio. Nella seconda lettura del bilancio dell'esercito e della marina, le discussioni sulla censura, stato d'assedio, carcere preventivo, ecc. dovevano rappresentare una certa parte; e si sarebbero ancora discusse la questione alimentare e quella della politica economica. Alla terza lettura del bilancio avrebbe dovuto aver luogo una dichiarazione sulla politica del Governo, e tutti erano ansiosi di sentire che cosa avrebbe detto il Cancelliere sulla politica interna ed estera. Comunque, era chiaro che tanto la politica di nuovo orientamento interno, caratterizzata dal messaggio pasquale dell'Imperatore, quanto la questione dei fini di guerra, trattata ultimamente dalla stampa, avrebbero avuto il loro eco nelle sedute del Reichstag.
La Lega pangermanista cercò di influenzare il corso di queste trattative mirando a guadagnarsi l'opinione pubblica.
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La direzione centrale della Lega pangermanista approfittò della manifestazione socialista sulla pace senza annessioni né indennità di guerra per influire nelle riunioni dei suoi gruppi locali in senso pangermanista. La stampa pangermanista lavorava a tutt'uomo nel medesimo senso e difendeva nuovamente e con ogni insistenza l'idea dell'indennità di guerra, dell'aumento di potenza e di territorio alla conclusione della pace. Fu espresso ancora il pensiero che non ci sarebbe stato da aspettarsi iniziativa alcuna dal Cancelliere; che il popolo avrebbe dovuto aiutarsi da sé per fornire con potenti manifestazioni la prova della sua ferma volontà di volere ottenere una pace vittoriosa. Bisognava allontanare i pericoli maturati a causa della debolezza del Governo.
Questo assalto organizzato a favore di una pace dettata e contro il Governo e la sua politica, trovò finalmente la sua massima espressione in una interpellanza che la frazione conservatrice del Parlamento avanzò il 3 maggio e che era del seguente tenore:
"La deliberazione del partito socialista in data 20 aprile a. c., che chiedeva di concludere una pace collettiva senza annessioni né indennità di guerra, ha, per mancanza di un netto atteggiamento del Cancelliere, prodotto una grave inquietudine in ampi circoli del popolo tedesco; avvenga che una tale pace corrisponderebbe, è vero, ai principi internazionali, ma non alle necessità vitali del popolo germanico. È pronto il signor Cancelliere a dare chiarimenti su quale sarà il suo con-
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tegno riguardo al suddetto deliberato?"
Già il 24 aprile il Governo aveva dichiarato nella "Norddeutschen Allgemeinen Zeitung" [sic] che non aveva nulla da aggiungere a quello che aveva già detto pubblicamente sugli scopi di guerra; che, attualmente, non avrebbe fatto ulteriori dichiarazioni, e che avrebbe proseguito nella via che la coscienza e la responsabilità dinanzi al paese gli additava, senza lasciarsi forviare [sic] né dalle pressioni di destra né da quelle di sinistra. Da quel giorno la situazione politica non si era cambiata, tanto da poter presumere che il Governo si sarebbe deciso a dare informazioni più dettagliate relative agli scopi di guerra e alle condizioni di pace. Ciò non pertanto i conservatori e i circoli pangermanisti loro affini insisterono sulle dichiarazioni particolareggiate, e per raggiungere l'intento si servirono di un espediente parlamentare per forzare quasi il Governo a dichiarare pubblicamente quello che pochi giorni prima aveva detto di non poter dichiarare in base alla sua coscienza e responsabilità dinanzi al paese.
Il successivo effetto dell'interpellanza dei conservatori fu che ad essa seguì, come risposta, un'interpellanza dei socialisti la quale indirettamente interpellava il Governo sugli scopi di guerra nella forma che segue:
"È noto al signor Cancelliere che il Governo provvisorio russo e che la nostra alleata Austria-Ungheria hanno dichiarato nell'identico modo di esser pronte ad una pace senza annessioni? Che cosa pensa di fare il signor Cancelliere per giungere ad un accordo fra tutti i Governi in-
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teressati perché la futura pace possa essere conclusa in base ad un'intesa reciproca sulla annessioni ed i fini di guerra?"
Con queste due interpellarne si era creata la situazione che doveva costringere il Cancelliere a dichiarare, o a far dichiarare, se e quando egli avrebbe risposto. La stampa si stillò non poco il cervello per indovinare quale sarebbe stata la risposta; se sarebbe stata lunga o breve; dettagliata o tenuta sulle generali; ed altro ancora. La stampa dei partiti di mezzo, ai quali appartengono i nazionali-liberali, il Centro, il partito democratico progressista e la frazione tedesca, rilevò che se anche il Cancelliere avesse ceduto alle pressioni dei conservatori e dei socialisti la contesa politica interna non si sarebbe calmata, ma, secondo tutte le previsioni, avrebbe divampato di nuovo con maggiore violenza. Soltanto i nemici sarebbero venuti a trarre un vantaggio grandissimo dalla chiarezza che sarebbe risultata dalle dichiarazioni del Governo sui fini di guerra. La Germania non ha fatto davvero nessuna buona esperienza colla notificazione pubblica del suo desiderio di pace. Contraddice poi a qualsiasi regola ed a qualsiasi esperienza sul modo di trattare affari di grande portata – e la conclusione di una pace dopo una tale guerra non può essere altro che l'opera del cervello freddamente ragionante – lo scoprire anzi tempo le buone carte che si hanno in mano. Si illudono a partito quelli che credono di potere spiegazzare davanti alla pubblicità le difficili e complesse trattative politiche. L'Intesa ha respinto la proposta di sedersi al tavolino verde colle Potenze Centrali, è quindi probabile che si
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possa giungere a creare una salda base per i negoziati futuri in virtù di abboccamenti confidenziali. Anzitutto l'Intesa dovrà rinunciare in complesso alle sognate annessioni di territorio delle Potenze Centrali, (territori che essa non ha niente affatto conquistati) prima ancora che il Governo tedesco rinunci all'annessioni di territori che gli eserciti germanici hanno espugnato colle armi. La Germania non può rinunciare per principio ai suoi pegni, fintanto che l'Intesa mostra di non avere la benché minima intenzione di fare concessioni. Per la Germania non si può trattare di concludere una pace a qualsiasi prezzo, per quanto grande sia il suo desiderio di contribuire energicamente a metter fine all'atroce macello. Il socialismo tedesco ed austro-ungarico crede, forzando il Cancelliere a fare una dichiarazione definitiva contro qualsiasi ampiamento di territorio, di vibrare un forte colpo all'imperialismo avido di conquiste. Ma questa è, se riferita all'Intesa, una utopia; e per questo riguardo una precoce vincolazione della Germania ad un programma di rinunce potrebbe riuscirle fatale più tardi, al momento della pace. D'altra parte è opinione dei partiti di mezzo che se il Governo si vincolasse al programma dell'acquisto di territori, dell'aumento di potenza, e dell'indennità potrebbe essere egualmente fatale per la pace. Anzitutto i piani annessionistici farebbero salire nei paesi dell'Intesa lo spirito guerresco come lo farebbe salire una dichiarazione di rinunce. Se sarà possibile raggiungere al momento della pace certe pretese reali da una parte e dall'altra lo vedremo al momento della pace stessa. Oltre a ciò la questione di certe pretese dovrà essere determinata dalla necessità di creare una pace che offra la
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garanzia della durevolezza. Questo deve essere il punto di vista dominante, oltre alle necessità di cui ha bisogno la Germania per assicurare il suo sviluppo futuro e proteggersi contro il ripetersi dell'aggressione del 1914 e della politica d'accerchiamento che quell'aggressione precedette e preparò. Quello che si potrà raggiungere con una pace e, più precisamente, colla pace trattata che dovrà metter fine alla guerra non può essere assolutamente fissato oggi che la guerra segue il suo corso, ma dipende dallo sviluppo ulteriore della guerra stessa, dal corso delle trattative di pace e dai piani che la Germania dovrà bene avere tracciati per il suo futuro. Del resto i partiti di mezzo non ammettono un valore esagerato ad un eventuale aumento di potenza mediante acquisto di nuovi territori alla conclusione della pace, e non crediamo che approverebbero una guerra che avesse intenti pronunciati di conquista. In ogni caso i giornali dei vari partiti di mezzo fecero riconoscere, – eccezion fatta del "Berliner Tageblatt" che disse di desiderare una dichiarazione del Cancelliere nel senso dell'interpellanza socialista, – di esser contrari, tanto per motivi di politica interna che estera, di dare anticipatamente in pasto ai nemici i fini di guerra tedeschi e di rigettare egualmente intenti annessionistici come una pace senza garanzie sufficienti.
III.
Il Cancelliere si dichiarò pronto a rispondere alle interpellanze il 15 del corrente mese. Fino a questo giorno i
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giornali conservatori, pangermanisti e socialisti non cessarono un solo minuto di discutere la risposta da venire sulle interpellanze come una risoluzione di straordinaria importanza; come se da essa dipendesse la sorte dell'Impero tedesco. Ma dopo tutto quello che era accaduto risultava ormai chiaro che il Cancelliere non avrebbe detto molte cose nuove, e che era esagerata la fanfara dei circoli interessati. Tuttavia la seduta del Reichstag fu di grande importanza ed avrà certamente un grande effetto, tanto nell'interno quanto all'estero.
L'interpellanza dei conservatori fu motivata dal deputato Roesicke. Il suo discorso si tenne nelle note vie dell'ideologia pangermanista. Egli domandò dal Cancelliere che si esprimesse con piena chiarezza sui fini di guerra della politica del Governo, gli rimproverò di non voler vincere, presentò l'aumento di potenza e di territorio quale conditio sine qua non della pace e dell'avvenire politico ed economico dell'Impero tedesco e respinse energicamente una pace di carattere internazionale come la vorrebbero i socialisti. Dopo il deputato Roesicke prese la parola l'on. Scheidemann, leader del partito socialista, il quale motivò la sua interpellanza con grandissima abilità attaccando violentemente i pangermanisti. Anch'egli domandò dal Cancelliere la massima chiarezza e la rinuncia ad una politica orientata verso l'annessionismo. Le sue dichiarazioni, appellandosi bene spesso al sentimento umanitario, illustrarono il concetto socialista della guerra e della pace. Con parola efficace e stringente egli protestò contro quel volere tirare in ballo nel dibattito, come aveva fatto l'oratore precedente, l'Imperatore,
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che egli qualificò un uomo di intendimenti pacifici; espose il pericolo derivante dal modo di agire dei pangermanisti i quali reclamano l'Imperatore per sé come se appartenesse soltanto ad essi, e inducono i paesi nemici ad ascrivere all'Imperatore le pazzie dei pangermanisti. In un punto, però, l'on. Scheidemann prese una bella cantonata; e questo fu quando, descrivendo il desiderio di pace del popolo germanico, disse: "Se i Governi inglese e francese rinunciassero, come ha fatto già quello russo, a qualsiasi annessione, e il Governo tedesco continuasse la guerra per mirare ad intenti di conquista, in Germania vi sarebbe ben presto la rivoluzione." Era assolutamente inutile costruire un caso così impossibile, perché non vi è ancora probabilità alcuna che l'Inghilterra e la Francia rinuncino ai loro sogni di annientamento, e molto meno ci sarebbe da attenderci che nel caso descritto dal signor on. Scheidemann il Governo tedesco rifiuterebbe la pace. È naturale che la parola "rivoluzione" in un caso così inverosimile ipotetico operasse nell'animo dei conservatori come l'atteso segnale per dare la via al loro sdegno. Lo stesso Scheidemann, in una sua osservazione personale, caratterizzò tutto l'artificio dello sdegno dei conservatori ed osservò come egli, in fondo, non avesse fatto altro che presentare una ipotesi, e non intendeva affatto di predicare la rivoluzione. Aggiunse di esser convinto che nemmeno un Governo in grazia dei pangermanisti avrebbe realizzato la sua ipotesi.
Il Cancelliere Bethmann Hollweg rispose alle due interpellanze. Egli dichiarò, come del resto era da attendersi, che
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non poteva legarsi né alla rinuncia domandata dai socialisti né al programma di conquista conservatore. Rifiutò di vincolare la sua persona e la sua politica ai desideri di qualsiasi partito, osservando che egli serviva soltanto il popolo tedesco, e non questo o quel partito. Con parole calde e persuasive, espose le ragioni che gli impedivano presentemente di parlare dei fini di guerra, e disse che un programma di rinunce avrebbe come un programma di conquiste giovato ben poco all'intento principale, cioè quello di abbreviare la guerra e concludere la pace. Aggiunse che se il Governo avesse svelato i suoi piani di pace, non solo avrebbe fatto il gioco del nemico, ma avrebbe invaso il campo delle vere e proprie trattative di pace. Il momento di svelare gli scopi di guerra non è ancora giunto a causa della velleità guerresca e delle illusioni dell'Intesa. Il Governo non può iniziare le complesse trattative diplomatiche colle mani legate; quelle trattative che metteranno una volta fine alla guerra. Contemporaneamente il Cancelliere dichiarò con tutta chiarezza che, se la Russia si potesse liberare dalle invadenze inglesi, se fosse pronta a trattare sulla base della eguaglianza e a riconoscere per la Germania quello che essa pretende per sé stessa, il Governo tedesco sarebbe prontissimo ad iniziare i negoziati di pace e non respingerebbe le richieste russe. Il Cancelliere chiuse le sue dichiarazioni sulla "Nuova Russia" colle notevolissime parole:
"Io non dubito che sia possibile di giungere ad un accomodamento per un'intesa reciproca e leale, che escluda ogni violenza e non lasci alcuna spina, alcun malumore."
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Questa saggia dichiarazione del Cancelliere, respirante il più sincero desiderio di pace e mostrante chiaramente come la Germania e le sue alleate siano pronte ad offrire la mano ad una Russia veramente decisa alla pace ed all'amicizia durevole, produsse una grande impressione in tutti i partiti e persino nell'estrema sinistra si fece nuovi accoliti per la politica di pace del Governo. Questa politica di pace venne a rivestire una più grande importanza allorché il Cancelliere dichiarò, con non poca sorpresa dei pangermanisti, che egli si trovava in completo accordo col Supremo Comando e con tutti i Governi alleati relativamente ai fini di guerra della Germania.
Quello che il Cancelliere reputò possibile da parte russa, dovrebbe essere, stando al suo discorso, prima o poi anche per la Francia e per l'Inghilterra. Tutto dipende dal fatto che anche là sbocci il fiore della buona volontà. Ma certo il Cancelliere aveva mille ragioni a dire come egli costatasse sin qui l'assoluta mancanza di buona volontà di pace da parte dei Governi inglese e francese. Giustificando il suo rigetto del programma delle rinunce e delle applicazioni, appunto a causa dell'umore bellico che dimostrano di possedere ancora i Governi occidentali, disse ancora che nel caso che le Potenze dell'Intesa avessero cambiato opinione, anche in Germania vi sarebbe stato un corrispondente mutamento di posizione. Infatti, come il popolo tedesco non vuole sapere di rinunce spontanee, così non persegue, per principio, una politica annessionistica come se la immagina l'on. Roesicke. Il Cancelliere conchiuse dicendo che la Germania non era entrata in guerra, per procedere a conquiste, sibbene per assicurare la sua esistenza e il suo futuro di nazione. E così il
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discorso del Cancelliere non finì coll'esposizione di un programma di rinunce o di conquiste, le quali entrambe non valgono ad abbreviare la guerra, ma coll'invocazione di una pace che dia alla Germania la libertà di ricostruire la sua esistenza e di farne la rocca del lavoro; di una pace che non umili nessun popolo ma che nemmeno leghi alla Germania le mani.
Il discorso terminò in mezzo ai più scroscianti applausi di tutto quanto il Reichstag. Soltanto i conservatori si mantennero freddi.
IV.
Passati alla discussione delle interpellanze subentrò un fatto che diede alla seduta e a tutta quanta la questione dei fini di guerra il suo pieno significato. Il deputato del Centro on. Spahn si alzò e, in nome dei partiti di mezzo, cioè del Centro, del partito democratico progressista, del partito nazionale liberale, e della frazione tedesca, dichiarò essere tutti questi partiti della medesima opinione del Cancelliere; che, cioè, una discussione dei fini di guerra dentro il Reichstag non sarebbe utile ai bene intesi interessi della patria; essere col Cancelliere pienamente d'accordo sul suo rifiuto di entrare nelle circostanze odierne nei particolari dei fini di guerra circoscritti nei suoi passati discorsi; bastar ad essi il sapere che il Governo non persegue né sconfinati piani di conquista né si lega al pensiero di una pace senza annessioni né indennità di guerra; approvare infine la dichiarazione del Cancelliere "essere
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egli pronto in ogni momento a concludere colla Russia una pace atta a stabilire buoni e durevoli rapporti con quella nazione limitrofa." (Allegato No. 2).
In tal modo la grande maggioranza del Reichstag e, dietro essa, il grosso del popolo germanico, approvò la politica del Governo. Questa maggioranza che diede il voto di fiducia al Cancelliere, oltrepassò nel Reichstag medesimo i limiti di partiti che avevano sottoscritto la dichiarazione. Il corso della seduta, nonché il modo con cui da certi banchi di sinistra si applaudì al discorso del Cancelliere, mostrò come anche i socialisti siano, in quanto al nocciolo della questione, d'accordo col Cancelliere; sebbene questi abbia respinto con argomenti convincenti la formula internazionale socialista della pace senza annessioni e risarcimenti. Del resto anche l'on. Scheidemann motivando l'interpellanza socialista, era giunto fino a dare alla sua formula la tendenza di una pace in base ad un accordo; una pace nella quale ci si sarebbe ben potuti accordare su scambi di territorio e, se del caso, anche sulla rimozione e spostamento di certi pali di confine. Anche la dichiarazione del Cancelliere relativa alla pace colla Russia produsse una grande impressione nell'estrema sinistra. La dichiarazione dei partiti di mezzo comprende, dunque, anche alcuni circoli socialisti, di modo che gli interpellanti conservatori vengono a trovarsi del tutto isolati. Si dice, ed è credibile, che alcuni capi dei conservatori, sospettando l'aggruppamento dei partiti, non approvassero l'interpellanza del partito conservatore; ma che, essendo restati in minoranza alla votazione, si siano dovuti adattare. È notevole che la questione degli scopi di guerra ed anche la questione del nuovo orientamento inter-
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no abbia staccato dai conservatori anche i nazional-liberali che con quelli andarono sempre a braccetto; di modo che il partito conservatore viene oggi a trovarsi solo soletto a causa della sua opposizione contro la politica del Cancelliere.
V.
Quel "gran" giorno sul quale conservatori e pangermanisti avevano richiamato l'attenzione del pubblico colla stampa e coi pubblici discorsi; quel "gran" giorno nel quale si sarebbe dovuta decidere la sorte del Cancelliere e soprattutto dell'Impero, finì così con un gran fiasco per i circoli pangermanisti, e con una nuova affermazione del fatto che Reichstag e Governo sono completamente d'accordo nelle questioni più importanti nella politica dei fini di guerra. Si poté assistere inoltre al naufragio dei tentativi dei circoli pangermanisti intesi a seminare zizzania [sic] fra il Governo ed il popolo, fra la monarchia e la gran massa, fra il Reichstag e i capi politici e militari dell'Impero. Questa unità fra Governo, Parlamento e popolo è veramente grandiosa se si pensa che siamo alla fine del terzo anno di una guerra mondiale la quale, colla sua intensità, e la sua estensione, penetra fin nelle più riposte pieghe dell'esistenza nazionale interna.
Come abbiamo già osservato, non si sbaglia certamente se si cerca l'origine della combattività dei pangermanisti e conservatori contro il Governo nel malumore provato all'apprendere che il Governo è pronto a realizzare profonde riforme interne
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in Germania. Il discorso del Cancelliere fece riconoscere che il Governo dell'Impero non teme gli assalti dei conservatori nemmeno riguardo ai suoi compiti interni. Il Cancelliere dichiarò espressamente che il messaggio pasquale dell'Imperatore, promettente le necessarie riforme, contiene ancor oggi inalterato tutto il suo valore; e la dichiarazione dei partiti di mezzo fece comprendere che appunto lo spirito del messaggio pasquale suppone e garantisce una reciproca e fiduciosa cooperazione fra popolo ed Imperatore. In tal modo i partiti di mezzo contribuirono, anche riguardo ai compiti di politica interna, a consolidare l'unità fra popolo e Governo, dinanzi alla quale i soli conservatori se ne stanno ancora oggi in disparte.
Rimane ora a vedersi se i pangermanisti, ributtati nella loro offensiva generale, proseguiranno la lotta contro la politica del Governo e contro il Cancelliere impiegando nuovi mezzi. Comunque sia, la campagna detta dei fini di guerra e la battaglia data in pieno Reichstag, ha chiarito la situazione dei partiti dinanzi alla politica del Cancelliere; ha riunito i partiti stessi e li ha chiamati a votare la fiducia al Cancelliere, ha accentuato ancora l'unità che esiste fra popolo e Governo ed ha, infine, consolidato la posizione del Cancelliere nei riguardi della sua politica interna ed estera.
18.5.1917.
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Allegati.
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Allegato No. 1.
"Da due parti si chiede di nuovo, con insistenza, al Governo di manifestare il suo avviso nella controversia delle opinioni sopra gli scopi di guerra. L'appiglio a questa sollecitazione è stato dato dalla dichiarazione del partito socialista che, ripetendo quanto già disse nelle sue dichiarazioni anteriori, afferma d'essere per una pace senza annessioni e senza indennità di guerra.
Da questa parte si desidera che il Governo faccia suo il contenuto di tale dichiarazione. La parte opposta chiede che il Cancelliere oppugni recisamente la dichiarazione dei socialisti.
Da quando la discussione degli scopi di guerra è stata permessa dalla censura la nostra pubblica opinione ha avuto ogni agio possibile di manifestare le sue idee. I limiti entro i quali essa si vuol contenere debbono venir fissati dalla sua coscienza patriottica. Il Governo ha comunicato sugli scopi di guerra quanto da lui può esser detto, né, per il momento, egli può aggiungere nulla alle dichiarazioni già fatte. Il Governo, senza lasciarsi forviare dalle premure delle due parti, seguiterà a battere la strada che la coscienza e la responsabilità verso il paese gl'impongono. Suo compito è di condurre a buon fine, il più presto possibile, la guerra. Alla qual cosa si oppongono soprattutto le folli pretese dei nostri nemici d'occidente; senza dubbio la stampa avversaria non è libera di esprimere il suo pensiero. Degno di nota è, nondimeno, che essa, sia
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nella questione delle annessioni, sia in quella delle indennità di guerra, non abbia receduto di un punto dalle sue irragionevoli pretese. Basta leggere i giornali inglesi e francesi per convincersi che l'offensiva militare è accompagnata da un fuoco di fila su tutto il fronte giornalistico. Lloyd George spinge la "Hindenburglinie" indietro sino al Reno, e i giornali francesi vanno in solluchero all'idea che Wilson li aiuterà ad ottenere il confine del Reno. Noi non abbiamo inteso sin qui una parola in contrario dall'America. Pure nell'esporre le loro idee sulle indennità i Francesi non sono pigri. Il "Matin" ha parlato di 16 miliardi l'anno, ma questa somma è stata superata da un pezzo dagli altri giornali. Nel diffusissimo "Journal" un ignoto articolista condanna il popolo tedesco a molti anni di lavoro da schiavi affinché la Francia, nel riguardo economico, riottenga tutto ciò che per la guerra ha perduto. Noi ricordiamo che questa idea fu già trattata, parecchi mesi addietro, con scientifica serietà, in riviste inglesi. Credono i socialisti tedeschi di poter combattere queste idee dei nostri nemici d'occidente con le loro formule? Si espongono ad un amaro disinganno! Pure in Russia, dove il nuovo ordine di cose è ancora in divenire, non mancano manifestazioni sugli scopi di guerra nei quali si riconosce l'influenza degli alleati occidentali. I nostri nemici considerano quanto accade da noi dal punto di vista dell'utilità che se ne possa trarre per risollevare gli animi abbattuti dalle gravi tribolazioni. Gli autori della dichiarazione socialista hanno tenuto conto di ciò decidendosi al passo col quale miravano a promuovere la pace. Scrivere, però, come fa un giornale di Berlino, di un abisso davanti al quale noi ci trove-
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remmo e nel quale il partito socialista ci vorrebbe trascinare, non può che nuocere. Le condizioni della Germania non sono tali. Né si dovrebbe presentarle in questa luce all'estero. Una politica forte, e diretta al conseguimento della vittoria, esige concordia all'interno. Questa concordia esiste nel fermo volere della vittoriosa difesa della patria."
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Allegato No. 2
Deputato dottor Spahn (Centro): In nome del partito del Centro, del partito democratico-progressista, del partito liberale-nazionale e della maggioranza della frazione tedesca io ho da fare la seguente dichiarazione:
"Noi siamo concordi nel ritenere che, in questo momento, estese discussioni sugli scopi di guerra, nel Reichstag, se ben si riflette, non sarebbero per il meglio della patria. (Approvazioni). Il popolo tedesco brama una pace la quale assicuri all'Impero germanico la sua condizione di Potenza mondiale nel riguardo politico ed economico, la sua libertà di sviluppo ed impedisca per sempre un'esclusione dal mercato mondiale come viene dall'Inghilterra tentato. Sulla fiducia del popolo tedesco può fare assegnamento solo una pace che raggiunga gli scopi chiaramente indicati dal Cancelliere dell'Impero nei suoi discorsi precedenti. Noi approviamo che adesso, nelle presenti circostanze, egli si rifiuti di far conoscere ai nostri nemici per filo e per segno questi suoi scopi di guerra. A noi basta che il Governo dell'Impero dichiari di non perseguire né sterminati piani di conquista, né d'esser favorevole all'idea d'una pace senza annessioni e senza indennità. I nostri nemici parlano dell'annientamento del militarismo prussiano e vilipendono il trono degli Hohenzollern, ma i loro oltraggi non fanno che accrescere l'attaccamento di tutti i Tedeschi alla persona dell'Imperatore. (Applausi). Ad ogni intrusione nelle sue faccende interne il popolo tedesco si oppone recisamente. (Applausi). Noi siamo però
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anche lontani dal volerci immischiare nelle faccende interne della Russia. Noi seguiamo con attenzione la lotta di un gran popolo per la sua liberazione politica e spirituale e approviamo che il nostro Governo sia disposto a concludere, ad ogni momento, con la Russia una pace che dia origine a durevoli buoni rapporti di vicinato. (Approvazioni). In piena concordia e con fermo volere il popolo tedesco è entrato nella guerra che gli venne imposta e volentieri ha accettato sino ad oggi ogni sacrificio per l'Impero, riconoscendo in esso il custode dei nostri beni politici, religiosi ed economici.
Lo spirito del messaggio di Pasqua garantisce al popolo tedesco il progressivo sviluppo della vita dello Stato in una fiduciosa collaborazione dell'Imperatore e della rappresentanza nazionale. (Applausi). Il nostro popolo, ne siamo sicuri, trarrà dagli avvenimenti presenti la conseguenza che in quest'ora, più che mai sin qui, la nostra parola d'ordine dev'essere: Compatti contro il nemico! (Applausi)."
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], La questione dei fini di guerra in Germania e il dibattito al Reichstag il 15 maggio 1917 vom 18. Mai 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 10015, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/10015. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 24.03.2010.