Dokument-Nr. 10016

[Erzberger, Matthias]: La partecipazione degli Stati Uniti alla Guerra. I motivi che hanno deciso l'America al passo e l'influsso che questo eserciterà sulla situazione e sull'esito della guerra, 11. Mai 1917

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Indice delle materie.
I. La politica "neutrale" di Wilson.
La dichiarazione di guerra di Wilson, logica conseguenza della sua politica. – Wilson asseconda, senza saperlo, i piani dell'Intesa. – Dichiarazione di guerra su falsariga inglese. – Frasario a base di "felicità del mondo" nascondente la più ingorda avidità di guadagno. – Gli enormi guadagni dell'industria bellica americana ottenuti trafficando sulle dure necessità dell'Intesa e sul sangue del popolo tedesco. – Il mendacio tendente ad intorbidare il motivo per cui l'America è entrata in guerra. – La neutralità apparente di Wilson. – Una critica americana sull'opera di Wilson. – Il suo "falso eroismo". – Le sue simpatie per l'Intesa. – Lo zampino dei frammassoni. – Viluppo sempre più stretto di interessi economici dell'America del Nord coll'Intesa. – L'indebitamento dell'Intesa verso la finanza americana. – Interesse dei creditori americani di evitare lo sfacelo dell'Intesa. – Il tentativo di Wilson di impedire alla Germania di fare uso dei suoi sommergibili. – La partecipazione dell'America alla guerra è un tentativo per veder di salvare il capitale americano. – I piani imperialistici di Wilson. – Il pensiero di un futuro impero anglo-sassone fondato sulla premesse di una vittoria inglese. – Il nuovo orientamento politico nell'Asia orientale (Giappone). – La mossa imperialistica di Wilson nell'America del Sud. –
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II. La tesi di Wilson sulla lotta della democrazia contro l'autocrazia.
Il professore ed il politico. Il giudizio del professore Wilson sul Congresso americano. – Il professor Wilson e il suo giudizio sulla democrazia e il sistema amministrativo in Francia. – Il professore Wilson e la sua opinione sulla costituzione tedesca, sui limiti della potenza dell'Imperatore, sulla rappresentanza popolare e la responsabilità che incombe al Cancelliere davanti alla legge. – Il professore Wilson sull'organizzazione amministrativa in Prussia e il suo sviluppo sotto la dinastia degli Hohenzollern. – L'uomo di Stato smentisce per ragioni politiche "il professore" – La Germania e la lotta di Wilson per democratizzare la forma di Stato tedesco. Il liberalismo e il socialismo tedesco contrari ad una libertà dipendente dalla grazia di un Wilson.
III. L'aiuto bellico degli Stati Uniti e il suo influsso sulla situazione e sull'esito della guerra.
I provvedimenti presi dal Governo di Washington senza significato dinanzi ai bisogni attuali dell'Intesa. L'aiuto in denaro è il solo che possa, presentemente, crescere [sic] l'attivo dell'Intesa. – La forza finanziaria e l'indipendenza della Germania. Dipendenza finanziaria e, quindi, politica dell'Intesa. – L'aiuto americano sul mare. – La flotta americana; sua efficienza e suoi lati deboli. – Esporranno gli Stati Uni-
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ti le loro navi da guerra a favore della Gran Bretagna che non è riuscita, colla sua stessa mastodontica flotta, a metter fuori di combattimento i sommergibili tedeschi? Difficoltà tecniche; rifornimento di carbone, di viveri e di munizioni. – Il pensiero di un corpo di spedizione. – Il giudizio dei competenti sul tempo occorrente per raccogliere ed istruire un esercito di considerazione [sic]. – Mancanza di quadri. – Il problema del trasporto di un esercito nel continente europeo e la grande penuria di tonnellaggio natante. – Spedizioni d'oltre-mare hanno raramente condotto alla mèta desiderata. – L'incremento delle costruzioni navali. – Pessimismo inglese. – la questione delle forze operaie. – Secondo un giudizio inglese non ha speranze di riuscita la gara fra i sommergibili tedeschi e la resa dei cantieri americani ed inglesi. – La situazione frumentaria americana. – La questione dei prezzi. – Il prossimo raccolto. – L'America ha bisogno per sé delle sue provviste. – La questione del materiale da guerra. – Massima tensione delle forze. – L'appello di Wilson al sentimento patriottico dei produttori. – Le ferree leggi della vita economica e l'opposizione dello spirito capitalistico. – Pessimismo nei paesi dell'Intesa riguardo all'aiuto degli Stati Uniti. –
IV. Gli Stati Uniti, il blocco e i neutrali.
Partecipazione degli Stati Uniti alla guerra d'affamamento contro la Germania mediante riduzione o, se del
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caso, sospensione delle esportazioni nei paesi neutrali europei. – Il timore degli Stati neutrali confermato. – Gli ambasciatori neutrali a Washington da Lansing. – La frusta della fame per costringere i neutrali ad unirsi all'Intesa. – I rapporti economici che passano fra la Germania e i neutrali. – Gli interessi dei neutrali. – Wilson, il protettore dei piccoli stati. – L'esempio della Grecia. – Il giuoco pericoloso degli Stati Uniti. –
V. La partecipazione alla guerra degli Stati Uniti, i sommergibili tedeschi e la pace.
L'intervento degli Stati Uniti preveduto nel piano tedesco. – L'aiuto americano giunge troppo tardi. – Qualsiasi aiuto militare e materiale dell'Unione dovrà passare sotto il giogo del blocco tedesco. – Un cattivo affare. – Il tempo non lavora per l'Intesa ma per le Potenze Centrali. – La crisi alimentare dell'Intesa, la rivoluzione russa e la raccolta mondiale. – La situazione militare ed economica della Germania. La pace verrà malgrado gli Stati Uniti. – I sommergibili lavorano per una pace che, contrariamente alla pace voluta da Wilson, farà uscire la Germania intatta nel suo onore e nella sua forza dalla più formidabile guerra che abbia mai veduto la storia. La fiducia in un prossimo e felice esito della guerra, espressa dal Cancelliere dell'Impero e dai ministri degli Stati confederati germanici. –
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I. La politica "neutrale" di Wilson.
Quando Wilson il Venerdì Santo del 1917 sottoscrisse la proclamazione di guerra, decisa due giorni avanti dal Senato e dalla Casa dei Rappresentanti, non fece altro che trarre la conseguenza pratica dalla politica che dal principio della conflagrazione aveva perseguito dinanzi alle Potenze belligeranti. Egli non faceva che dichiarare finalmente e apertamente la guerra alla Germania; quella guerra a cui aveva partecipato, con tutti i suoi sentimenti e con tutta la sua politica, già fin dall'inizio del grande conflitto a favore dell'Intesa e specialmente dell'Inghilterra.
Nessuna meraviglia, dunque, se la sua proclamazione di guerra, fatta il 2 aprile al Congresso, sembra, a chi la legge, una proclamazione che potrebbe essere stata pronunciata piuttosto da un qualsiasi uomo di Stato inglese. Dalla prima all'ultima parola essa respira la fraseologia e la retorica belliche degli uomini di Stato britannici. Appartiene infatti ai procedimenti bellici dell'Inghilterra quel combattere, – sotto l'abbacinante pretesto dello sdegno morale mascherato da motivi ideali, – ogni concorrente che le attraversi la via. Sotto questa bandiera l'Inghilterra annientò la potenza spagnola, abbatté l'Olanda e mando avanti la sua lunga guerra contro Napoleone col pretesto di liberare il mondo dalla insopportabile tirannia del grande Corso. Seguendo la stessa via e usando gli stessi metodi che avevano fatto buona prova, l'Inghilterra ha inscenato anche la guerra mondiale attuale presentando la Germania come la contraddizione del diritto, della libertà e della
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morale. Eppure le guerre dell'Inghilterra non hanno avuto fin oggi nessun altro intento che quello di soddisfare la grande fame imperialistica di quel popolo ingordo e di mettere fuori di concorrenza, con un colpo mortale, tutte le nazioni che apparivano pericolose all'imperialismo britannico.
Orbene: seguendo le pedate inglesi Wilson seppe mettere gli Stati Uniti nella via che li condussero poscia alla guerra. Dietro il fumo del suo frasario a base di felicità del mondo, quest'uomo nascose abilmente i bassi istinti e l'avidità americana di guadagno. L'industria bellica d'oltre oceano ha intascato miliardi e miliardi, trafficando sulle dure necessità degli alleati e sul sangue del popolo tedesco. I guadagni enormi delle industrie belliche della cosiddetta America neutrale sono pieni di grumi di sangue germanico. Il valore della Betlehem-Steel-Company, una delle numerose società costruttrici di cannoni e di granate, ammontava, per dar un esempio, a 4 milioni di dollari prima della guerra; oggi a 52 milioni di dollari. Il valore della società per la fabbricazione delle polveri Dupont-Powder-Company si considerava ascendere prima della guerra a 35 milioni di dollari ed oggi a 201. A causa di questo pauroso aumentare della produzione bellica americana il sangue tedesco ha dovuto scorrere a torrenti; ad essa si deve se la guerra non è ancora finita. Eppure tutto ciò non ha menomamente toccato, per ben due anni, il cuore del sedicente umanissimo Wilson. Nella sua proclamazione di guerra spinge poi il cinismo fino a parlare reiteratamente di "compassione"; fino a qualificarsi persino amico del popolo tedesco. Eppure fu proprio lui che seppe chiudere gli occhi dinanzi alla se-
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te di sangue dei fabbricanti di munizioni, suoi esimi compatrioti; fu proprio lui che non volle vedere le atroci crudeltà di cui si macchiava continuamente l'Inghilterra coi suoi metodi nel mare; lui infine, il Wilson sudante umanità da tutti i pori che volle ignorare l'infame tentativo britannico di votare alla morte un popolo intiero. Solo oggi, nell'anno di grazia 1917; oggi che la stessa Inghilterra si è accorta di avere afferrato per la lama il coltello dell'affamamento e versa in grave pericolo, una gran compassione sboccia dal cuore di Wilson, gli trasuda, infrenabile, per tutto l'adipe e gli mette una innascondibile agitazione nell'anima per tutti i capitali americani che minacciano naufragio. Oggi si vede che tutta la fioritura parolaia wilsoniana sulla libertà e la giustizia, sull'umanità e il diritto delle genti, non è stata altro che una pioggia di frasi retoriche prese in blocco dalla grammatichetta politica inglese. Come in quello di Lloyd George, così nell'ampio cuore di Wilson pulsa, a parole, l'umanità; come nelle viscere di Lloyd George, così anche in quelle magnanime di Wilson si nasconde una pura coscienza intesa tutta alla fortuna dei popoli e la felicità degli esseri umani. Anche lui, come i suoi compari d'oltremanica, tiene a far sapere di essere animato dei più sacri ed amorosi sensi; anche lui parla dell'alleanza dell'onore di cui or fa parte l'America; coi [sic] va parlando della guerra per l'umanità, di quella guerra che "varrà a liberare il mondo intiero". Un sacerdote cattolico di San Francisco, il padre Torke, mettendo alla gogna in un giornale di quella città il mendacio ipocrita della politica americana, scrisse a ragione: "L'America entra in guerra per una menzogna e per un "onore" che, in verità, equivale ad una grande vergogna."
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Dal primo giorno della guerra mondiale a tutt'oggi il popolo tedesco non ha avuto dagli ideali umanitari di Wilson, dalla sua amicizia, dai suoi piani intesi a render felice tutto il mondo e da tutte quelle altre gran belle cose, nient'altro che le granate strazianti la carne dei suoi soldati, i [sic] migliaia di morti – giovani pieni di vita e di speranze e padri di famiglia – e lutto e pianto senza fine di vedove e di orfani.
Nemmeno per un giorno, dacché dura la guerra mondiale, il signor Wilson si è dato la pena di osservare una scrupolosa neutralità verso la Germania. La neutralità degli Stati Uniti non fu che una grande ipocrisia; una neutralità che si doveva cambiare di colpo in aperta inimicizia non appena si fosse presentato il momento opportuno. Il pretesto cercato l'ebbe all'annuncio della guerra subacquea illimitata di cui Wilson disse che lo costringeva di mettersi dalla parte dei nemici della Germania. Eppure, a quest'uomo che pavoneggia la sua moralità, che mette pomposamente in mostra il suo sentimento umanitario e tutta quell'altra zavorra che ha buttato a mare per sollevarsi verso il miraggio dei suoi fini non tutti puliti, non venne mai in mente di atteggiarsi a giudice di moralità quando l'Inghilterra compieva le sue tante violazioni del diritto delle genti durante la guerra attuale. E questo, badiamo bene, non è soltanto il concetto tedesco, perché anche nel Congresso americano fu più volte ripetuto che è stata la politica antineutrale di Wilson a creare quella situazione bellica che doveva condurre e che condusse infatti la Germania a far uso illimitato della sua efficacissima arma: il sommergibile. Fu proprio nella Casa dei Rappresentanti che il signor Wilson si sentì pronunciare sul
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viso quest'aspra critica del deputato Chandler:
"Il falso eroismo, la falsa cavalleria del presidente, fanno di sé un'esposizione ributtante nel Congresso americano. Il blocco austro-tedesco combatte contro una preponderanza schiacciante. Nel caso di una guerra con questo blocco ci sarebbe impossibile di raggiungerci vicendevolmente. Eppure, noi vediamo il presidente che domanda una specie di esposizione del coraggio nazionale e va formulando pretese accademiche dalla Germania e dai suoi alleati. Oh, quanto più bella e quanto più adattata alle circostanze sarebbe questa esposizione, se il presidente ordinasse al segretario di Stato di far sapere all'Inghilterra che sarà severamente chiamata a rendere ragione delle sue tante violazioni del diritto internazionale; di quelle violazioni che danneggiano il commercio americano e formano un crimine contro i diritti e i privilegi dei cittadini americani! Il mondo applaudirebbe allora il nostro coraggio, ammirerebbe la nostra sincerità e ci mostrerebbe la sua fiducia quando noi gettassimo seriamente il guanto di sfida ad un nemico cui possiamo stare a petto. Ma il mondo non avrà per noi che del disprezzo, se compiremo la provocazione presuntuosa e reciteremo la farsa di una guerra colla Germania i cui eserciti e la cui flotta non potranno raggiungerci. Tutti gli uomini valorosi del mondo intiero non crederanno alla nostra onestà e sprezzeranno la nostra viltà finché lasceremo che l'Inghilterra ci sfugga e tenteremo di chiamar la Germania ad una severa responsabilità. Io sono per l'America, in-
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sisto però sul fatto che un modo di agire onesto verso tutti i belligeranti sia l'unica e giusta prova e il segno sicuro della vera neutralità."
Questa "neutralità" vera Wilson non l'ha osservata né verso l'Inghilterra né verso la Germania. Egli cominciò infatti sin dal primo giorno ad appoggiare la prima ed a combattere la seconda. Troppa forza avevano non soltanto le simpatie di razza e l'accordo politico dell'Inghilterra, ma anche i fili frammassonici, che legano Wilson e i suoi impiegati coi fratelli delle Potenze dell'Intesa, i quali seppero bene tirare, sin dal principio, la politica di Wilson nell'orbita dai capo-rioni anglo-francesi. È molto significativo a tal uopo il fatto che il Grande Oriente francese si sia formalmente ed esplicitamente congratulato telegraficamente con Wilson per la dichiarazione di guerra dell'America alla Germania. Ma quello che, in prima linea, ha deciso gli Stati Uniti alla guerra, è stato il viluppo degli interessi economici sempre più intricati dell'America del Nord coll'Intesa. I quali interessi potevano prendere lo sviluppo che presero divenendo poi inseparabili soltanto grazie al sacrificio della neutralità in tempo di neutralità, che il Governo americano fece a favore dell'industrie di guerra. Furon resi così possibili i prestiti all'Intesa e, con essi, le forniture di miliardi di materiale da guerra. Quanto più l'Intesa si indebitava colla finanza americana, tanto più grande diveniva l'interesse dei creditori americani che la guerra avesse un esito favorevole per i loro debitori di tanti e tanti miliardi. Già verso la fine del 1914 questo stato di cose veniva ca-
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ratterizzato e fissato nei circoli finanziari americani col motto: L'America non potrà mai permettere che l'Inghilterra abbia a soggiacere. – Senza dubbio a Washington avranno creduto che gli enormi aiuti materiali che l'Inghilterra e le sue alleate ricevevano dall'America, sarebbero bastati per assicurare all'Intesa il successo finale, e non sarebbe stato necessario di uscir fuori dalla neutralità apparente tanta vantaggiosa sia economicamente che politicamente. A Wilson, poi, sarebbe rimasta aperta la possibilità di rappresentare la parte, da lui tanto anelata, dell'intermediario "disinteressato" di pace ed arbitro nel mondo.
L'aiuto dei cosiddetti "Stati Uniti neutrali" che prolungava la guerra, e quel "lascia andare" del suo Governo per tutto quel che riguardava la condotta navale dell'Inghilterra, creò finalmente per la Germania la necessità di far uso del sommergibile per mettere una buona volta fine alla guerra. Prevedendo i disastrosi effetti della guerra subacquea per i suoi amici inglesi e francesi, il signor Wilson messe [sic] in uso qualsiasi pressione per tentare di trattener la Germania dall'impiegare questa sua efficacissima arma. Veduto che le minacce non valevano a nulla, il signor Wilson, che agiva prima dietro le quinte della sua politica di favoreggiamento verso l'Inghilterra, uscì fuori alla ribalta e si schierò al lato dell'Intesa credendo di scongiurare nell'ultimo momento l'ineluttabile dal capo dell'Intesa, e di salvare gli enormi capitali americani investiti nei paesi dei nostri nemici.
Anche altri calcoli hanno determinato Wilson alla guer-
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ra; calcoli che si partivano dal pensiero di servirsi della partecipazione degli Stati Uniti al conflitto come di pretesto per passare ai preparativi necessari e servirsene per la realizzazione di piani imperialistici. Sottoscrivendo la dichiarazione di guerra, il Wilson aveva dinanzi agli occhi i seguenti fini;
1. ottenere che l'America partecipasse alla conferenze della pace, considerata la nuova conformazione dei rapporti politici mondiali alla fine della guerra;
2. realizzare un vasto programma di armamenti americani, considerato il nuovo orientamento dell'Asia orientale in concorrenza col Giappone.
Il complesso di questi fini mira al pensiero futuro imperialistico di una lega anglo-americana dominante il mondo; pensiero basato sulla premessa di una vittoria inglese. L'America ha bisogno della vittoria dell'Inghilterra, o, meglio, crede di averne bisogno per poter trovare in essa un appoggio nell'esecuzione delle sue intenzioni imperialistiche, considerata la incerta situazione dei rapporti politici dopo la guerra. Non è necessario ammettere, come fanno molte persone bene addentro nelle segrete cose, che fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti esistessero accordi segreti già prima della guerra. Gli interessi americani imperialistici avvicinarono Wilson, durante la guerra mondiale, sempre e sempre più al Regno unito della Gran Bretagna, il quale, dal canto suo, non mancava di far di tutto per stringere il connubio. Quel che non fecero in pace la consanguineità ed unità di lingua divenne realtà in guerra: i contrasti economici che esistevano nell'epoca della pace sparirono,
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e si mirò all'unione dell'Inghilterra cogli Stati dell'Unione quale espressione del desiderio di ottenere che la razza anglosassone avesse la supremazia nel mondo. Avemmo, quindi, l'unione dei capitalismi anglosassoni; e per questo appunto gli Stati Uniti si schierano a fianco dell'Inghilterra nel momento decisivo della guerra ed impugnano le armi contro di noi.
Non è quindi che vana ipocrisia, se Wilson viene a dirci che gli Stati Uniti non desiderano né conquista né aumento di potenza col loro intervento alla guerra. La politica degli Stati Uniti, infronzolata di umanità e di idee di pace mondiale, deve creare le condizioni preliminari per la messa in azione dell'imperialismo americano. Infatti l'Unione non ha mancato, già in piena guerra attuale, di fare il tentativo di concludere un'alleanza panamericana di tutte le repubbliche dell'America cogli Stati Uniti, per potere, sia ora in guerra sia a pace conclusa, servirsi politicamente ed economicamente delle repubbliche americane contro le Potenze Centrali, e danneggiare durevolmente gli interessi tedeschi nell'America del sud. Tutto questo risulta ancora dalle rivelazioni di un articolo apparso in un giornale di Buenos Aires "La Prensa", nel quale lo scrittore, che sembra essere esattamente al corrente del vero stato di cose, dice che Wilson non ha lasciato intentato mezzo alcuno pur di stringere l'Argentina, il Brasile, il Cile e l'Uruguay in un'alleanza continentale americana e servirsene poi contro le Potenze Centrali. A tal uopo pare avesse già presentato il testo di un accordo, secondo il quale i Governi, le flotte, gli eserciti ecc. delle repubbliche americane contraenti, avrebbero dovuto mettersi al servizio degli Stati Uniti, e l'accordo avrebbe dovuto dare a
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Wilson la possibilità di farsi avanti nel conflitto mondiale qual portavoce dei continenti americani e di gettare nel piatto della bilancia della guerra tutto il peso morale ed economico della Panamerica. I Governi interpellati respinsero allora l'accordo come inattuabile, giustamente opinando che questo li avrebbe messi completamente nelle mani di Wilson e che la loro indipendenza ne sarebbe rimasta sepolta anche per il futuro. Questa mossa imperialistica di Wilson avvenne in un tempo in cui fra la Germania e gli Stati uniti passavano ancora rapporti corretti. Come si può dunque credere che sia sincero lo sdegno espresso da Wilson e dalla stampa americana allorché la Germania cercò di attrarre nella sua orbita il Messico, nel caso che la dichiarazione di guerra da parte degli Stati Uniti fosse divenuta un fatto compiuto?
II. La tesi di Wilson sulla lotta della democrazia contro l'autocrazia.
Nella ricerca di una veste idealistica per la sua politica di guerra Wilson è stato straordinariamente aiutato dalla rivoluzione russa. La quale gli ha reso possibile di emettere, per la sua entrata in guerra, la formula della "lotta della democrazia contro l'autocrazia", ed ascriversi la parte di un campione nella crociata della Lega mondiale democratica contro la monarchia delle Potenze Centrali, la cui esistenza
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si pretende che abbia mettere in pericolo la pace e la libertà del mondo.
In quanto ai vantaggi della democrazia, il signor Wilson era prima di un'opinione diversa. Lo stesso signor professor Wilson scrisse una volta nell'"International Review", sullo stesso Congresso americano nel quale, più tardi, fece l'apoteosi della democrazia:
"Il Congresso è una corporazione deliberante nella quale si compiono ben poche deliberazioni. Troppo pochi Americani si prendono la pena di istruirsi sul modo con cui viene, in verità, guidato il Congresso; e la conseguenza ne è che una potenza quasi assoluta è pergiunta nelle mani di uomini, la cui irresponsabilità impedisce il controllo del loro contegno da parte del popolo dal quale essi derivano la loro autorità."
Sulla cosiddetta democrazia dominante in Francia, il signor professor Wilson emise, nel suo libro sullo "Stato", un giudizio veramente schiacciante. A pag. 207 di questo libro egli dice, per esempio, che la Commissione del bilancio della Camera e la Commissione finanziaria del Senato, nonché tutte le altre commissioni permanenti
"si gloriano quasi di avere in pugno la signoria assoluta sulla politica finanziaria del Governo, col risultato che questi viene a trovarsi privo di qualsiasi coesione e ne risulta ecclissata fortemente la responsabilità dei ministri … La Camera si è impadronita delle mansioni del Governo, con o senza la direzione dei mini-
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stri ha così, arbitrariamente e lunaticamente, sbalzato ogni ministro che non voleva subito piegarsi alle sue voglie; si è stancata così presto di chi, preso in pugno un dicastero lo portava avanti con energia e con tenacia, che oggi qualsiasi uomo politico abile ed esperi ente in Francia è stato dalla Camera stessa, in un modo o un altro, screditato. La Francia geme poi sotto una delle più insopportabili forme di governo, geme sotto un Governo guidato da una gran massa di gente, sotto un Governo che dipende da un'incoerente rappresentanza popolare, a sua volta alla stregua dei capricci del popolo."
Ma ancor più aspra è la critica dell'allora professore Wilson sulla corruzione dominante nel sistema amministrativa della Francia. Egli dice a pagina 212:
"L'amministrazione francese soffre, in tutti quanti i suoi gradi, dal più alto al più basso, di redicatissima corruzione, a causa del trionfo della funesta idea che un ufficio pubblico debba essere affidato a questo o a quello, in ricompensa di servigi personali o di partito. I ministri hanno seguito volontariamente la deplorevolissima pratica di distribuire gli uffici fra i loro compagnia in pagamento della loro attività nell'interesse del partito e talvolta persino fra amici e elettori dei deputati quale compenso del loro appoggio politico nella Camera."
E sentiamo un po' quella che il signor Wilson, caracollante oggi contro l'autocrazia delle Potenze Centrali diceva dello Stato germanico in un tempo in cui non aveva bisogno di
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calunniare la Germania per motivi politici. Nel suo medesimo libro sullo "Stato" comincia il capitolo sulla oggi odiata rivale, a pagina 255, costatando come la guerra tedesco-francese del 1870-71 abbia condotto all'unità nazionale della Germania, quella guerra (pare incredibile ma è proprio lo stesso Wilson che parla) "condotta contro la sfacciataggine francese nell'interesse del patriottismo tedesco". In diversi passi del capitolo sulla Francia il nostro uomo espone
"come l'amministrazione odierna della Francia e il di lei Governo non sia che il risultato di un viluppo di arbitrii, una conformazione mancante di qualsiasi base storica al confronto della Germania e della Prussia, ove lo sviluppo storico, lo sviluppo organico di tutta la compagine politica risultano in modo tutto speciale e vengono a trovarsi, quindi, anche in stretto contatto e parentela colla massa compatta del popolo."
Sulle facoltà dell'Imperatore il professore Wilson scrisse, per esempio,
"che vi sono certi limiti per la potenza imperiale; limiti che rilevano ed accentuano il carattere confederativo dell'Impero e dimostrano come l'Impero tedesco venga retto in base a leggi e non in base a prerogative."
A pagina 233 rileva espressamente che i membri del Reichstag vengono eletti con una forma d'elezione che è una delle più liberali del mondo; e, cioè, a suffragio universale diretto e segreto. A pagina 237 mette sotto gli occhi del lettore la circostanza, pure liberale, che il Cancelliere dell'Impero è re-
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sponsabile davanti alla legge. Di interesse tutto speciale è quello che Wilson scrisse sull'amministrazione della Prussia (pagina 241), dello Stato che dovrebbe essere oggi abbattuto dalle fondamenta.
"La Prussia ha sempre teso con ogni sua forza e con visibile successo, più di qualsiasi altro paese d'Europa, a raggiungere una perfezione sempre più grande nella sua organizzazione amministrativa." A pagina 245 ha, infine, parole di alta ammirazione verso la dinastia degli Hohenzollern; per quella dinastia che nella piena coscienza dei suoi intenti, promuove e sviluppa l'amministrazione della Prussia.
Potremmo continuare un pezzo nella cernita, a dimostrazione della incoerenza, a dir poco, di cui dà prova il Presidente degli Stati Uniti d'America. Comunque, i passi riportati ci sembra bastino per dare un saggio del modo con cui certi uomini politici passano, con una disinvoltura sbalorditiva, dalle lodi più meritate alle critiche più spietate sullo stesso oggetto e sul medesimo argomento, quando il far salti acrobatici coincide col loro tornaconto. Se oggi il signor Wilson crede, per i suoi scopi reconditi e per quelli dell'intesa, di aizzare la democrazia contro quella che egli chiama l'autocrazia tedesca, sa però benissimo che, così facendo, compie azione di calunnia contro la Germania. Appunto quell'affannarsi a mascherare la sua politica e a nasconderla dietro la siepe delle frasi ragnate, trasparenti ed ipocrite, tolte tutte dal vocabolario dell'Intesa, dice chiaramente come il signor Wilson non avesse nessunissimo motivo plausibile interno per dichiarare la guerra
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alla Germania, e come la guerra sia stata decisa esclusivamente per aiutare l'Intesa e per realizzare contemporaneamente le mire espansioniste americane.
Questi volteggiamenti di Wilson, questa sua prestidigitazione colle verità storiche da lui stesso una volta riconosciute e proclamate, hanno provocato in Germania un'aspra critica ed energiche proteste. E sono specialmente i liberali ed i socialisti tedeschi che rigettano l'affermazione della presunta autocrazia germanica, come se la democrazia in se stessa potesse garantire la pace. Essi si richiamano all'esperienza che è invece il nazionalismo che mette in pericolo la pace; che appunto negli Stati cosiddetti democratici tutte le porte sono aperte e spalancate al sobbillamento nazionalistico, e proprio gli Stati democratici sono entrati in guerra per pura brama di conquista. Nel giornale democratico berlinese "Berliner Tageblatt" il deputato, pure democratico, membro del Reichstag, Ludwig Haas, scrisse un articolo che conclude con queste parole: " La democrazia tedesca non intende affatto di concludere una pace che dipenda dalla grazia di Wilson." Nello stesso senso si esprime l'organo socialista "Vorwärts", dicendo che nessun popolo ha il diritto di imporre ad un altro popolo colla forza la sua forma di governo, e che il popolo tedesco fa a meno dell'intromissione non richiesta di altri Stati nella sua stessa forma di governo, come esso si guarda di fare lo stesso nel riguardo di altre nazioni.
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III. L'aiuto bellico degli Stati Uniti e il suo influsso sulla situazione e sull'esito della guerra.
La dichiarazione di guerra di Wilson alla Germania fu accolta dall'opinione pubblica e da tutta la stampa tedesca con grande calma e inalterabile fiducia. L'opinione prevalente è che la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra non può più mutare l'andamento delle operazioni militari. Pure i provvedimenti che il Governo di Washington si è accinto a prendere, d'accordo con i rappresentanti dell'Inghilterra e della Francia, per immettere in pratica la sua dichiarazione di guerra, non fanno in Germania alcuna impressione. Si sa che questi provvedimenti sono destinati a rimanere, per il momento, sulla carta; che negli Stati Uniti si fa grande spreco di superlativi, e che anche se i provvedimenti diverranno realtà, essi cominceranno a spiegare la loro efficacia quando probabilmente, per l'Inghilterra e per l'Intesa, non rimarrà più nulla da salvare. In questo riguardo i conti dell'Inghilterra e dell'America circa l'intervento degli Stati Uniti nella guerra non tornano. Infatti i sottomarini tedeschi, di qui ad allora, avranno raggiunto lo scopo della loro azione. Essi sono nelle mani del Comando militare tedesco uno strumento di guerra contro i rapidi e sempre più sensibili effetti del quale, a giudizio stesso dei competenti dell'Intesa, non esiste riparo.
Gli Stati Uniti vogliono prestar aiuto all'Intesa
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1. con denaro;
2. con la loro flotta;
3. con un corpo di spedizione;
4. con la costruzione di navi da carico;
5. con la fornitura di materiale da guerra e di viveri.
L'aiuto di denaro è l'unica cosa che, con l'intervento degli Stati Uniti, accresce, in realtà, l'attivo dell'Intesa. Sennonché lo svolgimento della guerra mondiale ha dimostrato che il denaro non è il più essenziale per la condotta della guerra. Le finanze della Germania e delle Potenze Centrali sono sane e riposano sulla loro propria forza economica. La Germania ha provveduto, sin qui, alle sue spese di guerra con sessanta miliardi di prestiti ed è rimasta, nel riguardo finanziario, interamente indipendente. Invece l'Intesa stenta molto a mantenersi finanziariamente a galla, è già indebitata oltremodo verso gli Stati uniti e con i nuovi sussidi del nuovo alleato, anche se nel momento le tornino di vantaggio, precipita sempre più, rispetto ad esso, in uno stato di dipendenza finanziaria e politica. Per questo fatto innegabile l'Intesa dovrà segnarsi da sé dei limiti nel ricorrere al credito americano, se non vuole divenire assolutamente schiava dei capitalisti d'oltre Oceano.
Per quel che concerne l'aiuto sul mare, certo non è impossibile che la flotta degli Stati Uniti cooperi con le flotte inglesi e che si speri da questo incremento una notevole influenza sull'andamento della guerra marittima. Di per sé gli Stati Uniti hanno una marina da guerra tutt'altro che trascurabile. Essa comprende 29 navi da battaglia pronte ad entrare in azione tra
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cui, però, 14 incrociatori incorazzati di tipo antiquato; 13 piccoli incrociatori protetti, pure antiquati, e nessun incrociatore da battaglia vero e proprio. Le torpediniere, in numero di 65 o 70, sono inferiori, per la velocità, alle loro consorelle europee, e le torpedini sono state poi, in America, così trascurate, che è difficile ritenere possano reggere il confronto con quelle d'Europa. I sottomarini pronti sono circa 44 ma la maggioranza di essi non è atta che al servizio costiero, sicché non ha alcun peso per le operazioni d'alto mare.
Specialmente debole è la marina americana in fatto di incrociatori veloci. Veri incrociatori da battaglia essa non ne possiede, come abbiamo già accennato. Sia comunque, gli incrociatori americani rappresentano, numericamente, un rinforzo della flotta britannica. Vien fatto però di domandarsi se questo rinforzo sia così importante che la flotta britannica, unita con l'americana, possa osare, in avvenire, di non più rintanarsi, e se gli Americani siano disposti davvero ad esporre a pericolo le loro navi a vantaggio dell'Inghilterra. Siccome anche gli Stati Uniti ci tengono alla conservazione della loro flotta, almeno quanto l'Inghilterra, è lecito ritenere che, in realtà, si farà meno di quanto si va dicendo a Washington e a Londra. E se la flotta inglese, assai più forte e allenata non è riuscita, sino ad oggi, a farla finita con i sottomarini, tanto meno vi potrà riuscire la flotta americana. I sottomarini tedeschi non si lasciano distruggere così facilmente: dal dire al fare c'è di mezzo il mare.
A ciò si aggiungano le difficoltà tecniche. Le gran-
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di navi da battaglia consumano enormi quantità di carbone. Per rifornire di carbone queste navi dagli Stati Uniti la flotta americana non ha né carboniere sufficienti né l'hanno le altre nazioni marinare del mondo. Inoltre questi trasporti di carbone dovrebbero, come le navi cariche di viveri e munizioni, attraversare la zona di sbarramento tedesca. Né l'Inghilterra potrebbe essa, nelle circostanze odierne, incaricarsi del rifornimento di carbone alle navi americane e meno ancora del rifornimento di viveri e munizioni, in un momento in cui la guerra sottomarina la spinge all'orlo dell'abisso. Le torpediniere e i sottomarini americani difficilmente saranno fatti allontanare dalla costa dopo che i sottomarini tedeschi hanno dimostrato di esser capaci di portare la guerra pure nelle vicinanze del continente americano. E quanto più il numero dei sottomarini crescerà, tanto peggiori diverranno le condizioni per l'intesa e per gli Stati Uniti, in questo riguardo.
Ma gli Stati Uniti non vogliono restringersi a prender parte alla guerra sul mare. Essi vogliono intervenire pure nella guerra terrestre. Il servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini è stato deciso. Si vuol metter su un poderoso corpo di spedizione e inviare il più presto possibile un primo mezzo milione di uomini in Europa. Sennonché, arruolati che siano questi 300.000 uomini occorrerà pure istruirli. È quindi assai dubbio che la decisa introduzione del servizio militare obbligatorio arrivi ad avere importanza pratica durante la guerra presente. La maggioranza dei competenti, il feldmaresciallo von Hindenburg innanzi a tutti, hanno manifestato la persuasione che l'America avrà bisogno d'un anno per raccogliere e istruire un esercito
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veramente degno di considerazione. Questa circostanza ha fatto nascere in molti l'idea (che l'approssimantesi conflitto nell'Estremo Oriente rende anche verosimile) che gli armamenti dell'America, diretti solo in apparenza contro la Germania, non siano che pretesto per approntare, senza destar sospetto, un grosso esercito per una guerra col Giappone. Sia comunque, passerà molto tempo prima che gli Stati Uniti possano dire di avere un esercito considerevole ed organato per la guerra moderna. È vero che la guerra mondiale ha trasformato l'Inghilterra in una potenza militare di prim'ordine. Ma l'Inghilterra aveva nella sua milizia territoriale un nucleo rispettabile, che fornì, se non altro, all'esercito di nuova coscrizione gli ufficiali, mentre gli Americani non hanno nulla di simile, nel riguardo militare e tecnico. Ed anche all'Inghilterra sono poi occorsi due anni per mettersi in grado di partecipare alla lotta sul continente con tutto l'impeto della sua forza. L'esercito regolare americano comprende, sulla carta, oltre 100.000 uomini, con 4.500 ufficiali. Di questi 100.000 uomini fanno servizio negli Stati Uniti 68.000, ma 20.000 sono adibiti alle batterie da costa e 19.000 all'amministrazione, sicché rimane solo un effettivo reale di 29.000 soldati. A questi vanno aggiunti i 100.000 uomini circa della milizia. Quanto valga l'esercito americano si può dedurre dal fatto che la più piccola spedizione militare (quella del Messico) fu per gli Stati Uniti un imbarazzo. I quadri esistenti non basteranno nemmeno per il primo mezzo milione di uomini, e altrettanto difficile dovrebbe essere di trovare gl'istruttori necessari.
Ammettiamo pure, nondimeno, che gli Stati Uniti riesca-
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no ad arruolare un grande esercito e ad istruirlo, prima che i sottomarini tedeschi abbiano dato la piega decisiva alla guerra: questo esercito converrà pure trasportarlo in Europa. La grande vicinanza dell'Inghilterra al teatro della guerra francese non si può in nessun modo paragonare con la distanza dall'America. Questa grande distanza richiede un organamento tutto speciale dell'esercito americano. Trasportare così lontano tanti uomini è un problema che, sinora, non si ebbe mai da risolvere. Questo problema si sdoppia in quello del trasporto vero e proprio e in quello del servizio dei rifornimenti. Un esercito di 500.000 uomini comprende poco più di 12 corpi d'armata; ogni corpo 40.000 uomini. Per il trasporto marittimo di ciascun corpo si calcolino circa 123.000 tonnellate di stazza netta: per i 500.000 uomini sarebbero dunque necessarie un milione e mezzo di tonnellate di stazza netta. Se questo trasporto venisse effettuato in una volta, quasi i 5/7 dell'intera flotta mercantile americana, disponibile per il commercio all'estero (secondo il Bureau of navigation, in Washington, la flotta mercantile americana per il commercio con l'estero comprendeva, il 31 dicembre 1916, 2.201.103 tonnellate), sarebbe con ciò occupata, e per circa sei settimane sottratta ad altri servizi. Poiché dal principio della guerra tutte le navi dell'Unione, non assolutamente necessari e per altri scopi, sono, direttamente o indirettamente, al servizio dell'Intesa, il trasporto di un simile esercito in Europa avrebbe per conseguenza una diminuzione delle importazioni nei paesi dell'Intesa pari al rendimento delle navi da carico impiegate al trasporto dei soldati in sei settimane, ossia, a un dipresso, 1.750.000 tonnellate di merci (1/20 della importazione totale dell'Inghil-
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terra nel 1916). A ciò si dovrebbe aggiungere il servizio dei rifornimenti, che per il fabbisogno di sei settimane d'un esercito di mezzo milione richiederebbe, in cifra tonda, 900.000 tonnellate di stazza netta, ossia, in un anno, circa 8.000.000 di tonnellate. È stato calcolato che quasi 1.250.000 tonnellate di stazza dovrebbero provvedere continuamente all'esercito se questo dovesse essere rifornito totalmente dalla madre patria, come, allo stato odierno delle cose, sarebbe necessario. Tante tonnellate di stazza basterebbero ad un terzo dell'importazione annuale dell'Inghilterra. Ma siccome l'Intesa, già ora, non può più soddisfare interamente, con le sue importazioni, ai suoi bisogni, il venire a mancare di una così grande quantità di navi avrebbe inevitabilmente per lei le più gravi conseguenze. Per quanto propizio possa giungerle anche un forte aiuto di soldati americani sul teatro continentale della guerra, l'Intesa non può ignorare, tuttavia, che ciò può solo effettuarsi mediante la rinunzia a un contingente notevolissimo di navi di carico. Un gran trasporto di truppe andrebbe poi anche protetto da un adeguato numero di navi da guerra. Del resto, spedizioni d'oltremare hanno di rado, come la storia delle guerre insegna, condotto alla meta desiderata. Le esperienze fatte dall'Intesa a Gallipoli e a Salonicco dovrebbero far sorgere dubbi al Comando militare americano. Ad ogni modo, sarebbe necessario di sormontare tutta una serie di gravissime difficoltà perché i soldati americani apparissero in gran numero sui campi di battaglia europei. Tutto ciò prescindendo dalle insidie dei sottomarini cui i trasporti andrebbero incontro.
Soprattutto si dovrebbero costruire navi in gran nu-
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mero. L'incremento delle costruzioni navali costituisce anche, in realtà, uno dei punti essenziali del programma di guerra americano. E si comprende facilmente, giacche l'Inghilterra dipende quasi affatto dall'industria americana, il rendimento delle proprie officine essendo "relativamente scarso per la deficienza di braccia e di materiali greggi", come confessano, rassegnati, i "Times". Gli Stati Uniti vogliono costruire mille navi di legno di 300 tonnellate ciascuna, per compensare la diminuzione del tonnellaggio causata dai sottomarini tedeschi. Sulla carta pure questa intenzione fa bella comparita [sic]. Ma il "The Journal of Commerce" di Liverpool, un giornale inglese, dunque, competente in materia, versa una doccia fredda sulle speranze dell'Inghilterra e dell'Intesa fondate su questa intenzione dell'alleata d'oltre Oceano. Se, scrive il giornale, si vogliono aumentare adesso, in così straordinaria misura, le costruzioni navali, sono necessari soprattutto operai. Gli operai esperti nella costruzione di navi d'acciaio non sono però idonei alla bisogna, o per lo meno non possono trasformarsi di punto in bianco. Inoltre pure i cantieri degli Stati Uniti, adattati per la costruzione di navi d'acciaio, dovrebbero, nel riguardo del macchinario venir trasformati da capo a fondo se adesso si volesse, improvvisamente, incominciare a costruire navi da legno. Il giornale conclude le sue osservazioni così:
"Tutto compreso, noi non possiamo dunque attenderci alcun successo immediato dall'offerta fattaci dagli Stati Uniti di provvederci navi da carico per tre milioni di tonnellate. Sicuramente la promessa sarà mantenuta, ma occorrerà pure che passi del tempo prima che ciò avvenga. Disgra-
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ziatamente il momento critico è il presente, sicché noi ripetiamo ancora una volta che non sarebbe ragionevole confidar troppo nella possibilità che queste navi di legno possano recare nel nostro paese una maggiore quantità di provviste."
In Inghilterra si spera che le prime navi di legno americane siano pronte fra 5 mesi. Sennonché che cosa vorranno dire, tra 5 mesi, queste navi? In 5 mesi possono tutt'al più venir costruiti vapori per un totale di 800.000 tonnellate di stazza. Ben poco se si riflette che i sottomarini tedeschi, solo nel mese di aprile, hanno distrutto 1.100.000 tonnellate del tonnellaggio mondiale, ossia, in un sol mese, 37,5 % più di quanto i cantieri americani possono approntare in cinque mesi. Se i sottomarini tedeschi lavoreranno come sin qui, – e la loro efficienza cresce di giorno in giorno, – in 5 mesi essi avranno distrutto quasi sette volte il tonnellaggio varato nello stesso periodo di tempo nei cantieri americani. Così stando le cose non è possibile di entrare in gara con i sottomarini. Ogni tentativo è destinato, sin dal principio, a fallire. Solamente per mantenere il tonnellaggio nella misura odierna, insufficiente a stornare dal capo dell'Intesa la crisi che la minaccia, dovrebbero costruirsi e vararsi, ogni mese, navi per un milione di tonnellate. Ma ciò è assurdo. Come molti Inglesi, pure lord Eustace Percy, membro della missione speciale britannica in Washington, ha ben compreso lo stato delle cose dichiarando: "Se la distruzione delle navi continua di questo passo, le costruzioni navali, sia in Inghilterra che in America, non potranno tenerle dietro. La guerra è ormai divenuta una gara fra la capacità di produzione dei can-
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tieri inglesi ed americani e i sottomarini. Il fattore decisivo nella guerra mondiale è il tonnellaggio che gli Stati Uniti possono mettere a disposizione. Solo se esso è grande si riuscirà a mantenere il presente servizio di trasporti militari e di viveri. Il problema è di straordinaria gravità; la sua importanza vitale non può esagerarsi." (Citato dal "Daily Telegraph").
In realtà il problema è serio, molto serio per l'Inghilterra.
Nel suo manifesto al popolo americano Wilson indica ai suoi connazionali, come la parte essenziale dell'aiuto da prestare all'Intesa, il rifornimento di viveri. Egli dice: "Un sufficiente rifornimento di viveri è, in quest'anno, la cosa più importante. Senza viveri sufficienti per l'esercito e i popoli in guerra, tutta la grande impresa, alla quale noi ci siamo associati, andrebbe a monte." Queste parole confermano l'importanza grandissima del rifornimento di viveri per l'Intesa. Ma le condizioni negli Stati Uniti sono però tali che fa meraviglia che Wilson prometta all'Intesa di provvederla di viveri. I viveri sono, infatti, pure negli Stati Uniti, oltremodo scarsi. Tutti i viveri e gli articoli di consumo, già in conseguenza del fabbisogno dell' Intesa, sino ad oggi, e dei prezzi altissimi da lei pagati, sono divenuti scarsi e cari. Di pari passo con quello del pane aumentò il prezzo di tutti gli altri viveri. Sul prezzo del pane non influì soltanto l'esportazione, ma altresì il modo con cui si amministrarono le provviste esistenti senza curarsi del loro rapporto con il bisogno della popolazione. Il raccolto di grano del 1916/17 deve bastare sino a luglio inoltrato. L'ul-
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timo raccolto fu di sole 17.400.000 tonnellate in confronto delle 27.500.000 tonnellate del raccolto precedente. Il quale, a dir vero, fu un raccolto straordinario di cui erano sopravanzati ancora, in cifra approssimativa, dai 3 ai 4 milioni di tonnellate. Gli Stati Uniti hanno bisogno per sé stessi di 17 milioni in cifra tonda: il raccolto del 1916/17 diede dunque solo quanto al paese occorre per se medesimo e le esportazioni di oltre 3 milioni di tonnellate sono compensate dalle provviste del precedente raccolto. Il grano esistente ancora nel paese, cessando interamente l'esportazione, basta solo a condizione che sino al principio del futuro raccolto vengano messe a contribuzione tutte le provviste di grano visibili ed invisibili. Questo stato di cose si rispecchia nei prezzi odierni del grano negli Stati Uniti. La tonnellata di grano americana fu quotata, il 25 aprile, 282 cts. in confronto di 87,25 cts. nell'ultimo mese prima della guerra mondiale. La ragione principale dell'aumento del prezzo va cercato adesso nei preparativi bellici. Infatti la condizione prima per gli armamenti guerreschi è l'assicurazione del vettovagliamento delle truppe, né v'ha dubbio che il Governo di Washington ha già stipulato, con i molini, contratti per la fornitura di grandi quantità di farina. Ma i molini, in America, già sin qui, potevano procurarsi solo a grande stento il grano necessario alla loro produzione normale di farina. In avvenire il loro imbarazzo crescerà a dismisura. Peggio ancora è che pure nei riguardi del prossimo raccolto degli Stati Uniti le previsioni sono quanto mai fosche. La siccità, in autunno e in inverno, ha prodotto gravissimi danni proprio nei distretti del paese più importanti per la produzione del grano vernereccio. Il quale costituisce
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la parte maggiore del raccolto americano, di modo che anche un raccolto più abbondante di grano estivo non potrà compensare il forte ammanco. Uno scarso raccolto americano nel 1917/1918 sarà cosa molto più inquietante che lo scarso raccolto nel 1916/1917 giacché quest'anno mancano le riserve.
In considerazione di questa situazione non si comprende come gli Stati Uniti vogliano aiutare ancora più efficacemente che sin qui, con viveri l'Intesa. L'Intesa ha bisogno soprattutto di cereali dagli Stati Uniti, specie da quando l'Argentina, il cui raccolto di granturco è stato pessimo, ha emanato un divieto di esportazione.
Se si leggono gli appelli di Wilson ai suoi Americani, nei quali egli li esorta ad affrettare le costruzioni navali per provvedere l'Intesa di tutto il necessario, si ha l'impressione che gli Stati Uniti pensano di aver ragione dello sbarramento tedesco, nei riguardi dei loro rifornimenti di cereali all'Inghilterra e alla Francia, caricando, di volta in volta, di grano un'intera flotta di navi mercantili e inviandola in Europa. Anche se tre o quattro di navi venissero affondate, tutte le altre giungerebbero nei porti europei e porterebbero il voluto soccorso. Sennonché ciò potrebbe attuarsi, anche a prescindere affatto dalla questione del tonnellaggio, solo se si avessero cereali in misura sufficiente. Ma così non è. I cereali che gli Stati Uniti ancora posseggano sono necessari per il loro proprio consumo.
Il simile può dirsi del materiale da guerra, che Wilson vuole fornire all'Intesa in maggior misura che sin qui.
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Già la presente produzione americana di materiale da guerra fu possibile ottenerla solo allettando, con alte mercedi, gli operai dalle industrie di pace e dall'agricoltura, il che produsse un perturbamento economico e, in parte, contribuì anche al cattivo esito della raccolta. Ma gli Stati Uniti vogliono poi metter su ed equipaggiare essi stessi un esercito ingente; vogliono costruir navi, aumentare la produzione agricola, partecipare attivamente alla guerra e provvedere a sé e all'Intesa. Per tutte queste belle cose si richiedono però uomini, mano d'opera, un organamento economico che eccederà il limite massimo di rendimento degli Stati Uniti, dato che già le presenti esigenze hanno causato un perturbamento della loro vita economica. Con grandiose promesse non si risolvono simili problemi. Wilson si è appellato, per venirne a capo, al sentimento patriottico dei produttori, esortando, per esempio, i piantatori di cotone a seminar grano anziché il cotone più rimunerativo. L'esperienza negli Stati belligeranti ha mostrato che questi fattori morali non resistono alla pressione delle leggi ferree della vita economica e all'opposizione dello spirito capitalistico.
Perfino negli Stati dell'Intesa non si è troppo ottimisti riguardo all'aiuto degli Stati Uniti. Si opina che il loro aiuto può giovare all'Intesa solo a condizione che non si faccia troppo aspettare. Ma per nessuna specie d'aiuto promesso, né militare, né materiale, ciò è possibile. Solo se la guerra seguita ad andar per le lunghe, l'aiuto americano può divenire un fattore decisivo, scrivono i "Times". E ancora:
"Quanto al materiale da guerra l'aiuto degli Stati Uniti potrà senza dubbio crescere, ma tutto dipende dalla
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regolarità e rapidità delle comunicazioni marittime. Un aumento di questa importazione per mezzo della flotta mercantile americana non è da attendersi prima di sei mesi …Già prima che gli Stati Uniti si schierassero al nostro fianco si accertò che dagli Stati Uniti gl'invii di viveri andavano rapidamente diminuendo. La raccolta degli ultimi anni fu cattiva, quella del corrente sarà ancora peggiore. Le condizioni del mercato granario sono oltremodo serie. La prima valutazione ufficiale dei grani vernerecci è di soli 430 milioni di bushels, dunque assai meno di quanto rese il raccolto dell'anno passato. Si spera, sì, di poter ancora ottenere che il raccolto dei grani estivi cresca. Ma il tempo stringe. Sfavorevoli condizioni meteorologiche e crescente mancanza di braccia sono le ragioni principali di questa cattiva raccolta, onde i prezzi di tutti i viveri hanno superato da lungo tempo gli odierni prezzi di guerra dei medesimi prodotti in Inghilterra."
Il corrispondente dei "Times" invita, quindi, i lettori a tirare da se stessi la conseguenza che già solo per la ragione del prezzo un'importazione di viveri dall'America in Inghilterra è assai improbabile.
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IV. Gli Stati Uniti, il blocco e i neutrali.
Oltre l'aiuto positivo, che gli Stati Uniti vogliono fare all'Intesa, essi hanno pure l'intenzione di concorrere alla guerra d'affamamento contro la Germania. L'esportazione verso i paesi neutrali confinanti con la Germania si vuole ridurla al minimo possibile per impedire che pure piccolissime quantità di viveri vadano a finire in Germania.
Appena gli Stati Uniti si schierarono apertamente a lato dell'Intesa nella stampa neutrale, specialmente nella olandese e nella svizzera, si manifestò il timore che, in avvenire, in conseguenza di provvedimenti circa l'esportazione, da parte degli Stati Uniti, l'approvvigionamento di viveri dei piccoli Stati neutrali diverrebbe peggiore di quanto già non fosse in conseguenza del blocco britannico. Questo timore è confermato pienamente dai fatti. In Washington si discute la questione dell'esportazione in Europa e della restrizione degli invii ai neutrali. Con questi provvedimenti gli Stati Uniti vengono a partecipare alla guerra di affamamento attuata dall'Inghilterra in barba al diritto delle genti contro le Potenze Centrali, e, precisamente come l'Inghilterra, si servono dei neutrali come strumento delle loro intenzioni.
I rappresentanti dei piccoli Stati europei in Washington hanno chiesto spiegazioni a Lansing intorno a questa disegnata riduzione delle esportazioni e gli hanno spiegato che l'at-
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tuazione di tali provvedimenti avrebbe necessariamente per conseguenza l'affamamento dei piccoli popoli neutrali. Il passo dei rappresentanti ebbe però una assai fredda accoglienza. Si fece intendere ai neutrali che ad essi non rimane che scegliere tra la chiusura dei loro confini verso la Germania e la sospensione completa delle importazioni dall'America e, quindi, un inasprimento dei reciproci rapporti. Il sopruso a danno dei neutrali è dunque un mezzo politico di costrizione, in forma di un ultimato economico allo scopo di costringere gli Stati neutrali ad unirsi all'Intesa. Pure il linguaggio della stampa francese, che da qualche tempo sbraita in questo senso contro i neutrali, conferma l'esattezza di questo modo di vedere.
La Germania, nel riguardo nei viveri e delle materie gregge, è indipendente sicché una riduzione delle esportazioni americane verso i paesi neutrali non può in nessun modo influire sulla sua condizione. Ciò che i paesi neutrali rilasciano dei propri prodotti alla Germania vien loro retribuito con materie gregge di cui hanno assoluto bisogno (carbone e ferro). I neutrali hanno, quindi, essi stessi interesse a conservare inalterati i loro presenti rapporti con la Germania, come quelli che riposano sul principio economico della prestazione e controprestazione.
La mossa degli Stati Uniti è diretta contro la Germania, ma colpisce esclusivamente i neutrali. L'ipocrisia di Wilson, atteggiatesi a protettore dei piccoli Stati neutrali, corre agli occhi anche qui con ogni evidenza. Del resto gli Stati Uniti, come la stampa dell'Intesa, hanno fatto i conti senza l'oste. Già una volta un simile calcolo si rivelò sbagliato, e
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cioè rispetto alla Grecia, dove, dal principio della guerra, il popolo viene vessato dall'Intesa, che ostenta di combattere per la libertà dei piccoli Stati, e, ciò nondimeno, non scende in lizza al suo fianco. Nei paesi neutrali si spera di poter mantenere, pur sotto la nuova pressione, la neutralità, appoggiandosi sulla propria forza economica e sulla accondiscendenza delle Potenze Centrali. Se questo non fosse possibile, sarebbe, ad ogni modo, dubbio che il desiderio degli Stati Uniti venisse appagato e che i neutrali si gettassero proprio nelle braccia dei loro oppressori ed affamatori.
V. La partecipazione alla guerra degli Stati Uniti, i sommergibili tedeschi e la pace.
Si considerino, nel loro complesso, le conseguenze per la Germania dell'intervento degli Stati Uniti nella guerra e si vedrà che le intenzioni d'aiuto degli Stati Uniti rimangono lettera morta, sia per lo stato reale delle cose nell'Unione stessa, sia, soprattutto, per l'attività dei sottomarini tedeschi. In particolar modo si deve riflettere che prima di decidere la guerra sottomarina senza restrizioni vennero esaminate a fondo tutte le possibile conseguenze e fra esse anche la scesa in campo degli Stati Uniti. Orbene; questo eventuale intervento degli Stati Uniti fu trovato tale da non dover indurre a rinunziare alla guerra sottomarina. Inoltre deve ritenersi per sicuro che
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l'aiuto militare degli Stati Uniti non sarà grande per il momento e che l'aiuto materiale non supererà quello dato sino ad oggi. I sottomarini tedeschi lavorano in guisa che avranno fornita l'opera loro prima che l'aiuto americano si dimostri efficace. Ma se anche gli Stati Uniti fossero pronti prima di quel che si crede e l'Intesa indugiasse a stipular la pace tanto che dell'aiuto americano si dovesse infine tener conto, non va dimenticato, tuttavia, che ogni aiuto militare e materiale (trasporti di truppe, di materiale bellico e di cereali) degli Stati Uniti deve passare attraverso la zona di sbarramento tedesca, e che quante più navi solcano gli oceani, tanto più vasto è il campo d'azione dei sottomarini. Gli Stati Uniti si accorgeranno che, come affermò il feldmaresciallo von Hindenburg, discorrendo con il corrispondente berlinese di un giornale spagnolo, essi si sono ingaggiati in un cattivo affare. Il tempo non lavora più per l'Intesa ma per le Potenze Centrali. La guerra sottomarina è stata intrapresa nel momento più favorevole immaginabile. L'Inghilterra, con i suoi alleati, si dibatte in difficoltà alimentari cui i sottomarini hanno contribuito con la loro azione svolta in conformità delle regole per gli incrociatori. Dalla Russia minacciano l'Intesa i più gravi pericoli. – La raccolta mondiale è cattiva e la nuova raccolta sarà cattiva anch'essa. Nel riguardo alimentare, economico, finanziario e del rifornimento delle materie prime, la Germania è al sicuro. I fronti tedeschi non cedono agli assalti. L'offensiva anglo-francese è miseramente fallita. La guerra è entrata di fatto nella sua fase decisiva e l'intervento degli Stati Uniti non impedirà che essa si svolga a favore delle Potenze Centrali. Ogni giornata di lavoro dei sottomarini
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tedeschi riavvicina il mondo alla pace, che esso anela e che solo la folle sete di conquista dell'Intesa impedisce. Anche gli Stati Uniti non riusciranno a sbarrare il passo alla pace.
Wilson vuol dare ad intendere che il suo intervento abbrevierà la guerra. Ma abbreviare la guerra significa per lui ottenere la sconfitta della Germania e dei suoi alleati. Sono i sottomarini tedeschi che lavorano al ristabilimento della pace, che non si farà attendere più a lungo, e che farà uscire la Germania e i suoi alleati, dalla guerra più formidabile che la storia ricordi, intatta nel suo onore e nella sua forza. Fu anche questa piena fiducia in una prossima e felice fine della guerra che ispirò le dichiarazioni del Cancelliere germanico sulla situazione generale nella Commissione per gli affari esteri del Consiglio federale, adunatasi l'8 e il 9 del mese corrente, in Berlino, sotto la presidenza del Presidente del consiglio bavarese, conte von Hertling.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], La partecipazione degli Stati Uniti alla Guerra. I motivi che hanno deciso l'America al passo e l'influsso che questo eserciterà sulla situazione e sull'esito della guerra vom 11. Mai 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 10016, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/10016. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 24.03.2010.