Dokument-Nr. 13013

Documenti circa il diritto di precedenza dal Nunzio Apostolico in Svizzera, vor dem 14. April 1923

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Documenti
circa il Diritto di Precedenza
del
Nunzio Apostolico
in Svizzera
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(Sub secreto Pontificio).
Documenti
circa il Diritto di Precedenza
del
Nunzio Apostolico
in Svizzera
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Esemplare N. 3
destinato alla Nunziatura Apostolica
in Baviera
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Documenti circa il Diritto di Precedenza del Nunzio Apostolico in Svizzera
I.
Nota del Signor A. Briand , Ministro degli Esteri di Francia, al Nunzio Apostolico di Parigi in data 10 Decembre 1921.
Le Gouvernement de la République, fidèle aux anciens et constantes traditions de son protocole, a invité son Ambassadeur, près le Conseil fédéral de la République helvétique, à reconnaître la préséance de Son Excellence le Nonce du Saint-Siège apostolique.
(s.) A. Briand.
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II.
Rapporto di Mons. Maglione all' Emo Sig. Card. Segretario di Stato in data 8 Gennaio 1922 (N. 6071).
Berna, 8 gennaio 1922.
Eminenza Revma,
Col mio umilissimo rapporto n. 6005 del 26 dicembre p. p. ebbi l'onore di comunicare all'Eminenza Vostra Revma che questo Ambasciatore Francese, sig. Allizé, invitato dall'on. Motta a dargli conferma ufficiale dell'intesa intervenuta tra il suo Governo e la S. Sede circa la precedenza del Nunzio di Berna, si era riservato di chiedere a Parigi istruzioni in proposito, esprimendo intanto il parere personale che la Francia, la quale aveva riconosciuta la decananza del Rappresentante Pontificio accreditato presso di lei, non voleva fare una posizione diversa al Nunzio della Svizzera.
A me parve che questa motivazione, qualora fosse stata inserita nella comunicazione dell'Ambasciatore attesa dall'on. Motta, avrebbe sollevato difficoltà presso i cinque membri protestanti del Consiglio Federale. I miei timori si calmarono, quando presi conoscenza della lettera indirizzata dal sig. Briand a Mons. Nunzio di Parigi e comunicatami da Vostra Eminenza col dispaccio n. B. 29546. Non di meno, stimai più sicuro di portare al Dipartimento Politico copia di tale documento, affinché, nel caso che il sig. Ambasciatore facesse qualche dichiarazione ambigua, si potesse chiarirla confrontandola col documento medesimo.
Il sig. Allizé, recatosi il 30 dicembre p. p. dall'on. Motta, gli dètte verbalmente la conferma ufficiale dell'intesa intervenuta tra la S. Sede e la Francia, ma in maniera
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piuttosto ambigua, sicché l'on. Capo del Dipartimento Politico Federale stimò necessario accennargli d'avere precisa conoscenza della lettera del sig. Briand a Mgr. Nunzio di Parigi. L'on. Motta dubita che il sig. Ambasciatore abbia realmente domandato, come aveva detto di voler fare, istruzioni al suo Governo; ed io pure ho il medesimo sospetto. Ad ogni modo, il prelodato Consigliere Federale, nella relazione che preparò pei suoi colleghi e che volle mostrarmi, ritenne soltanto la parte sostanziale delle dichiarazioni del sig. Allizé.
Il 4 corrente l'on. Motta mi chiese se potevo riceverlo alle 14. Essendo impegnato per quell'ora, gli risposi che sarei andato da lui, come feci, alle 15.
Mi disse che la mattina aveva portata la questione della precedenza dinanzi al Consiglio Federale ed aveva trovato in questo una opposizione estremamente vivace e forte contro il riconoscimento del diritto del Nunzio: era appena riuscito ad impedire che si prendesse una decisione spiacevole per la Santa Sede: desiderava quindi di espormi tutte le difficoltà sollevate in proposito. E quel giorno e nel seguente, in due conversazioni di un'ora e mezzo ciascuna, si fece veramente, com'ebbe dopo a dichiararmi, l'avvocato del diavolo per mettersi meglio in grado di ribattere le obbiezioni dei suoi colleghi.
Di costoro, i cinque protestanti ricordarono tutti che avevano votato per il ristabilimento della Nunziatura e si lodarono altamente della maniera, con cui il rappresentante Pontificio esplica la sua missione. (Riferisco anche ciò unicamente per far meglio comprendere lo stato d'animo di questi signori). Affermarono, però, che i loro correligionarii oggi pure li rimproverano del consenso allora prestato alla venuta del Nunzio. I ceti protestanti più alti, specialmente i pastori, si dimostrano molto preoccupati per l'accrescimento di prestigio, che la presenza di un legato del Papa conferisce alla parte cattolica, e vedrebbero con grandissima irritazione aumentare ancora tale prestigio per il riconoscimento di
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una preeminenza abituale del rappresentante Pontificio nel Corpo Diplomatico.
Attaccarono il Governo Francese quasiché avesse voluto dirimere lui una questione, la cui risoluzione spettava al Consiglio Federale. Asserirono che se il Corpo Diplomatico può darsi un decano, è solo il Governo, che deve stabilire la precedenza. Se pertanto l'Ambasciatore di Francia cede il decanato al Nunzio, il Consiglio Federale può sempre assegnare al primo la precedenza in forza del diritto comune.
Elevarono anche dei dubbi su l'obbligatorietà del Regolamento diplomatico del 1815 per la Svizzera, la quale dal 1848 ha cambiato la sua costituzione, ed aggiunsero che, ad ogni modo, la precedenza del Nunzio è un privilegio, che non prevale sul diritto comune in una nazione protestante.
A queste difficoltà, che l'on. Motta mi aveva esposte così com'erano state sollevate dai suoi colleghi, risposi:
La precedenza, di cui godono i membri del Corpo Diplomatico gli uni rispetto agli altri, non deriva da una concessione del Governo, presso il quale sono accreditati, sibbene da una convenzione internazionale accettata e rispettata in tutti gli Stati civili. Non è quindi soggetta all'arbitrio dei Governi, i quali possono soltanto e debbono anzi riconoscerla o, se si vuole, determinarla secondo le disposizioni di tale convenzione, ossia del Regolamento diplomatico stabilito nel Congresso di Vienna del 1815. Nessuno, ad esempio, può pensare seriamente che sia lecito al Consiglio Federale togliere all'attuale rappresentante dell'Olanda a Berna la precedenza, che per la sua anzianità gli compete sui Ministri di 2a classe qui residenti, e darla ad uno qualsiasi dei suoi colleghi. Gl'interessati nelle questioni di precedenza sono i diplomatici e non già i Governi, presso i quali sono accreditati. Nel caso presente, il diritto di precedenza può spettare o al Nunzio o all'Ambasciatore di Francia. Se questi, che è unicamente interessato,
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riconosce il diritto del primo, il Consiglio Federale non deve far altro che prendere atto di tale riconoscimento.
Nel distinguere che si fa tra decanato e precedenza, si dimentica che l'anzianità o decananza fu assunta nel 1815 come regola appunto per determinare la precedenza e non si pensa che questa è, in conseguenza, il diritto principale o meglio essenziale del decanato. È per tale ragione che nella lettera del sig. Briand si parla di precedenza e non di decanato. Comprenderei, pertanto, che, assicurandomi la precedenza, mi si chiedesse di lasciare all'Ambasciatore l'uso di qualcheduno dei diritti minori del decanato: ma non capisco come mi si possa insinuare d'accettare l'opposto.
Si è espresso il dubbio che il Regolamento di Vienna, concordato ora sono più di cento anni, non obblighi la Svizzera, la quale nel 1848 cambiò la sua costituzione.
Io non ho mai sentito che il cambiamento della Costituzione interna dello Stato esima questo, che permane attraverso le diverse forme del suo Governo, dagli obblighi contratti con convenzioni internazionali. So, invece, che il Consiglio Federale, per dimostrare il buon diritto della Svizzera nelle questioni della sua neutralità perpetua, della neutralità della Savoia e delle zone attorno Ginevra si appella ora pure allo stesso art. 118 del Trattato di Vienna, che dichiara parti integranti del Trattato medesimo la Dichiarazione delle Potenze su gli affari della Svizzera ecc. (n. 11), il protocollo del 29 marzo sulle concessioni fatte dal Re di Sardegna al Cantone di Ginevra (n. 12) e il Regolamento su la precedenza degli agenti diplomatici tra di loro (n. 17).
Del resto il Dipartimento Politico non ha ora altro Regolamento diplomatico che quello del 1815, e quando si dice di voler applicare contro il privilegio del Nunzio il diritto comune, si accenna senza dubbio al diritto comune stabilito precisamente da tale regolamento.
Così pure, si discorre di diritto comune in opposizione al privilegio dei Nunzi, dimenticando che è la medesima con-
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venzione la quale stabilisce il diritto comune e sancisce la precedenza dei rappresentanti della S. Sede.
Si obbietta che il Regolamento del 1815 non riconosce la precedenza dei Nunzi nei paesi protestanti. Noi possiamo provare che un regolamento generale stabilito per dirimere definitivamente gli innumerevoli e fastidiosi conflitti di precedenza, che fu firmato dai rappresentanti di tutte le Potenze acattoliche presenti a Vienna nel 1815 e che non fa alcuna distinzione tra Governi cattolici ed acattolici, riconosce la precedenza dei Nunzi dovunque essi siano. Ad ogni modo, per la Svizzera la questione non si pone neppure. Anche ammettendo che la Confederazione, la quale si è sempre professata ed è giuridicamente neutra in materia confessionale, possa considerarsi, nella questione attuale, come uno Stato protestante, non si deve dimenticare che un Nunzio era accreditato presso la Confederazione già prima del 1815 e che innanzi a questa data egli ha goduto della precedenza. (A richiesta dell'on. Motta stesi su tale punto e portai a lui in quel giorno medesimo, 5 corrente, il breve pro-memoria di cui accludo copia). Ora è ammesso da tutti, anche dagli avversari più ostinati della precedenza dei Nunzi nei paesi acattolici, che il Regolamento di Vienna, pure interpretato nel senso più stretto possibile, conserva ai Rappresentanti Pontifici il diritto di cui godevano prima del 1815 nei paesi cattolici e protestanti. La questione, pertanto, si riduce ad una ricerca storica e questa dimostra inoppugnabile il nostro diritto.
Si fa appunto al Governo Francese quasi abbia voluto imporre la decisione di tale questione. Ma non si riflette, come ho già accennato, che i soli interessati direttamente sono il Nunzio e l'Ambasciatore e non già il Consiglio Federale o qualsiasi altro funzionario svizzero. Del resto il Dipartimento Politico sapeva che la S. Sede trattava con la Francia.
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Vedo bene, – così conclusi –, che si trasporta su di un terreno politico e sentimentale una questione di ordine puramente diplomatico. Spero, però, che il Consiglio Federale si lasci guidare dalle ragioni della giustizia e non già da preoccupazioni di ordine confessionale. Io credo che si esageri molto il pericolo d'irritazione, che potrebbe derivare da una risoluzione presa secondo giustizia. Se l'uno o l'altro giornale parlasse della cosa, il Dipartimento Politico potrebbe con un brevissimo comunicato ufficioso avvertire che il diritto di precedenza è stato dall'Ambasciatore di Francia – unico interessato – riconosciuto al Nunzio e nessuno griderà più. L'anno scorso il Diario Ufficiale del Cantone di Vaud, tanto protestante, collocò in testa alla lista dei Diplomatici il Nunzio e ciò non provocò davvero il finimondo!
L'on. Motta mi disse allora: Parlo con intera libertà a Vostra Eccellenza perché non ho segreti per Lei, che sa ben distinguere quanto Le comunico a titolo ufficiale e quanto a titolo confidenziale. Ella ha perfettamente ragione. La sua tesi giuridica è inoppugnabile. Ma disgraziatamente i miei colleghi si lasciano trasportare dal sentimento più di quanto io stesso potevo prevedere.
Ed aggiunse: Non crede che se la Francia ci comunicasse di avere riconosciuta la precedenza del Nunzio a Berna perché questi l'ha sempre avuta nel passato, ciò faciliterebbe una decisione favorevole del Consiglio Federale? Così pure, se si potesse addurre qualche esempio di Potenza protestante, come la Germania, che avesse ammesso il diritto dei Nunzi, sarebbe ottima cosa. Risposi che la dichiarazione rilasciatici [sic] dalla Francia è ben più ampia e generale di quella, che si vorrebbe provocare. Quanto alle Potenze acattoliche, è certo che la Russia prima del 1815 e dopo questa data – sino alle incoronazioni di Alessandro III e Nicola II, in occasione delle quali accaddero i noti incidenti che provocarono le proteste della S. Sede e non possono costituire un precedente contrario – aveva dato sempre la precedenza agli
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Inviati Pontifici. Attualmente la questione non si è posta a Berlino. Doveva però osservare che la condizione del Nunzio di Berna è speciale, perché i suoi predecessori erano qui anche prima del 1815.
Ieri l'altro l'on Motta ripresentò la questione al Consiglio Federale e disse che il Dipartimento Politico, in seguito a studi da esso fatti ed alle spiegazioni ed ai documenti da me forniti, si era convinto che la questione della precedenza doveva, a tenore del Regolamento del 1815, esser decisa a favore del Nunzio. Proponeva pertanto formalmente che si prendesse atto della comunicazione fatta da me e dal sig. Alllizé e si ritenesse decisa la questione nei rapporti del Nunzio e dell'Ambasciatore.
Era questa una formula, diciamo così, attenuata in diritto, ma di fatto definitiva, perché non è prevedibile che altre Potenze mandino qui Rappresentanti di 1a classe.
Ma i cinque Consiglieri protestanti, pur essendo rimasti scossi dalle ragioni evidenti esposte dall'on. Motta, non si arresero. Dissero nuovamente che essi avevano votato di cuore per il ristabilimento della Nunziatura, quasi ad indicare che i cattolici posono [sic] contentarsi di tale concessione, e insistettero anche nel rilevare che la Francia aveva voluto decidere essa la questione. Poiché il Consigliere Chuard, che è pure il più francofilo di tutti, rimproverava con maggior calore degli altri alla Francia questa pretesa mancanza di riguardo, l'on. Motta, sempre tanto amabile e padrone di sé, scattò esclamando: Voi accennate continuamente al ristabilimento della Nunziatura come ad una vostra concessione a favore dei cattolici svizzeri. Questi non hanno nulla ricevuto da voi. È stato il Santo Padre che ha fatto a loro ed a tutta la Svizzera il grandissimo onore di inviarci un suo rappresentante di 1a classe. Per quanto riguarda le trattative della S. Sede con la Francia, Ella, onorevole Chuard, ricorda di essere stato presente col collega on. Schultess al colloquio, durante il quale l'on. Mil-
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lerand domandò a me, allora Presidente della Confederazione, come avremmo risolta la questione della precedenza. Risposi che poiché tale questione si poneva tra il Nunzio e l'Ambasciatore, era bene fosse decisa con un'intesa amichevole tra la S. Sede e la Francia. Ella, on. Chuard, non sollevò alcuna difficoltà né in quella circostanza, né quando io feci di tutto relazione al Consiglio Federale. Come può ora dire che il Governo francese ci manca di riguardo? E poi, Ella che conosce tanto bene la Francia, come può immaginare che il Governo di Parigi, – il quale si professa areligioso, e pur riallacciando le sue relazioni col Vaticano ha dichiarato intangibili le leggi laiche –, avrebbe dato al suo Ambasciatore a Berna l'ordine di riconoscere la precedenza del Nunzio se il diritto della S. Sede non gli fosse apparso indiscutibile?
L'on. Motta ricevette le scuse dei suoi colleghi. Ma la conclusione del dibattito fu che il Consiglio Federale desiderava di fare indagini per conto suo su la questione storica e chiedeva quindi al Nunzio ed all'Ambasciatore di volere nei due prossimi pranzi diplomatici conservare i posti occupati l'anno scorso (il primo cioè per l'Ambasciatore più anziano), con l'intesa che ciò non debba pregiudicare la questione medesima. Il Dipartimento Politico veniva incaricato di fare tali comunicazioni.
Quando l'on. Motta mi espose, due o tre ore più tardi, la risoluzione adottata dal Consiglio Federale, gli dissi che mi riservavo di dare una risposta tra alcuni giorni. Domandavo, però, sin d'allora, per il caso avessi potuto accondiscendere al desiderio manifestatomi, che il Dipartimento Politico mi comunicasse in iscritto il desiderio del Consiglio Federale di studiare ancora la questione e la preghiera di accettare il secondo posto nei due pranzi, assicurandomi che ciò non porterà alcun pregiudizio alla questione. Aggiunsi che, per tale eventualità, sarebbe forse meglio lasciare a me la cura di avver-
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tire confidenzialmente il sig. Ambasciatore, al quale mostrerei, come agli altri colleghi del Corpo Diplomatico, la Nota con la preghiera rivoltami dal Consiglio Federale. Chiedevo, inoltre, nell'ipotesi medesima, che la risoluzione della questione non fosse rimandata alle calende greche. E conclusi: Vedo bene che il Consiglio Federale non ha saputo, in una questione così limpida di puro diritto diplomatico, svincolarsi da preoccupazioni di carattere confessionale del tutto estranee e non posso astenermi dall'esprimere il mio vivissimo rincrescimento.
L'on. Capo del Dipartimento Politico convenne che le mie domande eventuali sarebbero giustissime.
Attendo ora le decisioni di Vostra Eminenza. L'espediente dilatorio, a cui è ricorso il Consiglio Federale, tradisce l'intenzione di procrastinare indefinitivamente la risoluzione dell'affare nella speranza che il sig. Ambasciatore di Francia venga prima o poi traslocato e che io, ottenuta in tal modo la precedenza per diritto d'anzianità, rinunzi a rivendicarla pei Nunzi futuri. Credo che l'attitudine del Consiglio Federale sarà criticata dai miei colleghi. Ieri, ad esempio, il sig. Ministro d'Inghilterra, che apprese dal Presidente della Confederazione la risoluzione dilatoria adottata, espresse la sua meraviglia ed ha detto poi a me: "È disgustoso tutto questo. Se l'Ambasciatore riconosce il diritto del Nunzio, non so che cosa abbia da opporre il Governo Svizzero. E pensare che proprio a me il Dipartimento Politico disse l'anno scorso che la questione di precedenza tra il Nunzio e l'Ambasciatore non riguardava che loro due!"Ma non sono queste critiche che possono far desistere i protestanti del Consiglio Federale dalla loro opposizione. Bisogna combattere in essi una deviazione psicologica su la quale non fanno presa argomenti giuridici e ragioni diplomatiche. Inoltre, essi hanno un rispetto, che si direbbe paura indescrivibile, dell'opinione pubblica e se si persuadono che un loro atto dispiacerebbe ai pro-
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pri mandatari, non si decidono a farlo che con estrema difficoltà.
Così essendo le cose, per quanto sia increscioso per me questo incidente non ostanti le lodi che l'on. Motta afferma essermi state prodigate per la discrezione dimostrata, debbo pregare Vostra Eminenza di volermi autorizzare ad accettare la surriferita proposta del Consiglio Federale. La dignità della S. Sede non mi sembra che ne soffrirebbe e d'altra parte la moderazione e la longanimità di Essa potranno forse produrre buona impressione in animi che spesso si lasciano guidare dal sentimento.
Prego umilmente Vostra Eminenza di volermi inviare per telegrafo le sue istruzioni.
Chinato, ecc.
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III.
Allegato al Rapporto di Mons. Maglione Num . 6071.
Brevi notizie su l'antica Nunzia tura Svizzera.
I.
Dopo l'Atto di mediazione napoleonica del febbraio 1803 il Nunzio Apostolico fu sempre accreditato presso tutta la Confederazione e non già presso i soli Cantoni Cattolici, e presentava le Credenziali al Cantone Direttoriale.
Mgr. Fabrizio Scebera Testaferrata, Arcivescovo di Beirut, annunziava per lettera del 17 settembre 1803 al signor Luigi d'Affry, Landamanno Generale della Svizzera, la sua nomina a Nunzio Apostolico presso la Confederazione, e lo pregava di fissare il cerimoniale per la presentazione delle Credenziali. Il Landamanno rispose molto cortesemente il 16 novembre, tracciando un cerimoniale per il ricevimento del Nunzio, oltremodo onorifico, che incontrò la piena soddisfazione del Rappresentante della S. Sede.
La presentazione delle Credenziali ebbe luogo, secondo questo cerimoniale, a Friburgo il 10 dicembre 1803.
Richiamato nel 1816, Mgr. Testaferrata andò a prendere congedo dal Cantone Direttoriale di Zurigo i1 3 Maggio di quell'anno.
Il suo successore, Mgr. Carlo Zeno, Arcivescovo di Calcedonia, presentava il 14 agosto 1816 allo stesso Cantone Direttoriale di Zurigo le sue Credenziali. Il nuovo Nunzio nel suo ingresso a Zurigo fu salutato con 21 colpi di cannoni e ricevette grandissimi onori.
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Mgr. Zeno restò un anno solo nella Svizzera: il 7 ottobre 1817 prese in Berna congedo da quel Cantone Direttoriale e partì poi per Roma.
Mgr. Vincenzo Macchi, Arcivescovo di Nisibi, chiamato a succedergli nella Nunziatura Svizzera, presentò il 27 dicembre 1818 le sue lettere Credenziali in Berna al signor Conte de Muelinen, Avoyer in carica e Presidente della Confederazione. (Rapporto di Mgr. Macchi. Dal brano di tale relazione trascritto nell'allegato 2 si può rilevare con quali onori sia stato ricevuto il Nunzio in Berna).
Per brevità si omettono altre citazioni in proposito. Si accenna soltanto che dal 1850 la S. Sede ebbe nella Svizzera un semplice Incaricato d'Affari.
II.
Il Nunzio Pontificio accreditato presso la Confederazione godette prima e dopo il 1815 della precedenza su tutti i Rappresentanti Esteri non escluso il sig. Ambasciatore di Francia.
a) Una prova indiretta, ma chiara di ciò si ha dalla cronaca dei laboriosi negoziati, che precedettero nel Congresso di Vienna del 1815 la compilazione del famoso "Règlement sur le rang entre les agents diplomatiques".
È appena necessario accennare che questo regolamento fa parte integrante del Trattato di Vienna, tra i firmatari del quale figuravano anche i Rappresentanti delle seguenti Potenze acattoliche: Inghilterra, Prussia, Russia, Svezia e Norvegia. Nell'articolo 118 è stabilito, infatti, "Les traités, conventions, déclarations, règlements et autres actes particuliers qui se trouvent annexés au présent acte, et nommément: …
17. – Le règlement sur le rang entre les agents diplomatiques … sont considérés comme parties intégrantes des arrangements du Congrès et auront partout la mê-
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me force et valeur que s'ils étaient insérés mot à mot dans le traité général".
Il sig. Conte de la Tour du Pin, che era stato incaricato di preparare il Regolamento proponeva semplicemente che i Nunzi fossero considerati Ministri di prima classe, ma che, in ciascuna classe di Ministri, venisse desunta dall'anzianità, contando questa dalla data della presentazione delle Credenziali. Il Cardinal Consalvi osservava che l'adozione di tale formola avrebbe fatto perdere ai Nunzi la precedenza, di cui avevano sino allora goduto dappertutto. Chiedeva quindi un'aggiunta che riconoscesse e mantenesse simile precedenza dei Rappresentanti Pontifici.
L'affermazione del Consalvi non fu contestata. Lo stesso Rappresentante dell'Inghilterra, che fu il più ostinato a combattere l'aggiunta richiesta dal Cardinale, non pose giammai in dubbio che i Nunzi godessero d i fatto della precedenza. Ora è lecito ritenere che se il Nunzio di Svizzera, allora pure accreditato presso la Confederazione, non avesse goduto della precedenza, il diplomatico inglese non avrebbe mancato d'infirmare con questo esempio l'affermazione e l'argomento del Cardinale. Egli sostenne invece, unicamente, di non potere sottoscrivere un Regolamento, che elevasse il fatto a principio. Ma finì com'è noto, coll'accettare egli pure la formola:
"Art. 4. Les employés diplomatiques prendront rang entre eux dans chaque classe, d'après la notification officielle de leur arrivée. Le présent Règlement n'apportera aucune innovation relativement aux représentants du Pape".
b) Una prova diretta della precedenza dei Nunzi accreditati presso la Confederazione sembra si possa avere dalla seguente
"Descrizione"del viaggio di Mgr. Testaferrata alla Dieta di Berna nel giugno 1804 inserita nel volume dei "Di-
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spacci di Mgr. Testaferrata alla Segreteria di Stato"1803-1804-1805 pag. 99 e seg.
"Divulgatosi per la città di Lucerna il grazioso invito fatto a Mgr. Nunzio dal sig. Watteville (sic) Landamanno Generale della Svizzera di portarsi in Berna alla Dieta Generale e saputosi eziandio la determinazione del Prelato di aderire nel dì 16 giugno a questa istanza, furono nel giorno innanzi a complimentarlo il Governo, il Ceto Ecclesiastico e Primario della città… Mgr. Nunzio… circa le ore 7 di Francia giunse in Soleure…
"Essendo partito da Soleure nel dì 17 circa un'ora pomeridiana alla volta di Berna, circa le ore 5 fu incontrato da un'Ordinanza a cavallo, da due trombette con uniformi, e dalla guardia nobile della detta città di Berna superbamente montata e composta di circa 40 individui con loro capitano e tenente, i quali, dopo aver complimentato il Nunzio a nome del sig. Landamanno Generale, gli fecero sapere che dal medesimo erano stati a bella posta spediti per accompagnarlo fino alla loro città.
"Dopo un'ora circa fu incontrato Mgr. Nunzio da molte carrozze dei Signori bernesi, e da un'immensità di popolo, i quali tutti gli tributavano segni del più profondo rispetto e venerazione.
"Giunto il Nunzio in città, fu accolto con tutti gli onori militari, ed in mezzo ad un affollatissimo popolo, che trovavasi per le finestre, portici e strade, giunse alla Locanda del Falcone, alloggio preparatogli dal sig. Landamanno, il quale per onorare vieppiù il Nunzio, al momento gli spedì a tamburo battente un picchetto di soldati che dovessero guardare l'abitazione, e, per segno di gradimento, il Nunzio ritenne soltanto una sentinella.
"Ricevette in seguito le visite del sig. Ambasciatore di Spagna, del sig. Generale Vial, Ambasciatore di Francia, del sig. Krumpipen, Ministro Imperiale, del sig. Ministro di Baviera, del sig. Venturi, Agente diplomatico della Repubblica Italiana, di tutti i segretari delle Le-
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gazioni, dei Signori della città, di tutto il corpo della Dieta e del sig. Landamanno Generale, il quale nella visita che ricevette da Mgr. Nunzio volle accompagnarlo fino ai liminari del suo palazzo. Ebbe dal medesimo Landamanno dei trattamenti, come ancora da tutti i Ministri, occupando sempre il primo posto.
"Avendo assistito alla presentazione delle nuove credenziali del sig. Ambasciatore di Francia per invito ricevuto dal sig. Landamanno, ebbe il Nunzio il primo luogo, e dal lodato sig. Landamanno nella comitiva, nella visita delle truppe ed in ogni circostanza fu distinto a preferenza degli altri ministri: anzi nell'apertura della Dieta fatta nella chiesa dei Protestanti, volle che nel primo luogo tra gli Ambasciatori fosse la sedia per il Nunzio, benché assente, ed altra sedia nel primo luogo tra i Segretari di Legazione per l'Uditore della Nunziatura…".
Toglie qualsiasi dubbio in proposito il Cerimoniale in uso alla Nunziatura dopo l'Atto di mediazione. Alla Rubrica "Di quelli cui il Nunzio cede il primo posto"è detto:
"Al solo Landamanno, e in ogni luogo, cede il Nunzio il primo posto. In propria casa poi lo cede agli Ambasciatori, agli altri Nunzi o Internunzi Apostolici, ai Cardinali e a tutti di famiglia reale, se debba riceverli, non già ai Vescovi".
Va notato che all'ospite di pari grado il padrone di casa cedeva allora, al contrario di quanto si fa ora, il suo posto. Così nello stesso cerimoniale, alla Rubrica: "Delle visite ed incontri" è scritto:
"…Il Landamanno, fuorché nella presentazione delle credenziali, cede il primo posto al Nunzio in propria casa del Landamanno. Lo stesso Cerimoniale si pratica cogli Ambasciatori; cogli altri Ministri a un dipresso lo stesso".
Un'altra chiara conferma della precedenza goduta dal Nunzio si ha dalle "Osservazioni da tenersi presenti dai
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Nunzi della nuova Organizzazione della Confederazione Elvetica" inserite nel Cerimoniale l'anno 1817.
In esse si dice: "Quanto alle Diete, essendo il Nunzio nel rango degli Ambasciatori ed il primo tra questi, siccome fu stabilito dal Congresso di Vienna ultimamente, non deve fare altro che partecipare ai Ministri residenti nella città, dove si è recato, il suo arrivo ed il tempo, in cui è disposto a riceverne le visite, alle quali corrisponde o nel giorno seguente o nel dopo pranzo, avendole ricevute la mattina. Tuttociò va fatto dopo che avrà visitato il primo Magistrato Reggente".
È inutile dire che questi documenti possono essere mostrati al Dipartimento Politico, qualora lo desideri.
Si consenta, infine, di aggiungere che non si è trovato negli Archivi della Nunziatura alcuna traccia di controversie circa la precedenza goduta dal Nunzio dopo l'Atto di mediazione. Nei documenti si hanno non rare affermazioni incidentali di tale diritto e mai, a quanto risulta, accenni a discussioni o polemiche in proposito. Ciò dimostra, a nostro umile giudizio, che la questione non si poneva neppure e che si considerava come pacifico il diritto del Nunzio.
Berna, lì 5 gennaio 1922.
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IV.
Nota dell'On. Motta, Capo del Dipartimento Politico, a Mons. Maglione in data 17 Gennaio 1922.
Monseigneur,
Le Président de la Confédération a eu l'honneur d'adresser à Votre Excellence l'invitation de prendre part au dîner que le Conseil Fédéral donnera, le 28 janvier, en l'honneur du Corps diplomatique accrédité à Berne.
Nous tenons à confirmer à Votre Excellence, de la part du Conseil Fédéral, que si, à l'occasion de cette cérémonie, la deuxième place doit Vous être dévolue parmi les invités du Conseil Fédéral, ce fait ne saurait préjuger d'aucune manière la solution de la question, non encore réglée, de la préséance du Nonce Apostolique à Berne.
Veuillez agréer, Monseigneur, l'expression de nos sentiments de très haute considération.
Département politique fédéral.
(s.) Motta.
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V.
Nota di Mons. Maglione all'On. Motta in data del 22 Gennaio 1922.
Il 6 di questo mese V. E. si compiacque di comunicarmi verbalmente che l'Alto Consiglio Federale desiderava fare ulteriori studii e ricerche circa la questione della precedenza del Nunzio Apostolico a Berna. A nome, pertanto, dello stesso Consiglio Federale mi chiedeva di accettare, come lo scorso anno, il secondo posto tra gl'invitati al pranzo ufficiale, che il Governo Svizzero offrirà al Corpo Diplomatico il 28 corr. e mi dava formale assicurazione che tal fatto non avrebbe portato il minimo pregiudizio alla soluzione dell'accennata questione della precedenza.
Questa medesima richiesta V. E. volle rivolgermi con la pregiata Sua Nota B 22/32 J. 2 –DK. del 17 volgente e mi rinnovò, sempre a nome dell'Alto Consiglio Federale, la formale assicurazione che l'accettazione da parte mia del secondo posto nella circostanza suaccennata non avrebbe in modo alcuno pregiudicata la soluzione della riferita questione.
Attese le riserve ed assicurazioni, con le quali il Consiglio Federale si era compiaciuto di manifestarmi il suo desiderio, io aveva [sic] stabilito, per far cosa gradita al Governo Svizzero, che si è dimostrato sempre tanto benevolo e gentile con me, di accettare la Sua proposta, e mi diedi premura d'informarne per telefono V. E. il 20 corr. Mi disponevo, poi, a confermarle in iscritto la mia decisione, quando ho ricevuto la dolorosissima notizia della morte del venerato Pontefice Benedetto XV. Il gravissimo lutto della S. Sede Apostolica e mio mi vieta d'in-
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tervenire al predetto pranzo ufficiale. Ma io tengo ad assicurare V. E. che sarei stato lieto di corrispondere al desiderio dell'Alto Consiglio Federale.
Prego V. E. di voler gradire i sensi della mia più alta e devota considerazione.
(f.) Luigi Maglione
Arciv. di Cesarea, Nunzio Apostolico.
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VI .
Telegramma di Mons. Maglione all' Emo Signor Cardinale Segretario di Stato in data 17 Gennaio 1923 (N. 36).
Dal Dipartimento politico mi viene comunicato: "Consiglio Federale, in data 7 corrente, lasciata aperta questione principio, ha stabilito accordare V. E. Revma precedenza sui capi missione accreditati Berna. La decisione del Consiglio Federale, dettata motivi alta cortesia, è stata determinata principalmente dal fatto che Ambasciatore francese, in conformità istruzioni ricevute dal suo Governo, aveva dichiarato di riconoscere precedenza Nunzio". Risponderò prendendo atto, ma affermando nuovamente e riservando diritto Nunzio in confronto qualunque Ambasciatore eventualmente accreditato Berna.
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VII.
Rapporto di Mons. Maglione all' Emo Signor Card. Segretario di Stato in data 2 Marzo 1923 (N. 7094).
Il 17 gennaio u. u. ebbi l'onore d'annunziare all'Eminenza Vostra Revma col telegramma n. 36 la decisione che il Consiglio Federale aveva presa il giorno innanzi circa la questione della precedenza del Nunzio Apostolico a Berna sui suoi colleghi del Corpo Diplomatico. Avrei, poi, voluto completare subito quell'informazione necessariamente concisa con un rapporto particolareggiato. Ma credetti bene di attendere che l'on. Motta mi comunicasse confidenzialmente, come mi aveva promesso, gli studi fatti su la questione dal Dipartimento Politico e la proposta di soluzione da esso presentata al Consiglio Federale. Avendo ora ricevuto tali documenti, di cui rimetto a Vostra Eminenza le copie qui unite (Alleg. I e II), mi do premura di trasmetterLe le seguenti più ampie notizie, che non Le appariranno, io credo, prive d'interesse.
Coi miei rapporti n. 6071 dell'8 gennaio 1922, e n. 6429 del 6 aprile seguente, significai a Vostra Eminenza che il Dipartimento Politico, mentre iniziava negli Archivii della Confederazione le ricerche ordinate dal Consiglio Federale affin di controllare le prove storiche da me fornite circa la precedenza goduta prima e dopo il 1815 dal Nunzio della Svizzera, aveva chiesto ufficialmente alle Cancellerie delle Grandi Potenze Protestanti (Inghilterra e Germania) il loro pensiero su la questione.
Il Governo Inglese, – il cui Rappresentante a Berna, the hon. Theo Russell, ora accreditato presso la S. Sede, aveva sempre sostenuto francamente il diritto del Nunzio –, espose la sua maniera di vedere in un pro-memoria, che il signor M. F. E. F. Adam, del Foreign Office, indiriz-
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zava a titolo personale al Ministro Svizzero a Londra il 20 marzo 1822. La Gran Bretagna, così dichiarava il sig. Adam, riconosce l'obbligatorietà del Regolamento di Vienna del 1815. Non ha mai fatto e non fa distinzione per quanto concerne il diritto di precedenza dei Nunzi Apostolici, tra Stati Cattolici e non Cattolici, ma soltanto tra le Nunziature esistenti prima del 1815 e quelle create posteriormente. Ritiene che per tutte indistintamente le prime è conservato dal Regolamento suddetto il diritto di precedenza, ma non è stabilito per le altre. Se, pertanto, i Rappresentanti della Gran Bretagna hanno ceduto il passo ai Nunzi accreditati negli Stati Cattolici dopo il 1815, l'hanno fatto per pura cortesia. Nel caso particolare del Nunzio di Berna, concludeva il sig. Adam, tutto dipende dalla posizione, che l'Inviato Pontificio aveva nella Svizzera prima del 1815.
La risposta del Governo di Berlino contenuta in una Nota informativa diretta il 4 aprile al signor Ministro Tedesco a Berna, dimostrava, – come rileva il Dipartimento Politico Federale nella citata proposta (Alleg. II) – che "la questione della precedenza del Nunzio, nonostante il suo carattere d'attualità in Germania, non vi era stata studiata che molto superficialmente". Il Governo tedesco riproduceva, infatti, puramente e semplicemente l'asserzione degli autori di diritto internazionale, non confortata del resto da nessun argomento, che la precedenza riconosciuta ai Nunzii dal Regolamento del 1815, è limitata ai soli Stati Cattolici. Aggiungeva che i Governi protestanti non l'hanno giammai ammessa, e citava, a sostegno di questa sua affermazione, l'attitudine del Governo Britannico (?) ed il rifiuto recentissimo del Governo Olandese d'accordare la precedenza all'Internunzio Pontificio all'Aja.
L'on. Motta ebbe la bontà d'informarmi di questa strana risposta del Governo tedesco. Io pensavo che essa, qualora fosse stata favorevole alla mia tesi, avrebbe potuto esercitare una buona influenza, quantunque non decisiva,
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su l'animo dei Consiglieri Federali protestanti di lingua tedesca, i quali per preoccupazioni confessionali e di politica cantonale si dimostravano sommamente riluttanti ad ammettere il mio diritto. Essendo, invece, così recisamente sfavorevole, avrebbe senza dubbio fornito ai detti Consiglieri protestanti un comodo e forse desiderato pretesto per giustificare la loro attitudine negativa. Risolsi, quindi, di parlarne a questo signor Ministro di Germania, dott. Müller, il quale, sebbene si professi socialista, è d'idee molto moderate e si dimostra assai ragionevole. Gli presentai, pertanto, un pro-memoria simile a quello che avevo consegnato precedentemente al sig. Russell (cf. rapp. n. 6429). Gli dimostrai che il Regolamento non fa distinzione tra Stati Cattolici e non Cattolici e che per lo meno conserva il diritto di precedenza ai Nunzii, i quali lo godevano prima del 1815. Gli provai, infine, che il Nunzio della Svizzera, accreditato già prima di quell'epoca, aveva sempre avuto il passo su i suoi colleghi e non mancai di fargli rilevare come apparisse inesplicabile la risposta del suo Governo contestante al Rappresentante della S. Sede il diritto, che questi reclamava in confronto dell'Ambasciatore di Francia. Il sig. Müller restò persuaso e mi promise di trasmettere a Berlino il mio promemoria, mettendo in evidenza la convenienza per la Germania che a Berna il decano del Corpo Diplomatico fosse abitualmente il Nunzio Apostolico.
Qualche tempo dopo (nel mese di settembre) lo stesso signor Müller mi comunicò che il suo Governo, in seguito allo studio fatto del mio breve pro-memoria ed alle considerazioni da lui sottopostegli, aveva cambiato parere e che egli aveva già parlato in tal senso agli onorevoli Haab, Presidente della Confederazione, e Schulthess, Capo del Dipartimento dell'Economia Politica, ambedue protestanti di lingua tedesca. Io gli chiesi se ne avesse avvertito eziandio l'on. Motta, Capo del Dipartimento Politico. Avendomi egli detto di non averlo fat-
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to "perché il sig. Motta, come cattolico, non doveva essere contrario alla precedenza del Nunzio", lo pregai di riflettere che la prima risposta sfavorevole del Governo tedesco data in iscritto non poteva essere controbilanciata se non da un documento presentato al Consiglio Federale o almeno da una dichiarazione verbale fatta a chi solo era in grado di riceverla in via ufficiale od ufficiosa, ossia allo stesso on. Motta. Il Ministro di Germania riconobbe la giustezza della mia osservazione e mi disse che avrebbe domandato istruzioni a Berlino. Io aveva [sic] l'impressione che il Governo tedesco non desiderasse di fare una dichiarazione, che pure mi appariva necessaria, ed ero confermato in tale pensiero da quanto mi aveva scritto il 21 luglio Mgr. Pacelli, Nunzio di Germania, su la preoccupazione, che egli aveva intraveduta a Berlino nei circoli politici, di dare alla questione di Berna una risposta ufficiale nel senso desiderato per timore di rimostranze da parte dei protestanti. Temendo quindi che il sig. Müller non si presentasse al Dipartimento Politico neppure per fare una semplice dichiarazione verbale, pregai l'on. Motta d'interrogarlo per ottenere la conferma di quanto egli aveva detto a me. Il sig. Motta, sempre condiscendente, così fece e il sig. Ministro di Germania gli dichiarò che "dopo aver ricevuta la prima risposta sfavorevole al diritto del Nunzio, aveva messo in rilievo presso il Governo di Berlino la convenienza che il decano del Corpo Diplomatico a Berna fosse il Rappresentante del Papa e non quello della Francia. Non avendo il Governo replicato alcunché, doveva ritenere che a Berlino si condividesse il suo pensiero". Il Capo del Dipartimento Politico poté, quindi, inserire nella proposta sopra ricordata (Allegato II) il seguente passo: "Mais depuis lors, le Ministre d'Allemagne, Mr. Müller, est venu nous déclarer que la note informatoire qui lui avait été envoyée, le 4 avril dernier, n'exprimait plus la manière de voir du Gouvernement allemand et que
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la reconnaissance, par le Conseil Fédéral, d'un droit de préséance au Nonce Apostolique à Berne ne soulèverait, si elle avait lieu, aucune difficulté quelconque de sa part".
Nel mese di novembre l'on. Motta, mi confermò, confidenzialmente, che le ricerche e gli studi fatti avevano convinto il Dipartimento Politico del diritto del Nunzio. "È provato storicamente, come Ella afferma, (così mi diceva l'on. Consigliere Federale), che il Rappresentante del Papa dal 1803 quando fu accreditato per la prima volta presso la Confederazione e non più soltanto presso i Cantoni cattolici, e sino al 1848, nel quale anno il Nunzio Mgr. Maciotti fu sostituito da un semplice incaricato d'Affari, ha sempre avuto la precedenza. Tale constatazione ha, disgraziatamente, minor valore per il periodo 1803-1815, che pure sarebbe il più importante, perché allora il Nunzio fu sempre più anziano dell'Ambasciatore di Francia. Ha, invece, tutta la sua forza per l'altro periodo, perché si è potuto rilevare che il Nunzio ebbe sempre la precedenza, quantunque alcune volte risultasse meno anziano del collega francese. Si è, poi, trovato in due regolamenti della Confederazione (24 dicembre 1818 e 8 luglio 1830) espressamente riservato il diritto del Nunzio". ''La questione giuridica, aggiungeva l'on. Motta, è in conseguenza risoluta essa pure". Nel ringraziare l'on. Motta di questa comunicazione e dell'intenzione da lui manifestatami di proporre sollecitamente al Consiglio Federale di riconoscere il mio diritto, gli feci osservare che la constatazione della precedenza goduta dal Nunzio dal 1803 al 1815 osservava tutto il suo valore probativo, perché l'anzianità fu presa come criterio di precedenza soltanto nel 1815. Pertanto, il Nunzio dal 1803 al 1815 dovette avere il passo sul collega francese, non perché era di lui più anziano, ma unicamente perché rappresentava il Papa. Il signor Motta si convinse di ciò e aggiunse di sua mano allo studio del Dipartimento Politico una postilla per di-
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chiarare che il rilievo da esso fatto in proposito "n'est exacte. Avant 1815, la préséance n'était pas liée à la question de l'ancienneté". Cfr. Alleg. I, Notice ecc.
Delle altre conclusioni giuridiche, a cui era giunto il Dipartimento Politico e che non riguardavano esattamente il mio caso, non parlammo. Rilevo ora dal documento già citato (Alleg. I) che il Dipartimento medesimo, mentre confuta l'opinione classica che il diritto di precedenza è ristretto ai soli Nunzii delle Nazioni cattoliche, sostiene, come il Governo Inglese, che "ce droit est limité aux États dans lesquels des Nonces étaient déjà accrédités en 1815". Ed aggiunge: "La Confédération Suisse se trouve comprise parmi ces États, alors que l'on n'y compte pas la Grande Bretagne, ni la Prusse, ni la Russie. Les Puissances signataires du Traité de Viene [sic] et celles, qui, d'une manière générale, se considèrent comme liées par ce Traité, ne sont donc pas tenues de reconnaître la préséance du Nonce dans les É tats où le St.-Siège n'a envoyé des Nonces qu'après 1815: en faisant usage de leur droit de refus, les trois Grandes Puissances non catholiques de l'Europe ne se sont pas écartées pour cela des principes consacrés par le Congrès". L'anno scorso, come accennai nel mio rapporto n. 6071 dell'8 gennaio, l'on. Motta aveva incidentalmente fatto allusione a questa opinione del Dipartimento Politico. Io non mancai, allora, di combatterla, mettendo in rilievo il carattere generale e lo scopo del Regolamento di Vienna e citando, nei riguardi della Russia, tutti i casi, in cui l'Inviato Pontificio, – a cominciare dalla coronazione di Caterina II e sino a quelle di Alessandro III e Nicola II in occasione delle quali si verificarono i noti incidenti e le conseguenti proteste della S. Sede –, aveva avuto la precedenza su i Rappresentanti degli altri Stati. Quest'anno non si è mai discorso di tale questione generale, perché essa era diversa e quasi estranea a quella particolare, che preoccu-
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pava l'on. Motta e me. Ed io mi son permesso di segnalare a Vostra Eminenza l'opinione del Dipartimento Politico in materia, unicamente per far rilevare la tendenza, che prevale nei Governi protestanti, a restringere il privilegio riconosciuto ai Nunzii dal Regolamento di Vienna. Vostra Eminenza vorrà consentirmi di osservare eziandio che l'attitudine assunta dal Governo Germanico nella questione della precedenza del Nunzio di Berna sembra confermare quanto l'ex-Ministro degli Esteri del Reich, von Simons, disse all'on. Motta nell'agosto 1920 ed io riferii alla stessa Eminenza Vostra col mio rapporto n. 4241 del 1º settembre seguente, cioè che la Germania non era disposta a riconoscere al Nunzio di Berlino la precedenza di diritto. E poiché si può ritenere che l'Inghilterra sosterrebbe, eventualmente, in confronto del Rappresentante Pontificio nella capitale tedesca la tesi esposta dal sig. Adam ed innanzi riferita, non è azzardato pensare che il successore di Mgr. Pacelli, per fare accettare la sua decananza di diritto, incontrerà forse difficoltà molto più gravi che io non abbia avute a Berna.
Queste, come prevedevo ed accennai a Vostra Eminenza nel rapporto n. 6071, sono state prevalentemente confessionali e psicologiche. Quando l'on. Motta, nel novembre u. s., riferì al sig. Haab, allora Presidente della Confederazione, che gli studi compiuti dal Dipartimento Politico confermavano in fatto ed in diritto la mia tesi, si sentì rispondere: "Ebbene, se è così, vada pure. Ma per noi protestanti è una pillola troppo amara!"Il signor Haab si dimostrava, quindi, disposto ad accettare, sebbene a malincuore, le conclusioni del Dipartimento Politico ed espresse soltanto il desiderio che la questione fosse sottoposta al Consiglio Federale dopo la chiusura della sessione parlamentare (23 dicembre) e non con la procedura ordinaria (presentazione della proposta firmata dal Capo del Dipartimento alla Cancelleria Federale otto giorni prima della discussione) e ciò per impedire
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si creasse un'agitazione in proposito. Tanta era la sua preoccupazione! L'on. Motta accondiscese e nell'ultima seduta tenuta dal Consiglio Federale nel mese di dicembre, dopo aver ricordato l'impegno assunto verso di me dallo stesso Consiglio di risolvere la questione della precedenza prima del pranzo solito ad offrirsi al Corpo Diplomatico nel gennaio di ciascun anno, espose i risultati storici e giuridici degli studi fatti in proposito dal Dipartimento Politico e propose di riconoscere senz'altro il diritto del Nunzio. La proposta sollevò discussioni vivissime, che occuparono (sembrerebbe incredibile) non solo tutta quella seduta, ma tre altre consecutive, durate, ognuna, da due a tre ore. L'oppositore più vivace fu l'on. Chuard, che dal 1º gennaio assunse la carica di Vice-presidente del Consiglio Federale. Egli pretendeva sostenere che il Regolamento di Vienna non legava la Svizzera; a suo giudizio, nulla provava a favore del Nunzio la precedenza goduta dal 1803 al 1848; i regolamenti del Governo Federale del 1818 e del 1830 riconoscenti il diritto del Nunzio medesimo erano atti puramente interni, che non impegnavano l'attuale Consiglio Federale; ad ogni modo, la Svizzera, avendo cambiata la sua costituzione nel 1848, non era tenuta all'osservanza del Regolamento di Vienna e, tanto meno, dei suaccennati Regolamenti federali; solo gli Stati cattolici hanno riconosciuto il privilegio del Nunzio; la Svizzera, ammettendo tale diritto speciale, si sarebbe da sé dichiarata Nazione cattolica ecc. ecc.
Tali affermazioni, che recano sorpresa anche a chi riflette essere il sig. Chuard un professore di scienze agrarie e non di diritto internazionale, faranno sorridere Vostra Eminenza; ma Le spiegheranno eziandio quanto sia stato difficile di trattare con persone, leali sì e di perfetta buona fede, su le quali, però, i pregiudizi confessionali possono tanto da oscurare persino il molto buon senso naturale.
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L'on. Schulthess, che pure si era dimostrato in più di un'occasione non sfavorevole alla mia tesi, – irritato forse per la meschina votazione ottenuta nella sua rielezione al Consiglio Federale, da lui attribuita, come pare, al gruppo cattolico –, accennava alla tempesta, che il riconoscimento del diritto del Nunzio avrebbe sollevata, e proponeva di rinviare la soluzione della spinosa questione. Questo espediente appariva molto comodo al sig. Haab, il quale si dimostrava impressionato, più che non convenisse ad uomo di governo, per le proteste, che già gli pervenivano dai circoli e specialmente dai pastori protestanti del suo Cantone di Zurigo contro l'eventuale riconoscimento del privilegio del Nunzio. Infine, l'on. Häberlin, Capo del Dipartimento di Giustizia e Polizia, proponeva seriamente di dichiarare che il Nunzio non aveva diritto alla precedenza, ma che questa gli si poteva accordare per deferenza alla sua persona e per cortesia verso la S. Sede.
All'on. Motta, – che, addolorato, mi riferiva in strettissima confidenza quanto accadeva in seno al Consiglio Federale –, io dichiarai che due anni di attesa e di condiscendenze e le stesse lodi prodigate dai suoi colleghi alla mia moderazione, mi autorizzavano a parlare con tutta franchezza. Un nuovo rinvio della soluzione non sarebbe stato dignitoso né per me, né, soprattutto, per il Consiglio Federale. Era già noto a tutti l'impegno assunto dal Governo di decidere la questione prima del gennaio 1923. Non potendosi comprendere che due anni di studio non fossero stati sufficienti a chiarire una posizione tanto semplice, l'ulteriore differimento sarebbe stato interpretato come segno di estrema debolezza da parte mia e quale atto di poca lealtà da parte del Governo Federale quasi di chi mendichi pretesti per sottrarsi ad una constatazione indispensabile, ma non desiderata. (L'on. Motta mi disse che il Ministro Dinichert, Capo della Divisione per gli Affari Esteri, aveva fatto la medesima osservazione). Aggiunsi che non spettava a me
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rilevare l'incoerenza, che si manifestava, e la mancanza di riguardo, che si commetteva verso il Dipartimento Politico col ricusare, dopo avergli affidato, com'era ben naturale, lo studio della questione, di approvare le sue proposte. Per parte mia dovevo protestare che non avrei mai accettato la precedenza negatami in diritto e accordatami come un favore. Se, per ipotesi, che ritenevo impossibile, la Santa Sede avesse voluto tollerare tale soluzione (Vostra Eminenza comprende a quale scopo io parlassi così) avrei preferito supplicare il Santo Padre di esonerarmi dal mio ufficio. Prima, però, avrei domandato al Dipartimento Politico d'indicarmi gli argomenti, su i quali il Consiglio Federale si sarebbe poggiato per negarmi la precedenza in diritto. E poiché nella Svizzera nulla si può tenere a lungo segreto e i giornali protestanti avrebbero menato vanto della soluzione a me contraria, io sarei stato costretto a pubblicare tutti i documenti comprovanti la decisione del Consiglio Federale esser dovuta non a motivi giuridici, tutti evidentemente a me favorevoli, sibbene a vieti pregiudizi confessionali. L'on. Motta, pur consentendo che il Consiglio Federale non avrebbe fatto buona figura, mi osservava che l'opinione pubblica non s'interessava alla questione. Al che replicai che in verità io non poteva [sic] comprendere come i suoi colleghi protestanti per giustificare la loro opposizione ricorressero appunto alla pubblica opinione.
Il Capo del Dipartimento Politico, al cui tenace e devoto interessamento si deve se la questione ha poi avuto una soluzione accettabile, mi manifestò la speranza di provocare un più energico intervento a mio favore da parte del Presidente, on. Scheurer. Questi, che è uomo di carattere, dichiarò al sig. Motta che dallo studio degli Atti si era formata la convinzione del mio diritto e che nessuna protesta di pastori o di altra persona lo avrebbe indotto a mutare atteggiamento. Si spiegava, però, lo stato d'animo dei colleghi. A suo parere, essi avevano
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bisogno, per coprire la loro responsabilità, di appoggiarsi su di un giudizio di professori di diritto. Conveniva, pertanto, di farlo preparare.
Osservai all'on. Motta che l'affidare la questione allo studio di giuristi poteva presentare scarsissima utilità e grave pericolo. Il Consiglio Federale avrebbe voluto nominare una commissione di giuristi in maggioranza protestanti e non avrebbe, poi, mai inteso di costituirla quasi arbitra, ciò che del resto neppure io avrei accettato. Quindi anche nel caso che la commissione si fosse pronunziata unanimemente per il mio diritto, il Consiglio Federale non si sarebbe sentito obbligato a seguirne il consiglio. (L'on. Motta mi disse ch'era proprio così). Qualora, invece, – ed era molto più probabile e quasi certo –, i professori protestanti si fossero lasciati predominare dalle loro idee preconcette su l'inammissibilità del diritto dei Nunzii nei Paesi non cattolici, i Consiglieri Federali protestanti si sarebbero irrigiditi nella loro opposizione.
Nella seduta del 13 gennaio il Consiglio Federale ammise che la questione doveva esser decisa prima del 20 dello stesso mese, data già fissata per il pranzo diplomatico, e si dimostrò più arrendevole alle argomentazioni del sig. Motta. Volle peraltro che si domandasse il parere del Prof. Burkard, insegnante di diritto internazionale nell'Università di Berna. Questi opinò che il Nunzio non aveva diritto alla precedenza, ma che ragioni di convenienza consigliavano di accordargliela. L'on. Motta, nella seduta del 16, provò ai suoi colleghi che il parere del prof. Burkard era dovuto ad un esame troppo affrettato della questione e ottenne finalmente che, pur lasciandosi aperta la questione di diritto, mi si accordasse di fatto la precedenza. Tale decisione, "ispirata a motivi di cortesia" e "determinata, sopratutto, dal fatto che l'Ambasciatore di Francia, in conformità delle istruzioni del suo Governo, aveva dichiarato di riconoscere la precedenza del Nunzio Apostolico", mi
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fu comunicata il 17 dal Dipartimento Politico con la Nota, di cui unisco copia (Alleg. III). Nel prenderne atto con la lettera del giorno seguente che è trascritta nell'allegato IV, affermai di nuovo e riservai ogni diritto in confronto di qualsiasi agente di prima classe, che sarà eventualmente accreditato a Berna. Il 20 ebbi il primo posto a fianco del signor Presidente e dai Consiglieri Federali protestanti, che erano riusciti a superare il loro timore riverenziale della pubblica opinione, ricevetti le felicitazioni più calorose, che ritengo sincere. Nella lista diplomatica ufficiale, la cui pubblicazione venne rimandata a mia richiesta sino alla decisione della questione, è stato indicato per la prima volta l'ordine di precedenza.
Quest'ordine, definitivo in fat to, potrà essere dichiarato tale anche in diritto, appena le circostanze consiglieranno di provocare una decisione in proposito.
Chinato ecc.
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VIII.
Allegato 1º al Rapporto di Mons. Maglione Num . 7094.
Notice concernant le droit de préséance du Nonce Apostolique à Berne.
Les principes du Règlement de Vienne.
Les États de la Communauté internationale se conforment actuellement, pour le classement des agents diplomatiques, aux principes posés par le "Règlement sur le rang entre les agents diplomatiques" approuvé par le Congrès de Vienne le 19 mars 1815, Règlement complété en ce qui concerne les Ministres-Résidents, par la Résolution d'Aix-la-Chapelle, du 21 novembre 1818. Les Auteurs du Règlement de Vienne, renonçant, ainsi que l'on sait, à toute tentative de classification par États, ont rangé les Agents Diplomatiques, d'après leurs qualités, en trois classes, auxquelles, en 1818, le Congrès d'Aix-la-Chapelle ajouta une quatrième. Le rang, dans chacune de ces classes est déterminé par l'ancienneté, qui se compte à partir de la "date de la notification officielle" de l'arrivée du diplomate à son poste.
Les classes comprennent:
la 1ère, les Ambassadeurs, Légats et Nonces;
la 2ème, les Envoyés (Envoyés ord. et extraord. Ministres plénipotentiaires, Internonces pontificaux);
la 3ème, (introduite par le Protocole d'Aix-la-Chapelle), les Ministres-Résidents;
la 4ème, les Chargés d'Affaires.
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Nous n'avons pas à entrer ici dans le détail des différences qui caractérisent, d'une manière intrinsèque, les Agents des diverses classes. Ces différences tendent d'ailleurs à s'atténuer, au point de vue de leurs pouvoirs et de leurs privilèges, la doctrine place aujourd'hui, tous les Agents sur le même pied, elle ne fait plus de distinction, à cet égard, entre les Agents du premier degré, malgré la fiction de "leur caractère représentatif", et ceux du 2ème ou du 3ème degré, non plus qu'entre les précédents et ceux du 4ème degré, accrédités seulement auprès du Ministre des Affaires Etrangères. La classification du Règlement de Vienne n'a donc plus, de nos jours, qu'un intérêt hiérarchique, à cet égard, elle a l'avantage de permettre d'assigner un rang à chacun des Envoyés sans cesser de placer, pour cela, tous les États sur la même ligne.
La réserve du Règlement relative aux Représentants du Pape.
Le Règlement de Vienne contient cependant une exception au principe de l'égalité des États. L'art. 4 de ce Règlement, après avoir posé, comme critère de la préséance, dans chaque classe, l'ancienneté, ajoute cette phrase: "Le présent Règlement n'apportera aucune innovation relativement aux Représentants du Pape".
Le Congrès de Vienne n'a donc pas placé les Agents du St-Siège, au point de vue du rang, dans une situation identique à celle des autres Représentants diplomatiques; il a fait en leur faveur, et en leur faveur exclusivement, une exception formelle. Le Règlement de Vienne n'a pas précisé d'ailleurs quelle était la situation exceptionnelle des Envoyés du St-Siège; il s'est borné à déclarer que cette situation demeurait intacte.
Signification de cette réserve.
Quel est donc ce rang, indépendant de l'ancienneté, que le Congrès de Vienne a laissé subsister? – à quels·Repré-
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sentants du Pape s'applique-t-il? Le Règlement du 19 mars 1815 ne fournissant, sur ce point, aucun éclaircissement, le problème se ramène à une pure question de fait, celle de savoir quelle était, en 1815, la situation.
Opinion des auteurs.
Si l'on consulte, sur ce point, les auteurs du droit international, on les trouve tous d'accord pour admettre que les Nonces du Pape, mais les Nonces seuls, jouissaient, 1815, d'un droit de préséance dont ils bénéficient aujourd'hui encore. Quant à la nature exacte de ce droit, on rencontre deux opinions:
Les uns estiment que les Nonces du Pape ont, dans les pays catholiques, indépendamment de leur ancienneté dans leur poste, le pas sur tous les autres Agents, sans distinction de classe (Ambassadeurs y compris).
Les autres définissent le privilège comme un droit de préséance reconnu aux Nonces par les Ambassadeurs des Puissances catholiques.
Quoiqu'il en soit, le caractère catholique de la Puissance qui reconnaît le privilège est toujours mis en avant.
Voici quelques citations d'auteurs:
a) Calvo, 1888, page 207, § 1358: "Il est constant que les ambassadeurs des puissances catholiques cédaient autrefois la préséance aux légats ou aux Nonces du Pape. De son côté, la Cour de Rome, se prévalant des avantages que lui donnait son double caractère de puissance séculière et ecclésiastique, s'est appliquée constamment à rehausser par la réunion de ces deux sortes de fonctions, le caractère diplomatique de ses représentants à l'étranger, en les accréditant, surtout auprès des souverains catholiques, par des diplômes tout à fait différents de ceux des agents diplomatiques des autres puissances.
Le Règlement du Congrès de Vienne de 1815 et celui d'Aix-la-Chapelle de 1818 n'ont apporté aucune inno-
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vation à cet usage, auquel, d'ailleurs, les princes non catholiques et leurs représentants ne se sont point conformés. Le Gouvernement anglais s'y est même refusé formellement, et c'est une des principales difficultés qui s'oppose à la nomination d'un Nonce auprès de la Cour de Berlin. L'extinction du pouvoir temporel du Pape n'a rien diminué l'importance, ni changé 1e rang de ces employés, qui n'ont pas cessé de représenter la suprématie spirituelle du Souverain Pontife du monde catholique".
b) Pradier-Fodéré, Traité de Droit international public, 1887, § 1279: "C'est le titre de Nonce qui détermine le rang. Les ambassadeurs des puissances catholiques cédaient autrefois le pas et le rang aux Nonces du Pape. Le Règlement de Vienne du 19 mars 1815 a maintenu cet usage. Bien que les employés diplomatiques doivent prendre rang entre eux, dans chaque classe, d'après la date de la notification officielle de leur arrivée, les Nonces ont conservé la préséance sur les autres ambassadeurs des États catholiques, même quand ils sont arrivés les derniers".
c) Hefter, 1873, paragraphe 219: "Relativement aux représentants du Pape, le même Règlement (19 mars 1815) a déclaré n'y apporter aucune innovation. Or, il est constant que les ambassadeurs des puissances catholiques ont cédé autrefois la première place aux légats et nonces du St.-Père. Les princes non catholiques et leurs ambassadeurs ne s'y sont pas conformés et le Cabinet de St-James s'y est refusé expressément; aussi est-il certain que les actes diplomatiques ont été signés, à plusieurs occasions, par les nonces et les ambassadeurs, tant catholiques que non catholiques, d'après l'ordre alphabétique des souverains.
d) Bonfils, 1914, § 669: "Les ambassadeurs des puissances catholiques cèdent le pas et le rang aux nonces... D'après le Règlement de Vienne de 1815, dans chaque classe, le rang des employés diplomatiques entre eux
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est déterminé par l'ancienneté... Le Règlement n'apporte aucune innovation relativement aux représentants du Pape. Cette stipulation est interprétée comme confirmant seulement le statu quo antérieur, c'est-à-dire comme maintenant la préséance aux seuls nonces... dans les pays catholiques".
e) Martens, 1883, Tome I, p. 385: "Les États catholiques accordent le premier rang aux représentants du Pape. C'est un usage qui n'est obligatoire ni pour la Russie, ni pour les Puissances protestantes".
f) Merignhac, 1907, Tome II, p. 241: "Les agents diplomatiques sont classés entre eux par ordre d'ancienneté; cependant, les nonces ou employés du Pape ont le pas sur les ambassadeurs des États catholiques; mais cette préséance a fait des difficultés dans les rapports de la papauté avec les puissances protestantes ou orthodoxes, spécialement avec l'Allemagne et la Russie. Le principe posé par le Congrès de Vienne a été appliqué, durant une assez longue période, dans les relations des États catholiques et autres avec le Vatican. Depuis, notamment, que des rapports s'étaient établis entre la papauté et la Russie, cinq fois le Pape s'était fait représenter au couronnement impérial… Mais au sacre d'Alexandre III, l'Allemagne prétendit le pas sur le nonce, qui protesta, réservant les droits de sa Cour. Les mêmes difficultés se sont reproduites au sacre de Nicolas II, en 1896; le nonce s'est borné à faire parvenir au Tsar une lettre autographe du Pape, en évitant toutes les occasions où sa présence aurait pu soulever le conflit. Le Règlement de Vienne du 19 mars 1815… qui établit les diverses classes d'agents diplomatiques, n'ayant rien innové quant aux représentants du Pape, on est bien forcé d'en conclure qu'ils ont conservé les anciennes préséances…".
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Opinion du Gouvernement allemand.
D'après une note que l'Office allemand des Affaires Etrangères a adressée, le 4 Avril dernier, au Ministre d'Allemagne, à Berne, il semble que l'opinion suivant laquelle le privilège consacré par le Règlement de Vienne ne donnerait aux Nonces un droit de préséance que dan s les pays catholiques soit partagée par le Gouvernement allemand. Voici les passages essentiels de cette note, dont le texte a été communiqué officieusement, par la Wilhelmstrasse, à notre Ministre à Berlin.
"Nach altem Brauch gebührt das Ehrenamt des Doyen des Diplomatischen Corps dem dienstältesten an dem betreffendem Orte accreditierten Vertreter der höchsten diplomatischen Rangklasse. In den katholischen Staaten ist das Amt des Doyen jedoch von jeher aus Courtoisie dem Päpstlischen [sic] Nuntius eingeräumt worden. Das bekannte Reglement über den Rang der diplomatischen Beamten von 19. März 1815 hat diesen Rechtszustand bestätigt und auch die Vorrechte des Vertreters des Papstes ausdrücklich aufrecht erhalten. (Art. 4 Abs. 2 des Règlements: – Le présent règlement n'apportera aucune innovation relativement aux représentants du Pape –). … Für die nichtkatholischen Staaten hat sich ein entsprechendes Vorrecht des päpstlichen Vertreters nicht herausgebildet. Die Praxis war an den einzelnen Höfen verschieden. Nach Calvos – Le droit internationel [sic] – hat sich die Englische Regierung ausdrücklich geweigert, das Ehrenvorrecht des päpstlichen Vertreters anzuerkennen". …
Critique de l'opinion des auteurs.
Sur quoi les auteurs, et, avec eux, le Gouvernement allemand, basent-ils leur opinion? D'une part, sans doute, sur ce qu'ils s'imaginent avoir été la situation de fait,
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en 1815 et avant cette date; d'autre part, comme on a pu le voir par les citations de doctrine qui précèdent, sur les refus opposés, à diverses reprises; après 1815, par les Puissances non catholiques, à la reconnaissance du droit de préséance des Envoyés du Pape.
Il convient donc de vérifier, à notre tour, d'une part, si la situation, en 1815, était bien celle que les auteurs se représentent et, d'autre part, si les conflits de préséance survenus au XIX siècle ont été bien interprétés par eux. Il est évident, en effet, qu'au cas où ces prémisses ne se confirmeraient pas, la conclusion qu'on en tire ne saurait pas non plus être maintenue. La concordance des opinions ne doit point, ici, endormir notre vigilance, car l'expérience prouve à quel point les rédacteurs de manuels et de précis, même s'ils portent des noms célèbres, se fient aux affirmations de leurs prédécesseurs et se copient les uns les autres; une erreur une fois commise, si elle n'a pas été immédiatement relevée, peut fort bien s'accréditer.
La situation de fait avant et après 1815.
Quelle était donc la situation des Représentants du St-Siège vers 1815?
Un fait doit être relevé tout d'abord. Les États dans lesquels la Curie avait, à cette époque, envoyé des Nonces, étaient presque tous catholiques, mais ils ne l'étaient pas tous, car il y avait un Nonce auprès de la Confédération (à défaut d'indications dans l'Almanach de Gotha de 1815, on trouve dans celui de 1817 des Nonces à Berne, Florence, Madrid, Paris, Rio de Janeiro et Vienne, ainsi qu'un Légat a lat. à la Haye).
Pour que la réserve insérée dans le Règlement de Vienne puisse ne s'appliquer qu'aux États catholiques, il faudrait donc que le Nonce qui, en 1815, représentait le St.-Siège auprès de la Confédération n'ait pas bénéficié en Suisse d'un droit de préséance. Or, les recherches ef-
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fectuées à ce sujet, aux Archives fédérales, par Messieurs Kern, Archiviste fédéral adjoint et Stucki, de la Division des Affaires Etrangères (voir le rapport de M. Stucki aux Anexes [sic], pièce 1) mettent hors de doute que, depuis le 10 décembre 1803, date à laquelle le St.-Siège a, pour la première fois, accrédité un représentant auprès de la Confédération, jusqu'à l'époque de 1'adoption du Règlement de Vienne, un droit de préséance sur tous les autres Représentants, y compris l'Ambassadeur de France, fût constamment reconnu par les Autorités Suisses, quel que fût le Canton Directeur (protestant ou catholique), à Mgr. Testaferrata, Nonce Apostolique.
Malheureusement, cette constatation historique perd une partie de sa force probante par le fait que, durant les années 1803 à 1815 (voir le tableau synoptique, annexe 2) il n'y a eu un Ambassadeur en Suisse que de 1804 à 1808 (le Général français Vial) et que, durant cette période, Mgr. Testaferrata était le plus ancien (1).
Une preuve mathématiquement complète étant impossible, il convient donc d'examiner si des circonstances concomitantes peuvent y suppléer.
Nous estimons, pour notre part, que l'hésitation n'est plus justifiée si l'on considère:
1. – les honneurs exceptionnels dont Mgr. Testaferrata, Nonce près de la Confédération de 1803 à 1816, fut constamment entouré;
2. – les circonstances qui aboutirent à la rédaction de l'article 4 du Règlement du 19 mars 1815;
3. – la préséance reconnue aux Nonces par le Gouvernement Fédéral après 1815.
(1) Cette argumentation n'est pas exacte. Avant 1815, la préséance n'était pas liée à la question de l'ancienneté.
(signé) Motta.
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La préséance du Nonce près la Confédération avant 1815.
Ad 1. – A lire, entre autres, le compte-rendu que la Nonciature en Suisse adressa à Rome le 7 juillet 1804 (voir les extraits de ce compte-rendu insérés dans le rapport de M. Stucki, pag. 4), on a l'impression nette que Mgr. Testaferrata fut reçu à Berne avec des honneurs tout autres que ceux d'un Ambassadeur ordinaire, tout autres que ceux dont le Général Vial, par exemple, aurait bénéficié si, au lieu du Nonce, c'eut été lui le Doyen. On est frappé, notamment, par le fait que, lors de la séance d'ouverture de la Diète, une place à part ne fut pas seulement réservé au Nonce, mais encore à son Auditeur; ce détail semble bien indiquer que ce n'était pas simplement au plus ancien Agent du premier degré, mais encore au Représentant du Pape comme tel qu'on entendait reconnaitre une supériorité de rang.
La préséance des Nonces et le Congrès de Vienne.
Ad 2. – Le Règlement général du 19 mars 1815 a été élaboré par une Commission de huit membres (un Autrichien, un Espagnol, un Français, un représentant britannique, un Portugais, un Prussien, un Russe, un Suédois) désignés à cet effet, le 10 décembre 1814, par les plénipotentiaires des huit Puissances signataires du Traité de Paris du 30 mai.
La Commission chargea (séance du 10 décembre) le Délégué français, La Tour du Pin, de la rédaction d'un projet sur la base duquel un premier texte fut arrêté le 30 décembre, qui ne faisait, en faveur des Représentants du Pape, aucune exception. Ce projet fut remis le même jour au Congrès. (Voir annexes, pièce 5).
Informé de ce qui précède, Mgr. Consalvi, Cardinal Secrétaire d'État de S. S. et Représentant du Pape au Congrès, adressa aux Membres de la Commission des huit
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une note, datée de Vienne, le 8 janvier 1815, dont on trouvera aux annexes le texte in extenso (pièce 6). Ainsi qu'on pourra le voir, il ressort de cette communication que, si le premier projet de la Commission était muet concernant les Représentants du Pape, la question n'en avait pas moins été discutée en séance. Mgr. Consalvi relève dans sa note, qu'au cours de la discussion, les Représentants des États catholiques exprimèrent le désir "que le Pape, vu la nature particulière de Sa représentation, ne fût point compris dans le nouveau système à établir et que, par conséquent, aucune innovation ne fût faite relativement au rang dont Ses Nonces jouissent et on joui depuis si longtemps". Ce texte est important car il y est fait nettement allusion à un rang spécial reconnu depuis longtemps aux Nonces, aux Nonces seuls, mais à tous les Nonces. Il est d'autant plus intéressant que nous voyons Mgr. Consalvi affirmer un peu plus loin que les Représentants d'États non catholiques ne contestèrent pas l'existence du privilège invoqué par leurs collègues mais qu'ils s'opposèrent seulement à ce que ce privilège fût formellement inséré dans le Règlement.
La démarche du Cardinal Consalvi n'a donc pas eu pour but d'arracher au Congrès la reconnaissance d'un privilège contesté, mais a simplement tendu à obtenir l'insertion de ce privilège dans le Règlement en préparation, ce qui fut accordé; et parlant, d'autre part, du droit de préséance des Nonces, Mgr. Consalvi l'a nettement défini comme absolument général. Si nous continuons à parcourir la note du Cardinal, nous le verrons insister encore sur l'intérêt que les Gouvernements "ou catholiques, ou qui comptent un grand nombre de catholique parmi leurs sujets", ont à son maintien. Cette remarque, qui semble une allusion à la Suisse, parait bien indiquer que le Cardinal, en même temps qu'il décrivait le privilège des Nonces comme général, n'oubliait
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pas que les États dans lesquels des Nonces étaient accrédités n'étaient pas tous catholiques.
Si le droit de préséance des Représentants du Pape avait été présenté par Mgr. Consalvi d'une manière tendencieuse [sic] ou exagérée; si l'acquiescement des Représentants d'États non catholiques, qu'il mentionne, avait fait défaut, il semble évident que des protestations se seraient élevées. Or il n'en fut rien. Le projet de la Commission fut examiné, en séance du Congrès, le 20 janvier 1815, et le procès-verbal de cette séance (Annexes, pièce 7) ne contient, à la discussion sur la question de la Nonciature, que le paragraphe suivant:
"D'abord, en ce qui concerne le Pape, Mgr. le Cardinal Consalvi ayant remis, dans l'intervalle de la rédaction du projet de la Commission et de la présente séance, le mémoire ci-joint, par lequel il conclut à ce que les droits des Représentants du Pape soient réservés, MM. les Plénipotentiaires n'ont trouvé aucune difficulté à ce qu'il ne fût rien réglé à l'égard des Représentants du Pape et ils se sont accordés à admettre la réserve conçue dans les mots suivants: "Le nouveau système ne produira aucune innovation relativement aux Représentants du Pape"·
Le sujet ne fut plus abordé dans les séances ultérieures et la réserve en faveur des Représentants du Pape fut insérée presque telle quelle dans le texte définitif de la Commission, approuvé par le Congrès le 19 mars 1815.
La situation des Nonces près la Confédération après 1815.
Ad 3. – Bien que la situation fait après 1815 aux Nonces près la Confédération ne nous lie pas, elle n'en présente pas moins un intérêt essentiel parce qu'elle nous indique comment les Autorités suisses ont compris et appliqué le Règlement de Vienne.
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Le " Ceremonie Règlement" de 1818.
Nous trouvons, sur ce point, des donnés fort utiles dans le "Ceremonie Règlement" inséré au Protocole fédéral le 24 décembre 1818. Ce Règlement est divisé en 4 parties et 49 §, ainsi conç:
"IV. Rang der fremden Minister unter sich.
49. Bei oeffentlichen Zeremonien, oder diplomatischen Gastmaehlern, werden die Gesandten fremder Maechte, in drei Klassen nach dem Rang der Maechte selbst eingetheilt, naemlich:
Erste Klasse: Rom, Oesterreich, Russland, Frankreich, Grossbritanien, Preussen und Spanien.
Zweite Klasse: Königliche Hoefe: Neapel, Sardinien, Niederlande, Bayern, Würtemberg [sic], auch Schweden, Daenemark, Sachsen, Hanover [sic], etc.
Dritte Klasse: Grossherzögliche Hoefe.
Die Minister nehmen in jeder drei Klassen ihren Rang nach der Zeit ihrer Accreditierung, unvergreiflich jedoch der durch den Wiener Congress Schluss neuerdings anerkannten Prerogativen der Paepstlichen Abgeordneten: (*) so dann Botschafter: Nuntien: immer vor den ausserordentlichen Gesandten und bevollmaechtigten Ministern, diese hiewieder vor den Minister Residenten, und letztere ebenfalls vor einfachen Geschaeftstraegern den Vortritt haben sollen".
On voit par cet article qu'en 1818, les Directoires fédéraux n'avaient pas encore adopté en tous points les principes du Règlement de Vienne puisque, tout en distinguant, conformément à ce Règlement et au Protocole d'Aix-la-Chapelle, quatre classes d'Agents diplomatiques, ils faisaient encore une différence entre les États. On observera toutefois:
(*) C'est nous qui soulignons.
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l. – que "Rome" est en tête dans la classification des États;
2. – que la préséance des Représentants du Pape sur les autres Agents de première classe a été réservée formellement et avec une référence expresse au Règlement de Vienne.
Le Règlement de 1818 fut soumis, lors de la Diète de 1827, à une révision par les députations directoriales. Le passage ci-dessous, tiré du procès-verbal de la Conférence tenue, à cet effet, le 11 août 1827, nous indique qu'il s'agissait précisément de mettre le Règlement en plus complète armonie [sic] avec celui de Vienne:
"Demnach hatte am heutigen Tag eine abermalige Konferenz statt, zum Zwecke einer Verabredung unter den drei Vororten, hinsichtlich des gegen fremde Gesandte zu beobachtenden Ceremonials, – und namentlich zur Revision des daherigen Reglement von 1818, in welchem zum Theil Maengel und Luecken, zum Theil auch einige Abweichungen von den Grundlagen des Wienerkongresschlusses ueber den Rang der diplomatischen Agenten, wahrgenommen worden waren".
Le "Règlement de Cérémonial" de 1830.
Le Règlement révisé fut adopté définitivement dans une Conférence des trois Directoires, du 8 juillet 1830. Le "rang des Envoyés étrangers entr'eux" y est fixé dans les paragraphes 5 et 55. Le paragraphe 54 abandonne toute classification par États, rangeant les Agents, conformément au Règlement de Vienne, en quatre classes suivant leur qualité. Le § 55, relatif à la préséance dans une même classe, est ainsi conçu:
"Les Envoyés prennent rang entr'eux dans chacune de ces quatre classes ( sans préjudice toutefois de la prérogative reconnue de nouveau aux Envoyés du Pape par Arrêté du Congrès de Vienne) (*) selon le temps de-
(*) C'est nous qui soulignons.
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puis lequel ils ont été respectivement accrédités auprès de la Confédération, avec le caractère diplomatique qu'ils revêtent en dernier lieu. Ce temps se trouve fixé exactement par la date de l'annonce officielle de leur arrivée au Chef-lieu fédéral…".
Il nous a paru intéressant de vérifier comment les Règlements de 1818 et 1830 avaient été appliqués, ceci d'autant plus que, durant la période de 1815 à 1848 (date à laquelle le Nonce fut remplacé par un Chargé d'Affaires), les Nonces du Pape près la Confédération ne furent pas toujours les plus anciennes Agents du premier degré.
Les Archives fédérales ne possèdent pas les rapports de la Nonciature en Suisse postérieures à 1815 et l'on ne trouve, d'autre part, dans les Protocoles fédéraux, aucun détail concernant les réceptions diplomatiques ou les cérémonies d'ouverture des sessions de la Diète. Les procès verbaux contiennent, toutefois, chaque année la liste des Missions diplomatiques invitées par la Chancellerie Fédérale à assistir [sic] à l'ouverture solennelle de la Diète. Jusqu'en 1837, cette liste fut établie suivant l'ordre alphabétique des États, mais à partir de cette date jusqu'en 1847, on la dressa d'après l'ordre de préséance des Représentants; or, dans cette énumération, le Nonce figure invariablement en tête, bien qu'à deux reprises (1841 à 1844 et 1845 à 1846), il se soit trouvé moins ancien que l'Ambassadeur de France (voir, aux annexes, notre tableau synoptique, pièce 2, ainsi que le rapport de l'Archiviste fédéral, pièce 8).
Conclusions.
Ainsi donc, quelle qu'ait été la direction de nos recherches, nous n'avons jamais rencontré aucun fait permettant de contester la préséance des Nonces en Suisse dans le passé et nous n'avons rien trouvé non plus dans les pro-
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cès-verbaux du Congrès de Vienne, indiquant que le droit de préséance reconnu aux Nonces par le Congrès ne s'applique qu'aux pays catholiques.
Réfutation de la doctrine classique.
Mais comment s'expliquer, dans ces circonstances, que l'opinion contraire soit unanimement professés par la doctrine? Et comment comprendre qu'un grand nombre d'auteurs puissent soutenir qu'au cours du XIXe siècle les États protestants et orthodoxes aient refusé de reconnaitre la préséance consacrée par le Règlement de Vienne (voir, plus haut, nos citations de Calvo, Pradier-Fodéré, Hefter, Bonfilis, Martens, Merignhac)?
En ce qui concerne la première erreur, nous estimons que celle-ci peut fort bien s'expliquer par le fait que la Suisse était, probablement, en 1815, le seul État non catholique auprès duquel un Nonce était accrédité (nous avons vu que l'Almanach de Gotha de 1817 indique des Nonces à Berne, Florence, Madrid, Paris, Rio-de-Janeiro et Vienne, ainsi qu'un Légat à la Haye). Le fait que, dans sa note du 4 avril, le Gouvernement allemand se soit rallié à la théorie classique, n'a pas, pour nous, une importance particulière; la note de la Wilhelmstrasse s'inspire exclusivement, en effet, de la doctrine courante et, notamment, de l'interprétation inexacte donnée par Calvo à l'attitude de la Grande-Bretagne.
Quant à la prétendue inobservation par les "Princes non catholiques" des dispositions du Règlement de Vienne relatives à la préséance du Nonce, c'est encore, nous semble-t-il, par une erreur d'interprétation qu'il faut l'expliquer. Les Représentants d'États protestants ou orthodoxes ont, cela est exact, refusé, à maintes reprises, de reconnaitre la préséance du Nonce, mais ils ne l'ont jama is fait lorsqu'il s'agissait d'É tats dans lesquels des Nonces apostoliques n'étaient pas accrédités en 1815.
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Les limites exactes du privilège des Nonces.
Cette distinction va nous permettre de fixer quelle est, à notre avis, l'étendue exacte du droit de préséance reconnu aux Nonces par le Règlement de Vienne: Ce droit est limité aux É tats dans lesquels des Nonces étaient déjà accrédités en 1815, La Confédération suiss e se trouve comprise parmi ces É tats, alors que l'on n'y compte pas la Grande-Bretagne, ni la Prusse, ni la Russie. Les Puissances signataires du Traité de Vienne et celles qui, d'une manière générale, se considèrent comme liées par ce Traité, ne sont donc pas tenues de reconnaître la préséance du Nonce dans l es É tats où le St.-Siège n'a envoyé des Nonces qu'après 1815: en faisant usage de leur droit de refus, les trois Grandes Puissances non catholiques de l'Europe ne se sont pas écartées pour cela des principes consacrés par le Congrès.
Opinion concordante dit Gouvernement britannique.
Si des doutes devaient subsister encore, nous estimons qu'ils seraient levés à la lecture de l''exposé très net que le "Foreign Office", en la personne de M. F. E. F. Adam, a adressé à titre officieux, à notre Ministre à Londre [sic], en mars dernier. On trouvera l'original de cet exposé aux annexes (pièce 4).
Parlant des États dans lesquels le droit de préséance des Nonces doit être envisagé comme consacré, M. Adam nous dit:
"In our view (lisez: dans l'opinion du Gouvernement britannique), it makes no difference whether it is a Catholic or non-Catholic State to which the Nuncio is accredited; the Règlement applies only to those states to which a Nuncio was accredited in 1815. I may quote the words of Lord Clarendon, writing to Lord Normanby on September 2nd, 1856, which we still consider authoritative:
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(It is intended that if by the invariable custom of any Court the representative of the Pope had at the time of the Congress been allowed precedence of all other diplomatic agents of the same classe [sic], without reference to the date of his arrival, that custom should not be affected by the new regulation".
Concernant les droits des Nonces dans les États où des Nonciatures ne furent créées qu'après 1815, M. Adam s'exprime comme suit:
"We (le Gouvernement britannique) have on no occasion recognized the precedence of Nuncios outside the Vienna Règlement as interpreted by Lord Clarendon, but we prefer not to lay down any general rule as to our action but rather to consider each case on its merits. We have occasionally, as a matter of courtesy, not refused to a Nuncio the precedence allowed to him by the state to which he is accredited and by his colleagues, but we on every occasion made it clear that we do so as a matter of courtesy only in a special case, and that our action must not be quoted as a precedent for other cases".
Concernant spécialement la situation du Nonce à Berne, l'exposé contient le passage essentiel suivant:
"In the case of the Nuncio at Berne, much would seem to depend on the position of the Papal Envoy in Switzerland before 1815".
Ces textes confirment donc en tous points l'opinion que nous venons d'émettre.
Force obligatoire du Règlement de Vienne.
Devons-nous, toutefois, considérer le Gouvernement fédéral comme lié juridiquement par les dispositions du Règlement de Vienne du 19 mars 1815.
Nous avons vu que le "Foreign Office" considère la Grande Bretagne, quoique Puissance protestante, comme tenue à l'observation du Règlement. Dans sa notice du 4 avril dernier à M. le Ministre Müller, l'Office allemand des
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Affaires Etrangères émet un autre avis: "Auch unseres Erachtens dürfte die Regierung eines nicht katholischen Landes bei der Entscheidung darüber, ob dem päpstlichen Vertreter das Doyennat zu uebertragen sei, durch völkerrechtliche Rechtssätze oder auf altem Herkommen beruhende Uebungen nicht gebunden sein". Cette opinion semble d'autant plus surprenante que la Prusse est signataire, avec la Grande-Bretagne, du Traité de Vienne. On se demande si le rédacteur de la notice n'a pas été induit en erreur par le fait qu'il imaginait à tort, avec Calvo, que le droit de préséance des Nonces était contesté par le Gouvernement britannique.
La Suisse, il est vrai, n'est pas signataire de l'Acte de Vienne (dont le Règlement du 19 mars 1815 fait partie intégrante), mais il importe de ne pas oublier qu'elle en réclame, par ailleurs, l'observation à son profit.
On peut considérer, en outre, avec la doctrine, que les principes du Règlement de Vienne, par le fait de leur observation générale depuis plus d'un siècle, ont aujourd'hui la valeur d'un véritable point de coutume.
Compétences du Conseil fédéral en matière de préséance.
Il nous reste, enfin, à examiner si c'est bien au Conseil Fédéral qu'il appartient de trancher les questions de préséance surgissant entre les Membres du Corps diplomatique accrédité auprès de lui.
Avec Charles de Martens, nous estimons qu'une distinction est à faire ici suivant laquelle le cérémonial de l'État est, ou n'est pas, intéressé en l'espèce.
"Il faut distinguer" dit Martens, "entre les cas où la discussion regarderait le cérémonial de l'État envers le Ministre accrédité et ceux où il ne s'agirait que d'une discussion entre des Ministres étrangers. Dans le premier cas, c'est l'État qui est responsable de ce que le Ministre aurait éprouvé de contraire au cérémonial usité;
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dans le second, l'État n'a aucun droit d'intervention et la prudence même le lui défend".
En égard à cette distinction, nous devons donc admettre que c'est au Corps diplomatique qu'il appartient de désigner celui qui le préside, soit celui qui est appelé à le réunir ou à porter la parole en son nom. Ici encore, les principes du Règlement de Vienne sont généralement observés. Pradier-Fodéré (Traité de droit international public, vol. III, page 74) s'exprime sur ce point comme suit:
"C'est particulièrement dans les circonstances de cérémonie, et dans les cas où il y a des démarches de courtoisie à faire, par exemple pour complimenter le chef de l'État ou des membres de la famille du Prince que le corps diplomatique se produit comme individualité collective. Il est alors présidé ou par le membre le plus âgé, ou par celui qui est accrédité depuis le plus de temps, mais rien n'empêcherait de désigner une autre personne faisant partie du corps. Dans les pays catholiques (nous retrouvons ici l'erreur classique) à égalité de rang, il appartient généralement aux représentants du Pape de présider le corps diplomatique. Par présider, il faut entendre le fait de porter la parole au nom des autres agents diplomatiques accrédités ou de les réunir".
C'est, par contre, le Gouvernement local qui est compétent pour trancher, en ce qui concerne son propre cérémonial, les questions de préséance: "Il appartient à tout souverain de déterminer à sa convenance, et pour sa cour, un cérémonial particulier, qui, toutefois, ne contienne, à l'égard des autres États, aucune violation du Cérémonial public généralement observé".·(Pradier-Fodéré, Cours de droit diplomatique, vol. I, pag. 5).e Cérémonial diplomatique est une des branches du Cérémonial public; Pradier-Fodéré (ib.) le définit comme suit:
"Le Cérémonial diplomatique, ou d'ambassade, règle les honneurs et les di distinctions qui s'accordent aux diplomates en fonctions, suivant le rang que leur assigne la
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classe à laquelle ils appartiennent: Il y est question du rang des agents diplomatiques entre eux, de l'ordre à observer dans les places d'honneur entre les agents diplomatiques; du rang des ministres étrangers à l'égard des premiers fonctionnaires et dignitaires du Gouvernement auprès duquel ils sont accrédités…".
Il est évident qu'en réglant son cérémonial, un État ne doit pas procéder avec arbitraire, mais s'appliquera à rester dans le cadre des principes que la pratique international a consacrés. "Une petite partie des points dont se constitue le Cérémonial public, nous dit encore Pradier-Fodéré, est fondée sur des conventions, le reste est arbitraire et tient au simple usage… Le Cérémonial dont on est en droit d'exiger la stricte exécution n'existe qu'à·l'égard des usages établis, soit par des traités, soit par des traditions constantes, dont l'inobservation, selon l'opinion commune publique, est regardée comme une insulte".
Nous n'hésitons donc pas à conclure de ce qui précède que, comme les Directoires fédéraux en 1818 et en 1830, le Conseil Fédéral a aujourd'hui le droit de fixer lui-même, en ce qui concerne son propre cérémonial, le rang des Agents diplomatiques accrédités auprès de la Confédération. Pour déterminer ce rang, il n'a de directives à chercher que dans la coutume internationale et dans les traités.
Berne, ce 7 juillet 1922
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IX.
Allegato 2° al Rapporto di Mons. Maglione Num . 7094.
B. 22/32. J. 2 – EA.
Au Conseil Fédéral.
Droit de préséance du Nonce Apostolique à Berne.
Projet de proposition. – Mr. Motta.
Berne, le 30 novembre 1922.
La remise par Mgr. Maglione, le 9 novembre 1920, de lettres de créance l'accréditant auprès du Conseil Fédéral, comme Nonce Apostolique, soulève, d'une part, la question de la préséance éventuelle à reconnaitre à ce diplomate sur l'Ambassadeur de France, jusqu'ici seul agent diplomatique de première classe accrédité à Berne, et, d'autre part, la question du décanat du corps diplomatique.
Le décanat ne concerne pas le Conseil Fédéral. D'après la coutume internationale, c'est, en effet, au corps diplomatique qu'il appartient de désigner son doyen, c'est-à-dire la personne appelée à le réunir et à porter la parole en son nom. Il semble qu'à cet égard, une décision n'ait pas été prise par le corps diplomatique "in corpore"; toutefois il y a un an environ, l'Ambassadeur de France, M. Allizé, a annoncé verbalement au Nonce que le Gouvernement français, "fidèle aux anciennes et constantes traditions de son protocole", l'avait invité à lui céder le décanat; en même temps, M. Allizé fit savoir aux autres membres du corps diplomatique que leur doyen était désormais le Nonce.
Il est évident que l'attitude du Gouvernement français et la reconnaissance du Nonce comme doyen du corps di-
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plomatique, qui en a été la conséquence, ne sont nullement des facteurs déterminants quant au rang à reconnaitre à l'Envoyé du Saint-Siège par le Conseil Fédéral. Celui-ci n'a, pour déterminer sa décision, de directives à chercher que dans les traités, la coutume internationale et dans ses propres traditions.
Le Conseil Fédéral ayant, l'an dernier, exprimé le désir de ne prendre position que pleinement informé, la question de la préséance du Nonce fut laissée alors en suspens, de façon à procurer au Département Politique le temps de réunir les données juridiques, historiques et diplomathiques [sic] nécessaires. Les renseignements recueillis par l'entremise, entre autres, de nos Légations ainsi qu'aux Archives fédérales, se trouvent condensés dans la Notice ci-jointe. Nous croyons pouvoir renvoyer pour le détail, à cet exposé, dont nous nous bornerons à relever, ici, les grandes lignes.
Le rang des agents diplomatiques est déterminé dans le monde civilisé, par les dispositions du "Règlement sur le rang entre les agents diplomatiques" approuvé par le Congrès de Vienne le 19 mars 1815. Ce Règlement (complété, en ce qui concerne les Ministres résidents, par la Résolution d'Aix-la-Chapelle, du 21 novembre 1818) fait partie intégrante de l'Acte de Vienne. Par leur observation générale depuis plus d'un siècle, les dispositions de ce Règlement sont d'ailleurs considérées comme ayant acquis aujourd'hui, en tant que normes de droit coutumier, force juridiquement obligatoire pour tous les États, qu'ils aient été ou non parties à l'Acte de 1815.
Le Règlement de Vienne (combiné avec le Protocole d' Aix-la-Chapelle, déjà cité) distingue, ainsi qu'on sait, 4 classes d'agents diplomatiques, à l'intérieur desquelles le rang est déterminé exclusivement par l'ancienneté, soit par la "date de la notification officielle" de l'arrivée du diplomate à son poste. Une exception, toutefois, a été prévue; elle ne concerne que les agents de première
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classe, soit les Ambassadeurs, Légats et Nonces et est ainsi conçue: "Le présent règlement n'apportera aucune innovation relativement aux représentants du Pape".
Cette réserve formelle, qui se borne à sauvegarder un privilège sans en préciser la nature ni les limites, en consacrant un état de fait, qu'elle s'abstient de définir, demande à être interprétée.
Si l'on consulte, sur ce point, la littérature. du droit diplomatique, on trouve les juristes presque unanimes à définir le privilège comme un droit de préséance appartenant aux Nonces, sur les Ambassadeurs, dans les pays catholiques seulement, (voir à cet égard nos citations à p. 40 e seg. de la Notice).
Nous nous sommes appliqués à contrôler cette opinion courante, en cherchant, tout d'abord, à rétablir la vérité historique et en recuillant [sic], d'autre part, à titre officieux et informatoire, l'opinion des chancelleries des Puissances protestantes signataires de l'Acte de Vienne.
En ce qui concerne la question de fait, il était nécessaire, pour que la thèse des auteurs se confirmât, que jamais, jusqu'en 1815, un droit de préséance n'eût été reconnu à un Nonce dans un État non catholique; il fallait notamment qu'un droit de préséance n'eût point été reconnu, par exemple, aux Nonces qui, à partir de l'année 1803, furent accrédités auprès de la Confédération Suisse. Or nos recherches (voir, à ce sujet, notre Notice, n. 1 à cette Notice) ont abouti à des constatations opposées. Nous avons pu nous convaincre que, de 1803 (date à laquelle un Nonce fut, pour la première fois, accrédité auprès de la Confédération et non point seulement auprès de Cantons catholiques) jusqu'au remplacement, les Nonces accrédités en Suisse se virent constamment reconnaitre par les Directoires fédéraux un droit de préséance sur tous les autres représentants diplomatiques, y compris l'Ambassadeur de France et bien que celui-ci eûe [sic] été, à plusieurs reprises, plus ancien dans le poste.
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Nous avons trouvé, en outre (voir la notice pag. 11), le droit de préséance du Nonce expressément réservé dans le Règlement de cérémonial de la Confédération (Règlement du 24 décembre 1818 et 8 juillet 1830).
Ayant parcouru, d'autre part, les archives du Congrès de Vienne et, notamment, les procès-verbaux relatifs à la discussion du Règlement du 19 mars 1815, nous n'y avons rencontré aucune, déclaration permettant de présumer, chez les délégués au Congrès, l'intention de restreindre à certains États seulement le privilège des Nonces.
Ces points d'histoire une fois établis et du moment où le Règlement de Vienne se borne, en ce qui concerne la préséance des Nonces, à consacrer un état de fait, il devenait évident que le droit de préséance consacré, en faveur des Nonces, par le Congrès de Vienne, avait force obligatoire, non pas dans les pays catholiques seulement, ni d'ailleurs dans tous les pays catholiques, mais dans tous les pays, catholiques ou non catholiques, où, en 1815, des Nonces étaient accrédités.
Bien qu'en bonne logique cette conclusion parut inéluctable, nous avons jugé qu'il pouvait y avoir, néanmoins, quelque intérêt à la contrôler encore en recueillant, à Berlin et à Londres, l'opinion officieuse des chancelleries des deux grandes Puissances protestantes signataires de l'Acte de Vienne.
On trouvera aux annexes, sub 4, l'excellent mémoire de Monsieur F. Adam, du Foreign Office, [sic] a adressé (sous une forme personnelle) à notre Ministre à Londres, le 20 mars dernier; les passages essentiels de ce mémoire ont été reproduites dans notre Notice, à pages 15 et 16. Ainsi qu'on pourra le voir, le Foreign Office, qui consid ère l a Grande-Bretagne, quoiqu'É tat non catholique comme liée par le Règlement de 1815, interprète ce Règlement comme conférant aux Nonces un droit de préséance dans tous les É tats où cette préséance était reconnue en 1815.
85v
Les renseignements procurés, en août dernier, par notre Légation à Berlin nous ont monstré [sic] que la question de la préséance du Nonce, malgré son caractère d'actualité en Allemagne, n'y avait été que très superficiellement étudiée (voir notre Notice, page 5 et son annexe, p. 3). Notre Légation reçut alors, en effet, communication, à titre officieux, d'une note informatoire adressée au Ministre d'Allemagne à Berne par son Gouvernement, le 4 avril 1922, dans laquelle, à l'appui de l'opinion des auteurs, reproduite purement et simplement, étaient invoqués, d'une part, l'attitude du Gouvernement britannique et, de l'autre, le refus récent du Gouvernement néerlandais d'accorder à la Haye la préséance à un Internornce ! Mais, depuis lors, le Ministre d'Allemagne, M. Müller, est venu nous déclarer que la note informatoire qui lui avait été envoyée, le 4 avril dernier, n'exprimait plus la manière de voir du Gouvernement allemand et que la reconnaissance, par le Conseil Fédéral, d'un droit de préséance au Nonce Apostolique à Berne ne soulèverait, si elle avait lieu, aucune difficulté quelconque de sa part.
Dans ces circonstances:
Attendu que l'art. 4 du "Règlement sur le rang entre les agents diplomatiques", du 19 mars 1815, doit être interprété comme consacrant, en faveur des Nonces, un droit de préséance sur les Ambassadeurs dans tous les États dans lesquels cette préséance était accordée en 1815,
attendu qu'un droit de préséance a été reconnu par la Confédération à tous les Nonces qui furent accrédités auprès d'elle, soit de 1803 à 1848,
attendu que le Règlement du 19 mars 1815 fait partie intégrante de l'Acte de Vienne, dont la Suisse réclame, par ailleurs, l'application à son égard,
attendu, au surplus, que, par son observation générale depuis un siècle, ce Règlement a acquis, en droit diploma-
86r
tique, la valeur d'une norme juridique obligatoire pour tous les États,
Nous proposons
de reconnaitre au Nonce Apostolique à Berne un droit de préséance sur les autres agents de première classe accrédités auprès de la Confédération, c'est-à-dire, actuellement, sur l'Ambassadeur de France.
Extrait du procès-verbal au Département Politique, Division des Affaires étrangères (en trois exemplaires) pour exécution.
Département Politique Fédéral.
86v
X.
Allegato 3º al Rapporto di Mons. Maglione Num . 7094.
Département Politique Fédéral
Division des Affaires Etrangères.
B. 22. 32. J. 2. – FV.
Berne, le 17 janvier 1923.
Monseigneur,
En confirmation de notre communication verbale, nous avons l'honneur de porter à la connaissance de Votre Excellence que le Conseil Fédéral, dans sa séance du 16 de ce mois, tout en estimant devoir laisser actuellement ouverte la question de principe, a décidé d'accorder à Votre Excellence la préséance sur les autres Chefs de Mission accrédités auprès de la Confédération.
La décision du Conseil Fédéral, inspirée par des motifs de haute courtoisie, a été déterminée, avant tout, par le fait que l'Ambassadeur de France, conformément aux instructions de son Gouvernement, avait déclaré reconnaitre la préséance du Nonce du Saint-Siège Apostolique.
Veuillez·etc.
Département Politique Fédéral.
(s.) Motta.
A Son Excellence
Monseigneur Luigi Maglione
Nonce Apostolique
Berne
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XI.
Allegato 4º al Rapporto di Mons. Maglione Num . 7094.
Nunziatura Apostolica
Svizzera.
N. 7028.
Berna, 18 gennaio 1923.
Eccellenza,
Con la sua pregiata Nota B. 22. 23. 32. J. 2-FV. Vostra Eccellenza ebbe ieri la bontà di significarmi che il Consiglio Federale, nella sua seduta del 16 di questo mese, pur stimando di dover lasciare attualmente aperta la questione di principio, aveva deciso d'accordarmi la precedenza su gli altri Capi di Missione accreditati presso la Confederazione.
Aggiungeva Vostra Eccellenza che la decisione del Consiglio Federale, ispirata da motivi di alta cortesia, era stata determinata, soprattutto, dal fatto che l'Ambasciatore di Francia, in conformità delle istruzioni del suo Governo, aveva dichiarato di riconoscere la precedenza del Nunzio Apostolico.
Ringrazio vivamente Vostra Eccellenza di tale comunicazione e La prego di voler esprimere all'Alto Consiglio Federale la mia profonda riconoscenza per l'amabilità, che si è compiaciuto dimostrarmi eziandio in questa occasione. Debbo, peraltro, nel prendere atto della surriferita decisione del Consiglio Federale, affermare di nuovo, per la questione di principio, e naturalmente riservare il diritto del Nunzio Apostolico alla preceden-
87v
za, qual è contenuto nel Regolamento Diplomatico del 1815 e venne riconosciuto dal Governo Svizzero col suo Regolamento dell'8 luglio 1830, in confronto sia dell'Ambasciatore di Francia, sia di ogni altro agente diplomatico di prima classe, che eventualmente fosse accreditato presso la Confederazione.
Nella fiducia che il Consiglio Federale vorrà, nel suo ben noto desiderio di giustizia e nella provata sua lealtà, riconoscere tale diritto, ho l'onore ecc.
(f.) Luigi Maglione.
A Sua Eccellenza
l'on Giuseppe Motta,
Capo del Dipartimento Politico Federale.
Empfohlene Zitierweise
Anlage vom vor dem 14. April 1923, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 13013, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/13013. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
Online seit 18.09.2014, letzte Änderung am 18.09.2015.