Dokument-Nr. 13622

Heilige Konsistorialkongregation: Sacra Congregazione Concistoriale e
S.C. degli Affari Ecclesiastici Straord.

Francia, Polonia, Germania, America, Svizzera
ed altre Nazioni
Le Conferenze generali dell'Episcopato2. Rom, 18. Juni 19251

(Sub secreto S. Off.)
È noto che, praeter praescripta legis canonicae, sono venute in uso presso varie nazioni assembleee [sic] o adunanze annuali dell'Episcopato, dirette ad ottenere un'intesa e comunanza di azione nei Vescovi di questa o quella regione, circa punti di disciplina ecclesiastica e il modo d'agire in questioni d'indole pubblica, come scuole, ecc. Così l'Episcopato degli Stati Uniti d'America si aduna ogni anno a Washington nel mese di Settembre; quello di Germania a Fulda, presso la tomba di Bonifacio e quello di Baviera a Frisinga[;] i Vescovi Svizzeri a Lucerna; quelli d'Inghilterra a Londra nella domenica in Albis; e a Maynooth quelli d'Irlanda; l'Episcopato Polacco a Cestokowa; quello Jugoslavo a Zagabria e in Francia convengono insieme a Parigi i soli Cardinali e Arcivescovi.
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Non si tratta del Concilio Plenario (can. 281 del Codice); né del Concilio Provinciale (can. 283); e neppure delle Conferentiae Episcoporum, di cui al can. 292, ove si parla esplicitamente di convegni dei Vescovi di una sola provincia, e non già di una nazione.
Ora circa queste adunanze generali dell'Episcopato, di cui si parla in questo foglio di ufficio, gravi lamenti sono stati fatti da molti membri dell'Episcopato presso la S. Sede. In base agli Atti esistenti nella Segreteria Concistoriale e anche nella Segreteria di Stato si espongono ora i fatti, a seconda delle regioni.
I. Stati Uniti d'America. - Si ebbero dapprima lagnanze in riguardo alle annuali adunanze dell'Episcopato degli Stati Uniti d'America, specialmente da parte degli Emi Card. O'Connell, Arcivescovo di Boston e Card. Dougherty, Arcivescovo di Philadelphia.
Dapprima fu decisa l'abolizione del "National Catholic Welfare Council"; ma poi nella Plenaria del 22 Giugno 1922 la S.C. Concistoriale emanò il seguente decreto:
"In sessione plenaria diei 22 mensis Iunii 1922 Sacra Congregatio Consistorialis ex noviter deductis decrevit nihil esse innovandum circa 'National Catholic Welfare Council'; posse igitur Eposcopos [sic] Foederatorum Statuum Americae Septentrionalis proximo mense Septembri de more convenire, iuxta tamen instructiones desuper dandas.["]
Le relative Istruzioni furono date il 4 Luglio 1922, e si riportano nel Sommario. (Alleg. I).
L'esito fu soddisfacente presso i Vescovi, come espressero a voce varii di loro venuti ad Limina, fra i quali lo stesso Mgr. Schrembs, Vescovo di Cleveland,
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che dapprincipio si era grandemente allarmato per questo intervento della Santa Sede(1).
Il Card. Dougherty approva le Istruzioni, ma desidera che la riunione non abbia luogo ogni anno e che siano ridotte le spese.
II. Francia. - Nel Marzo 1923 pervenne alla Segreteria di Stato il "Procès verbal", stampato, "de l'Assemblée des Cardinaux et Archevêques de France tenue à l'Archevêché de Paris les 27 et 28 Février 1923" e richiamò subito l'attenzione dell'Emo Segretario di Stato, che il 3 Aprile 1923 così scrisse al Card. Segretario della S. Congregazione Concistoriale:
"Qui unite, rimetto all'Eminenza Vostra Revma le bozze contenenti il Processo Verbale dell'Assemblea tenuta dagli Emi Cardinali ed Arcivescovi di Francia il 27 e 28 Febbraio u. s.
A mio avviso tali adunanze annuali sembrano essere il surrogato dei Concilii Plenarii senza però le formalità e le garanzie prescritte dal Diritto Canonico.
In particolare richiamo l'attenzione dell'Eminenza Vostra su quanto è stabilito a pag. 3, dove si fa obbligo alla Commissione permanente di inviare ai metropolitani i processi verbali contenenti le decisio-
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ni prese dall'Assemblea, un mese dopo l'adunanza, sans attendre la réponse de Rome.
Voglia l'Eminenza Vostra, dopo aver esaminato l'unito documento, comunicare direttamente all'Emo Card. Dubois le osservazioni che codesta S. Congregazione credesse opportuno di formulare".
Il punto del verbale a cui si riferisce la citata lettera del Card. Segretario di Stato, suona come segue:
"Des délibérations de l'Assemblée nous ne retiendrons, suivant l'usage, que les conclusions que nous remettrons entre les mains de la Commission permanente, chargée de les transmettre au Saint-Siège et, dans un mois, aux Eminentissimes Cardinaux et à NN. SS. les Archevêques Métropolitains qui les font parvenir à leur suffragants.
...
Un mois après l'Assemblée générale, sans attendre la réponse de Rome, la Commission permanente enverra aux Métropolitains autant de compte rendus qu'ils ont de suffragants.3
L'Assemblée confie à sa Commission permanente le soin de rédiger son règlement intérieur".
Esaminata la questione presso la Concistoriale, l'Emo Card. Segretario, dopo averne trattato col Santo Padre, inviò al Cardinale Dubois, Arcivescovo di Parigi, due Voti redatti da diversi Consultori, in merito a dette riunioni, accompagnandoli con lettera del 6 Giugno 1923: i tre documenti sono riportati nel Sommario all'Alleg. II, A, B, C. Rispose il Card. Dubois con due lettere, una diretta al S. Padre (12 Giugno 1923) e l'altra al Card. Segretario della Concistoriale (13 Giugno 1923) il quale ritenne opportuno sussumere (21 Giugno 1923), allo scopo di chiarire alcuni punti (Alleg. III, A, B, C).
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Intanto la Commissione permanente dell'Assemblea dei Cardinali ed Arcivescovi di Francia pensò di redigere un Memoriale di difesa propria, e insieme di critica ai due Voti; e il 31 Ottobre 1923 il Card. Luçon, Arcivescovo di Reims, Presidente di detta Commissione permanente, diresse all'Emo Segretario della Concistoriale detto Memoriale con sua lettera (Alleg. IV, A, B).
Un episodio di grave importanza e avvenuto ultimamente in questa Assemblea dei Cardinali ed Arcivescovi di Francia. Il 10 Marzo p. p. veniva pubblicata, e riprodotta in tutti i giornali dell'orbe, la Déclaration des Cardinaux et Archevêques, che è stata oggetto di pubblici dibattiti degli uomini politici di Francia, sollevando accesi commenti.
L'Emo Card. Segretario di Stato il 23 dello stesso Marzo si affrettò ad indirizzare una lettera in proposito al Card. Luçon, Arcivescovo di Reims. (L'uno e l'altro documento si riportano nell'Allegato V, A, B).
Ciò che si è sinora riferito in questo foglio di ufficio riguarda principalmente gli Stati Uniti e la Francia. Ma sporadici lamenti erano venuti da altre regioni, sì che, nell'Udienza del 15 Febbraio 1924, chiesto al S. Padre "se la questione dovesse essere trattata in Plenaria", Sua Santità si degnò rispondere:
"Affirmative, posta però la pregiudiziale che la Congregazione plenaria abbia da 'regolamentare' tali Conferenze, non già da interdirle o sospenderle.
Et ad mentem. La mente è che questo 'regolamentare' debba essere nel senso di una giusta larghezza, evitando quanto potrebbe per avventura offendere gli Episcopati, come di menomata fiducia.
Inoltre è volontà del S. Padre che sieno esaminati e determinati i rapporti fra queste Conferenze e i Rappresentanti della S. Sede (Nunzi o Delegati).
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Tutta la quistione da trattarsi sotto segreto di S. O.".
L'Emo Card. Segretario della Concistoriale il 25 dello stesso Febbraio scrisse ai Nunzi Apostolici di Germania, Polonia e Jugoslavia la seguente lettera:
"È mente del S. Padre di disciplinare le riunioni generali dei Vescovi, onde non nuocciano né alle Conferenze e Sinodi Provinciali, né assumano la forza di Concili nazionali. Come la S. V. Rma sa queste riunioni, sotto forme varie sono in uso, in Germania presso la tomba di S. Bonifacio, in Inghilterra (a Westminster, la domenica in albis), in Irlanda (nel Seminario di Maynooth), negli Stati Uniti d'America a Washington, nel settembre ed anche in Francia si sono cominciate a tenere adunanze di tutti gli Arcivescovi.
Questi convegni, e questo vedersi dei Vescovi di una nazione per certo genere di affari e per una intesa comune in talune materie può esser utile ed anche talora necessario. Ma comunque, la S. V. esamini la cosa e il modo con cui si svolgono costà questi convegni; veda se vi siano o no inconvenienti; quali i rapporti in proposito col Rappresentante Pontificio; se ammesso o no; e si compiaccia riferirmi, tenendo tutto riservato".
All'Allegato VI, A, B, C, D si riportano genuinamente le importanti risposte dei tre Nunzi menzionati. Alla relazione di Mgr. Lauri, Nunzio in Polonia, si unisce un rapporto del Vescovo di Vilna, in data 2 Luglio 1923, ove egli denunzia gravi pericoli e inconvenienti di queste adunanze generali dell'Episcopato: dice difatti che spesso alle norme che là si stabiliscono si vuol dare praticamente valore di vere leggi; che vi è un Comitato speciale il quale tutto dirige e s'impone a tutti, composto del Card. Dalbor e di quattro Vescovi; che talora si fa della politica; che non manca il pericolo che si
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formino correnti nazionalistiche e indipendenti da Roma nella Chiesa polacca; e che di proposito si vuole escluso il Nunzio.4
Deve però notarsi che Mons. Matulewicz, Vescovo di Wilna, è lituano, e Lituani e Polacchi non coutuntur.
III. Svizzera. - Riguardo all'Episcopato Svizzero l'Emo Card. Segretario di Stato inviava il 18 Dicembre 1923 una circolare riservatissima a quei Vescovi, ove, fra le altre cose, dava istruzioni circa l'opportunità che al Nunzio Apostolico si desse notizia del programma delle Conferenze Episcopali, ed esprimeva il desiderio che vi fosse pure invitato. (Alleg. VII, A).
Sul medesimo oggetto delle Conferenze Episcopali e in riguardo ad attacchi contro la Nunziatura Mons. Maglione Nunzio Apostolico della Svizzera, scriveva allo stesso Emo Cardinale il 25 Luglio 1924 (All. VII, B) e il 3 Settembre 1924 (All. VII, C), mettendo in sufficiente rilievo la contrarietà di Mons. Schmid de Grüneck, Vescovo di Coira, ad ottemperare alle accennate istruzioni del Card. Segretario di Stato. Si aggiunge una lettera del Card. Segretario di Stato, del 17 Nov. 1924, in relazione a questo argomento (Allegato VII, D).
IV. Inghilterra. - I Vescovi inglesi si adunano ogni anno nella domenica in Albis a Westminster, sotto la presidenza del Card. Bourne, che propone egli stesso le questioni seduta stante; e, a quanto hanno detto e ripetuto a voce vari di quei Vescovi, nulla si conclude, e, ritornati alle loro diocesi, fanno a modo loro. A loro detta, le questioni importanti non sono mai proposte, e soltanto si fanno complimenti e si dicono cose per le
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quali non vale la pena, né la spesa radunarsi a Westminster; ché anzi in pratica queste adunanze generali vengono a rendere difficile l'adunanza dei Metropolitani, ora quattro, coi loro Suffraganei, le quali tornerebbero di non poca utilità.
Il Vescovo Castrense Mgr. Keating si lamenta perché ne è escluso. Tutti quei Vescovi riconoscono l'inutilità di tali adunanze; ma il Card. Arcivescovo di Westminster tiene molto ad esse, specialmente per esercitare le prerogative concessegli dalla Bolla "Si qua" del 28 Ottobre 1911, relativa alla costituzione di nuove provincie ecclesiastiche in Inghilterra. Sono queste le prerogative:
"1.º (Archiepiscopus Westmonasteriensis) Praeses erit perpetuus collationum episcopalium totius Angliae et regionis Gallensis; ob eamque rem ipsius erit conventus indicere eisque praeesse iuxta normas in Italia et alibi vigentes; 2.º Primo gaudebit loco super aliis duobus Archiepiscopis nec non pallii et cathedrae usu atque praeferendae crucis privilegio in universa Anglia et regione Gallensi; 3.º Denique totius Ordinis Episcoporum Angliae et Gallensis regionis personam ipse geret coram suprema civili potestate, semper tamen auditis omnibus Episcopis quorum maioris partis sententias sequi debet".
Ed è anche su questo ultimo punto che verte gran parte dei lamenti, dicendosi che il Card. Bourne ordinariamente agisce da sé col Governo inglese, senza interpellare alcuno.
V. Irlanda. - Si adunano quei Vescovi a Maynooth, e niente o ben poco si sa di quel che vi combinano, perché nessuna relazione si ebbe mai del loro operato, all'infuori di qualche Lettera collettiva stampata,
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risguardante di solito le condizioni politiche dell'Irlanda, come la celebre Dichiarazione del 19 Ottobre 1923 "circa lo stato attuale della patria". Si sa che la parte politica ebbe spesso un posto principale in quelle adunanze.
VI. Filippine. - Mgr. Piani, Delegato Apostolico, scrisse l'8 Settembre 1923, nel modo che segue al Card. Segretario della Concistoriale:
"Mi rammento che quando, un anno fa, passai per gli Stati Uniti ebbi occasione di leggere alcune sapientissime istruzioni che la S. Congregazione Concistoriale dava ai Vescovi di quella Nazione riguardo al loro 'National Catholic Welfare Council'. Alcune di quelle istruzioni avrebbero forse una opportuna applicazione anche qui ed è perciò che faccio umile ricorso all'Eminenza Vostra domandando:
a) incombe al Metropolita convocare i Vescovi suffraganei tenendo in conto il Can. 292?
b) i Vescovi suffraganei hanno l'obbligo di intervenire a dette Conferenze, ancorché ogni anno li convochi il Metropolita?
c) il Delegato Apostolico ha diritto di intervenire e presiedere dette Conferenze?
d) ne ha anche l'obbligo o può, nel caso che ragioni speciali ne suggerissero la convenienza, non prendervi parte attiva?
Posto che vi fosse tale diritto od obbligo, converrebbe che constasse in qualche Atto di codesta S. Congregazione".
E l'Emo Card. Segretario gli rispose:
"In riscontro al rapporto inviato dalla S. V. Rma in data 3 Settembre decorso, distinto col n.° 494, le
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significo che il Metropolitano ha il diritto di convocare i vescovi suffraganei, conforme al Can. 292, ai quali incombe conseguentemente l'obbligo d'intervenire. Il Delegato Apostolico è esente da quest'obbligo".
VII. Canadà. – Nelle Istruzioni date a Mgr. Di Maria, quando nel 1918 fu nominato Delegato Apostolico del Canadà e di Terranova, al num. 16, questa Sacra Congregazione scriveva:
"Sarebbe ottima cosa che Mgr. Delegato dopo qualche tempo dal suo arrivo facesse intendere agli Arcivescovi che desidererebbe avere una conferenza assieme, e che stabilisse che simile riunione degli Arcivescovi si facesse ogni biennio dopo le proposte vescovili.
In queste conferenze si avrebbe il mezzo di intendersi su parecchi punti e specialmente sulla pacificazione degli animi, ed anche sulla moderazione da imporsi ai giornali cattolici".
Il 19 Febbraio 1919 Mgr. Di Maria riferiva che alcuni Arcivescovi gli avevano espresso il desiderio di tenere una riunione di tutto l'Episcopato Canadese. E l'Emo Segretario il 7 Aprile 1919 rispondeva che ciò era conforme alle Istruzioni date. Si adunarono difatti nello stesso Aprile, e intervennero tutti gli Arcivescovi del Dominio Canadese, ad eccezione di Mons. Arcivescovo di Vancouver, e di Mons. Bruchesi, Arcivescovo di Montréal perché assente. Si ebbero sei lunghe sessioni, presiedute dal Cardinal Bégin, e tutti [sic] si svolse con ordine e armonia, come riferì Mgr. Delegato il 19 Maggio 1919, trasmettendo i lunghi Procès-verbaux di quelle sessioni.
Cinque anni dopo il Card. Segretario della Conci-
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storiale scrisse di nuovo a Mgr. Di Maria (7 Maggio 1924), in merito alle adunanze degli Arcivescovi che dal 1919 non si erano ripetute; e alla risposta di Mgr. Di Maria (28 Giugno 1924) diede pure riscontro (15 Luglio 1924), allo scopo che si adunasse quell'Episcopato. Non è stata data notizia finora, se ciò sia avvenuto o no (Alleg. VIII, A, B, C).
Da tutto l'insieme si raccoglie che una gran parte dell'Episcopato Cattolico, mentre riconosce l'utilità di questi convegni o conferenze, chiede che se ne determini il carattere. E sono precisamente i punti che ora si fanno presenti, che reclamano una soluzione:
1. Quali membri dell'Episcopato delle varie nazioni hanno diritto all'invito? (In Francia intervengono solo i Cardinali e gli Arcivescovi. In Jugoslavia è ammesso l'Ordinario Castrense, mentre in Inghilterra è escluso).
2. Può tollerarsi che sussista un Comitato permanente? (In Francia c'è un Segretariato. In Jugoslavia egualmente, e inoltre c'è un Rappresentante dell'Episcopato che agisce presso il Governo: il che non piace a tutti, e sembra pericoloso. In Germania fa tutto, e troppo, il Card. Bertram).
3. Chi deve presiedere? In Germania si è eletto un Presidente a vita, l'Emo Vescovo di Breslavia, e si lamenta che egli imponga la sua volontà e spadroneggi).
4. ll Rappresentante Pontificio (Nunzio o Delegato) è bene che intervenga? (In Polonia il Cardinale Dalbor non lo voleva; invece il Card. Kakowski e la grande maggioranza lo desiderava e di fatto il Nunzio Apostolico Mons. Ratti intervenne. In Jugoslavia non interviene, ma riceve dopo una relazione di tutto. Così in Germania e in Baviera; ma il Nunzio fa sapere che
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spesso la relazione che riceve è troppo vaga e appena delineata riguardo a ciò che si è trattato(1).
5. A quali argomenti deve essere ristretta la discussione? (Si lamentano abusi in Polonia, in Jugoslavia, e altrove. Talora vi si introduce la politica. Si lamenta pure che in qualche regione si discutano solo gli argomenti proposti da un gruppo preponderante).
6. Quale valore giuridico deve darsi alle decisioni che si prendono in tali adunanze?
7. Quale deve essere la forma esteriore e le solennità del convegno? (In Polonia intervengono in veste paonazza, e premettono la Messa dello Spirito Santo, come si fa nei veri Concili. Ma il Santo Padre dice che a tempo suo non si celebrava la Messa).
8. Devono avere tali convegni un luogo fisso e quale? In Francia una parte degli Arcivescovi preferirebbe Tours a Parigi(2).
9. Ogni quanto tempo sono da celebrarsi questi convegni? (Molti hanno osservato che ogni anno è
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troppo; e anche che può portare inconvenienti il periodo fisso).
10. Quali norme e precauzioni sono da prendersi, perché tali convegni non si sostituiscano ai Concili Provinciali? (In varie nazioni non si celebrano ormai più i Concilii Provinciali; e molti Vescovi lo hanno detto rilevando i danni di questa mancanza; ad es. negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania, ecc.).
Tutti questi quesiti si sottopongono alla illuminata sapienza degli Emi Padri, perché vogliano in merito ad essi sciogliere il seguente
dubbio
Quali provvedimenti possano prendersi; quali suggerimenti siano da dare, in generale, e per le singole regioni.
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Allegati
Num. I.
Instructiones S. Congregationis Consistorialis circa conventum Episcoporum Statuum Foederatorum Americae Septentrionalis mense Septembri a. 1922 habendum.
De mandato Sanctitatis Suae, in conventu Episcoporum proximo mense Septembri celebrando iuxta decretum diei 22 Iunii 1922 hae instructiones proponuntur.
l.° Quum in votis plurium Episcoporum sit, ex causis quae videntur graves, ut hi conventus non quotannis fiant, videant Episcopi utrum huiusmodi conventus in posterum longiori intervallo haberi debeant.
2.° In quolibet casu, ad conscientiae tranquillitatem bene tenendum est animo, Episcopus minime constringi ad adsistendum sive per se sive per procuratorem hisce conventibus.
3.° Pariter retinendum, quod iam usque ab initio clare statutum fuerat, hosce conventus inservire ad amice conferendum circa ea consilia quae pro tutela rei catholicae in Statibus Foederatis extrinsecus opportune suscipienda videantur. Haec tamen suscepta consilia vim obligatoriam minime habent, et idcirco hi conventus nil habent commune cum Conciliis plenariis quae a praescripto sacrorum canonum (Cod. Can. 281, seq.) recta sunt.
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4.° Ne inopinato Episcopis quaestiones proponantur, curandum est, ut qui conventui praesunt tempestive communicent cum singulis Episcopis puncta seu articulos quaestionum agendarum. Quod quidem impedire non poterit quominus Episcopi in conventu quandam aliam quaestionem extemplo proponant. Quaestiones tamen omnes versari debent circa ea quae S. P. Benedictus PP. XV in sua epistola "Communes" diei 10 Aprilis 1919 definivit.
5.° Conventui is praesit cui de iure competit, iuxta canonicas leges.
6.° Initae in conventu deliberationes cum S. Sede communicandae erunt, ut haec, si opus sit, sua auctoritate intervenire possit.
7.° Ordinarii uniuscuiusque provinciae Ecclesiasticae, antequam se conferant ad generalem conventum, poterunt penes suum Metropolitanum, vel seniorem Episcopum, congregari ut antea super aliquo puncto conveniant.
8.° Quum titulus ille "National Catholic Welfare Council" non omnibus acceptus usque ab initio fuerit, et exinde in praxi visus sit aliquibus dare locum aequivocationibus, videant Episcopi titulum illum in alium commutare, e. g. "National Catholic Welfare Committee"(1). Interim tamen sciant hoc institutum non esse ipsam catholicam hierarchiam in Foederatis Americae Statibus.
9.° Nil obstat quominus generalis hic Episcoporum conventus ad aliquid super hoc illove peculiari negotio agendum deputet personam aliquam aut particularem aliquem coetum seu commissionem. Sed hoc in casu cavendum est:
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a) ut mandati fines quoad tempus et modum agendi sint apprimis omnino definiti;
b) ut sarta tectaque prorsus sit canonica Ordinarii auctoritas et libertas in dioecesis regimine, ita nempe ut deputatus vel deputati ad agendum in negotiis dioecesis minime se immisceant;
c) quod si quis contravenerit, probata culpa, ex denunciatione Episcopi, dimittendus statim erit ab officio sibi commisso;
d) in quolibet casu deputatus vel deputati ad agendum non eligentur nisi a generali Episcoporum conventu et ad nutum. Novo vero conventu inito, a munere cessabunt, firma tamen obligatione redditionis rationum. Episcopi autem, si velint, possunt eosdem rursus eligere. Datum Romae, ex Aedibus S. Congregationis Consistorialis, die 4 Iulii 1922.
Num. II.
A).
Lettera, del 6 Giugno 1923, del Card. Segretario della S. C. Concistoriale all'Emo Arcivescovo di Parigi.
Elapso Aprili mense SSmus D. N. ad hanc S. C. remisit relationem conventus Cardinalium et Archiepiscoporum Galliae Parisiis habiti ultimis diebus Februarii huius anni, cum mandato, ut debito peracto examine significarem E. V. Rmae quae observanda Sacra haec Congregatio haberet hac super re.
In adimplementum huius praecepti duo vota tecum, Eme Domine, communico, quae quamvis paulum diversa, alterum latina, alterum italica lingua conscriptum, in eamdem tamen sententiam concurrerat.
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B).
Votum primum de conventibus Cardinalium et Archiepiscoporum in Gallia.
Quilibet Episcoporum conventus, coadunatus pro pertractandis negotiis ad fidem aut ad ecclesiasticam disciplinam spectantibus, ecclesiastica Synodus seu Concilium vocari per se potest.
Sed tum ad unitatem in Ecclesia adstruendam, tum ad avertenda pericula quae experientia docuit evenire solere ex Episcoporum conventibus non rite factis, usque a primis Ecclesiae temporibus solemnitates quaedam et cautiones statutae sunt, sine quibus Concilia rite celebrari non possunt. Inter has cautiones et solemnitates prima et essentialis est, ut coadunatio Episcoporum non fiat nisi ex causa cognita et a Romano Pontifice probata ut utar verbis in novisimo [sic] Codice Canonico consecratis.
Neque aestimandum est hanc regulam recentioris esse aetatis; nam monumenta historica de hac re ascendunt saltem ad secundum Ecclesiae saeculum. Et si primum Ierosolimitanum Concilium circa observantiam circumcisionis et rituum mosaicae legis, caruit aliis solemnitatibus, prima illa et essentiali destitutum non fuit; nam celebratum est adstantibus Apostolis et duce Petro.
Quot autem et quanta mala profluxerint ex Episcoporum conventibus hac essentiali norma destitutis, nemo est qui ignorat. Haereses enim Ariana et semi-Ariana, Eutiches et Diascorus aliique quamplures haeresum et schismatum coryphaei horum conciliorum ope venenum suae doctrinae evulgarunt, asseclas consequuti sunt, Ecclesiae pacem turbaverant; dum vicissim viri sanctissimi ab Ecclesia probati, pessumdati maxime
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sunt. Quae enim et quanta probra, calumniae, persecutiones hac de causa non tulerant Athanasius, Cyrillus, Gregorius Nazianzenus, Ioannes Crysostomus, Eusebius aliique quamplures tum in orientali tum in occidentali Ecclesia? Quin imo ipsis viventibus apostolis, ceu constat ex earum litteris Ecclesiastici viri extiterunt qui ambitione aliave passione moti turbas in Christianorum conventibus ciebant. "Scripsissem forsitan Ecclesiae (ait S. Ioannes apostolus, ep. III, v. 9); sed is qui amat primatum gerere in eis, Diotrephes, non recipit nos".
Inficiari itaque non potest, evenire in conventibus Ecclesiasticis, quod in humanis plerumque accidit, ut sint aliqui qui praevalent, ceteros in suam sententiam trahant, et etiam a recto tramite abducant. Quod quidem si in humanis rebus noxium est, in Ecclesiae rebus exitiale foret nisi succurreret divina illa adsistentia quam Divinus Ecclesiae fundator Ecclesiae suae capiti adpromisit.
Neque censeatur hanc adsistentiam necessariam solummodo esse in ecumenica Synodo, et ad eam dumtaxat esse coarctandam. Nam quod coetus aliquis episcoporum, etsi unius provinciae, a recto tramite aberret, malum esset maximum prout quisque facile intelligit: ideoque omni studio avertendum. Et idcirco nonnisi saluberrimo ni dicam necessario consilio statutum est ut et ipsa particularia concilia non fiant nisi ex causa cognita et a Romano Pontifice probata, servatisque regulis a libris Pontificalibus et a traditione praescriptis.
Re itaque sub hoc respectu considerata conventus Cardinalium et Archiepiscoporum Galliae sive qui Parisiis habitus est sub huius anni initium, sive ii qui in posterum hac eadem ratione celebrabuntur (prout est in propositis) concilia dici non possunt, quia in eis quamvis de materia propria et essentiali Conciliorum agatur, forma tamen essentialis (scilicet cognitio et ap-
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probatio Summi Pontificis) deest, imo videtur expuncta.
Sane ita sub num. II legitur: "Elle décide que l'assemblée etc. (pag. 24). L'ordre du jour etc. (ib.).["]
Ergo statuitur conventus annuus stabilis Cardinalium et Archiepiscoporum in quo agatur de negotiis ecclesiasticis, non certe minoris momenti, quin praevia obtineatur facultas et approbatio Sedis Apostolicae.
Statuta insuper est in sinu huiusmodi Cardinalium et Archiepiscoporum conventus commissio quaedam quae colligere debet vota Episcoporum Suffraganeorum, eaque dividere inter membra eiusdem conventus, ut ea perpendant et definiant. Sed quod magis est, statuitur etiam quod sequitur: "Un mois après l'Assemblée générale, sans attendre la réponse de Rome, la Commission permanente enverra aux métropolitains autant de compte-rendus [sic] qu'ils ont de Suffragants".
Ergo decernitur ferme evulgari huiusmodi conventus decreta, antequam obtineant, imo obtinere possint Summi Pontificis approbationem aut reprobationem.
Profecto res gravissima est quae nullo modo admitti potest.
Sed quin ad alia singula consideranda gradiamur, super quibus plura dici possent est et alia magni momenti ratio ad hos conventus reprobandos.  Cardinales et Archiepiscopi conveniunt ad pertractanda Ecclesiastica negotia, auditis quidem, sed absentibus Suffraganeis suis. Porro haec Suffraganeorum exclusio a conventu, nedum est anticanonica sed offensiva totius coetus Suffraganeorum, dicere imo vellem, clesiam [sic] Dei? Insuper in discussione, nonne possent Suffraganei Episcopi positi a Spiritu Sancto ut regant Ecclesiam Dei. Insuper in discussione, nonne possent Suffraganei Episcopi lumina et argumenta afferre quae forte possent plurium sententias mutare?
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Quapropter praeter reliqua, etiam noxia dicenda est haec Suffraganeorum exclusio a conventu.
Quin dicam hunc conventum Archiepiscoporum exclusis Suffraganeis novitatem redolere, et idcirco etiam propter hoc admitti non debere nisi re valde discussa et probata.
Quaeri denique posset cur potius quam ad hanc novitatem recurrere Archiepiscopi non conveniunt cum Suffraganeis suis ad Synodos provinciales iuxta iuris normas habendas? Cur Episcopi Synodos dioecesanas non tenent? Huiusmodi conventus prius celebrentur; et exinde videbitur, utrum plenarium aliquod Concilium in Gallia utile aut necessarium sit.
Concludendo itaque, censeo, quin longior evadam, conventum Cardinalium et Archiepiscoporum Galliae, prout est in propositis, speciem habere Concilii sed sine solemnitatibus et cautionibus a iure iustissime positis ideoque periculosum esse et admitti non posse.
Insuper ob exclusionem Episcoporum Suffraganeorum dicendum esse libere Archiepiscoporum conventum esse anticanonicum, Hierarchiae destructivum et etiam noxium; ideoque sub hoc quoque respectu excludi debere.
4 Iunii 1923.
C).
Votum alterum.
Assemblee annuali dei Cardinali ad Arcivescovi di Francia.
l.° Considero sempre come non aliene da pericoli, in genere, queste e simili assemblee, che si svolgono senza le forme, cautele e garanzie dei can. 281-292. La
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storia della Chiesa è tutta disseminata lungo i secoli di concilii, sinodi, assembleee [sic], adunanze, le quali hanno arrecato molto bene, ma anche, in certi casi, non poco male: se la Chiesa dopo sì lunga esperienza ha voluto regolare i concilii e le conferenze con sì sapienti cautele e garanzie, queste non sono ora da trascurarsi per lasciarci piuttosto trasportare dai venti delle correnti moderne. Le quali correnti moderne troppo favoriscono le conferenze, le assemblee, le adunanze generali; e queste generalmente sono nella stessa società civile fonte di confusione, di nuove discordie, e troppo spesso non portano alcun altro frutto, se non quello di generare nuove conferenze, assemblee e adunanze.
2.° Non mi sembra opportuno quindi che si fissi a priori il carattere annuale di tali assemblee: meglio sarebbe che si radunassero quando se ne sente il bisogno impellente, audita prius Sancta Sede.5
3.° Grande cautela è necessario usare nella scelta degli argomenti da trattare in tali adunanze. Vedansi per es. i voti circa il Concilio Vaticano, il catechismo universale (in principio), le preghiere di Leone XIII (art. I), la decisione della S. C. dei Riti (art. II), il culto di S. Giuseppe e feste di Santi (art. XIV), ecc. In queste e simili materie, un voto in senso [sic] piuttosto che in un altro, di un[']assemblea di Cardinali e di Arcivescovi di tutta una Nazione, in vece di favorire la soluzione di una questione, può mettere in imbarazzo la Santa Sede.
4.° Considero inopportunissima l'organizzazione dei cattolici nel terreno del dogma ecc., così come è contemplata all'art. III. Vi è una organizzazione costituita da N. S. Gesù Cristo di tutti i fedeli sotto i loro Vescovi, di tutti i fedeli e Vescovi sotto il Sommo Pontefice; questa è l'unica organizzazione dei cattolici. Si dice (art. III che questa organizzazione, senza mischiarsi direttamente alle lotte elettorali, si occuperà di formare
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la coscienza dei cattolici. Ma la formazione delle coscienze dei cattolici fu da Nostro Signore affidata alla Chiesa docente: e noi la affideremo adunque ad una organizzazione dei cattolici?6 Si dice ancora senza mischiarsi direttamente alle lotte elettorali. Ma la pratica dimostra che tali organizzazioni insensibilmente e per fatalità di uomini e cose inclinano quasi sempre a mischiarsi indirettamente ed anche direttamente di lotte elettorali. E non poche persecuzioni religiose da varii Stati nei nostri tempi o furono motivate, o presero a pretesto queste organizzazioni politiche. Di modo che esse, invece di essere parafulmini per la Chiesa, ne diventano in certi casi attirafulmini.
5.° Non ho molta fiducia che tali assemblee favoriscano lo spirito di dipendenza dalla Santa Sede, e ne è prova l'art. II "sans attendre le response [sic] de Rome!" Si noti anche la frase infelice de Rome, invece di S. Sede! - Invece temo che in certe circostanze possano piuttosto favorire le Chiese così dette nazionali, o lo spirito nazionale nella Chiesa: La Storia della Chiesa sta a dimostrarlo. - E sarà una piccolezza quello che sta [sic] per aggiungere, ma non voglio tralasciarla: mi suonano sempre male all'orecchio le espressioni la Chiesa di Francia (art. XV), la Chiesa di America, la Gerarchia americana. Non c'è una Chiesa cattolica e una Gerarchia cattolica sia in Francia, che in America.
Concludendo:
l.° Sarebbe meglio che queste e simili adunanze non ci fossero.
2.° Ma dato che ai tempi nostri speciali circostanze sociali le possono rendere necessarie, e considerato che esse possono arrecare ottimi risultati, se regolate e governate con opportune norme, è bene che la Santa Sede le assista con particolare attenzione, suggerendo ed inculcando che non si tengano a periodi fissi, ma solo quando imperiose necessità lo reclamino, che se ne dia
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previo avviso alla Santa Sede, indicando gli argomenti che si tratteranno, e che tenuta l'adunanza, si invii un rapporto alla Santa Sede con le deliberazioni prese, e prima di comunicare tali deliberazioni ai Vescovi e di renderle di pubblica ragione, si attenda la risposta della della [sic] Santa Sede, ecc.
3.° Non sussista quindi in tali assemblee una "Commissione permanente" per serbare alle medesime il carattere di straordinarietà, ed evitare che si crei una specie di potere permanente nazionale, non considerato dalla Chiesa nella sua legislazione.
Num. III.
A)
Lettera del Card. Dubois, 12 Giugno 1923, al Santo Padre, dopo che l'Emo Arcivescovo ebbe ricevuto i due Voti da parte della Concistoriale.
Daignez permettre à l'Archevêque de Paris de confier à Votre Sainteté sa douloureuse surprise et sa peine profonde.
Je reçois à l'instant de la S. C. Consistoriale un double "Votum", l'un en latin, l'autre en italien - concluant l'un et l'autre, après des considérations qu'on fait remonter jusqu'au Concile de Jérusalem - à l'interdiction de l'Assemblée annuelle des Cardinaux et Archevêques français.
On s'est mépris, Très Saint Père, sur l'origine, l'objet et le fonctionnement de notre Assemblée. Le vénéré Cardinal Luçon qui en est depuis des années le Président n'aura pas de peine à le démontrer.
C'est Pie X qui demanda aux Cardinaux français de se réunir annuellement au moins, pour s'entendre et, déliberer entre eux, sur la situation créée en France,7
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par la loi de séparation et les autres lois antireligieuses. Plus tard les Cardinaux obtinrent de s'adjoindre les Archevêques pour mieux atteindre et entendre l'épiscopat de France.8 Benoit XV, maintint, encouragea et bénit chaque année cette assemblée.
Il ne s'agit dans l'espèce ni d'un Synode, ni d'un Concile, mais d'une simple réunion, d'une sorte de conférence. Il n'est question ni de décrets conciliaires ou synodaux, ni de décisions obligatoires; mais il s'agit seulement d'un fraternel échange de vues, sur des mesures ou des directions, visant à assurer, suivant les circonstances, l'unité d'action et l'uniformité de méthode, pour la défense des l'intérêts religieux et la parfaite observation des directions pontificales.
Ces assemblées se sont toujours tenues sous le regard du Saint Siège, sollicité, chaque année, de donner des avis, et une ligne de conduite sur telle ou telle question. Pour assurer la tenue et l'ordre de ces assemblées on leur a donné, petit à petit, une certaine organisation, afin de mieux établir, de bien exposer et de discuter les questions a résoudre. Le procès verbal de la réunion a toujours été envoyé au Vatican et approuvé par le Secrétaire d'Etat.
L'épiscopat d'Angleterre, l'épiscopat Polonais, l'épiscopat Allemand et d'autres encore et notamment celui des Etats Unis, tiennent annuellement des réunions identiques à la notre. Il serait vraiment douloureux pour l'épiscopat en France, de se voir interdire une réunion qui depuis quinze ans, sert de trait d'union entre tous les Evêques et donne un puissant appui à leur action apostolique, par des directions concertées, plus que jamais nécessaires.
De cette mesure je demeure profondément peiné et aussi humilié. Il y a bientôt 23 ans que je suis Evêque. J'ai donné des preuves de mon attachement aux saines doctrines et de mon dévouement au Saint Siège et j'esti-
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me que la S. C. Consistoriale aurait pu demander des explications et des renseignements avant de porter une telle sentence.
Après s'être réunis depuis quinze ans chaque année, avec les encouragements et la bénédiction du Pape, les Cardinaux et les Archevêques de France ne pourront croire avoir mérité le blâme et l'humiliante interdiction qu'on leur signifie.
B)
Lettera del Car. Dubois, 13 Giugno 1923, al Card. Segretario.
La lecture du double Votum que vous m'avez adressé m'a causé une grande surprise et une peine très vive. L'auteur de ce travail s'est complètement mépris sur l'origine, l'objet et le fonctionnement de l'assemblée annuelle des Cardinaux et des Archevêques de France. Il appartient au vénéré Cardinal Luçon, notre Président depuis de nombreuses années de remettre toutes choses au point. Ce lui sera facile. L'auteur du Votum ne s'est inspiré que du Procès verbal de notre dernière Assemblée qu'il a étudié seulement "in abstracto".
Le Codex ne parle que de Concile ou de Synode, mais il peut y avoir des Assemblées, des Conférences, des réunions très licites dans leur but et leur organisation. Il n'est pas dit que toute réunion d'Evêques doit être nécessairement ou un Concile ou un Synode. Mais je n'ai point ici à discuter cette question. Je veux simplement faire observer à Votre Eminence que l'Assemblée des Cardinaux et Archevêques de France a été indiquée, encouragée par Pie X9, par Benoit XV10. Chaque année nous demandons au Saint Père, ses directions, noua lui soumettons notre programme et nos résolutions qui n'ont rien d'obligatoire pour les Evêques.11 Il
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s'agit d'assurer l'unité d'action et l'uniformité de méthode pour la défense des intérêts religieux du pays, en face de la loi de séparation et des autres lois antireligieuses.12 Voilà 15 ans que cette Assemblée a lieu chaque année. Elle n'a produit aucune hérésie, aucun schisme, ni créé aucune difficulté. Elle a au contraire rendu de grands services aux Evêques de France en donnant de l'unité a leur action apostolique et en établissement comme un trait d'union entre tous. Ce n'est pas un petit avantage en présence de la situation actuelle de notre pays.
Au surplus des Assemblées identiques à la nôtre se tiennent dans d'autres pays. L'épiscopat des Etats Unis, l'épiscopat Polonais; l'épiscopat d'Angleterre, l'épiscopat Allemand tiennent chaque année des réunions dont je connais le fonctionnement et les résolutions. Monseigneur Chollet, Archevêque de Cambrai, qui depuis 1920 a beaucoup travaille à organiser notre Assemblée de France pourrait renseigner Votre Eminence sur le but poursuivi et sur les résultats heureux obtenus.
Qu'il me soit permis d'exprimer le regret qu'avant de formuler une sentence, on ait pas demande des renseignements sur notre Assemblée. Les Cardinaux et les Archevêques français ont toujours travaillé sous le regard du Pape, en vue de la parfaite observation des directions pontificales, ils ont reçu les encouragements et les bénédictions du Saint Père pour chacune de leurs réunions et ils ne croiront pas avoir mérité le blâme et l'humiliante interdiction qu'on leur signifie.
J'en suis personnellement très vivement ému et peiné.
Je supplie Votre Eminence de ne pas faire publier le double Votum qu'Elle m'a transmis.
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C)
Risposta dell'Emo Card. Segretario della S. C. Concistoriale al Card. Dubois
(21 Giugno 1923).
Displicet mihi valde aliquid angustiae attulisse E. V. Revmae ob ea quae paucos ante dies cum E. V. communicavi circa recentem Cardinalium et Archiepiscoporum Galliae conventum mense Februario habitum. Sed ne plus aequo E. V. de hac re sollicita sit, rogo ut velit nonnulla mecum considerare.
Quando agitur de publico aliquo eventu, ut profecto fuit memorata conferentia, mirandum non est, nec impediri potest quominus ii quorum interest de eo loquantur, et sententiam suam, quaecumque demum sit, proferant. Si vero agatur de re ad fidem aut ad ecclesiasticam disciplinam attingente naturale est, imo potest esse qui aestimet officii sui partem "ad eam ecclesiam recurrere ad quem necesse est omnes convenire ecclesias".
Iamvero conventu peracto et publicatis actibus, non defuerunt qui ex adverso haec illave animadverterent. His in adiunctis expedire visum est, antequam quidquam ageretur, aut responsio aliqua E. V. daretur, votum de hac re requirere unius alteriusve ecclesiastici viri. Hoc in moribus Sacrarum Congregationum est, praesertim in maioribus negotiis.
Quod huiusmodi viri sentierint et scripserint ego statim cum E. V. communicavi, non quasi praebiturus Sanctae Sedis sententiam (de qua nihil habebatur in meis litteris); sed potius occasionem daturus examinis, explicationis aut defensionis.
Porro nihil offensionis in hoc esse poterat, quum potius oblatus esset modus ad rem in vado ponendam.
His in genere dictis, quum E. V. ad tuendam agendi rationem in memorato conventu habitam, appellet
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ad id quod aliis in locis fieri solet, cogor aliquid ulterius adiicere.
In Italia (ut ab hac regione incipiam) verum quidem est regionales congressus Episcoporum fieri; sed in Italia (media et meridionali praesertim) regiones locum tenent Provinciarum; nam provinciae adeo male efformatae sunt, ut Ordinarios per provincias dividere impossibile sit.
In his conferentiis agunt quidem Episcopi de rebus ad Ecclesiasticam disciplinam spectantibus, de seminario communi, de parandis pro regionali seu plenario aliquo concilio (sicut actum iam est in Sicilia); sed id fit iuxta modum a S. Sede probatum, interrogata plerumque prius Apostolica Sede, cui etiam deliberationes postea subiiciuntur, uno verbo servata Codicis et decretorum lege. (Can. 250, § 4).
In Germania pariter huiusmodi conferentiae habentur, sed unica ibi adhuc habetur Ecclesiastica provincia. Ergo extra territorium suum Ordinarii nec secedunt, nec ius dicunt.
In Anglia usque ad ultimos hos annos una pariter erat provincia; et quamvis haec in plures hodie sit divisa, visum est expedire, saltem in praesenti, quandam ad huc unitatem servare, praesertim in tam parvo numero catholicorum coram tot dissidentibus civibus. Ideo vetus unicus Metropolita Westmonasteriensis conferentiarum Angliae Praeses constitutus fuit.
In Polonia, ubi duae provinciae sunt, consueverunt quidem ultimis hisce annis in unum omnes convenire; sed praesidente S. Sedis Legato, et eum in finem ut extraordinariis illius populi conditionibus consuleretur.
Denique, omissis reliquis, in Foederatis Americae Statibus conferentiae Archiepiscoporum usu pariter aliquando venerunt, sed pro quibusdam extraordinariis negotiis, pro Universitate aliisque determinatis causis a S. Sede probatis.
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Non itaque ad unguem conveniunt quae alibi fiunt, cum praxi in Gallia servata. Utique annuos Cardinalium seu Archiepiscoporum conventus in difficillimis Galliae conditionibus ut norma unica et probata omnibus daretur Apostolica Sedes et probavit et fovit; sed hi conventus continendi erant intra limites a necessitate signatos. Atqui hi limites paullatim transgressi sunt.
Ipsa E. V. id fatetur: "On leur (à ces assemblées) a donné, petit à petit une certaine organisation" adeo ut in ultima conferentia plurima decreta sint et statuta quae propria Conciliorum omnino essent.
Nil mirum igitur si super hoc S. Sedis attentio provocata fuerit, et duo consultores, de sua opinione rogati, plura animadverterint.
Nunc igitur videat ipsa E. V. si quid temperandum aut corrigendum sit in bis Archiepiscoporum conferentiis. Id quod maxime notatur est:
l.º exclusio omnium Suffraganeorum a discussione in rebus quae ad fidem et ad generalem ecclesiasticam disciplinam adamussim pertinent;
2.º quod, excepto Emo Archiepiscopo Parisiensi, ceteri omnes extra territorium et provinciam suam ius dicant et sententiam ferant in rebus quae extraordinariam Galliarum conditionem non respiciunt;
3.º quod statutum fuerit (tam pro hac vice, quam pro futuro) ut post mensem a celebrata conferentia decisiones publicentur "sans attendre la réponse de Rome"; dum in ipsis provincialibus et plenariis conciliis regula est nil publicandi antequam Concilii textus a S. Sede revisus et probatus fuerit.
Rogo ergo E. V. ut velit haec omnia considerare et perpendere, mihique deinde patefacere quid sentiendum aut faciendum in his adiunctis sit.
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Num. IV.
A)
Lettera del 31 Ottobre 1923 con cui il Card. Arcivescovo di Reims accompagnò il Memoriale in risposta ai due Voti sopra riportati.
J'ai l'honneur d'adresser à Votre Eminence le Mémoire ci-inclus. J'ai été prié de le rédiger comme Président de la Commission permanente de l'Assemblée des Cardinaux et des Archevêques de France. Il a pour objet de fournir à Votre Eminence et à la S. Congrégation Consistoriale les explications demandées par Elle en réponse aux animadversions des deux Consulteurs chargés per la S. Congrégation d'exprimer leur avis au sujet du Compte-rendu ou Procès-Verbal, de notre Assemblée des 27 et 28 Février 1923.
Nous avons été profondément contristés, Eminence, des reproches formulés en termes si sévères par les deux Consulteurs contre nos Assemblées, alors qu'en les instituant, nous nous proposions précisément de donner satisfaction au vœu tant et tant de fois exprimé aux Evêques de France par les Souverains Pontifes Léon XIII, Pie X et Benoit XV soit dans leurs actes publics, soit dans les audiences privées qu'ils nous accordaient, et qui nous pressaient de nous entendre ensemble et avec les catholiques groupés autour de nous et sous notre haute direction, pour la défense des l'intérêts religieux dans notre pays.
Nous voyons qu'on le faisait dans les autres pays catholiques: nous avons cru devoir les imiter.
Nous aimons a espérer, Eminence, que les explications contenues dans le Mémoire que j'ai l'honneur de vous adresser dissiperont Vos appréhensions, et que la S. Congrégation ne voudra pas ratifier la condamnation
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a mort demandée contre nous par ses terribles Consulteurs.
J'ai l'intention, si Dieu le permet, de faire au mois de décembre, le voyage de Rome, afin d'aller encore une fois porter mes hommages au Saint-Père que je n'ai pas revu depuis Son Couronnement. Ce sera l'occasion pour moi de compléter les explications écrites de mon Mémoire, et de recevoir les instructions du Saint-Père et celles de Votre Eminence.
B)
Mémoire présente à notre Saint-Père le Pape Pie XI et à son Eminence le Cardinal Secrétaire de la S. C. Consistoriale par son Eminence le Cardinal Luçon, Archevêque de Reims, et Président des Assemblées des Cardinaux et Archevêques de France, en réponse aux observations des Consulteurs de la S. C. Consistoriale sur ces Assemblées.
Avant d'en venir aux explications que demandent les observations des Consulteurs sur le compte-rendu de l'Assemblée des Cardinaux et des Archevêques de France en 1923, nous pensons qu'il ne sera pas hors de propos ni inutile de donner un aperçu des circonstances qui ont amené nos Assemblées annuelles, à la demande ou avec la permission du Saint-Siège, depuis la guerre.
La séparation de l'Etat d'avec l'Eglise, la rupture du Concordat, la suppression du budget des cultes, celle des menses épiscopales, des bureaux des Séminaires, des Fabriques paroissiales, en un mot le nouveau régime auquel l'Eglise se trouvait réduite en France, firent aussitôt sentir la nécessité de réunir, avec l'autorisation du Saint-Siège, des Assemblées auxquelles tous les Evêques seraient convoqués.13
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Le Saint-Père autorisa par trois fois ces Assemblées, dont nous jugeons inutile de refaire ici l'histoire, et qui furent suivies d'Assemblées régionales.
Dans les Assemblées régionales ou provinciales, on ne pouvait traiter que des affaires concernant la région ou la province.
Or, il arrivait souvent que les Cardinaux étaient consultés par des Evêques même autres que leurs Suffragants, sur des points intéressant toutes les provinces et tous les diocèses. C'est ce qui leur fit concevoir, en 1914, la pensée de se réunir chaque année entre eux seuls, dans une fraternelle intimité, dans le but de mettre en commun leurs lumières et d'échanger leurs vues sur les questions qui pourraient se présenter, afin que chacun put répondre avec plus de confiance a ceux qui l'interrogeraient. Aucune communication ne devait être faite ni à l'Episcopat, ni à la presse. Les Cardinaux qui prirent cette résolution étaient les Cardinaux: Luçon, Amette, Sevin, de Cabrières.
La guerre empêcha la mise à exécution de cette résolution.
Dès le retour de la paix, le projet fut repris.
La première Assemblée se tint en février 1919. Elle allait avoir une importance exceptionnelle. C'était l'année ou devait avoir lieu les premières élections législatives d'après guerre. Sa Sainteté Benoit XV nous exprima le désir que les Archevêques y fussent convoqués, afin d'arrêter de concert les directives qui pourraient être données aux Evêques, au clergé et aux catholiques.14
Les Archevêques furent donc appelés à l'Assemblée.
On se trouva bien de cette réunion, et on demanda au Saint-Père s'il aurait pour agréable que les Archevêques fussent convoqués tous les ans.15 Sa Sainteté daigna faire bon accueil à cette demande.
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L'année suivante, 1920, le Saint-Siège se servit encore de notre Assemblée pour y faire étudier diverses questions concernant les Universités catholiques de France.
Une Assemblée réunissant tous les Cardinaux et tous les Archévêques d'un pays qui compte autant de diocèses que la France prend nécessairement, par ce seul fait, une certaine importance. Elle ne peut se tenir pour une simple causerie.
Il nous fallait avoir un programme de questions arrêté d'avance et soumis aux membres de l'Assemblée, afin qu'ils pussent l'étudier avant de se réunir, et discuter avec connaissance de cause. Il fallait une organisation intérieure pour régler l'établissement du programme, les convocations, la rédaction du compte-rendu, son expédition au Saint-Père et aux Evêques, l'attribution des rapports à préparer sur chaque question, le travail de correspondance dans l'intervalle des Assemblées.
C'est afin de pourvoir à tous ces services, et en décharger le Président, qu'à la demande de celui-ci l'Assemblée de 1921 institua ce qu'on a appelé la "Commission permanente".
Dans les Assemblées, dont chaque séance s'ouvre et se ferme par la prière, on lit le procès-verbal de la précèdente réunion; on entend le rapports rédigés sur les questions du programme: on les discute, on arrête un avis. Cet avis n'est que l'expression du sentiment commun de l'Assemblée, qui n'a jamais eu la prétention de faire législatif ni d'imposer ses avis aux Evêques.
De ces Assemblées, les comptes-rendus ont toujours été envoyés au Saint-Siège, et n'ont été communiqués aux Evêques qu'après sa réponse, excepté cette année, 1923, où le procès-verbal a été imprimé (pour la première foi) et transmis aux Evêques un mois après son expédition à Rome, parce qu'il en avait été convenu ainsi avec S. E. le Cardinal Secrétaire d'Etat.16
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Ces notions historiques données, nous passons aux explications que reclament les observations des Consulteurs.
Nous commençons par déclarer qu'en instituant nos Assemblées nous n'avons point eu l'intention de faire acte d'indépendance, de nous affranchir de l'autorité du Saint-Siège, ni de détourner les Evêques de France de recourir à ses directions et à ses conseils.
Nous avons eu uniquement pour but de mettre en commun nos pensées, de nous entendre sur les diverses questions qui surgissent fréquemment au sujet de la direction des œuvres catholiques, de l'application des lois canoniques, de la mise en pratique des directions et des décisions du Saint-Siège, des difficultés que font naître pour nous les lois civiles et les conditions extraordinaires et anonnalles dans lesquelles nous nous trouvons.
Nous entendions dire qu'en France il y avait des Evêques, mais pas d'Episcopat, parce que chacun agissait isolement, sans s'entendre avec ses collègues; que ce particularisme était une cause de divergences regrettables dans leur conduite, et de faiblesse dans l'action. Nous avons voulu cesser de mériter ce reproche en essayant de nous concerter, afin de donner à notre action de l'uniformité et de la force.
Nous voyons qu'en beaucoup de pays, en Allemagne, en Angleterre, en Irlande, en Pologne, aux Etats­Unis, en Hongrie, les Evêques ou les Archevêques se réunissent tous les ans; que le Saint-Siège encourage ces Assemblées et bénit leurs travaux. Nous avons cru ne pouvoir mieux faire que d'imiter ces exemples; nous avons pensé que nous ferions en cela chose agréable au Saint-Siège.
Nos Assemblées ne sont encore qu'à leurs débuts; leur organisation et leur règlement ne sont que provisoires et se modifieront selon les indications de l'expérience.
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Observations ou animadvertions des Consulteurs.
Son Eminence le Cardinal Secrétaire de la S. C. Consistoriale ramène à trois principales les observations des Consulteurs, auxquels on a demandé des rapports sur le compte-rendu de notre Assemblée de cette année.
I. - Exclusio omnium Suffraganeorum a discussione in rebus ad Fidem et ad Generalem Ecclesiasticam Disciplinam adamussim pertinentibus.
a) Exclusio Suffraganeorum. - Nous n'invitons pas, il est vrai, les Evêques suffragants. Il ne serait pas moralement possible de les convoquer tous, à raison de notre grand nombre: 89 Evêques en France; 98, en comptant ceux des Colonies.
Le Saint-Père Pie X, d'après une lettre du Cardinal Merry del Val, 22 novembre 1907, estimait que les Assemblées plénières de l'Episcopat ne doivent pas être fréquentés. Dans les Conférences régionales qu'il nous demanda de convoquer, il ne faisait appeler par le Métropolitain qu'un Délégué par province. Quand Sa Sainteté Benoit XV nous invita à convoquer les Archevêques à notre première Assemblée, en 1919, il ne demanda la présence d'aucun Suffragant.17
Cette non-convocation, pour cause d'impossibilité morale, n'est donc pas une exclusion positive de nature à offenser les Evêques suffragants.
D'ailleurs, il ne semble pas absolument exact de dire qu'ils sont exclus de la discussion; car: l.º Ils sont tous consultés par l'organe de leur Métropolitain sur les questions à inscrire au programme; 2.º ils sont invités à donner leur avis sur chacune de ces questions; et cela: 3.º en conférences provinciales: 4.° les Métropolitains
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les représentent et font connaitre l'opinion de leurs provinces respectives à l'Assemblée générale; c'est la consultation a deux degrés.18
b) In rebus quae ad Fidem, etc. - Notre Assemblée ne se propose pas de traiter ex-professo, directement, de questions concernant la foi ou la discipline ecclésiastique générale, pour publier, comme en Concile, les Décrets doctrinaux. Nous y traitons des questions d'intérêt particulier à notre pays, en les résolvant selon les principes de la foi, la législation ecclésiastique, les directions des Souverains Pontifes et les décisions des Congrégations romaines.
c) Publicatis Actis. - La publication de nos Actes n'est qu'une publication restreinte et confidentielle. Nos comptes-rendus ne sont adressés qu'aux Evêques, et seulement après approbation du Saint-Siège.
Si le Saint-Siège faisait des observations, il en serait tenu compte dans le procès-verbal, avant la communication aux Evêques.
II. Excepto Emo Archiepiscopo Parisiensi, caeteri omnes extra territorium suum ius dicunt? Et sententiam fuerunt in rebus quae extraordinariam Galliae conditionem non respiciunt.
a) Nous n'avons point l'intention de légiférer ni de statuer en droit: Ius dicere non intendimus, ni de porter des sentences doctrinales ou juridiques. Le mot "sententiam" ne peut s'appliquer à nos Actes qu'au sens simplement de l'émission d'un avis.
b) Nous n'avons jamais eu le moins du monde la prétention d'imposer no vues, ni d'attribuer à nos résolutions, a un degré quelconque, la force d'une obligation. Chaque Evêque reste libre d'agir dans son diocèse comme il l'entend.
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III. - Post mensem a celebrata conferentia decisiones publicantur "sans attendre la réponse de Rome".
Cela ne s'est fait qu'une foi.
Nous reconnaissons que les choses ne doivent pas se passer ainsi. Il ne convient pas que nous fixions un terme, passé lequel le compte-rendu serait publié, sans attendre les observations du Saint-Siège, à qui on doit laisser tout le temps qu'il voudra.
Mais si, cette année, on a publié sans attendre la réponse de Rome, ce n'est point par esprit d'indépendance ni par manque de respect pour le Saint-Siège; c'est parce qu'il avait été convenu avec le Cardinal Secrétaire d'Etat que, pour ne pas faire attendre trop long temps le compte-rendu aux Evêques, impatients de le recevoir, on ferait ainsi; le silence du Saint-Siège serait considère, au bout d'un mois, comme signifiant qu'il n'avait pas d'opposition à faire.19
Les rapports des Consulteurs contiennent, en outre, de nombreuses observations qui se rattachent aux points suivants:
IV. - L'omission des formes et des précautions prescrites pour les Assemblées des Evêques.
Le premier Votum rappelle que les Conciles - et en général les Assemblées d'Evêques, - ne doivent pas se tenir sans certaines solennités et précautions, inter quas prima et essentialis est ut coadunatio Episcoporum non fiat nisi ex causa cognita et a R. Pontifice adprobata (Votum I, n. 1 et 3-6; - Votum II, n. 1).
Il énumère ensuite les dangers qui peuvent résulter des Assemblées d'Evêques qui se tiendraient sans les précautions et garanties prescrites par le Droit.
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Il nous reproche de les omettre et de nous réunir: Quin praevia obtineatur facultas et approbatio Sedis Apostolicae. - Forma essentialis (scilicet cognitio et adprobatio Summi Pontificis) deest, imo videtur expuncta! (Vot. I, n. I. - Vot. II, n. I et conclusione 3ª).
On ne peut vraiment pas dire que nous tenons nos Assemblées à l'insu et sans l'approbation du Saint-Siège.
a) C'est le Saint-Père lui-même (Benoit XV) qui lors de notre première réunion, nous a demandé d'y convoquer les Archevêques;
b) Nous lui avons demandé explicitement la permission de les inviter tous les ans; il a daigné nous l'accorder sans difficulté et sans réserve;20
c) Si nous n'avons pas jusqu'ici pris la précaution de soumettre notre programme au Saint-Siège, nous ne demandons pas mieux que de le faire à l'avenir. Du reste, S. E. le Nonce Apostolique a toujours été mis au courant de nos travaux par S. E. le Cardinal-Archevêque de Paris;21
d) Pour les deux premières de nos Assemblées, c'est le Saint-Père lui-même qui en a déterminé le programme (Elections, Universités catholiques);
f) Nous lui avons adressé tous nos comptes-rendus, et pour les quatre premiers, on nous a répondu en donnant des éloges à nos travaux. Or, en 1921, l'Assemblée a repoussé le projet d'une réunion annuelle de tous les Evêques, et a constitué une Commission permanente; et cette délibération a reçu l'approbation du Saint-Siège.22
Nous reconnaissons la réalité des dangers signalés par l'auteur du premier Votum; mais de ce que je viens de dire, il ressort que nous prenons, pour les prévenir, les garanties et précautions recommandées par le Droit: 1.º Nous nous réunissons avec l'approbation du Saint-Siège; 2.º nous lui soumettons nos comptes-rendus et nos
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Actes; 3.º nos résolutions n'ont pas la prétention d'être des Décrets doctrinaux ni des décisions obligatoires pour les Evêques; 4.º nous sommes disposés à soumettre au Saint-Siège le programme de nos réunions.23
V. - Le même Votum estime que nos Assemblées sentent la nouveauté: Novitatem redolere, en particulier parce que nous n'y invitons pas les Suffragants.
Il est vrai que nos Assemblées ne rentrent pas dans les types prévus par le Droit. Elles ne sont ni des Conciles nationaux, ni des Conciles provinciaux, ni des Conférences entre Evêques de la même province ecclésiastique. Aussi ne prétendent elles point exercer un pouvoir législatif ni édicter des Décrets doctrinaux ou disciplinaires obligatoires.
C'est un mode de réunion praeter legem, non contra legem; et ce mode de réunion est adopté parce qu'aucun autre n'est possible qui répond à notre but; un Concile national ne pourrait se convoquer aussi souvent que nous avons besoin de nous réunir; un Concile provincial non plus; et en outre, il ne pourrait s'occuper que de la province, tandis que nous avons besoin de nous entendre pour des objets communs a toutes les provinces, a tous les diocèses de France.
Comme Assemblée d'Evêques qui ne soit pas un Concile, ce n'est pas une nouveauté: les Evêques d'Angleterre, d'Irlande, d'Allemagne se réunissent depuis soixante-dix ans en Assemblées qui ne sont point conciliaires.
Comme Assemblée ne comprenant que les Cardinaux et es Archevêques, c'est peut-être une nouveauté, mais une nouveauté imposée par les circonstances. L'idée nous en a été suggérée et l'exemple donné par S. S. Benoit XV, quand il nous a demandé de convoquer les Archevêques, sans parler des Suffragants.
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Dans la lettre écrite par le Cardinal Merry del Val, le 22 novembre 1907, au nom de S. S. Pie X, le Saint-Père n'estimait pas "indispensable de convoquer aux Conférences régionales tous les Evêques; il n'y invitait qu'un Délégué par province".24
VI. - Le premier Votum trouve que nous traitons, dans nos Assemblées, de materia propria et essentiali Conciliorum.
Les questions qui sont la matiere propre et essentielle des Conciles leur sont réservées en ce sens que seuls les Conciles ont le droit de porter sur elles des décrets et des lois; mais elles ne leur sont pas réservées si exclusivement, qu'il soit interdit à une Assemblée d'Evêques non Conciliaire d'en parler pour les étudier, pour en tirer des conclusions, pour y cercher [sic] la solution de difficultés, ou des directions concernant le gouvernement de leurs diocèses.
Nous ne traitons pas directement, dans nos Assemblées, des questions qui sont propres aux Conciles; nous étudions des questions pratiques concernant l'administration de nos diocèses, l'amélioration de la situation du clergé, l'aumônerie militaire, la lutte contre l'invasion du protestantisme, l'organisation légale en France de la propriété ecclésiastique,25 la R. P. S., la natalité, la presse, etc., en nous appuyant, comme cela est nécessaire, sur la doctrine de l'Eglise, sur les directions du Saint-Siège, sur les décisions des Congrégations romaines.
VII.- On s'étonne de voir traitées dans nos Assemblées certaines questions, et l'on cite un exemple (Votum II, n. 3):
a) La reprise du Concile du Vatican. - L'auteur n'a pas remarqué que cette question nous a été proposée par le Cardinal Secrétaire d'Etat, qui sollicitait notre avis sur ce point.
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b) Sur le "Catéchisme universel". - Nous avons été officiellement informés que l'on prépare à Rome un Catéchisme universel. Il y a intérêt pour nous à savoir si le travail sera bientôt achevé. Les éditions de nos Catéchismes diocésains s'épuisent; il est utile que nous sachions s'il faut en faire de nouveaux tirages, et de quelle importance. On avait donc demandé au Vatican ou en était la rédaction du Catéchisme universel, et c'est la réponse transmise par le Cardinal Secrétaire d'Etat que vise le compte-rendu, pour renseigner les Evêques; quoi de plus naturel et de plus légitime?
c) Les Prières que Leon XIII a prescrit de reciter après le dernier Evangile de la Messe. - L'Assemblée a écarté la proposition d'en demander la suppression, qu'en d'autres pays on serait disposé à solliciter.
d) Les Décrets de la S. Congrégation des Rites. - De non apponendis in templis tabulis cum nominibus defunctorum...; - et de quibusdam privilegiis, insignibus et functionibus Episcoporum. - C'est la Sacrée Congrégation elle-même qui avait charge le Cardinal Président de communiquer sa réponse relative au premier de ces Décrets, et de rappeler le second aux Evêques.
e) L'Assemblée émet le vœu que la fête de saint Martin, qui est une des gloires religieuses de notre pays, soit élevée, pour la France, au rite double de 2e classe. Un pareil vœu n'est-il pas bien légitime, et en quoi peut-il "causer de l'embarras au Saint-Siège?"
f) Enfin, l'Assemblée émet le vœu que soit donnée à saint Joseph, dans la prière liturgique, la place indiquée par un Postulatum adressé aux Evêques, et que l'on disait déjà signé par d'autres Cardinaux et Evêques. Nous n'avons pas voulu refuser, par dévotion pour saint Joseph, Patron de l'Eglise, et par déférence pour ceux qui avaient signé avant nous.
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VIII. - La convocation annuelle de nos Assemblées. - "Non mi sembra opportuno quindi, ainsi s'exprime le second Votum n. 2, che si fissi a priori il carattere annuale di tali Assemblee; meglio sarebbe che si coadunassero quando se ne sente il bisogno impellente, audita prius Sancta Sede".
On reprochait aux Evêques de France de ne pas chedcher [sic] à se concerter ensemble pour la défense des intérêts religieux dans leur pays. Nous avons cru bien faire et être agréable au Saint-Siège en sortant de ce particularisme.
De plus, les circonstances difficiles dans lesquelles nous avons à gouverner nos diocèses,26 par suite des lois de séparation et de laïcité, des lois scolaires, de la rupture du Concordat, de la suppression du budget des cultes, du retrait de tout caractère légal et de toute capacité juridique aux administrations des diocèses, des Séminaires, des Fabriques paroissiales, ne justifient-elles pas le besoin et le désir que nous éprouvons de nous réunir, une fois par an, pour étudier ensemble la solution des difficultés pratiques que nous rencontrons tous les jours pour établir une certaine uniformité dans notre conduite, pour veiller à la bonne marche des œuvres catholiques, spécialement des œuvres sociales, si variées, et si exposées au péril du socialisme et du laïcisme?
On le permet bien aux Evêques d'Angleterre, d'Irlande, d'Allemagne, qui se réunissent tous les ans depuis fort longtemps.
IX. - On voit aussi avec déplaisir notre" Commission permanente", et on en demande formellement la suppression: "Non sussista quindi di tali Assemblee una 'Commissione permanente', per serbare alle medesime il carattere di straordinarietà, ed evitare che si
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crei una specie di potere permanente nazionale". (Vot. II, n. 5, conclusione 3, et Vot. I, § Statuta insuper est).
La "Commission permanente" est simplement un office ou secrétariat, au service de l'Assemblée, et chargé, pour soulager le Président, des convocations, de la correspondance, de l'établissement des programmes, de la préparation des Assemblées, de la distribution des rapports à rédiger, des écritures, de la comptabilité, de l'impression des comptes-rendus et de leur expédition au Saint-Siège et aux Evêques.
Elle a un caractère de stabilité, en ce sens qu'elle subsiste dans l'intervalle des Assemblées, pour les services dont elle est chargée; ses membres sont tous revocables ad nutum.
Elle ne décide rien, elle ne décrète rien; elle ne traite aucune question par elle-même.
Elle n'est donc point un pouvoir permanent.
Dans de telles conditions, il ne semble pas qu'elle constitue un danger, ni que nous puissions nous en passer.
S. E. le Cardinal Secrétaire de la S. C. Consistoriale a assuré a S. E. le Cardinal Dubois et a Monseigneur l'Archevêque de Cambrai que cette Commission serait parfaitement régulière, des lors qu'elle se bornerait à préparer les travaux de l'Assemblée et a en exécuter les décisions; elle ne fait pas autre chose.27
L'instruction donnée aux Evêques d'Amérique par la S. C. Consistoriale autorise formellement (n. 9) la création d'un Comité permanent.
X. - Le Votum  I, n. 12, termine par cette question: "Quaeri denique passet cur, potius quam ad hanc novitatem recurrere Archiepiscopi non convenirent cum suffraganeis suis in Synodos provinciales... Cur Episcopi Synodos dioecesanos non teneant?
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En instituant nos Assemblées, nous n'avons point prétendu les substituer aux Conciles provinciaux ou aux Synodes diocésains, ni nous dispenser de les tenir selon les prescriptions du Droit canonique.
Mais les Conciles provinciaux ne répondraient pas à nos besoins; ils ne peuvent se tenir qu'à des intervalles assez longs, et ne traitent que des intérêts de la province.
XI. - Dans nos Assemblées aussi, le second Consulteur croit apercevoir un symptôme d'indépendance à l'égard du Saint-Siège: "Non ho molta fiducia che tali Assemblee favoriscano lo spirito di dipendenza della Santa Sede".
Et il croit en trouver une preuve dans cette clause, que le compte-rendu sera envoyé aux Evêques un mois après la tenue de L'Assemblée, "sans attendre la réponse de Rome". La raison et le sens de cette clause, qui ne sera pas maintenue, ont été exposes plus haut.
Quant à l'esprit d'indépendance à l'égard du Saint-Siège, il est vraiment pénible pour l'Episcopat français de s'entendre suspecter, après qu'il a donné, lors de la loi de séparation, un si bel exemple de soumission au Chef de l'Eglise, en faisant le sacrifice de tous les biens temporels ecclésiastiques plutôt que d'accepter une organisation reprouvée par lui.
XII. - Le même Consulteur (Vot. II, n. 5) s'inquiète de certaines expressions: "Rome, in vece di Santa Sede", l'Eglise de France".
Si nous lisons quelquefois Rome au lieu de Saint-Siège", c'est simplement pour varier l'expression. Rome et le Saint-Siège c'est tout un, pour nous. Nous l'entendons dans le même sens que quand on dit: "Roma locuta est, causa finita est."
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"Mi suonano sempre male all'orecchio", dit encore le Consulteur; les expressions "la Chiesa di Francia" (employées à l'article XV du procès-verbal, p. 15). Nous n'entendons nullement donner à cette locution le sens d'Eglise nationale. - Les Souverains Pontifes eux-mêmes l'emploient. S. S. Pie X se sert trois fois de l'expression "Ecclesiae Gallicae" dans l'Encyclique "Gravissimo", Août 1906. - Leon XIII se sert de l'expression "l'Eglise de France" dans sa Lettre en français au Cardinal Langenieux, du 6 juin 1896; - dans son Encyclique aux Cardinaux français, du 3 mai 1892; dans son Encyclique aux Cardinaux français, du 3 mai 1892; [sic] dans sa Lettre aux Archevêques et Evêques et au clergé de France, du 8 septembre 1899.
XIII. - Enfin le second Consulteur "Considera inopportunissima l'organizzazione dei Cattolici - nel terreno del dogma che senza mischiarsi direttamente alle lotte elettorali - si occuperà di formare la coscienza dei cattolici".
On reproche aux catholiques français de n'être pas unis, de n'être pas organisés, d'agir isolement, chacun de son côté, sans action concertée; de combattre en ordre dispersé, au lieu d'unir leurs forces. Que de fois Leon XIII et Pie X ne nous ont-ils pas recommandé de nous unir, de nous organiser pour défendre notre foi, nos œuvres catholiques, nos écoles, nos intérêts religieux? Notre Saint-Père le Pape Pie XI, à son tour, dans sa première Encyclique, recommande l'apostolat des catholiques laïques, leur concours par les œuvres, sous la direction des Pasteurs de l'Eglise: "Huc denique pertinet omnium eorum summa institutorum, consiliorum et operum quae nomine Actionis catholicae, nobis charissimae, perhibentur. Iam haec omnia... non modo retinenda sunt verum etiam studiosius provehenda in dies, novisque incrementis augenda. Eadem procul du-
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bio necessaria sunt et in praecipuis sacri pastoris officiis... posita".
C'est à ces désirs des Souverains Pontifes que nous nous proposons de donner satisfaction par l'organisation dont parle l'article III de notre compte-rendu.
Cette organisation se fera "sur le terrain du dogme"; cela ne veut pas dire pour traiter ex officio, directement, des questions de dogme, de morale ou de droit; pour porter des Décrets; cela est réservé aux Conciles; mais cela signifie que, dans l'étude des questions scolaires, sociales et d'action religieuse, on prendra pour base la doctrine catholique, et pour règle la morale chrétienne, le droit ecclésiastique, par opposition à ceux qui traitent de ces objets sans tenir compte de l'enseignement de l'Eglise. N'est-ce pas notre devoir?
Cette organisation s'occupera "de former la conscience des catholiques". Assurément, c'est à l'Eglise qu'il appartient de former la conscience des fidèles, et nous n'entendons ni lui contester ce droit, ni l'usurper.
Mais l'Eglise forme les consciences par trois moyens principaux: l.º  La direction des âmes au sacrement de Pénitence; 2.º l'enseignement du Catéchisme et la prédication; 3.º son action extérieure dans les œuvres catholiques.
Du premier moyen, beaucoup ne profitent pas; ils ne fréquentent pas le sacrement de Pénitence; le second n'atteint pas non plus tout le monde, et le prêtre ne peut, sans compromettre son ministère, traiter en chaire des questions politiques et surtout électorales.
II faut pourtant instruire les catholiques de leurs devoirs civiques, politiques, électoraux.28
Cela ne se peut faire qu'à l'aide des Congres, des Semaines sociales, des Cercles d'études, de la bonne presse; les hommes ne peuvent guère se grouper que par le moyen des Associations et œuvres catholiques. Si nous n'avons pas des Congres et Associations catholi-
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ques, des Syndicats professionnels catholiques, nos hommes, nos jeunes gens iront dans les Associations, Syndicats et Congrès socialistes, révolutionnaires, libres-penseurs.
Ces Associations de catholiques, le clergé, peut-il s'en désintéresser? Il manquerait à son devoir, et abandonnerait le peuple a toutes les mauvaises influences.
Il faut donc que le clergé prenne sa place dans ces diverses œuvres; qu'il les crée, les organise, les dirige, sous la haute autorité des Evêques.
Tel est, en résumé, le but que nous proposons d'atteindre par cette "Organisation des catholiques", que nous mettons à l'étude. Nous voulons que l'on fasse en France, sous la haute direction des Evêques, sous la suprême autorité du Pape, ce que fait en Italie l'Action populaire chrétienne, sous la haute surveillance du Souverain Pontife.
Nous présentons très respectueusement ces explications au Saint-Père. Qu'à nous soit permis d'espérer qu'elles suffiront à dissiper les appréhensions manifestées dans les Vota des Consulteurs.
Si quelques modifications dans notre organisation et son fonctionnement lui paraissent nécessaires, nous le prions de nous les faire connaitre. Mais nous osons lui demander de nous laisser continuer nos Assemblées annuelles. Nous les avons instituées avec l'approbation du Saint-Siège, uniquement dans le but d'aviser aux meilleurs moyens de défendre les intérêts religieux, les institutions et les œuvres catholiques dans notre pays, et d'obéir ainsi aux recommandations instantes et réitérées des Souverains Pontifes.
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Num. V.
A)
Déclaration des Cardinaux et Archevêques.
(10 Marzo 1925).
I.
Injustice des lois de laïcité.
1. Les lois de laïcité sont injustes, d'abord, parce qu'elles sont contraires aux droits formels de Dieu. Elles procèdent de l'athéisme et y conduisent dans l'ordre individuel, familial, social, politique, national, international. Elles supposent la méconnaissance totale de Notre Seigneur Jésus-Christ et de son Evangile. Elles tendent à substituer au vrai Dieu, des idoles (la liberté, la solidarité, l'humanité, la science, etc.); à déchristianiser toutes les vies et toutes les institutions. Ceux qui en ont inauguré le règne, ceux qui l'ont affermi, étendu, imposé n'ont pas eu d'autre but. De ce fait, elles sont l'œuvre de l'impiété, qui est l'expression de la plus coupable des injustices, comme la religion catholique est l'expression de la plus haute justice.
2. Elles sont injustes ensuite, parce qu'elles sont contraires à nos intérêts temporels et spirituels. Qu'on les examine, il n'en est pas une qui ne nous atteigne à la fois dans nos biens terrestres et dans nos biens surnaturels. La loi scolaire enlève aux parents la liberté qui leur appartient, les oblige à payer deux impôts: l'un pour l'enseignement officiel, l'autre pour l'enseignement chrétien; en même temps, elle trompe l'intelligence des enfants, elle pervertit leur volonté, elle fausse leur conscience. La loi de Séparation nous dépouille des propriétés qui nous étaient nécessaires et
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apporte mille entraves à notre ministère sacerdotal, sans compter qu'elle entraîne la rupture officielle, publique, scandaleuse de la société avec l'Eglise, la religion et Dieu. La loi du divorce sépare les époux, donne naissance à des procès retentissants qui humilient et déclassent les familles, divise et attriste l'enfant, rend les mariages ou partiellement ou entièrement stériles, et de plus elle autorise juridiquement l'adultère. La laïcisation des hôpitaux prive les malades de ces soins dévoués et désintéressés que la religion seule inspire, des consolations surnaturelles qui adouciraient leurs souffrances, et les expose à mourir sans sacrements.
On pourrait développer ces considérations à l'infini, y ajouter et montrer que le laïcisme, dans toutes les sphères, est fatal au bien privé et public.
Dès lors, les lois de laïcité ne sont pas des lois. Elles n'ont de la loi que le nom, un nom usurpé; elles ne sont que des corruptions de la loi, des violences plutot que des lois, dit saint Thomas: Magis sunt violentiae quam leges. I.a II.ae q. 96 art. IV. Ne nous nuiraient-elles que dans l'ordre temporel, en soi, elles ne nous obligeraient pas en conscience, tales leges (scil. leges contrariae bono humano), non obligant in foro conscientiae. (Ibid.). Elles ne pourraient nous obliger qu'au cas ou il faudrait ceder un intérêt purement terrestre pour éviter des troubles et des scandales. (Cf. S. Th. ibid.). Mais comme les lois de laïcité attentent aux droits de Dieu; comme elles nous atteignent dans nos intérêts spirituels; comme après avoir ruiné les principes essentiels sur lesquels repose la société, elles sont ennemies de la vraie religion qui nous ordonne de reconnaitre et d'adorer, dans tous les domaines, Dieu et son Christ, d'adhérer à leur enseignement, de nous soumettre à leurs commandements, de sauver a tout prix nos âmes; il ne nous est pas permis de leur obéir, nous avons le droit et le devoir de les combattre et d'en exiger, par
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tous les moyens honnêtes, l'abrogation. Leges possunt esse iniustae per contrarietatem ad bonum divinum, sicut leges tyrannicae inducentes ad idololatriam vel ad quodcumque aliud quod sit contra legem divinam. Et tales leges nullo modo licet observare, quia sicut diciturAct. IV [sic], "Obedire oportet Deo magis quam hominibus". (S. Th. ibid.).
II.
Mesures à prendre pour combattre les lois de laïcité.
Deux tactiques. La première consisterait à ne pas heurter de front les législateurs laïcs; à essayer de les apaiser et d'obtenir, qu'après avoir appliqué leurs lois dans un esprit de modération, ils finissent par les laisser tomber en désuétude. Il est possible qu'avec certains hommes investis du pouvoir et moins mal disposés, cette méthode ait quelque chance de succès. On citerait des cas dans l'histoire où elle a réussi. De plus, elle aurait l'avantage de ne point exaspérer les adversaires et de ne point provoquer de leur part des mesures d'autant plus redoutables qu'elles seront inspirées par un sentiment plus irrité. Cependant, cette tactique présente plusieurs inconvénients graves.
l.° Elle laisse les lois debout. A supposer qu'un ministère où plusieurs ministères n'en usent qu'avec bienveillance, ou même cessent d'en user contre les catholiques, il dépendra d'un nouveau gouvernement de les tirer de l'oubli, de leur rendre leur viguer [sic] et leur efficacité. Danger qui n'est pas imaginaire, car de notre temps le pouvoir passe continuellement d'un parti relativement tolérant a un parti extrême. Il suffit que le premier se soit montré un peu conciliant pour que le second, par réaction, ne garde, à notre endroit, aucun ménagement. Depuis des années, nous assistons à ce
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flux et à ce réfux [sic] de la persécution religieuse qui, au fond, s'est toujours aggravée. Elle habitue les esprits, fussent-ils sincèrement catholiques, a regarder comme justes, comme compatibles avec la religion les lois de laïcité; elle favorise ces hommes qui, oscillant perpétuellement entre le laïcisme et le catholicisme, sont prêts à toutes les concessions pour gagner des voix à droite et à gauche, pour entrer dans un ministère, et n'essayant que d'atténuer quelques effets du laïcisme, en laissent subsister le principe, et en pratique lui sacrifient a peu près complètement le catholicisme. On dira qu'une attitude de conciliation nous a valu quelques faveur particulières. Petits avantages quand on songe à l'immense courant d'erreur et de mal qui envahit les âmes et les entraine à l'apostasie! Petits avantages qui nous enchainent et nous empêchent de réagir contre nos adversaires!
2.° Les plus malfaisantes de ces lois continuent à agir, quelles que soient les intentions des ministères successifs. Au moment des accalmies apparentes auxquelles nous avons eu trop de confiance, les écoles athées fonctionnaient sans arrêt; on préparait des dossiers contre les Ordres religieux, et l'attribution des biens ecclésiastiques se poursuivait sournoisement et sûrement.
3.° Cette politique encourage nos adversaires qui, comptant sur notre résignation et notre passivité, se livrent chaque jour à de nouveaux attentats contre l'Eglise. En somme, les lois de laïcité se sont multipliées au point de réduire chaque jour davantage le reconnaissance du domaine divin sur nous et le champ de nos droits et de nos libertés. Ces pensées frapperont singulièrement quiconque se rappellera la série des lois dont nous sommes les victimes, quiconque invoquera le témoignage de l'histoire pendant le dernier demi-siècle.
C'est pourquoi la majorité des catholiques vraiment attachés à leur foi demande qu'on adopte une attitude
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plus militante et plus énergique. Elle demande que sur tous les terrains, dans toutes les régions du pays, on déclare ouvertement et unanimement la guerre au laïcisme et à ses principes jusqu'à l'abolition des lois iniques qui en émanent; que, pour réussir, on se serve de toutes les armes légitimes.
III.
Moyens à employer. Ces moyens peuvent se ramener à trois: 1° Action sur l'opinion; 2° Action sur les législateurs, 3° Action sur le gouvernement.
l.° Action sur l'opinion. - L'action sur l'opinion s'exercera par la propagande de la vérité, par la dénonciation des préjugés qui égarent le peuple en l'aveuglant, par les démonstrations extérieures.
a) La propagande sera féconde si elle est persévérante; si, tous d'accord, les catholiques font retentir partout la même note de réprobation contre les injustices de la législation: neutralité (mensongère d'ailleurs et impossible), et laïcité de l'enseignement, école unique, divorce, spoliation du clergé, ostracisme des Congrégations, athéisme de l'Etat et des institutions domestiques, sociales, charitables, politiques; si les Lettres épiscopales, les Semaines religieuses, le Bulletins paroissiaux, les revues, la presse, les affiches, les conférences, les catéchismes, donnent le même son de cloche.
Après avoir montré que les individus, les familles, les nations doivent à Dieu et à Notre Seigneur un culte officiel, intérieur, extérieur, une soumission de l'intelligence, de la volonté, de l'activité, il sera bon et nécessaire de faire ressortir les avantages temporels qu'apporte, dans tous les ordres, la religion catholique, les maux sans nombre que causent, a cet égard, les lois
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de laïcité. Par exemple, la foi en une autre vie et en un Juge suprême, l'éducation et la morale chrétiennes, la doctrine évangélique du mariage et de son indissolubilité dont les ennemies du fléau de la dépopulation: l'incrédulité, l'école laïque, le divorce en sont les complices. Aucune loi n'est aussi favorable a l'éducation des jeunes esprits et des jeunes cœurs que la loi chrétienne, tandis que la science et la morale ont gravement perdu en brisant avec l'Eglise. L'application des lois de laïcité a couté à la France des milliards qui auraient pu être épargnés, servir au soulagement des malheureux, accroitre la richesse et le réserves du pays, lui assurer au dehors un prestige grandissant. Malgré ces dépenses ruineuses, les malades, les orphelins, les pauvres, les vieillards n'en ont été que plus mal soignés. Que sont devenues, sous le régime du laïcisme, l'impartialité des tribunaux, la liberté des individus, des familles, des officiers, des magistrats, des instituteurs, des fonctionnaires, des mourants; la participation des meilleur citoyens aux emplois publics, la justice commutative ou distributive, les relations des classes, l'unité, la paix intérieure, la conscience professionnelle, etc.? Léon XIII revenait souvent à ces considérations qui émeuvent la multitude.
b) Il faudrait encore confondre les préjugés qui égarent le peuple en l'aveuglant. En voici quelques-uns: La loi, juste ou injuste, est la loi, on est tenu de lui obéir. - Les lois de laïcité sont intangibles (alors que toutes les autres peuvent être changées et que les Parlements passent leur vie à les changer). - Attaquer les lois laïques, c'est attaquer la République (comme si la législation et la Constitution n'étaient pas distinctes; comme si les républicains les moins suspects n'attaquaient pas les lois qu'ils ont eux-mêmes votées, et jusqu'à la Constitution dont ils sont les auteurs. La vérité est que les catholiques devront
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toujours combattre le laïcisme, quel que soit le régime - régime monarchique ou républicain - qui l'aura mis en vigueur). - Il faut séparer la religion et la politique. (Il ne faut pas les séparer, il faut les distinguer et les concilier). - La religion est affaire privée. (La religion est affaire privée, affaire domestique, affaire publique. La société, comme l'individu, doit au vrai Dieu des adorations et un culte). - La religion n'a rien à voir dans la politique. (La religion laisse à chacun la liberté d'être républicain, royaliste, impérialiste, parce que ces diverses formes de gouvernement sont conciliables avec elle; elle ne lui laisse pas la liberté d'être socialiste, communiste ou anarchiste, car ces trois sectes sont condamnées par la raison et par l'Eglise. A moins de circonstances particulières, les catholiques sont tenus de servir loyalement les gouvernements de fait aussi longtemps que ceux-ci travaillent au bien temporel et spirituel de leurs sujets; il ne leur est pas permis de prêter leur concours aux mesures injustes ou impies que prennent les gouvernements; il sont obligés de se rappeler que la politique, étant une partie de la morale, est soumise, comme le morale, à la raison, à la religion, à Dieu. C'est d'une façon analogue qu'il convient de réfuter les autres préjugés répandus dans la population.
A cette action sur l'opinion par la propagande se rattache la question des publicistes et des conférenciers. Il est très désirable que ceux-ci soient formés et préparés sérieusement; qu'ils ne se contentent pas de formules universelles, generalia non movent, de phraséologies vagues et vides, mais qu'ils fassent preuve de précision, de compétence, de force, de clarté; qu'en particulier ils étudient les traités de la foi, de l'Eglise, des relations de l'Eglise et de l'Etat.
c) Action sur l'opinion par les manifestations extérieures. - En cet ordre, la prudence nous prescrit de
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procéder suivant ses préceptes, d'éviter la témérité, de prendre toutes les précautions nécessaires. Mais il est sûr que les manifestations extérieures, bien préparées, impressionneront la foule en lui donnant l'idée, qu'elle n'a pas, de notre nombre, de notre unité, de notre puissance et de la volonté inébranlable où nous sommes, de revendiquer nos droits jusqu'a la victoire. "L'opinion, disait dernièrement un de nos cardinaux, se prononce pour ceux qui se battent bien". Elle abandonne ceux qui s'abandonnent eux-mêmes.
Action sur les législateurs. - Cette action peut aboutir à quelques résultats heureux.
a) Par des pétitions envoyées aux députés, aux sénateurs de chaque département. Il conviendrait que ces pétitions vinssent de tous les groupements: groupements de pères de famille, d'anciens combattants, de jeunesse catholique, de cheminots, de veuves de guerre; des ligues féminines catholiques, des personnalités les plus considérables de la banque, de l'industrie, du commerce, etc. Ces pétitions seraient adressées à tous les parlementaires, sans exception; et si un ministre appartenait à la contrée, on aurait soin de lui faire tenir ces protestations et ces réclamations.
b) Des personnages considérables voudraient qu'on allât plus loin et que l'on donnât à tous les catholiques la consigne de refuser leurs voix aux candidats qui ne seraient pas, en théorie et en pratique, les adversaires du laïcisme et des œuvres neutres. Dans l'esprit de ces hommes graves, la théorie du moindre mal, poussée au-delà des bornes, nous a valu des échecs et des malheurs de plus en plus irréparables que nous aurions pu conjurer, au moins en partie, par une attitude plus ferme.
3°  Action sur le gouvernement. - Ce qui remue l'opinion et les Chambres atteint de là le gouvernement, mais il faut l'aborder directement. Socialistes, communistes, fonctionnaires, ouvriers, commerçants nous donnent
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l'exemple. Quand une loi ou un décret leur déplait ou leur nuit, ils n'estiment pas suffisantes les interpellations de leurs représentants à la Chambre ou au Senat, ils s'adressent eux-mêmes au pouvoir. Ils se rendent en masse aux portes des mairies, des préfectures, des ministères; ils envoient aux titulaires de l'autorité des protestations, des délégations, des ultimatums; ils multiplient les démarches, voire les grèves; ils assiègent et ils harcèlent le gouvernement qui, presque toujours, finit par céder à leurs instances. Pourquoi, autant que nous le permettent notre morale, notre dignité, notre amour de la paix, afin d'effacer de notre code les lois qui, suivant l'énergique parole d'un de nos Evêques, nous mènent "du laïcisme au paganisme?"
Assurément, l'œuvre est immense et difficile, mais le propre de la vertu de forée est d'affronter les obstacles et de braver le danger. De plus, nous disposons de troupes dont ile nombre et le courage égalent au moins le nombre et le courage des autres groupements, car une multitude de chrétiens, à compter seulement ceux qui sont fervents et agissants, sont impatients d'engager la lutte. Nos cadres - paroisses, diocèses, provinces ecclésiastiques, - sont préparés. Ce qui a trop manque jusqu'ici aux catholiques, c'est unité, la concentration, il 'harmonie, l'organisation des efforts. N'auront-ils pas assez d'abnégation pour former un corps compact qui travaillera avec ensemble sous la direction de leurs supérieurs hiérarchiques? On dira que cette attitude nous expose à des retours offensifs et impitoyables de nos adversaires. Ce n'est pas certain; en tous cas, a quelles calamités ne nous expose pas l'attitude contraire? Quel avenir nous attend si, satisfaits d'une légère et artificielle détente, nous nous endormons? Jamais peut-être, depuis cinquante ans, l'heure n'a paru aussi propice; à la laisser passer sans en profiter, il semble bien que nous trahissions la Providence.
Paris, le 10 mars 1925
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Lettera dell'Emo Segretario di Stato al Card. Luçon, Arcivescovo di Reims.
Dal Vaticano, le 23 Mars 1925.
Eminentissime Seigneur,
J'ai lu dans les colonnes de "La Croix" la déclaration que les Cardinaux et les Archevêques de France ont faite dans la récente Réunion qui a eu lieu à Paris. Je ne puis cacher a Votre Eminence les sentiment de douloureuse surprise qu'en a éprouvé le Saint Père, 1a dite déclaration n'étant pas en conformité des engagements que Votre Eminence, en qualité de Président des Assemblées des Cardinaux et des Archevêques de France, a pris dans le Mémoire présente en 1923 au Saint Père et a Son Eminence le Cardinal Secrétaire de la S. Congrégation Concistoriale [sic]. En effet:
l.º Votre Eminence s'engageait, pour l'avenir, a soumettre le programme des Assemblées au Saint Siege, ce qui, dans le cas présent n'a pas été fait. Et que l'on ne dise pais que l'Archevêque de Cambrai en avait prévenu le Saint Père, puisque ni l'indication trop sommaire contenue dans les notes que Sa Grandeur a laissées a Sa Sainteté, ni la conversation qui eut lieu à l'occasion de la remise de ces notes, pouvaient faire prévoir, même lointainement, la Déclaration qui a été publiée.
2.º Votre Eminence promettait également que les autres Evêques de France auraient été aussi consultes au sujet du programme de la future Assemblée; et nous avons motif de croire que ce second point n'a pas été davantage observe - au moins a l'égard de tous les
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Evêques - de façon à leur procurer le moyen de donner leur avis relatif à chacune des questions.
3.º Votre Eminence s'engageait aussi à remettre au Saint Siege avant quelconque publicité, les délibérations de l'Assemblée, laissant au Saint Siege tout le temps requis pour leur examen, et à ne les envoyer aux Evêques qu'après avoir reçu l'approbation pontificale. Ce point, pas plus que les autres, hélas! ne s'est pas vérifié dans le cas présent.
Evidemment ce n'est pas ce que le Saint Siege avait le droit de s'attendre, surtout en considération des choses dont il s'agit, et des circonstances actuelles.
Venant ensuite au contenu de la Déclaration elle-même, quoiqu'il y ait peu de chose à observer au sujet des doctrines souvent fois enseignées par le Saint Siege, toute fois on ne peut pas approuver le ton agressif et le style polémique qui sont encore moins à propos dans un moment ou les passions politiques sont tellement surexcitées.
Pour ne parler que du point de la plus grande actualité, la Déclaration met dans un grave péril les relations diplomatiques entre le Saint Siege et le Gouvernement français; et il est évident que là où les relations diplomatiques existent entre un Gouvernement et le Saint Siege, tout ce qui se rapporte à des relations comme aussi tout ce qui touche à la politique générale doit être considéré comme matière réservée au Saint Siege.
Voilà les observations que je communique à Votre Eminence en sa qualité de Président de l'Assemblée des Cardinaux et des Archevêques, afin que, avec les mesures de prudence requises, Elle veuille les porter à la connaissance de tous les intervenus à la dite Assemblée.
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Num. VI.
A).
Relazione di Mgr. Pacelli, Nunzio Apostolico di Germania, sulle Conferenze Vescovili (28 Marzo 1924).
Mi è regolarmente pervenuto il venerato Dispaccio N. 223/24 in data del 27 Febbraio scorso, col quale la Eminenza Vostra Reverendissima mi ordinava di riferirle intorno alle riunioni generali, che i Vescovi della Germania sogliono tenere presso la tomba di S. Bonifacio in Fulda.
L'occasione della prima Conferenza dei Vescovi in Fulda (1867) fu data dalle feste per il diciottesimo centenario del martirio dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo. I Vescovi della Germania convenuti in Roma per tale solennità risolsero di riunire tutto l'Episcopato tedesco, affine di discutere le questioni di più urgente attualità, in una Conferenza confidenziale, sul modello di quelle tenute già in Colonia nel Maggio 1848 (cfr. Collectio Lacensis, tom. V, col. 942 ss.), in Wuerzburg nell'Ottobre e Novembre 1848 (ibid., col. 959 ss.), di nuovo in Colonia nel Marzo 1849 (ibid., col. 1143 ss.), nel 1850 (ibid., col. 1161), ecc. Come luogo del convegno fu scelta la città di Fulda, ove trovasi la tomba di S. Bonifacio. Gli invitati furono mandati da Mons. Massimiliano Giuseppe Tarnoczy, Arcivescovo di Salisburgo, il quale diresse anche un Esposto al S. Padre Pio IX di s. m. in data del 28 Agosto 1867, affine di chiedere il Pontificio consenso e la benedizione Apostolica. "Germaniae Episcopi (così egli si esprimeva), quotquot mense Iunio h. a. ad celebranda festa XVIII Centenarii Ss. Apostolorum Petri et Pauli gratioso Sanctitatis Tuae vocatu Romae convolarant, virtutem, quae
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in unitate est, et commoda, quae ex vivo commercio et communi consultatione scaturiunt, denuo experti, idemque Sanctitatis Tuae praeclaro exemplo coram edocti, instituta deliberatione inter se convenerunt, in patriam reversos se velle cum reliquis in munere episcopali sociis viam pridem interruptam communitatis recapessere, et conventus sacros subinde celebrare, quo efficacius possint malis mederi, quae his etiam in terris Ecclesiam infestare non cessant, saepenumero autem conatibus singulorum Antistitum superiora se monstrant, ut nonnisi communi consilio et collectis viribus reprimi posse dignoscantur ... Quod consilium cum reliquis Germaniae Episcopis communicatum nedum assensu sed plane applausu et acclamatione exceptum est, et ex condicto statutum, ut proximo mense Octobri ... in civitate Fuldensi ad sepulchrum Patroni et Apostoli Germaniae S. Bonifatii congregemur …". Il Santo Padre rispose con lettera del 30 Settembre, manifestando la Sua gioia "ob tam prudens et efficax consilium a Te et ab eisdem Venerabilibus Fratribus susceptum ad Ecclesiae libertatem ac iura tuenda" e rendendo "meritas Tibi29 et ipsis Episcopis laudes, quod antequam idem consilium exsecutioni mandetur, Nos et haec Apostolica Sedes a Te et a commemoratis Episcopis fuerit adita, quo Tibi et illis Nostra mens Nostraque desideria nota esse possent". Sua Santità espresse anche il desiderio che, oltre le quaestiones proposte a tutti i Vescovi convenuti a Roma, fossero esaminate anche altre materie, massime quelle concernenti i rapporti fra la Chiesa e lo Stato, e finalmente che i Vescovi riferissero alla S. Sede intorno alle deliberazioni della Conferenza, le quali dovevano rimanere segrete.
Del resto tutti erano d'accordo che così questa come le successive adunanze in Fulda non dovessero avere un carattere sinodale, ma essere soltanto confe-
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renze confidenziali. Ciò risulta espressamente sia da una lettera di Mons. Koett, Vescovo di Fulda a Monsignor Melchers, Arcivescovo di Colonia, del 6 Ottobre 1867, sia da altra di quest'ultimo Prelato a Mons. Nunzio Apostolico in Monaco, in data del 12 di quello stesso mese di Ottobre (1), come pure dalla Pastorale comune dell'Episcopato adunato in Fulda del 6 Settembre. Che anzi nello stesso Regolamento per le Conferenze vescovili (Geschaeftsordnung fuer die bischoeflichen Conferenzen), proposto prima in via provvisoria, e poi definitivamente approvato nella seduta del 2 Settembre 1869, al § 1 si stabiliva: "Le Conferenze vescovili non hanno lo scopo di rappresentare l'Episcopato tedesco come collettività, né di sostituire i Sinodi ecclesiastici o di emanare leggi, ma piuttosto di dare ai Vescovi occasione di conoscersi l'un l'altro personalmente, d'intendersi intorno al modo migliore di mettere ad esecuzione le leggi della Chiesa e le disposizioni della S. Sede Apostolica, come pure di discutere e di deliberare circa le circostanze ed i provvedimenti, che più specialmente toccano gl'interessi della Religione al tempo nostro".
Fra le più importanti Conferenze di Fulda va menzionata quella del 1869, nella quale i Vescovi per mezzo della già citata Pastorale si adoperarono a calmare l'eccitazione ed i timori concepiti in vista del futuro Concilio ecumenico e ad esortare i fedeli alla soggezione ed all'obbedienza verso le decisioni che in esso verrebbero prese.
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Dette Conferenze continuarono poi ad aver luogo ogni anno (con una interruzione negli anni 1876-1879) in Fulda (ad eccezione degli anni 1871, in cui essa si tenne in Eichstätt, 1880-1881 in Aquisgrana e 1882-83 in Magonza), di regola nella seconda metà di Agosto (salvo il caso di Conferenze straordinarie, come nel Gennaio 1920), mentre che i Vescovi della Baviera si riuniscono separatamente in Frisinga al principio di Settembre. Da quattro anni, vale a dire dal 1920, si è tuttavia introdotto il costume che un Vescovo della Baviera (sinora sempre l'Eminentissimo Arcivescovo di Monaco) assista, come rappresentante dell'Episcopato bavarese, alla Conferenza di Fulda, ed un Vescovo del resto della Germania (l'Emo Arcivescovo di Colonia) a quella di Frisinga. L'una e l'altra Conferenza fissano ordinariamente nella prima seduta il testo di un Indirizzo di devozione e di omaggio al S. Padre, che viene firmato da tutti i Vescovi presenti e suole toccare le principali questioni del momento. Sua Santità risponde sempre con una Lettera di lode e di incoraggiamento, la quale è poi pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis. - Secondo il § 3 del succitato Regolamento per le Conferenze vescovili del 1869 "il Presidente della prossima31 adunanza viene eletto a maggioranza di voti. La presidenza onoraria è tenuta dal più eminente in dignità ecclesiastica". Attualmente però il Presidente delle Conferenze di Fulda è a vita; al presente esso è l'Eminentissimo Bertram, Vescovo di Breslavia,32 che venne scelto, dopo la morte del Cardinale Hartmann, Arcivescovo di Colonia, nella summenzionata Conferenza di Fulda del Gennaio 1920, "su proposta del membro più anziano della Conferenza, con generale approvazione", come si legge nel relativo Protocollo. - Il Nunzio Apostolico non è stato mai, che io sappia, invitato né è mai intervenuto alle Conferenze sia di Fulda
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che di Frisinga(1); probabilmente i Vescovi preferiscono di parlare e di discutere con una libertà, che pensano non rimarrebbe loro intiera alla presenza del Rappresentante Pontificio. Secondo l'anzidetto "Regolamento" (§ 9), "terminata la Conferenza, la Presidenza deve mandare un rapporto sulle deliberazioni della medesima al S. Padre in segno di sottomissione ed a conferma di unità perfetta, ed implorare, in quanto l'argomento lo richieda, le Sue istruzioni". Ciò non ha, per quanto è a mia conoscenza, da molto tempo più luogo; il Presidente, dopo la Conferenza, suole invece inviare alla Nunziatura due esemplari del Protocollo o verbale, importante certamente per conoscere in qualche modo le materie trattate e le prese risoluzioni, ma in vari punti formulato talvolta in termini così vaghi e concisi, che non è sempre possibile di formarsi un'idea esatta della cosa. La Nunziatura usa di trasmettere uno dei due esemplari alla Segreteria di Stato; il che tuttavia non mi è stato possibile di fare in questi ultimi anni, avendone ricevuta dall'Emo Bertram una sola copia, che mi è sembrato necessario di conservare in questo Archivio,33 occorrendo sovente il caso di dover consultare i Protocolli in discorso.
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La celebrazione di Concili provinciali, sebbene raccomandata anche dalla summenzionata adunanza episcopale di Würzburg nella seduta dell'8 Novembre 1848 (cfr. Collectio Lacensis, tom. V, col. 1085-1086), non si è avuta in Germania che raramente; l'ultimo, che io sappia, è stato quello di Colonia del 1860. La medesima adunanza di Würzburg si pronunziò anche a favore della celebrazione, coll'autorizzazione della Santa Sede, di un vero e proprio Concilio nazionale, di cui, osservò il Presidente, quell'assemblea "poteva in certo modo dirsi in parte un surrogato" (cfr. Collectio Lacensis, l. c.), ma tale disegno non venne portato ad effetto. - Dopo la pubblicazione del nuovo Codice di diritto canonico, vari Vescovi tedeschi hanno già tenuto Sinodi diocesani.
Conferenze Vescovili, come quelle di Fulda e di Frisinga, sono per sé, secondo che sapientemente osserva l'Eminenza Vostra nel sullodato Dispaccio, utili e necessarie, massime nei difficili tempi presenti in Germania; alcuni inconvenienti, che sembrano verificarsi in quella di Fulda, dipendono piuttosto dal carattere personale dell'attuale Presidente della medesima, Eminentissimo Cardinale Bertram. Questo Principe della Chiesa, senza dubbio assai zelante, laborioso e benemerito, ha nondimeno (sia detto con ogni rispetto) una natura alquanto suscettibile ed autoritaria. Come ho appreso in modo del tutto riservato e segreto da qualche Vescovo, durante le Conferenze egli suole imporre il suo punto di vista, senza tenere troppo conto dell'avviso degli altri Prelati, ed anche fuori delle Conferenze egli continua, nella sua qualità di "Presidente delle Conferenze vescovili di Fulda", a parlare ed agire a nome dell'Episcopato, sebbene, secondo che io stesso ho potuto in qualche occasione constatare, le sue opinioni non corrispondano sempre a quelle di tutti almeno gli altri Ordinari.34 Spesso - non sempre - prima di agire
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interroga i Vescovi, ma ben sovente dà loro per rispondere un termine così breve (oltrepassato il quale, senza che sia giunta la risposta, egli dichiara di presumere il consenso alle sue idee o proposte), che non a tutti riesce possibile di farlo. - Non sempre pure, a mio umilissimo giudizio, vengono strettamente osservati i limiti imposti agli stessi Vescovi,35 come ad esempio si è verificato, a mio subordinato parere, in occasione del recente progetto di legge sull'amministrazione dei beni ecclesiastici in Prussia, su cui ho, come di dovere, riferito alla Segreteria di Stato (Rapporti N. 27355 del 30 Aprile 1923, N. 28893 del 4 Novembre s. a. e N. 39738 del 12 Febbraio p. p.); l'Episcopato infatti, con a capo l'Emo Bertram, nonostante il lodevole ed efficace zelo spiegato per migliorare il progetto a tutela dei diritti e della libertà della Chiesa,36 ha nelle trattative col Governo dichiarato accettabili od almeno tollerabili, senza previa intesa colla S. Sede, alcuni punti, i quali non sembrano in tutto conformi alle prescrizioni del Codice di diritto canonico. A giustificazione dei Vescovi, debbo tuttavia altresì riferire che Mons. Kilian, Vescovo di Limburgo, nel Settembre dello scorso anno mi partecipò riservatamente aver egli proposto nella Conferenza di Fulda, che il Presidente dovesse informare la S. Sede circa il progetto in discorso e le relative trattative dell'Episcopato, aggiungendo che tale proposta aveva incontrato la generale approvazione. L'Eminentissimo Bertram però non mandò ad effetto tale opportuna37 e commendevole38 deliberazione.39
Qualora la S. Sede attuasse il Suo sapiente proposito di disciplinare le riunioni generali dei Vescovi, sarebbe a mio umile avviso, espediente, - affine di non suscitare dissapori e difficoltà in questa Nazione, ove gli animi sono facilmente eccitabili e spesso sospettosi verso i provvedimenti che vengono da Roma, - che ciò avvenisse in termini universali, vale a dire come disposi-
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zione emanata per tutto il mondo, e non come misura particolare per le Conferenze vescovili della Germania, che sembrerebbe anzi prudente di non menzionare esplicitamente.
B).
Relazione di Mgr. Lauri, Nunzio Apostolico di Polonia, sui Convegni Generali dei Vescovi (11 Marzo 1924).
In rispettoso riscontro al venerato Foglio, n. 299/24 del 27 Febbraio, ho l'onore di rimettere a Vostra Eminenza Reverendissima questo ossequioso rapporto circa i Convegni Generali Episcopali in Polonia.
Dall'epoca della risurrezione di questa Repubblica, i Vescovi sentirono il bisogno di riunirsi qualche volta per uno scambio di idee per la risoluzione dei molteplici e gravi problemi, che i nuovi tempi avevano creati per la risorta Polonia, sotto l'aspetto specialmente religioso e morale.
Tali Convegni furono dapprima solamente "provinciali", essendosi riuniti più volte i Vescovi della Provincia di Varsavia, sebbene con intervento anche di qualche Vescovo di altra Provincia, p. e. Mons. Teodorowicz; nel 1919 poi ebbero principio le Conferenze Generali di tutto l'Episcopato Polacco e furono tenute in Gniezno, Varsavia, Cracovia, ma il più delle volte in Czestochowa.
L'Emo Signor Card. Dalbor all'apertura della Conferenza Episcopale del 1919 in Gniezno si studiò di stabilire il carattere di tali riunioni, dichiarando che non dovevano ritenersi come Concili Plenari, di cui si parla nel can. 281, ma solo considerarsi a guisa delle riunioni vescovili di Vienna e di Fulda. Aggiungeva pertanto l'Eminentissimo che ai decreti delle Conferenze Episco-
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pali Generali non doveva darsi altra forza giuridica che quella che loro veniva da volontaria obbligazione dei Vescovi.
Nell'invito mandato ai Vescovi d'intervenire alla Conferenza Episcopale trovo che questi dovevano portare seco la veste talare violacea, il rocchetto40, la mantelletta e il berretto.41
Almeno in Czestochowa, avanti di dare principio alla riunione, si è celebrata una Messa Pontificale dall'Emo Signor Card. Dalbor e si è tenuto un discorso da uno dei Vescovi.
Tutto cio serve a dare a tali riunioni un carattere di maggior solennità che non sogliono avere le Conferenze Episcopali in altri luoghi.
L'invito si estendeva solamente ai Vescovi di rito latino e a Mons. Teodorowicz, Arcivescovo di rito armeno; l'anno scorso però dietro miei suggerimenti che feci in seguito alla decisione del Consiglio degli Ambasciatori sulla Galizia Orientale, furono invitati anche i Vescovi di rito ruteno, benché nessuno poi di loro intervenisse di fatto, Mons. Szptycki e Mons. Kocylowski perché assenti, e Mons. Chomyszyn perché occupato nella s. Ordinazione che si teneva in quel tempo.
La materia di discussione viene preparata in precedenza da un "Comitato" eletto nella Conferenza Episcopale di Gniezno e composto dei due Emi Signori Cardinali Arcivescovi, e di 5 Vescovi: in pratica però il lavoro viene fatto, quasi esclusivamente, dall'Emo Signor Card. Dalbor e dai Monsignori Teodorowicz e Przezdizcki.
Questo "Comitato" si incarica anche dell'esecuzione dei deliberati delle Conferenze Episcopali e a questo scopo tiene in Varsavia stessa una "Cancelleria", che è chiamata anche "Cancelleria Primaziale", a cui i Vescovi devono dirigersi per l'invio di lettere o
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documenti, che hanno riferenza [sic] specialmente colle decisioni delle Conferenze Episcopali.
Tale "Comitato" non gode la generale simpatia dei Vescovi Polacchi e non manca tra i Vescovi chi giunge a disprezzarlo fino a chiamarlo il "Soviet".42
Nelle Conferenze si trattano anche questioni importantissime della Chiesa e dello Stato: un esempio poi di ciò che si discute in tali riunioni vescovili, Vostra Eminenza Reverendissima lo troverà nel citato allegato n. 1 e nell'allegato n. 2, che è un Protocollo del su menzionato "Comitato".
La parte preponderante e quasi esclusiva che l'Emo Signor Card. Dalbor e i Monsignori Teodorowicz e Przezdbiecki hanno nel Comitato, la tengono anche nelle Conferenze stesse, suscitando malcontenti e critiche tra i Vescovi, alcuno dei quali anche con me ha deplorato tale modo d'agire dei su riferiti Prelati.
Un altro inconveniente non lieve si ha per la questione della presidenza in tali Conferenze Generali. L'Emo Signor Card. Dalbor che si ritiene Primate e unico della Polonia e che cerca di rivendicare i diritti che gli antichi Primati di Gniezno avevano sui Vescovi Polacchi, non ha mai ceduto la precedenza al Cardinale Kakowski,43 o con lui condivisa, malgrado che l'Emo Signor Cardinale Arcivescovo di Varsavia abbia sul Cardinal Dalbor l'anzianità di nomina alla Sacra Porpora il Card. Kakowski vedendosi quindi costretto a prendere posto tra i Vescovi, con una scusa o con l'altra non si è recato più alla Conferenza Episcopale di Czestochowa, mandando in sua vece il Vescovo Ausiliare Monsignor Gall. Come poi era suo diritto, il Card. Kakowski ha continuato a tenere ogni anno e presiederla la Conferenza Episcopale tra i Vescovi della sua Provincia.
Riguardo poi ai rapporti di tali Conferenze Episcopali Generali col Rappresentante Pontificio e se sia am-
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messo o no, credo opportuno significare a Vostra Eminenza Reverendissima che alle Conferenze Episcopali "Provinciali" il mio Augusto Predecessore fu sempre invitato e sempre vi intervenne concorrendo colla Sua illuminata sapienza al felice esito di tali riunioni: anch'io sono stato sempre invitato e non ho mai mancato d'intervenirvi. Quando però nel 1919 fu tenuto [sic] in Gniezno la Conferenza Episcopale Generale, l'Emo Signor Card. Dalbor non mandò nessun invito44 all'allora Eccellentissimo Mons. Achille Ratti,45 sia perché non trattandosi di un Concilio Plenario nel senso del can. 281 non riteneva necessaria la presenza del Legato (a cui si fa riferenza [sic] nello stesso canone) e quindi del Nunzio Apostolico (dando evidentemente altro senso giuridico alla parola "legato" del citato canone), sia perché anche nelle riunioni vescovili di Vienna e di Fulda non interviene il Nunzio Apostolico, sia infine per non creare "precedenti". Tali motivi l'Eminentissimo li espresse anche in una lettera all'Eccellentissimo Mons. Achille Ratti, il Quale con chiaro senso giuridico dette una mirabile risposta, che fu significata opportunamente all'Emo Signor Card. Segretario di Stato col rapporto n. 135 del 7 Settembre 1919. Durante la Conferenza poi l'Emo Signor Cardinale Dalbor aggiunse ancora (come risulta dal Protocollo) che se era comprensibile che l'Eccellentissimo Mons. Achille Ratti quando era Visitatore Apostolico prendesse parte ai Convegni Vescovili, non lo era più ora dal momento che come Nunzio "alio fungitur munere" (parole dell'Eminentissimo citate nel Protocollo).46
Si aggiunse anche da alcuni Vescovi a giustificazione dell'operato dell'Emo Card. Dalbor la ragione che essendo probabile che in tali Conferenze Episcopali si prendessero decisioni poco piacevoli al Governo, l'esclusione del Nunzio serviva al medesimo per liberarsi da ogni responsabilità.
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L'Eccellentissimo Mons. Achille Ratti, anche in quella delicata occasione, seppe con fine tatto e squisita diplomazia trovare il modo di prendere parte al penultimo e all'ultimo giorno della Conferenza Episcopale di Gniezno.
Non so poi se l'Eccellentissimo Mons. Achille Ratti sia stato invitato alle Conferenze Episcopali Generali che seguirono a quella di Gniezno: certo è che io non sono mai stato invitato: anzi, mentre nella Conferenza Episcopale del 1922 i Vescovi riuniti in Czestochowa47 mi avevano inviato un telegramma di saluto, al quale io m'affrettai di rispondere gentilissimamente, l'anno scorso invece non pensarono i Vescovi affatto a tale atto di deferenza e rispetto verso il Rappresentante della S. Sede; per cui io credetti mio dovere lamentarmene coll'Emo Signor Card. Segretario di Stato,48 il quale si degnò di scrivere in proposito allo stesso Emo Cardinal Dalbor.
Riferendo tutto ciò a Vostra Eminenza Reverendissima in ossequio ai venerati suoi ordini, fiducioso nella bontà della stessa Vostra Eminenza e all'illuminato criterio della medesima sempre subordinato, mi permetto di proporre che per togliere certa impressione di illegalità di queste Conferenze Episcopali Polacche, le quali secondo il Codice di D. C., salvo speciali determinazioni della S. Sede, dovrebbero essere solamente Provinciali, la medesima S. Sede le autorizzasse esplicitamente, qualora ritenesse opportuno che si continuassero a dare per l'avvenire.49
Inoltre per le elevatissime e sapienti ragioni addotte ed esposte dall'Eccellentissimo Mons. Achille Ratti nel citato rapporto n. 335, dovrebbe essere imposto che a tali Conferenze Episcopali fosse invitato il Nunzio Apostolico, alla cui prudenza starà il decidere nei singoli casi e ben considerate tutte le circostanze e i diversi temi da discutersi, se convenga o no50 interve-
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nirvi e se a tutta la Conferenza oppure ad una parte di essa: a questo scopo il Nunzio potrà nei casi più difficili opportunamente domandare e ricevere consiglio e istruzioni in proposito dalla S. Sede. Non sarebbe poi inopportuna qualche decisione circa chi deve in tali Conferenze Generali tenere la presidenza, che nel caso specifico della Polonia potrebbe essere tenuta a turno nelle varie sessioni della Conferenza, ora dall'Emo. Signor Card. Kakowski, ora dall'Emo Signor Card. Dalbor.
Infine utilissima sarebbe una parola della Santa Sede per indurre i Vescovi ad astenersi sia nella scelta dei temi, sia nelle discussioni da ogni soverchio spirito di politica, a cui alcuni Vescovi sono molto inclinati51 e che è quasi sempre inopportuno e dannoso.52
C).
Relazione di Mgr. Pellegrinetti sulle riunioni generali dei Vescovi. (13 Marzo 1924).
Ricevuto il venerato Officio di codesta S. C. Consistoriale [sic], n. 229, del 27 Febbraio 1924, circa la natura delle riunioni generali episcopali in questo Regno dei Serbi Croati e Sloveni, mi affretto a dare in materia quelle informazioni che mi sembrano più importanti.
Riunioni generali Episcopali. - Appena, dopo il crollo dell'Austria, si formò in questa regione una nuova condizione di cose tutt'affatto diversa dall'antecedente, i Vescovi sentirono il bisogno di riunirsi e d'intendersi, tanto più che nel nuovo Stato i cattolici si trovavano in minoranza e per di più sparsi su regioni aventi ciascuna tradizioni e legislazioni ecclesiastiche differenti. Così già nel 1919 si ebbe un'adunanza plenaria di Vescovi a Zagabria, presieduta da quell'Arcivescovo, Monsignor Antonio Bauer.
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Zagabria s'imponeva da sé come centro di queste riunioni. È infatti la più popolosa e importante città della zona cattolica, è la capitale morale (e i Croati in maggioranza vorrebbero farne anche la capitale politica d'uno Stato indipendente e solo confederato con la Serbia) di tutta la Croazia, è la sede di una diocesi comprendente da sola 1.600.000 cattolici e d'una provincia ecclesiastica d'oltre 2.200.000 fedeli, quasi la metà della popolazione totale cattolica del Regno. Inoltre ha le più facili comunicazioni con le altre regioni, molte chiese e istituti religiosi, un vasto palazzo arcivescovile e un clero molto più agiato che altrove. È anche l'unica sede che abbia avuto dei Cardinali.
Tema delle Conferenze. - Le Conferenze Vescovili si tengono ogni anno e discutono di tutte le questioni che possono interessare l'amministrazione ecclesiastica, ma soprattutto dei problemi politico-religiosi, sotto forma di proteste contro atti o tendenze53 del Governo e dei pubblici ufficiali, di proposte o domande all'autorità politica, di progetti per la sistemazione della legislazione civile-ecclesiastica, ecc.54 Tra gli atti più importanti è stato il Memorandum inviato alla S. Sede per la costituzione di Amministratori Apostolici per tutte le regioni jugoslaviche [sic] fin qui soggette a Vescovi residenti fuor del Regno, per l'estensione della lingua liturgica paleoslava, per la nomina di vari Ordinari, ecc. Inoltre la protesta collettiva contro gli abusi del Governo spedita nel 1922 a S. M. il Re e pubblicata anche sui giornali esteri e i colloqui che in occasione delle Conferenze si sono tenuti coi Ministri del Culto, cioè con Ljiuba Jovanovic nel Gennaio del 1923, e coll'attuale Ministro Vojslav Janic nell'Agosto 1923 e nel febbraio di quest'anno, riguardanti una infinità di materie: scuole cattoliche, modifiche della legge agraria, accrescimento di dotazione statale ai Seminari e ad altri enti ecclesiastici, questione dei catechisti, cappellani
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militari, restituzione di istituti religiosi in Vojvodina, ecc., ecc.
Oltre queste materie si è trattato anche di cose di carattere puramente religioso: festa del Papa, dichiarazioni sul carattere anticlericale di certe associazioni, lotta contro il movimento riformista antiromano, lettere pastorali collettive.
Membri delle riunioni. - S'invitano alle Riunioni Episcopali tutti gli Ordinari. Il Vicario Castrense dapprincipio non interveniva, ma nell'ultima Riunione generale tenutasi l'anno scorso, anch'egli ricevette l'invito. Presidente è sempre l'Arcivescovo del luogo Monsignor Bauer: da Segretario fa Mons. Aksamovic, Vescovo di Diakovo.55
Comitato Episcopale. - Allo scopo di attuare i deliberati delle riunioni generali e sopra tutto per avere più comodità di trattare d'urgenza certe cose, per le quali sarebbe lungo, dispendioso e disagiato chiamare tutti gli Ordinari, nelle Riunioni Generali fu eletto un Comitato Ristretto (Uzi Odbor) di Vescovi, che si possono adunare più frequentemente, sempre sotto la presidenza di Mgr. Bauer.
Sono ordinariamente sei i componenti di questo Comitato (due per la Croazia, uno per la Bosnia), ma qualche volta se ne invitano di più. Nell'ultima riunione furono sette. Per le materie che vi si trattano e per il modo di trattarne le adunanze del Comitato non si distinguono da quelle delle Riunioni Generali.
Le Riunioni Generali e il Nunzio. - Le adunanze collettive dell'Episcopato a Zagabria incominciarono prima ancora che fosse stabilita la Nunziatura a Belgrado. Il Nunzio non viene invitato56, né riceve notizia formale e ufficiale della convocazione e dell'ordine dei lavori. Solo in alcune materie gli viene chiesto preventivamente qualche parere o informazione. Terminate le sessioni si compila un protocollo e ne viene spedita57 co-
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pia al Nunzio da parte del Segretario dell'Adunanza o direttamente da Mgr. Arcivescovo di Zagabria.58
Avrei potuto facilmente intervenire alle sessioni, massime l'anno passato che mi trovavo a Zagabria; ma ho preferito di rimanere estraneo, seguendone l'attività a traverso le relazioni ufficiali e non ufficiali, per timore di conferire ad esse un maggior prestigio, quasi una sanzione, mentre penso che debbano non solo essere, ma apparire come adunanze amichevoli59 e confidenziali60 dei Vescovi, prive della dignità ufficiale riservata alle conferenze episcopali quali sono prevedute e prescritte dal Codice di Diritto Canonico. Per quanto ho potuto accorgermi queste riunioni non hanno avuto fin qui tendenza di controbattere o sfuggire o diminuire l'autorità del Nunzio e della S. Sede.61
La Rappresentanza della Chiesa di fronte allo Stato. - Una delle idee che trovo molto diffusa tra i Vescovi e gli uomini politici è che debba esistere in Jugoslavia un dignitario o un corpo morale ecclesiastico, il quale rappresenti la Chiesa Cattolica in Jugoslavia di fronte al Governo Centrale. Si dice e si scrive: come il Patriarca Serbo rappresenta la Chiesa Ortodossa, di guisa che il Governo basta che tratti con lui per conoscere i desideri o i bisogni di quella chiesa, così tra i Vescovi cattolici ci deve essere uno che rappresenti allo stesso modo la Chiesa Cattolica, di maniera che il Governo non sia costretto a interrogare uno per uno tutti gli Ordinari per sapere il pensiero le esigenze i bisogni dei cattolici nel Regno.
Appunto in virtù di questa idea in un progetto di sistemazione dei rapporti tra Stato e Chiesa, compilato nella Conferenza dei Vescovi del 1921 e che si sarebbe dovuto presentare all'approvazione del Parlamento nel caso che il Governo non intendesse fare un Concordato colla Santa Sede, si stabiliva che l'Arcivescovo di Zagabria dovesse essere il rappresentante della Chiesa62
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Cattolica Jugoslava di fronte allo Stato. Più tardi, nascendo il timore che l'Arcivescovo di Zagabria potesse eventualmente fare a nome di tutto l'Episcopato qualche atto che invece gli altri non stimerebbero opportuno63 o non conforme alle loro vedute, si pensò che tale rappresentanza dovesse spettare alla Riunione Generale dei Vescovi, la quale delegherebbe, occorrendo, il detto Arcivescovo, suo Presidente, a rappresentarla nelle relazioni col Governo. Tale concetto si trova perciò anche espresso nello Schema di Concordato preparato da una Commissione Governativa nel Giugno dell'anno passato e sembra che il Governo insisterà perché se ne abbia a suo tempo a discutere in Roma.
Non occorre dire che simili proposte dimostrano esservi concetti poco chiari o anche pericolosi circa la Rappresentanza della Chiesa. V'influisce l'esempio dell'organamento della chiesa ortodossa, la quale per altro è nazionale e legata allo Stato: inoltre il timore che non dando espressamente all'Arcivescovo di Zagabria il primo posto di fronte al Governo, questi cerchi di trasferire il centro degli affari ecclesiastici da Zagabria a Belgrado, dando al nominando Arcivescovo di questa città il maggior lustro o la maggiore influenza possibile. Ora si sa che i cattolici, i quali sono croati e sloveni64 quasi tutti, non vorrebbero affatto che i Serbi65 riuscissero ad avere un influsso notevole sulle cose di Chiesa. Nel che si vede un riflesso delle rivalità di razza, acutissime in questo paese.66
Data occasione ho fatto notare che ogni Vescovo o Arcivescovo non rappresenta che la sua diocesi o la sua Provincia, nel limite delle proprie attribuzioni: che ogni affare che implichi potestà sopra-vescovile appartiene alla Santa Sede: che le relazioni generali della Chiesa con lo Stato non possono regolarsi che per mezzo del S. Padre: che a questo scopo appunto c'è un Nunzio a Belgrado e un Ministro dello Stato a Roma:
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che la questione d'informare il Governo dei desideri dei Vescovi e dei diritti o dei bisogni dei cattolici, in quanto non tocchi le cause maggiori riservate al Papa, si può risolvere praticamente con vari mezzi, senza mettere in campo questo poco chiaro concetto della "rappresentanza della Chiesa Cattolica in Jugoslavia".
Il Nazionalismo. - Che il sentimento nazionalistico abbia influenza più o meno cosciente in queste Conferenze, è cosa fuor di dubbio, e se n'è avuta la prova nello zelo, col quale, specie il primo anno, si chiese il Rituale in Croato, l'estensione della liturgia in lingua paleoslava, la separazione ecclesiastica dei territori jugolsavi [sic] dalle diocesi con sede fuori dello Stato, la nomina di Vescovi slavi dappertutto, anche dove la maggioranza dei fedeli non è slava, ecc. È ben vero però che le circostanze sembravano consigliare tutto questo in vista del bene dei fedeli: ma se ci fosse stato questo solo movente, forse si sarebbe dimostrato meno ardore. Peraltro sono tante le rivalità di razza o nazionalità tra le diverse parti di questo Stato, che si hanno piuttosto parecchi nazionalismi in luogo di un solo nazionalismo.
Conferenze Episcopali canoniche. - L'esistenza delle Riunioni Generali certamente fa meno sentire il bisogno delle Conferenze e dei Concili Provinciali. Ma in verità finché l'organamento ecclesiastico in questo paese non venga definitivamente ordinato, le Conferenze Provinciali solo in piccola parte potrebbero attuarsi. La Slovenia (diocesi di Lubiana e Maribor) non ha per ora ordinamento provinciale. In Dalmazia sarebbe a capo della Provincia l'Arcivescovo di Zara: ma questa città appartiene ora al Regno d'Italia e quasi tutto il suo territorio è sotto l'Amministrazione Apostolica del Vescovo viciniore di Sebenico. La Vojvodina (oltre 700.000 cattolici) che faceva parte delle due Diocesi di Kalocsa e di Temesvar, ha soltanto due Amministratori
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Apostolici. La Provincia ecclesiastica di Belgrado, prevista già nel Concordato del 1914, è ancora da costituire.
Rimangono perciò le due sole provincie della Bosnia e della Croazia. Ma l'Arcivescovo di Serajevo, capitale della Bosnia, appartiene al clero secolare, i suoi due Suffraganei al clero francescano. Tra loro non c'è buona intelligenza e l'Arcivescovo non vuole convocare la Conferenza provinciale, perché si troverebbe sempre uno contro due. La Croazia ha per centro Zagabria, il cui Arcivescovo non sente il bisogno di una Conferenza provinciale, mentre più volte all'anno presiede nella sua città a Riunioni Vescovili più o meno generali. Perciò finora le Riunioni Generali sono le sole possibili e in generale sono state anche utili a queste Chiese.
Il 22 corrente si aprirà a Ragusa una Conferenza dei Vescovi della Provincia Dalmata. Sarà la prima Conferenza Episcopale Provinciale che si tiene in questo Stato dopo la grande guerra.
Spirito delle riunioni. - Tenendo conto del risultato generale, convien dire che lo spirito animatore di queste prime Riunioni Episcopali in Jugoslavia è stato schiettamente cattolico. Ciò è dovuto in buona parte all'influsso personale degli Ordinari, perché fra essi ve ne sono parecchi di buoni e zelanti e devotissimi alla Santa Sede. Infatti, mentre mi sono giunte notizie di parecchi screzi fra i singoli convenuti, fin qui nessuno ha creduto di mettermi in guardia contro qualche tendenza anticanonica delle adunanze. Però questo non dà sufficiente guarentigia per l'avvenire.
Conclusione. - Se mi è lecito esprimere il mio sommesso parere in questa materia, direi:
a) Le Riunioni Generali dell'Episcopato Jugoslavo fin qui sono state necessarie, per l'attuale insufficiente ordinamento delle Provincie ecclesiastiche e per la nuova situazione politica.
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b) Esse sono state anche utilissime per la difesa degli interessi cattolici di fronte allo Stato.
c) Diventeranno non necessarie e meno utili, quando l'ordinamento ecclesiastico sarà compiuto, specialmente per mezzo di un Concordato.
d) Perché non diventino dannose converrebbe dichiarare che queste Riunioni hanno carattere di semplice amichevole intesa tra i Vescovi, che non possono creare leggi o disposizioni obbligatorie per le singole diocesi dello Stato, che devono mantenersi in qualche contatto con la Nunziatura, che non possono né debbono nuocere alle Adunanze Vescovili, quali sono previste o prescritte dal Codice di Diritto Canonico.
D).
Rapporto di Mgr. Giorgio Matulewicz, Vescovo di Vilna, in data 2 Luglio 1923, sulle adunanze dei Vescovi in Polonia.
Supplens relationem quinquennalem de statu dioecesis haec humillime refero:
I. - De Episcoporum Conferentiis deque Ecclesiae regimine in Regno Poloniae.
A) - Status rerum.
1. Quod conferentiarum indolem spectat: a) Dicitur istas conferentias non habere pro scopo nisi mutuam inter episcopos idearum, propositionum, sententiarum, bene coeptarum communicationem. De facto dantur directiones, fiunt decisiones, decernuntur regulamina, statuta, exequenda opera, feruntur sententiae. b) Dicitur decretis etsi communi voto latis singulos episcopos non ligari; attamen singuli debent obligari sua sponte
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et iniunguntur acceptare atque exequi, immo vero exigitur ut relatio detur de eorum quae in priore conferentia statuta sunt executione, provocatur ad priorum conferentiarum decreta tamquam ad agendi normas.
2. Quod ad modum celebrandi conferentias attinet: a) Conspiciuntur ex omnibus quinque episcopi veluti invicem conspirasse et unanimiter procedere qui antea de maioris momenti rebus statuendis inter se convenisse et caeteris eadem variis artibus in parlamentis usitatis ad decidendum et acceptandum suggerere videntur. Si quae forte contra illorum quinque episcoporun voluntatem et placitum proponuntur et inopinate votorum maioritate decernuntur, satagunt ea ope earundem artium modificare vel penitus abolere. Decisiones quandoque fiunt sine praevia matura praeparatione, ponderatione et discussione, quo fit, ut postea in aliis conferentiis corrigi vel immutari debeant, vel etiamomnino executioni mandari nequeant. Fit, ut quaedam, quae potius ad rem politicam et nationalem spectant, ab uno alterove inopinate proponuntur, a maiore parte quasi per acclamationem acceptantur ac reliquis obtrudantur.67 Generatim pro tanto in tantaque dignitate constituto coetu videntur res nec satis mature, nec satis serio, nec cum debita gravitate et responsabilitatis conscientia tractari aut decerni.68
3. Quod conferentiarum spiritum respicit: a)Nuntius Apostolicus consulto ad participand um non admittitur. Gniesnae omnia acta esse vidi ne ille interesset. Cum nihilominus ad momentum venit, id aegre latum est neque tractatae sunt coram eo nisi res selectae. b) Quemdam metum adesse conspexi, ne Sancta Sedes de Gubernio et Republica deque Ecclesia Polona forte malam conciperet opinionem, hinc quaedam eclantur. c) Videntur episcopi nimium Gubernio cedere. d) Neque omnia quae statuta sunt, ut mihi videtur, a Sancta Sede probari possint. e) Imo est timor ne ex una parte ipsi
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episcopi, dum independenter a Sancta Sede res tractant, ob eadem in quibusdam recedant, vel etiam contra eandem forte convertantur, ex altera parte ne Ecclesia Polona in aliqua re a spiritu catholico-romano deficiat, ne forte nimium nationalis evadat, neve statuantur forte quaedam in praeiudicium aliarum nationum catholicarum sub ditione Poloniae existentiam, praesertim cum exagerati nationalismi pestes etiam quorundam episcoporum animi infecti esse conspiciuntur.
4. Constitutum est veluti permanens quoddam episcoporum praesidium seu consilium, constans praeside Cardinale Dalbor et quattuor episcopis in conferentiis electis. Hoc consilium tum periodice convenit, tum a praeside pro circumstantiis convocatur ad tractanda expediendaque varia currentia negotia, praesertim quae universam in Polonia Ecclesiam respiciunt vel huius Ecclesiae relationes cum Gubernio. In una ex conferentiis expressum est votum: ne singuli episcopi res quae universam Ecclesiam Polonam respexerint proprio marte sive cum Sancta Sede sive cum Gubernio tractent, inscio et inconsulto isto quinque episcoporum Consilio. Hoc consilium permanens, si res urgeat, nomine poloni épiscopatus agit, edit decreta, publicat litteras encyclicas, dat directiones, praeparat conferentias, sua acta cum singulis episcopis communicat.
5. Illud quinque electorum episcoporum Consilium habet institutam Varsaviae ad plateam Mokotowska 14 Poloni Episcopatus Cancellariam, quacum coniungitur, seu potius quae simul est quoque Cancellaria Primatialis Cardinalis Dalbor. Ut in sua declaratione singulis episcopis transmissa edixit, ista Cancellaria sibi proponit mediatricem agere inter singulos episcopos ex una parte et Nuntiaturam Apostolicam ac Gubernium ex altera pariter atque ferre singulis episcopis iuvamen in expediendes negotiis. Cardinalis Dalbor hac Cancellaria utitur ad communicandum episcopis tum sua tum
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illius de quo supra Episcoporum Consilii varii generis scripta, ad dandas directiones, exquirendas informationes et caetera.
6. Cardinalis Dalbor ope illius Episcoporum Consilii et Cancellariae videtur veluti tendere quadam ratione ad res catholicas in Polonia centralizandas, ad suam auctoritatem inter Sanctam Sedem et episcopatum polonum interponendam, imo ad singulos episcopos dirigendos et etiam quandam veluti iurisdictionis speciem super eos obtinendam exercendamque, imo ad regendam universam in Republica Ecclesiam.
B) - Mea opinio:
1. a) Conferentiae prout geruntur probari non possunt. Bis eis interfui: Gnieznae et Czestochowiae, atque singulis vicibus, ut conspexi modum quo proceditur, ex eis exii dolore et tristitia affectus atque conscentia anxia. Profecto utile est episcopis mutua conferre consilia, sed Conferentiae, prout sunt, vix ac ne vix quidem ad promovendum Ecclesiae et Religionis bonum quid conferre poterunt, contra, res quandoque intricant et pro nonnullis episcopis creant difficultates molestiasque. b) Mea opinione melius foret, si potius ad normam SS. Canonum synodi dioecesanae, concilia provincialia et plenaria celebrarentur atque episcopi ad normam can. 292, § 1 saepius convenirent. c) Conferentiae, prout sunt, ut veros et bonos fructus afferant necesse est celebrentur: 1º de licentia Sanctae Sedis; 2º sub eius Legati praesidio; 3º super materiis antea determinatis idque post praeviam serio factam praeparationem; 4º acta vero eiusmodi Conferentiarum revisioni et approbationi Sanctae Sedis subiiciantur oportet. Hac ratione puto, forte, iustis episcoporum desideriis satisfactum iri, ut communi conatu bonum religionis in Polonia promoveatur, ut res communes collatis omnium
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episcoporum consiliis discutiantur, utque necessaria in agendo uniformitas acquiratur.
2. Illud quinque Episcoporum Consilium, Cancellaria atque auctoritas quae inter Sedem Apostolicam et cingulos episcopos sese interponere nititur, abolenda sunt, nam contraria sunt Ecclesiae constitutioni et SS. Canonibus. Iesus Christus inter S. Petrum principem et caeteros Apostolos nullos mediatores, nullamque intermediam auctoritatem posuit. Centrum nostrun est Romae, ubi Sancta Sedes Apostolica constituta est. Ipsis episcopis magis proficuum est immediate ab Eo regi et ex Eo pendere, qui a Deo ad hoc positus est et infallibitatis dono gaudet.
3. Si quae res omnium episcoporum communes sint, vel si quae negotia quae omnes respiciunt cum Gubernio tractanda veniant, ea omnia facile vel ad Sanctam Sedem deferri possent vel ipso loco ad Eius Legatum Nuntium Apostolicum, ut pro omnibus uniformis agendi ratio statuatur.
4. Titulus Primatis iuxta can. 271 nullam secum fert specialem super caeteris episcopis iurisdictionem. Si res historice considerentur in Polonia, post eius partitionem et totalem subiugationem, videntur primatis honores et iura de facto vi temporum circumstantiarumque cessasse, quod sedem tam Gniesnensem quam Varsaviensem spectat. Cum vero quaedam tendentia una cum titulo iurisdictionem quoque indebitam sibi arrogandi conspicitur, forte melius fuerit, si primatis titulus ad tempus in Polonia aboleatur. Si vero restitui debet, potius sedi Varsaviensi attribuendus esse videtur, nam urbs Varsaviae est capitalis ac centrum administrationis, commutationis, activitatis totiusque vitae Reipublicae. Sed de lite utrinam Varsaviensi an Gnesnensi sedi primatialis dignitas potius sit tribuenda opinionem meam, exquisitus, Nuntio Apostolico Poloniae in scriptis misi.
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II. - De Nuntii Apostolici in Polonia conditione.
Relatio poloni episcopatus ad eum anormalis esse videtur. Contra ea quae can. 267 § 1 n. 2 statuta sunt, episcopi habere eum videntur solummodo pro legato ad Gubernium civile eique pro scopo assignare solummodo, ut inter Sedem Apostolicam et Gubernium Civile relationes foveat. Hinc Nuntius Apostolicus in conferentias episcoporum non modo non invitatur sed consulto ne admitti quidem conspicitur. De eius quae fiunt agunturque, ut oportet, non edocetur. In gravissimis rebus raeteritur, imo eo plane inscio eiusmodi res tractantur. Quantum comperi, habet quidem Nuntius Apostolicus necessarias de statu ecclesiarum informationes, attamen eas non ab ipsis episcopis immedite, ut oportet, recipit, sed aliis viis ac modis conquirere cogitur.
Mea opinione episcopi coram Sede Apostolica eiusque legatis non debent ulla habere secreta ecclesiastica. Si quod vero manens Consilium ad communia Ecclesiae in Polonia negotia tractanda expediendaque vel ad episcopis dandas directiones sit necessarium, et eius locum obtinere et partes explere optime et unice poterit haec ipsa Nuntiatura Apostolica.
III. - De Gubernii Relatione ad Ecclesiam.
Gubernium videtur niti ut Ecclesiam sibi subiectam reddat eamque tamquam instrumentum ad suos fines nationales et politicos prosequendos adhibere possit. - Concordati propositum, quod confectum esse vidi, plane iosephinismi principiis regitur. Ex parte eodem iosephinismi spiritu infectum esse percipitur quoque cleri dotationis propositum, quod nuper singulis episcopis ab illo episcoporum Consilio missum est. Istud cleri dotationis propositum ansam dat Gubernio sese
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continuo ingerendi in Ecclesiasticorum honorum administrationem, in iura stolae etc. Administrationis consilia ab ipsis parochianis electa quae in illo proposito apud singulas ecclesias introducenda praescribuntur, iam nunc ubi sunt, haud parvas clero difficultates creant, cum saepe saepius in eiusmodi consilia homines et a spiritu catholico alieni et etiam socialisticis placitis imbuti eligantur.
Sed maximum et pretiosissimum Ecclesiae bonum est vera eius libertas et independentia, quae ut tueatur contra omnia tentamina enixe rogamus.
Legatus Poloniae apud Sanctam Sedem haec quae sequuntur persuadere conatur atque etiam me rogavit, ut pro posse haec Sanctae Sedi referam: In Polonia, quod maxime dolendum est, a sectariis Ecclesia nationalis independens propagari coepta est. Causa tanti mali, opinione Legati, quaerenda est in America, scilicet in conditione ibi qui emigrarunt polononorum catholicorum, nempe: a) quod poloni emigrantes, si cum alianun nationum catholicis comparentur, non habent tot episcopos polonos, quot pro suo numero habere debeant; b) quod Ecclesiae ab eis ingentibus sumptibus, qui ad 600.000.000 dollars pertingunt comparatae Ordinariis locorum non polonis traditae sint; c) quod Ordinarii locorum quandoque et sacerdotes non polonos in eiusmodi paroecias mittant et scholarum polonarum fundationem impediant. Itaque Poloniae Legatus id videtur a Sancta Sede obtinere in votis habere, ut eiusmodi Ecclesiae sive ipsis emigrantibus polonis in proprietatem dentur, sive quodammodo ipsi Reipublicae Poloniae.
Quae dum refero, haec noto. Quantum statum rerum in America cognosco, id ipsum, quod singulae Ecclesiae sedium episcopalium proprietatem constituunt, quod singuli parochi has ecclesias nonnisi tamquam Ordinarii loci delegati administrant, plurimum confert ad easdem ecclesias earumque bona et Ecclesiae Catho-
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licae conservanda et contra sectariorum ac nationalistarum tentamina tuenda. Nec pluris videntur ceterae Legati Poloniae observationes valere. Causa cur secta Ecclesiae nationalis independentis ceteraeque sectae propagentur, potius in ipsa Polonia quaerenda est.
IV. - De conditione Sacerdotum Ritus Orientalis, qui schismaticorum conversioni operam dare volunt.
Iuxta decretum quod viget eiusmodi sacerdotes iurisdictioni loci Ordinarii ritus latini plane subiecti sunt. Quoad experientia assequi potuerim, id non promovere schismaticorum conversionem videtur. Tum Gubernium tum etiam clerus polonus Ecclesiae quae dicitur Unitae, seu ritus orientalis, propagationem plane nolunt admittere; plurimi praeferunt, ut alborussi et ucrainae potius schismatici maneant quam ritus orientalis catholici fiant; conamina quacumque ad ritum orientalem introducendum et propagandum pro rei nationalis polonae proditione habentur. Quo fit ut nihil relinquatur intentatum contra episcopum latinum qui ritus orientalis missionarios vel admiserit vel toleraverit. - Mea sententia ritus orientalis missionarii et facilius venire et liberius schismaticorum conversioni operam navare potuerint, si ab Ordinario loci latino independentes manserint, si dependeant vero diriganturque vel a Sancta Sede ab aliquo Sedis Apostolicae Legato ad id destinato.
V. - De nationalismi malo.
Vilnensem dioecesim longe maximam partem incolunt alborussi, qui partim catholici partim schismatici sunt. Pro alborussis catholicis in cathechisatione, praedicatione cantu adhibetur lingua polona tamquam ecclesiastica exceptis paucis paroeciis, ubi sacerdotes;
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indigenae alborussi iam conantur lingua vernacula populus alloqui et docere. Et Gubernium et clerus polonus maximas struunt difficultates quominus lingua alborussorum vernacula in Ecclesiam introducatur. Quae cum ita sint, et ipsa cum pastoralis anormalis redditur nec optatos fructus ferre valet, et schismaticorum reditus in sinum Ecclesiae difficilior evadit, et clerus, prout natio alborussica evolvitur et ad sui conscientiam pervenit, paulatim influxum in eum amittere incipit. Litterati alborussi istum rerum statum perquam aegre ferunt, imo Ecclesiam accusare videntur, quod alborussorum denationalizationis instrumentum fiat.
Humillime rogo, ut Sancta Sedes, quae omnium nationum optima mater est, hanc quoque alborussicam nationem, quae adhuc velut infans in cuius vagit, benigne foveat tueaturque atque pro posse statuat ea quae ad recte in spiritu catholico exercendam pastorationem conferre possint.
VI. - De Vilnensis dioecesis divisione.
Id Gubernium videtur assequi velle. Revera dioecesis est nimium vasta atque dividi debet. Sed id nunc temporis vix ut par est, perfici potest. Etenim status rerum qui nunc est a rei politicae peritis tamquam transitorius nec diu duraturus esse praevidetur. Quod dolendum est, novum bellum et expectatur et parari videtur. Fortassis divisio quoque dioecesis remittenda est ad tempus, quo res, agente divina Providentia, magis certae et firmius stabilitae evadant.
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Num. VII.
A)
Circolare riservatissima dell'Emo Card. Segretario di Stato agli Ordinari della Svizzera (18 Dic. 1923).
È stato riferito alla Santa Sede che nella Svizzera parecchie persone, anche ecclesiastiche, mostrano di credere che la missione del Nunzio Apostolico a Berna abbia carattere esclusivamente diplomatico.
Se così fosse, sarebbe assai deplorevole che si propagasse una tale opinione; poiché, a norma dei Canoni 267 e 269, cotesto Nunzio Apostolico non solo rappresenta la Santa Sede presso il Governo della Repubblica Federale, ma anche presso la Gerarchia e i fedeli della Svizzera, ed ha all'uopo, speciali facoltà delegate per il sollecito disbrigo degli affari ecclesiastici.
In conseguenza di ciò sarà opportuno che al Rappresentante Pontificio cotesti Ordinari dimostrino particolare riguardo, informandolo direttamente degli affari più importanti delle proprie diocesi, di tutte le questioni di indole generale, nonché del programma delle Conferenze Episcopali. A questo proposito, anzi, desidererei che egli fosse invitato, come avviene negli altri paesi dove è un Nunzio o un Delegato Apostolico, a presiedere le Conferenze medesime.
Mentre confido che la S. V. Illma e Revma, per l'affetto che ha sempre dimostrato verso quest'Apostolica Sede, vorrà tener presenti questi giusti rilievi, profitto ben volentieri della circostanza per raffermarmi, con sensi di distinta e perfetta stima.
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B)
Primo rapporto di Mons. Maglione all'Emo Card. Segretario di Stato (24 Luglio 1924).
L'Episcopato Svizzero, nella conferenza annuale, che tenne ieri a Lucerna sotto la presidenza di Monsignor Schmid de Grüneck, Vescovo di Coira, deplorò vivamente gli attacchi dei pastori protestanti contro questa Nunziatura Apostolica e delegò Mons. Besson, Vescovo di Losanna e Ginevra, ad esprimermi il profondo attaccamento di tutto l'Episcopato alla Rappresentanza Pontificia, la sua calda simpatia per il titolare di essa e il proposito di difendere validamente l'uno e l'altra.
Mons. Besson eseguì ieri sera, con la sua consueta amabilità, l'incarico affidatogli dai suoi Confratelli.
Mi avvertì, peraltro, anche a nome di alcuni altri Vescovi, ma nella più stretta confidenza, che il Presidente della Conferenza aveva, nella lettera da inviarsi al Santo Padre circa i lavori della conferenza, descritti i deplorati attacchi contro la Nunziatura in modo quasi catastrofico e vi aveva pure inserito un passo violento contro gli studiosi protestanti, i quali si servono della S. Scrittura con l'unico o almeno precipuo scopo di combattere la Chiesa Cattolica. Si fece osservare a Mons. Schmid che il rilievo da lui dato alla campagna contro la Nunziatura era molto esagerato e lo si pregò poi di parlare degli studiosi protestanti con minore asprezza.
Atteso il carattere di Mgr. Schmied, aggiungeva Mons. Besson, noi non siamo sicuri che egli tenga sufficiente conto delle nostre osservazioni nella redazione della nuova lettera. E poiché nel Documento, che il Santo Padre ha sempre la bontà d'inviarci, si accenna di con-
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sueto in maniera parallela alle questioni da noi esposte, potrebbe accadere che nel Documento medesimo si desse una certa importanza alla campagna contro la Nunziatura e si deplorasse positivamente l'indirizzo protestante negli studii biblici nella Svizzera. Ora, né l'una cosa, né l'altra sarebbero opportune: potrebbero, anzi, risollevare la polemica, già sopita, circa la Rappresentanza Pontificia e scatenare proteste contro l'intolleranza oscurantista della chiesa cattolica ecc.
Mons. Besson e i suoi Confratelli hanno pienamente ragione. Probabilmente, io non vedrò la Lettera, che sarà inviata a Sua Santità a nome dell'Episcopato, perché, come dirò a Vostra Eminenza Revma in altro mio rapporto, Mgr. Schmied vuole conferire personalmente con Lei circa la convenienza, - che ella faceva presente con la sua circolare n. 25043 del 18 dicembre 1923, - d'invitare il Nunzio a presiedere le conferenze episcopali. Quale, però, che sia per essere il tenore dell'anzidetta Lettera dell'Episcopato, converrà, - mi permetto anzi di dire - sarà necessario, - che nella risposta del Santo Padre, la quale vien sempre pubblicata, l.º  si lodino semplicemente l'attaccamento dei Vescovi verso la Nunziatura ed il loro affetto fraterno per il Rappresentante dell'Augusto Pontefice;
2.º  senza far cenno dei protestanti, si esortino gli studiosi cattolici, specialmente giovani, ad intensificare e approfondire lo studio dei Libri Sacri in perfetta armonia con le norme date dalla Suprema Autorità Ecclesiastica.
Ardisco, infine, pregare Vostra Eminenza di voler mandare la risposta Pontificia all'Episcopato per il tramite di questa Nunziatura.
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C)
Secondo rapporto di Mons. Maglione all'Emo Card. Segretario di Stato (3 Sett. 1924).
Il 18 dicembre dello scorso anno l'Eminenza Vostra Revma si compiaceva d'indirizzare ai Revmi Vescovi della Svizzera una circolare (n. 25043), con la quale, - ricordando che la missione del Nunzio di Berna non è soltanto diplomatica, ma altresì religiosa, - li esortava ad informare direttamente il Rappresentante Pontificio degli affari più importanti delle proprie diocesi, di tutte le questioni d'indole generale, nonché del programma delle conferenze episcopali. Esprimeva anzi il desiderio "che egli fosse invitato, come avviene negli altri paesi dove è un Nunzio o un Delegato Apostolico, a presiedere le conferenze medesime".
Nel mese di giugno u. s. il Cancelliere della diocesi di Basilea venne a dirmi che il suo Vescovo, Mons. Stammled, decano dei Prelati svizzeri, non potendo a causa della sua età avanzata e degli acciacchi della sua salute intervenire alla prossima riunione episcopale, aveva fatto rimettere i protocolli delle conferenze precedenti al sotto-decano Mons. Schmid de Grüneck, Vescovo di Coira. Questi però non mi comunicò il programma della conferenza, che doveva tenersi, come d'abitudine, nell'ultima settimana del mese di Luglio, e neppure mi fece cenno della convocazione di essa. Quando poi l'aprì a Lucerna il 24 luglio suddetto, alludendo alla mentovata circolare di Vostra Eminenza, disse semplicemente, - come riferì a me Mons. Besson ed io comunicai a lei col rapporto n. 7890 del giorno dopo, - che si riservava di conferire personalmente con la stessa Eminenza Vostra circa l'oggetto di tale lettera.
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Ieri egli venne a vedermi e mi dichiarò d'essere stato incaricato dalla conferenza (Mons. Besson mi disse cosa ben diversa) di trattare con Vostra Eminenza dell'accennata questione. Mi manifestò la sua opposizione all'intervento del Nunzio nelle riunioni episcopali, "perché soltanto i Vescovi conoscono persone e cose e quindi essi soli possono esaminare e risolvere le questioni, che si presentano", ed aggiunse che in Germania il Nunzio non è mai invitato alle conferenze episcopali.
Feci rilevare a Mons. Schmid che il Nunzio ha il dovere d'informarsi, per informare a sua volta la Santa Sede; che il mezzo per lui più acconcio e sicuro è quello di tenersi in continuo e stretto contatto con l'Episcopato e che, eventualmente, l'assistere alle riunioni episcopali gli fornirebbe occasione e modo di estendere e approfondire le sue cognizioni su la situazione generale e sulle questioni più importanti. Proseguii dicendogli che ignoravo se in Germania, contrariamente a quanto si fa negli altri paesi, non si invita il Nunzio alle riunioni episcopali: ad ogni modo non mi sembrava potersi invocare contro un espresso desiderio della Santa Sede quanto avviene in un'altra nazione. E finii col domandargli se egli stimasse veramente conveniente che, mentre il Nunzio non fa qualsiasi passo senza consultarsi con l'Episcopato, questi, - e avrei dovuto dire specialmente il suo sotto-decano, - affetti d'ignorare il Rappresentante della Santa Sede e non gli abbia mai dato e non gli dia neppur ora alcuna notizia di quanto si è trattato nelle conferenze.
Mons. Schmid si dimostrò proclive a comunicare in avvenire al Nunzio il programma e le risoluzioni della conferenza; ma ripeté che di tutto voleva parlare con Vostra Eminenza.
Non avevo che ad inchinarmi.
Mons. Schmid dirà a Vostra Eminenza, come ha dichiarato a me con la consueta sua energia, che il Nunzio
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di Berna deve mostrarsi e fare il meno possibile, per non eccitare gli animi contro la Rappresentanza Pontificia. È vero che il Nunzio deve qui mantenere, più che altrove, un prudente riserbo; ma non può spingere questo tanto oltre, sino ad accreditare egli stesso l'opinione che la sua missione sia unicamente diplomatica. Qualche Vescovo, ed in specie Mons. Schmid, si è compiaciuto di ripetere ad ogni occasione, a svizzeri forestieri, che il Nunzio non ha nulla da vedere negli affari ecclesiastici. Anche Mons. Faraoni, che lo scorso anno restò alcuni giorni nei Grigioni, si sentì fare simili dichiarazioni, che erano per lo meno fuori di posto.
Da quattro anni, che sono qui come Nunzio, non ho mai domandato di intervenire alle conferenze, e neppure ne ho chiesto il programma e il protocollo. Ma non posso non segnalare a Vostra Eminenza il pericolo, che il Rappresentante Pontificio sia messo nell'impossibilità di esercitare la sua missione nel campo ecclesiastico.69
L'invito d'intervenire alla conferenza, che Vostra Eminenza ha domandato ai Vescovi di rivolgere al Nunzio, non importerebbe per lui l'obbligo di andarvi. Io non lo farei se non in caso di assoluta necessità, la quale non si presenterà forse mai, ed i miei successori avranno sempre tanto criterio da giudicare con sicurezza se loro convenga oppur no di corrispondere all'invito. Ad ogni modo, non è ammissibile che l'Episcopato non dia al Nunzio nessuna notizia delle sue deliberazioni su gravi questioni generali e che lo consideri come estraneo agli affari ecclesiastici.70
Vostra Eminenza darà a Mons. Schmid la risposta e le disposizioni, che nella grande sua saggezza giudicherà opportune.
Io ho creduto di essere obbligato in coscienza a prevenirla. Mi duole di doverlo dire; ma e così: non è precisamente la devozione alla Santa Sede o l'affetto per il Nunzio che ispira a Mons. Schmid la sua attitudine.
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Egli, che deplora altamente i sentimenti giosefinisti sparsi nella sua diocesi, non dovrebbe con le parole e con i fatti dimostrare che per lui non esiste e non deve esistere che la Curia Romana.
D) Lettera di Mons. Schmid de Grüneck, Vescovo di Coira, all'Emo Card. Segretario di Stato (scritta in Roma con due date, del 17 e 22 Nov. 1924).
L'Episcopato Svizzero si rallegra di possedere nella Confederazione Svizzera nella persona di Mons. Maglione un Rappresentante della Sede Apostolica e sta - si capisce da sé - sul punto di vedere di [sic] un riconoscimento perfettissimo dei Canoni 267 e 269, in cui viene descritta la posizione di un Nunzio entro il territorio, per il quale egli è nominato.
Sua Eccellenza il Nunzio Apostolico essendo stato recentemente oggetto di attacchi odiosi da parte della stampa acattolica, l'Episcopato Svizzero non ha mancato di difendere - in quanto ciò fu possibile - la posizione di Sua Eccellenza.
Il Prodecano dei Vescovi Svizzeri è incaricato di assicurare solennemente, che questi Vescovi agiranno anche in avvenire, in simili occasioni, colla stessa fedeltà.
Nella lettera di V. Eminenza (N. 25043/1923) si fa un accenno alle facoltà, di cui Monsignor Nunzio dispone. I Vescovi Svizzeri non conoscono né il tenore esatto né i limiti delle facoltà accennate, ma sono sicuri che esse non pregiudicheranno in nessun modo al Canone 269 § 1 (relativo alla libertà giurisdizionale degli Ordinari).
La lettera suddetta di V. Eminenza poté essere sottomessa alla deliberazione della Conferenza dei Ve-
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scovi Svizzeri dell'anno corrente appena (nel Luglio 1924). I Vescovi poi hanno incaricato il Prodecano di esporre umilissimamente alla Santa Sede - a voce ed in scriptis - ciò che segue:
Essi si dichiarano pronti a soddisfare ai desideri espressi nella lettera suddetta: a tenere cioè S. E. il Nunzio Apostolico al corrente di importanti avvenimenti diocesani, come anche di questioni di carattere generale. Essi sono inoltre anche pronti ad informarlo a tempo degli oggetti, che si dovranno trattare nella Conferenza annua. - In quanto però all'invito da farsi al Nunzio a presiedere ed a dirigere la Conferenza annua, l'Episcopato Svizzero prevede - la Svizzera essendo per la maggior parte formata da elementi ostili alla Santa Chiesa ed alla Santa Sede - che un invito simile per dirigere la Conferenza dei Vescovi provocherebbe le più violenti [sic] resistenze pubbliche, come anche lotte, che esporrebbero a sommi pericoli non solo la posizione delicata del Nunzio a Berna, ma anche gli interessi della S. Sede e della causa cattolica come tale. Le resistenze suddette assumerebbero un carattere tanto più violento in quanto nei paesi vicini (p. e. nella Germania) il Nunzio non prende parte alle conferenze dei Vescovi del paese e meno ancora presiede le medesime.
Difficoltà pratiche finalmente, che si contrappongono alla presidenza del Nunzio, di cui sopra (imperizia nella lingua Tedesca di cui ci serviamo in massima parte nelle nostre Conferenze, ed impossibilità di conoscere esattamente le condizioni locali e personali complicate etc.) siano qui accennate soltanto transitoriamente.
L'Episcopato Svizzero persevera nella sua sottomissione tradizionale alle disposizioni della S. Sede, ed ha presentato alla medesima le presenti considerazioni mosso unicamente dalla preoccupazione per gli interes-
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si di questa Sede Apostolica, per la conservazione della Nunziatura e per la difesa della causa cattolica nella Svizzera.
Num. VIII.
A)
Lettera del Card. Segretario, in data 7 Maggio 1924, a Mons. Di Maria - Ottawa - circa la conferenza degli Arcivescovi.
Dopo la riunione degli Arcivescovi del Canadà, che ebbe luogo a Québec dal 27 al 30 aprile 1919, e che fu foriera di tanti buoni risultati, non se n'è tenuta più alcuna.
L'Arcivescovo Mons. Emard, durante gli ultimi giorni di sua permanenza a Roma, presentava un esposto, chiedendo se non fosse il caso di indire al più presto una nuova riunione, da tenersi a Ottawa, secondo la risoluzione presa nell'ultima conferenza. L'idea è certamente degna di lode e d'incoraggiamento, ma data l'età abbastanza inoltrata dell'Emo Card. Bégin si presenta assai delicata la questione di decidere chi debba convocare e presiedere la detta conferenza.
Lo stesso Mons. Emard proponeva la persona del Delegato Apostolico.
Pregherei perciò la S. V. di dirmi chiaramente il suo pensiero in proposito.
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B)
Risposta di Mgr. Di Maria in data 18 Giugno 1924 circa la riunione degli Arcivescovi.
L'idea di ripetere la riunione dei Reverendissimi Arcivescovi di questo Dominio Canadese, della quale parla la lettera di cotesta S. Congregazione del 7 Maggio, num. di Prot. 254/19, non si è mai perduta di vista, quantunque non abbia potuto finora attuarsi.
Due anni fa l'Emo Cardinal Bégin, d'accordo con questa Delegazione Apostolica, aveva già iniziato le pratiche per indire a Québec una riunione dei Revmi Arcivescovi, simile a quella dell'Aprile 1919, ma sopraggiunse l'infermità dell'Arcivescovo Coadiutore, al quale spettava tutto il lavoro di preparazione, e si dovettero sospendere le pratiche già iniziate. Visto che la malattia andava per le lunghe e che i medici, dopo di aver sottoposto l'infermo ad un'operazione, perdettero anche la speranza di guarirlo, l'Emo Card. Bégin, lo scorso anno, chiese alla Santa Sede un Vescovo Ausiliare, del quale sente estremo bisogno pel governo dell'Archidiocesi. Poiché adunque il sullodato Emo è ancora in aspettativa della grazia da lui chiesta, né egli mi ha più parlato della riunione degli Arcivescovi, né io ho avuto il coraggio d'insistere su questo punto, convinto che da solo non può occuparsene.
Come sa Vostra Eminenza, l'anno scorso, durante la mia assenza, furono eseguiti dei lavori in questa Delegazione Apostolica, in parte urgenti per necessarie riparazioni del locale, ed in parte per un modesto ingrandimento, se non di assoluta necessità, certamente molto utile e conveniente. Al mio ritorno seppi che la "Corporazione Episcopale" di Ottawa, a cura della quale si intrapresero e si eseguirono i lavori, aveva contratto
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dei debiti, perché le spese avevano di molto superato il preventivo, ma ad estinguerli penserà la stessa "Corporazione" (forse col fare un appello a tutti i Revmi Ordinari), senza che il Delegato abbia ad intervenire, o ad occuparsi della cosa.
Come risultato dei suddetti lavori si è avuto [sic] una bella sala all'ultimo piano, la quale, quando sarà del tutto finita, si presterà molto bene per le conferenze dei Revmi Ordinari Canadesi. A mio umile parere adunque si è sciolto così un altro problema. Finché il Signore conserva in vita e dà forza al Cardinale Bégin, spetta a lui presiedere alle adunanze Episcopali, come per l'addietro; in seguito potrà stabilirsi la Delegazione, luogo, per così dire, neutro, come punto di convegno dei Rmi Ordinari, e la presidenza passerà al Decano degli Arcivescovi, di qualunque nazionalità egli sia. È vero che la Delegazione nell'offrire il salone per la conferenza, non può offrire, come l'Episcopio di Québec, anche l'alloggio ai convenuti, eccezione fatta del Presidente e forse pure di qualche altro, che può rimanere qui anche la notte. Ma i Revmi Vescovi che restano alla Delegazione solo per la conferenza, troveranno facilmente l'alloggio nelle varie Comunità religiose di Ottawa, alle quali di qui si accede comodamente.
C).
Il Card. Segretario della C. Concistoriale a Mgr. Di Maria, il 15 Luglio 1924.
Che la Delegazione Apostolica di Ottawa abbia nella sua residenza una sala, dove i Prelati del Dominion possano adunarsi e tenere le loro conferenze, è senza dubbio un bene ed un vantaggio; e me ne compiaccio per le conseguenze che ne possono derivare. È qui pertanto che si possono adunare gli Arcivescovi per
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la Conferenza, di cui ho scritto alla S. V. Rma recentemente.
Colla nomina di Mgr. Langlois ad Ausiliare del Card. Bégin è scomparsa pure la difficoltà che la S. V. ultimamente allegava; e non resta quindi che intendersi coll'Emo Arcivescovo per concretare detta riunione. Se egli interverrà, naturalmente a lui spetta la presidenza; diversamente Ella assuma presidenza e direzione, procurando di ottenere quei buoni risultati quae sunt in votis.
Num. IX.
Nota rilasciata dall'Arcivescovo di Cambrai al Card. Segretario della Concistoriale circa il luogo delle riunioni in Francia. (Dicembre 1923).
Lieu de la réunion. - Depuis quelque temps, de divers cotes, des voix épiscopales ont exprimé le désir de voir l'Assemblée se tenir ailleurs qu'à Paris, afin de la soustraire à l'atmosphère politique et libérale qu'on y respire. Les uns ont proposé un roulement qui aurait fait faire à l'Assemblée le tour de France en la convoquant clans chaque Archevêque à tour de rôle. Son Eminence et moi pensons que ce système est irréalisable. Tous les Archevêques ne sont pas en mesure de recevoir l'ensemble des membres de l'Assemblée; il en est de trop distants, il y aurait beaucoup d'absences. La réunion étant libre, des Archevêques peuvent désirer ne pas assister à la réunion. Ils se verraient cependant contraints moralement, à cause de l'opinion publique, de la recevoir chez eux à leur tour. D'autres ont proposé de fixer définitivement le siège de l'Assemblée à Tours, auprès du tombeau de Saint Martin, apötre des Gaules, à la façon dont les Evêques
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d'Allemagne s'assemblent chaque année à Fulda, auprès du tombeau de Sant Boniface, apôtre de la Germanie. Tours est au centre de la France et facilement accessible par sa position sur la ligne des grands express. L'Archevêché de Tours possède de grandes salles qui permettent d'y tenir les séances. De nombreuses familles se feraient un honneur d'héberger les Prélats. La présence du tombeau de Saint Martin donnerait à l'Assemblée un caractère purement religieux qui la dégagerait de toute apparence de compromission politique. Bien qu'il trouve à Paris plus de facilite d'accès, qu'il y voie une possibilité plus grande de nous documenter au centre de la Commission permanente, ou, au besoin, de consulter les compétences qui y résident, S. Em. le Cardinal Luçon apprécie hautement l'opportunité et les avantages des réunions à Tours. Il en accepte volontiers l'idée. Il s'y rendra sans aucune difficulté si Rome fixe là le siège de l'Assemblée annuelle. Mais il exprime le désir de voir ses collègues consultes avant que la mesure ne soit prise. Seguono le risposte date dal Card. di Bordeaux, dal Cardinal di Rennes e digli Arcivescovi di Rouen e di Burges al quesito fatto dal Card. Segretario della Concistoriale nel Gennaio 1924 circa il luogo delle adunanze. A). Il Card. Andrieux, Arcivescovo di Bordeaux (26 Gennaio 1924): L'idée de choisir la ville de Tours comme lieu de réunion de la prochaine Assemblée des Cardinaux et
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des Archevêques me parait très-heureuse et je joins volontiers mon suffrage a celui des Métropolitains qui désirent se réunir près du tombeau de Saint-Martin. B). Il Card. Charost, Arcivescovo di Rennes, 15 Gennaio 1924: Je suis heureux de voir la Sacrée Congrégation Consistoriale se préoccuper de tout ce qui peut maintenir au sein de notre Épiscopat la cohésion et la préoccupation résolument dominante de ce qui est selon l'ordre établi par Dien et la mission même qu'il a donnée a son Eglise. Je crois que la mesure demandée et la fixation à Tours de nos Assemblées serait une bonne mesure. L'atmosphère libérale, et avant tout opportuniste, ou les circonstances deviennent le point de vue dominant et parfois absorbant, est l'air même qu'on respire à Paris. Dans les Assemblées de ces deux dernières années, nous avons été l'objet de tentatives s'exerçant du dehors et inspirées par cet esprit-là ; Elles venaient soit, - assez discrètement, - du côte du Gouvernement, soit, - plus ouvertement -, de certains groupes du Parlement, soit de certaines notabilités laïques ou ecclésiastiques. La pensée elle-même de l'Épiscopat n'a pas été modifiée par ces divers courants. Ils ont eu cependant un certain résultat négatif. La liberté dans la discussion, le franc et plein développement des idées d'un assez bon nombre d'Archevêques, l'adoption nettement formulée de certaines conclusions importantes ont été plus ou moins empêchées par ces tendances neutralisantes, convient, il est vrai, d'ajouter que l'absence de rapports écrits et distribues d'avance, et de projets de vœux qui auraient dû en préciser les conclusions et nous les pro-
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poser quelques jours aussi d'avance, n'a pas été étrangère non plus aux inconvénients que j'ai signales plus haut. Tours est à l'abri de ces influences étrangères à l'esprit d'Eglise. Le souvenir de Saint Martin est celui d'un Evêque très saint qui ne voulut être qu'Evêque et Apôtre, et dont les conquêtes furent mises, plus d'un siècle après sa mort, par un de nos Conciles des Gaules, sur le même pied que celles de Saint Paul. La position géographique de la rite n'est guère moins commode que celle de Paris. C). L'Arcivescovo di Rouen (16 Gennaio 1924): A la question que Votre Eminence vénérée a bien voulu me poser, je répondrai par les raisons qui me paraissent militer en faveur du choix de Tours comme centre des Assemblées des Cardinaux et Archevêques de France et des raisons qui militent contre ce choix. Voici d'abord les raisons pour: l.º Au temps de l'Empire Romain, Lyon et ait la capitale de la première Lyonnaise, Rouen celle de la seconde Lyonnaise, mais lors qu'on divisa en deux régions politiques la seconde Lyonnaise, Tours devint le chef lieu de la seconde portion. L'Eglise naissante s'organisa selon les divisions politiques de l'Empire et voilà comment Lyon, Rouen et Tours devinrent les trois grands centres des Gaules chrétiennes. 2.º Tours fut un centre de pèlerinages au moyen âge, à cause du tombeau de Saint Martin appelé le Thaumaturge des Gaules. 3.º Tours est au cœur de cette vallée de Loire qui est elle-même le cœur de la vieille France. Voici les raisons qui militent contre le choix de Tours:
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a) Si Tours est un centre historique au point de vue de la foi et de la nationalité française, c'est une ville difficilement accessible pour la plupart des Cardinaux et Archevêques. Tous les chemins de fer français avec leurs exprès aboutissent à Paris. Pour aller a Tours, il faudrait toujours passer par Paris et par conséquent les Cardinaux et Archevêques trouveraient étrange de traverser tous Paris sans s'y arrêter; b) Paris, comme capitale de la France, est un centre ou tous les Cardinaux et Archevêques ont l'habitude de se rendre. Ils y ont un logement habituel, tandis qu'à Tours ils devraient tous recevoir de Mgr. l'Archevêque un billet de logement chez l'habitant, ou dans des communautés religieuses; c) Si un changement de lieu devait se faire, il paraitrait plus naturel de se rendre à Lyon, fort peu central pourtant, parce que c'est le premier siège des Gaules. Il en résulte pour le titulaire de ce siège un rang qui n'est point de juridiction, mais d'honneur; d) Si la Sacrée Congrégation estime opportun de changer le centre de cette Assemblée, les Cardinaux et Archevêques demanderont sans doute que la réunion se fasse tantôt dans une ville, tantôt dans une autre, puisqu'aucune n'a de prééminence. Alors il conviendra d'en changer tous les ans, ce qui n'est pas impossible; e) L'Assemblée des Cardinaux et Archevêques déjà très critiquée par quelques uns d'entre eux perdra beaucoup de sa cohésion, parceque [sic] plusieurs de ses membres profiteront de l'occasion pour ne pas s'y rendre. A vrai dire, Eminentissime Seigneur, la proposition qui vous a ete faite de transférer le centre de l'Assemblée de Cardinaux et Archevêques de France a Tours est un moyen détourne d'attaquer le principe même de cette Assemblée.
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En conséquence, j'estime que la Sacrée Congrégation aurait intérêt à faire une enquête officielle sur cette question: 1.º Est-il opportun de réunir chaque année les Em. Cardinaux et nos Seigneurs les Archevêques de France? 2.º Quel doit être le règlement intérieur des Assemblées. 3.º Comment doit être organise le Secrétariat, sans lequel les délibérations seraient mal préparées? Dans quelle dépendance doit il être de cette Assemblée? D). L'Arcivescovo di Bourges (19 Gennaio 1924): Veuillez m'excuser de n'avoir pas répondu plus tôt à la lettre confidentielle que Votre Eminence m'a fait l'honneur de m'écrire. J'étais au chef-lieu du département de l'Indre, diocèse de Bourges, quand la lettre de Votre Eminence est arrivée a l'Archevêché. En toute sincérité, je réponds que, si l'on se place au point de vue de la facilite des transports, Paris est mieux désigné que Tours pour être le siège de l'Assemblée des Cardinaux et des Archevêques. De tous les points de la France, des trains rapides ou express aboutissent à la capital et rendent les relations avec Paris très faciles aux Diocèses les plus éloignés. Bien que Tours paraisse plus central au point de vue topographique, il est impossible à la plupart des Archevêques de s'y transporter directement sans faire de longs arrets dans les gares intermédiaires, faute de correspondance entre les trains. Evidemment, ce n'est pas ma cause que je plaide: je puis aller aussi facilement à Tours qu'à Paris. Si, au contraire, l'on désire, pour la tenue des réunions archiépiscopales, un milieu plus approprie au
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genre de délibérations de l'Assemblée, Tours me semblerait préférable à Paris. A vrai dire cependant, ce n'est pas le milieu qui donne aux réunions épiscopales leur vrai caractère: ce sont les hommes. Les mêmes hommes, qui sont imbus d'idées libérales, qui sont enclins aux accommodements et qui n'hésitent pas à voiler les principes pour n'en pas voir les conséquences, on les retrouverait à Tours aussi bien qu'à Paris, puisqu'ils y seraient convoqués. Désireriez-Vous, Eminence, un simple exemple? Dans notre dernière ou avant-dernière Assemblée, nous avions à l'ordre du jour la question des "Sociétés sportives de Jeunes filles", que le monde officiel laïque s'efforce de développer de plus en plus. Pour résoudre cette question, il nous fallait aller contre les idées - pratiquement réalisées déjà - d'un Cardinal et d'un Archevêque très haut places. Ils approuvaient ouvertement les sociétés sportives féminines, ne voyaient aucun mal a les voir se produire au grand jour, en des concours ou les jeunes filles déployaient la souplesse et la grâce de leurs membres devant un public dispose à les couvrir de ses applaudissements. Qui plus est: le Cardinal venait de présider tout récemment un concours sportif de jeunes gens et de jeunes filles et n'hésitait pas à déclarer que rien, dans cette promiscuité, ne l'avait choque. En présence de ce Cardinal et de cet Archevêque - et le compte-rendu de notre Assemblée le révèlerait a Votre Eminence - l'Assemblée eut le courage - et il lui en fallut un peu - de prendre les décisions suivantes: l.º Dans les écoles et pensionnats, la gymnastique ne sera enseignée aux jeunes filles que par des Professeurs-femmes et modérément; 2.º jamais on n'autorisera la formation de Sociétés sportives pour jeunes filles, et encore moins les concours publics; 3.º jamais,
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a fortiori, et pour rien au monde, on ne devra tolérer les concours sportifs entre jeunes gens et jeunes filles. Je doute fort que ces résolutions, prises en commun par l'Assemblée e aient change la manière de Votum et de faire de ce Cardinal et de cet Archevêque. Faut-il croire que le milieu ou se tient notre réunion a influé sur leur mentalité? Peut-être; mais je crains fort que, sur ce point et sur bien d'autres, ils n'eurent apporté Leur mentalité à Tours. A tout prendre, et pour donner toute ma pensée, je me permets de redire à Votre Eminence qu'au point de vue doctrinal nos discussions gagneraient à avoir Tours pour centre; mais je dois avouer que la difficulté des relations me ferait craindre qu'elles ne fût regardée comme un obstacle très sérieux pour la plupart des Cardinaux et d'Archevêques de France.
(1)Si può tuttavia notare che non cessarono i pareri contrari, e il Card. Bonzano, che nel Luglio 1922 compì la Visita Apostolica in Fort Wayne, scriveva:
"Interrogato da me, il Vescovo si mostrò contrario all'adunanza annuale dell'Episcopato in Washington, perché egli teme che si sviluppi in essa il pericolo di tendenze nazionalistiche". (Nota di Ufficio).
(1)È da notarsi che i Vescovi di Baviera si adunano, a Frisinga, separatamente da quelli di Germania, ammettendo però fra di loro un Vescovo della Germania in qualità di rappresentante dell'Episcopato germanico; e da sé egualmente si adunano i Vescovi di Germania, separatamente cioè da quelli di Baviera; con intervento di un Vescovo Bavarese.
(2)Fu Mons. Chollet, Arcivescovo di Cambrai, che nel Dicembre 1923, conferendo coll'Emo Segretario della Concistoriale, disse di questa preferenza per Tours; e 1'8 Gennaio 1924 il Card. Segretario consultò il Card. di Bordeaux, il Card. di Rennes e gli Arcivescovi di Rouen e di Bourges, le cui risposte si aggiungono in fine (Allegato IX); ma dal loro parere non potrebbe trarsi sicura conclusione, essendo com'è noto, 17 gli Arcivescovi di Francia.
(1)È stato combiato [sic] in quello di "National Catholic Welfare Conference". (Nota di ufficio).
(1)"Hic conventus (così leggesi nella succitata lettera) ex intentione eorum, qui conventuri sunt, necnon secundum expressum desiderium Nuntii Apostolici Vindbone residentis omnino synodi vel concilii indole formaque carebit atque nonnisi fraternae et cordialis collationis occasionem praebebit".30
(1)Il Nunzio Apostolico di Vienna, Mons. Viale Prelà, inviato dal S. Padre a Colonia nel 1848 in occasione della solenne consacrazione di quella chiesa metropolitana, assistette ad una adunanza episcopale tenutasi in detta città il 16 Agosto, nella quale i Prelati ivi convenuti in eo consenserunt, quod Apostolico quoque Nuntio visum est, magnopere expedire optandumque esse, ut primo quoque tempore omnium Germaniae Antistitum haberetur Concilium". Tale riunione però non fu che un "familiare colloquium". Cfr. Collectio Lacensis, tom. V, col. 961.
1, mittig oberhalb des Textkörpers hds. vermutlich von Borgongini-Duca notiert: "Non più andata".
1Ursprüngliches Datum "4 Giugno 1925" hds. vermutlich von Serafini geändert.
2Dieses Dokument wird in der Ponenza vom 10. Juni 1926 erwähnt (vgl. Ponenza der Plenarkonferenz vom 10. Juni 1926; AAV, Congr. Concist., Ponenze, 1926, fasc. 81, S. 1).
3"Des délibérations [...] suffragants" links entlang des Textkörpers von unbekannter Hand hds. in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
4"formino [...] Nunzio" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch ein Fragezeichen hervorgehoben; "e che di proposito" und "escluso il Nunzio" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
5"che si radunassero [...] Sancta Sede" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
6"la coscienza [...] dei cattolici?" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
7"C'est Pie X [...] en France" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
8"par la loi [...] de France" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
9"Pie X" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
10"Benoit XV" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
11"des Cardinaux [...] par les Evéques" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
12"s'agit [...] antireligieuses" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
13"La séparation [...] convoqués" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
14"Sa Sainteté Benoit XV [...] catholiques" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
15"pour agréable que les Archevêques fussent convoqués tous les ans" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
16"(pour la première foi) [...] d'Etat" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
17"Quand Sa Sainteté [...] Suffragant" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
18"les représentent [...] degrés" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
19"Mais si, [...] à faire" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
20"b) Nous lui [...] réserve" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
21"c) Si nous [...] de Paris" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
22"l'Assemblée [...] Saint-Siège" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
23"Actes; [...] réunions" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
24"Dans [...] province" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
25"l'administration [...] ecclésiastique" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
26"Nous avons [...] diocèses" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
27"a assuré [...] autre chose" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
28"Mais l'Eglise [...] électoraux" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
29"Il Santo Padre [...] meritas Tibi" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
30"Vindobone [...] praebebit" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
31"il Presidente della prossima" hds. von unbekannter Hand in schwarzer Farbe unterstrichen.
32"Secondo il § 3 [...] Bertram" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in schwarzer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
33"il che tuttavia [...] Archivio" links entlang des Textkörpers in roter Farbe hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., und rechts hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
34"Questo principe [...] Ordinari" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
35"Non sempre [...] Vescovi" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
36"riferito [...] Chiesa" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
37"opportuna" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
38"commendevole" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
39"L'Eminentissimo [...] deliberazione" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie und ein Fragezeichen hervorgehoben.
40"rocchetto" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
41"Nell'invito [...] berretto" links durch ein Fragezeichen und rechts entlang des Textkörpers in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hds. von unbekannter Hand hervorgehoben.
42"Tale 'Comitato' [...] 'Soviet'" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
43"non ha mai ceduto la precedenza al Cardinale Kakowski" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen und links durch ein Fragezeichen hervorgehoben.
44"non mandò nessun invito" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
45"l'Emo Signor Card. Dalbor [...] Achille Ratti" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
46"l'Eccellentissimo [...] Protocollo)" links hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
47"Non so poi [...] Czestochowa" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
48"deferenza [...] Segretario di Stati" rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
49"le quali [...] l'avvenire" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
50"a tali Conferenze [...] convenga o no" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
51"inclinati" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
52"Infine [...] dannoso" links und rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
53"tendenze" hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
54"proteste [...] ecc." links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
55"Presidente è [...] Diakovo" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
56"Il Nunzio non viene invitato" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
57"Il Nunzio non [...] spedita" links in blauer Farbe hds. von unbekannter Hand und rechts in roter Farbe hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
58"al Nunzio [...] Zagabria" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
59"amichevoli" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
60"confidenziali" hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe unterstrichen.
61"apparire [...] S. Sede" rechts entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
62"colla Santa Sede [...] della Chiesa" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
63"Più tardi [...] opportuno" links entlang des Textkörpers hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
64"croati e sloveni" hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe unterstrichen.
65"affatto che i Serbi" hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe unterstrichen.
66"Ora [...] paese" links hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe und rechts hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
67"Fit, [...] obtrudantur" links hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., in roter Farbe und rechts hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
68"Generatim [...] decerni" links und rechts hds. von unbekannter Hand in blauer Farbe entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie hervorgehoben.
69"Ma non posso [...] ecclesiastico" links hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie in roter Farbe hervorgehoben.
70"Ad ogni modo [...] ecclesiastici" links hds. von unbekannter Hand, vermutlich von Pius XI., entlang des Textkörpers durch eine senkrechte Linie in roter Farbe hervorgehoben.
Empfohlene Zitierweise
Heilige Konsistorialkongregation, Sacra Congregazione Concistoriale eS.C. degli Affari Ecclesiastici Straord.Francia, Polonia, Germania, America, Svizzeraed altre NazioniLe Conferenze generali dell'Episcopato, Rom vom 18. Juni 19251, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 13622, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/13622. Letzter Zugriff am: 19.03.2024.
Online seit 24.06.2016, letzte Änderung am 01.02.2022.