Dokument-Nr. 14740
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele
München, 22. Juli 1925

Regest
Pacelli sendet dem Präfekten der Konzilskongregation Sbarretti eine Denkschrift des deutschen Episkopats zur Gefangenenseelsorge zurück. Der Nuntius erinnert daran, dass die Weimarer Reichsverfassung die Seelsorge in Gefängnissen ermöglicht, weshalb es einige hauptamtliche Gefängnisseelsorger in den wichtigsten Gefängnissen im Reich gibt. Diese werden von den staatlichen Behörden in Absprache mit dem Ortsbischof ernannt, der ihnen das kirchliche Amt und die notwendigen Fakultäten erteilt. In Gefängnissen mit wenigen Katholiken wird die Gefängnisseelsorge nebenamtlich von Priestern wahrgenommen, die eine andere hauptamtliche Beschäftigung haben, wie etwa Religionslehrer. Die rechtliche Stellung der Gefängnisseelsorger in Deutschland ist unklar und uneinheitlich. Pacelli zitiert die Beschlüsse der Fuldaer Bischofskonferenz aus dem Jahr 1922 zur Gefängnisseelsorge. Den Bestimmungen des CIC/1917 folgend entzogen einige Bischöfe die Gefängnisse der Pfarrjurisdiktion. Der Nuntius zitiert den entsprechenden Beschluss aus der Diözese Paderborn aus dem Jahr 1922. In anderen Diözesen hingegen sind die Gefängnisse nicht exemt der Pfarrjurisdiktion. Die Assistenz von nebenamtlichen Gefängnisseelsorger bei der Ehe von Gefangenen ist nach Pacellis Auffassung gültig, da diese gleichzeitig Ortspfarrer sind. Dem Nuntius erscheint es allerdings fraglich, ob das im vorliegenden Fall geprüft wurde. Anders geartet ist die Lage bei den hauptamtlichen, aber nicht exemten Gefängnisseelsorgern. Diese werden staatlicherseits als echte Pfarrer angesehen. Sie wollen unabhängig sein und sind es tatsächlich, wenngleich sie kirchenrechtlich von Ortspfarrer abhängig und damit Kooperatoren sind. Für die Zukunft rät Pacelli, dass die Bischöfe deutlich erklären, dass die Gefängnisseelsorger exemt sind wie echte Pfarrer, zu deren Recht die Fakultät gehört, bei der Ehe zu assistieren, während für die hauptamtlichen nicht exemten Gefängnisseelsorger das Mittel der Generaldelegation bleibt. Bei den nebenamtlichen, nicht exemten Gefängnisseelsorgern, also etwa den Religionslehrern, die nicht in der Gemeinde leben, ist es in Pacellis Augen allerdings fraglich, ob sie tatsächlich Kooperatoren sind und ob sie eine Generaldelegation erhalten können oder ob sie eine spezielle Delegation für jeden Einzelfall benötigen.
Betreff
Sulla facoltà dei cappellani delle prigioni di assistere ai matrimoni dei carcerati
Eminenza Reverendissima,
Mi pervenne regolarmente il venerato Dispaccio N. 2529/25 del 15 Maggio p.p., con cui l'Eminenza Vostra Reverendissima mi ordinava di esprimere il mio umile parere circa l'Esposto - che compio il dovere di ritornare qui accluso - indirizzato a cotesta S. Congregazione dall'Emo Sig.  Cardinale Bertram a nome dei Vescovi della Germania, i quali fanno parte della Conferenza di Fulda 1
È da ricordare innanzi tutto che l'articolo 141 della Costituzione germanica del 1919 ha lasciato alla Chiesa la possibilità dell'esercizio del culto nelle carceri, ed in tal guisa sono stati potuti mantenere in esse i relativi cappellani. Di questi alcuni vi
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esercitano il sacro ministero come ufficio principale (hauptamtlich)1 - e ciò si verifica nelle prigioni di maggiore importanza-; i medesimi, in quanto funzionari dello Stato, vengono nominati dalle competenti Autorità governative d'intelligenza col Vescovo, il quale da parte sua conferisce loro l'ufficio ecclesiastico e le necessarie facoltà. In altri casi invece - e ciò ha luogo ordinariamente nelle carceri, ove suole essere minore il numero dei cattolici - la cura delle anime viene affidata come ufficio accessorio (nebenamtlich)2 a sacerdoti, che hanno già un officio principale, ad esempio a maestri di religione nelle scuole superiori, ecc.
La situazione giuridica di detti cappellani in Germania non è stata però sinora del tutto chiara ed uniforme. La Conferenza vescovile di Fulda dell'Agosto 1922 (cfr. Protocollo pag. 13 n. 61)3 stabilì al riguardo quanto segue:
"In considerazione di una proposta degli ecclesiastici, i quali esercitano il sacro ministero nelle prigioni come ufficio principale (hauptamtlich), la conferenza decide:
a) I sacerdoti con cura d'anime nelle pri-
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gioni "hauptamtlich" ricevono il titolo di parroci (Pfarrer) 4.
b) I Vescovi delegano servatis servandis i sacerdoti aventi cura d'anime nelle prigioni per l'assistenza ai matrimoni ad universitatem causarum 5, a condizione che abbia luogo una intesa col parroco di origine o col parroco del domicilio circa l'assenza di impedimenti matrimoniali o di altri ostacoli.
c) Il battesimo dei figli di donne o ragazze carcerate deve aver luogo nella chiesa parrocchiale del luogo ed essere d'ordinario amministrato dal sacerdote, che esercita la cura delle anime nella prigione.
d) I sacerdoti con cura d'anime nelle prigioni debbono essere invitati alle conferenze del decanato ed alle altre riunioni, ed hanno nelle deliberazioni diritto di voto, se si tratti di affari di comune interesse".
In conformità di ciò ed in base al canone 464 § 2, in alcune diocesi i Vescovi hanno sottratto le carceri dalla giurisdizione parrocchiale. Così ad esempio, il Sinodo diocesano di Paderborn del 1922 decretò quanto appresso:
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"Gli Istituti civili ed ecclesiastici, come carceri, istituti di beneficenza, case di salute per malattie mentali, ove siano deputati "hauptamtlich" sacerdoti per la cura delle anime, vengono dal Vescovo a norma del can. 464 § 2 e dietro domanda motivata sottratti dalla cura del parroco. Detti sacerdoti portano il titolo di "parroci". Essi prendono parte alle conferenze dei parroci ed hanno fra i medesimi la precedenza secondo l'epoca della loro nomina (can. 106 nn. 3 e 6).
I loro diritti e doveri ecclesiastici sono determinati in particolare dal mandato del Vescovo. - Anche questi parroci sottostanno nell'esercizio del loro ufficio ecclesiastico (specialmente per ciò che riguarda le funzioni del culto, la cura delle anime, l'istruzione religiosa) alla ispezione ed alla visita del Vescovo (can.  343 e 344).
I parroci "hauptamtlich" nelle carceri sono autorizzati per l'assistenza ai matrimoni ed universitatem causarum. Il battesimo dei figli di donne e ragazze carcerate deve tuttavia aver luogo nella chiesa parrocchiale del luogo e deve essere amministrato ordinariamente dal cappelano della prigione".
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In altre diocesi invece le prigioni non sono esenti dalla giurisdizione parrocchiale (ad esempio, il grande penitenziario di Bruchsal nel Baden), e ciò sia nel caso in cui il cappellano vi eserciti la cura delle anime come ufficio principale, sia come ufficio accessorio.
Ciò premesso, per parlare innanzi tutto delle prigioni esenti dalla giurisdizione parrocchiale, i relativi cappellani curati assisterebbero validamente ai matrimoni dei carcerati, tuttavia "dummodo constet ipsis commissam fuisse plenam potestatem parochialem" (S.C. Conc., 1 Feb. 1908, ad X). Ora non sembra, salvo errore,6 che ciò siasi, almeno finora, verificato nel caso attuale. Ed invero l'Emo Signor Cardinale Bertram parla in generale di carcere, "qui7 jacet intra fines parochiae propriae dictae, ita ut incarcerati et officiales carceribus servientes non efforment separatam parochiam legitime cum pleno jure erectam, sed communitatem in districtu parochiae domiciliantem", ed aggiunge che "civilia jura publica incarceratorum communitatem habet tamquam veram quasiparochiam, licet e jure canonico vix possint titulo verae parochiae ornari". Il fatto, poi, che, secondo la succitata deliberazione della Conferenza di Fulda del 1922, i Revmi Vescovi hanno creduto di dover
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delegare i cappellani curati o "parroci" delle prigioni ad assistere ai matrimoni conferma, se non erro, che essi non li ritenevano come plena potestate paroeciali praeditos, giacché altrimenti quella delegazione sarebbe sata superflua. D'altra parte, una delegazione generale non può essere data in virtù del can. 1096 § 1 se non ai vicarii cooperatores; ora sembra incerto che tali possano essere ritenuti i cappellani in discorso, i quali, in quanto esenti, non pare che subsint parocho conformemente al can. 476 § 7. Potrebbe quindi, se non m'inganno, sorgere qualche dubbio circa la validità dell'anzidetta delegazione.
Diverso sarebbe invece, a mio subordinato avviso, il caso dei cappellani "hauptamtlich", ma non esenti. Questi, sebbene, secondo l'Esposto in esame, siano anch'essi considerati dallo Stato come veri parroci e vogliano essere indipendenti e spesso anzi praticamente lo siano, pure, a norma del diritto canonico, dipendono dal parroco e sembrano quindi avere il carattere di vicarii cooperatores pro determinata paroeciae parte (cfr. can. 476 § 2). In tal caso perciò varrebbe la delegazione generale data dall'Ordinario.
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Questo per il passato. Per l'avvenire sarebbe forse opportuno che i Revmi Vescovi chiaramente costituissero e dichiarassero i cappellani curati esenti come veri parroci, ai quali quindi competerebbe in forza del diritto la facoltà di assistere ai matrimoni 1, mentre che per i cappellani "hauptamtlich" non esenti, da considerarsi espressamente come vicarii cooperatores per la prigione, rimarrebbe il sistema della delegazione generale.
Resta a considerare la terza categoria di cappellani delle prigioni, quelli cioè non esenti e che esercitano tale ufficio "nebenamtlich". Questi possono essere, come si è accennato, maestri di religione, beneficiati, ecc., e talvolta non fanno parte del clero della parrocchia nè risiedono nella medesima. Potrebbe quindi sembrar dubbio, se essi siano veri vicarii cooperatores (cfr. can. 476 § 5) e se quindi possano avere la delegazione generale, o se sia invece necessaria una speciale
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delegazione per ogni caso.
Nel sottomettere quanto sopra al superiore giudizio dell'Eminenza Vostra, m'inchino umilmente al bacio della Sacra Porpora e con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
Di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Pacelli Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico
1"Come è noto, i Revmi Vescovi della Baviera si riuniscono in separata Conferenza a Frisinga."
1"Ho recentemente appreso che i Revmi Vescovi della Prussia stanno ora preparando d'accordo col Ministro della Giustizia una "Istruzione pastorale per i sacerdoti cattolici nelle carceri dell'amministrazione della giustizia in Prussia" (Pastoralinstruktion für die katolischen Geistlichen an den Gefangenenanstalten der Justizverwaltung in Preussen), nella quale si dichiara che il cappellano curato della prigione è, "come parochus proprius, autorizzato" ad assistere ai matrimoni."
[1r] oben rechts unterhalb des Datums hds in blauer Farbe "R"; [1r-4v] von "È da ricordare innanzi" bis "delegazione per ogni caso." an der Seite des Textkörpers hds. mit blauer Farbe markiert;
1Seitlich des Textkörpers hds. mit blauer Farbe markiert.
2Seitlich des Textkörpers hds. mit blauer Farbe markiert.
3"cfr. Protocollo pag. 13 n. 61" hds. mit blauer Farbe durchgestrichen.
4Seitlich des Textkörpers hds. mit Bleistift doppelt markiert.
5Hds. unterstrichen.
6"Ora non sembra, salvo errore" hds. mit roter Farbe unterstrichen.
7Von "dei carcerati" bis "di carcere, "qui" seitlich des Textkörpers mit roter Farbe zusätzlich markiert.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele vom 22. Juli 1925, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 14740, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/14740. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 24.06.2016, letzte Änderung am 01.02.2022.