Dokument-Nr. 20440

[Schmidlin, Joseph]: Pro Memoria su alcune questioni riguardanti le missioni tedesche nel Dopoguerra. [Münster], vor dem 08. Juli 1929

È noto che durante la guerra mondiale gli stati nemici espulsero gli altri missionari, prevalentemente tedeschi, tanto dai proprii territorii che dalle colonie tedesche conquistate (i Missionari del Verbo Divino dal Togo, i Pallottini dal Camerun, i Benedettini di S. Ottilia dall'Africa Orientale, i Cappuccini dalle Isole Caroline e Mariane, i Gesuiti e i Salvatoriani dall'India). Mons. Cerretti si limitò a salvare per la Chiesa le missioni minacciate o contestate, e così il trattato di pace ratificò le espulsioni avvenute e diede ai governi alleati il diritto di allontanare le missioni tedesche, confermando loro beni a cosiddetti consigli fiduciari. La Santa Sede, e in ispecie la Propaganda Fide, sanzionò questa situazione(1) in quanto che tolse le missioni ai tedeschi che allora le amministravano, affidandole a società non tedesche, per lo più francesi (per es. il Togo alle Missioni di Lione, il Camerun ai Padri dello Spirito Santo e ai Missionari di Mill Hill, l'Africa Orientale e Bombay ai Gesuiti spagnuoli, Assam ai Salesiani italiani). La Congregazione di Propaganda Fide assegnò anche i beni considerevoli, che si calcolavano a milioni, e che pure erano stati constituiti prevalentemente con le offerte dei cattolici tedeschi, alle nuove società missionarie, senza dare un centesimo di indennità, di modo che chiese, stazioni, poderi, ecc., del valore di molti milioni, passarono senz'altro in altre mani, per lo più francesi.
Le missioni e società tedesche espropriate furono trasferite, per la maggior parte, in territorii di minor valore, sterili e nient'affatto promettenti (specialmente nell'Africa del Sud) e dovettero ricominciare da capo, anche finanziariamente, di modo che generalmente vi lavorano fra difficoltà enormi, a prescindere poi dall'immenso patrimonio di forze e di cognizioni (per es. linguistiche) che costì fu perduto per le missioni tedesche, e per la missione in genere, poiché esse (come del resto, da parte sua, anche il personale missionario non tedesco di [sic] cui sono state sostituite) dovettero familiarizzarsi con condizioni missionarie affatto nuove, non potendo più valersi dei loro lavori e risultati precedenti, con grave danno delle missioni stesse.
Ora però le potenze nemiche possidenti hanno, per la maggior parte, abolito a poco a poco le disposizioni eccezionali o esclusive contro le missioni tedesche, ammettendole nuovamente, prima con certe cautele e condizioni le quali però anch'esse tendono a sparire, specialmente da parte dell'Inghilterra che ci interessa in prima linea (La [sic] Francia invece ha mantenuto la sua esclusiva). Ne segue che, tolte le barriere politiche, le società e le missioni tedesche
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possono ritornare liberamente nei loro antichi territori, tanto nelle ex colonie tedesche che nelle colonie non tedesche, almeno per quanto riguarda i territori britannici (compresi quei [sic] sudafricani ed australiani, come pure quei belgi). Perciò anche la maggior parte delle missioni evangeliche tedesche sono ritornate nei loro antichi territori dove possono lavorare indisturbatamente (per es. le missioni di Brema o della Germania settentrionale nel Togo, quelle di Basilea nel Camerun, quelle di Berlino, Lipsia, ecc. nell'Africa Orientale, quelle di Basilea, Lipsia, ecc. nelle Indie anteriori).
In stridente contrasto con ciò, le società missionarie tedesche cattoliche, generalmente, ancora non sono tornate nelle missioni rubate loro, non perché i rispettivi governi non le avessero ammesse per pregiudizii confessionali (come fu asserito da Mons. Marchetti), ma perché, in fin dei conti, Roma non vuole, o opponendosi positivamente o almeno non facendo i passi necessari per la riparazione dell'ingiustizia commessa. È vero che la Propaganda dichiara di non essere, in massima, contraria a un tale ritorno o reintegrazione, ed accusa anche le rispettive società tedesche di non muoversi abbastanza e di non essersi adoperate per la restituzione (ciò che viene però contestato nel modo più energico e più reciso dalle rappresentanze romane delle medesime); oppure le rimanda alle società non tedesche subentrate, le quali però da parte loro non vogliono andarsene se non dietro ordine della Propaganda. Così questo continuo oscillare tra la Congregazione di Propaganda e quelle società, rende impossibile di raggiungere qualunque risultato positivo.
È anche fuori dubbio che, secondo la dottrina missionaria cattolica, la Chiesa Romana, e precisamente la Propaganda, deve prendere l'iniziativa, togliendo le missioni ai possessori supplenti, e restituendole ai legittimi proprietari, tanto più che ora le potenze nemiche, da parte loro, stanno modificando le disposizioni esclusive nel senso sopra accennato, e che si tratta d'una grave questione possessoria che può essere risolta unicamente mediante una restituzione adeguata all'espropriazione avvenuta a diritto o a torto.
Si aggiunga che la maggior parte di queste società supplenti (specialmente quelle francesi) ammettono di non essere in grado, per mancanza di personale proprio, di tenere e di occupare in misura sufficiente le rispettive missioni e territori. Questa necessità è talmente impellente che Roma assolutamente non può sottrarvisi alla lunga, specialmente quando si chiama l'attenzione sulla ripercussione sull'opinione pubblica in Germania (specie presso i cattolici tedeschi) e eventualmente sulle trattative per il Concordato.
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In particolare, la situazione nei diversi territori è la seguente:
1) Nel Togo, gli stessi due vescovi lionesi hanno espresso il desiderio di veder ritornare i Missionari del Verbo Divino, poiché non dispongono di sufficienti forze proprie, ma il Consiglio Generale di Lione (evidentemente per ragioni politiche e forse sotto la pressione del governo francese) ha respinto questa richiesta, sebbene la Società del Verbo Divino, di cui la curia generalizia ora si è trasferita a Roma, volentieri riprendesse la sua missione nel Togo (almeno nel nord, passato all'Inghilterra) e ripetutamente avesse offerto i suoi servizi.
2) Nel Camerun si tratta in prima linea della parte britannica, data ai missionari di Mill Hill, ma questa società inglese ha dichiarato, in risposta a ripetute richieste dei Pallottini tedeschi, di cedere solo qualora lo richiedesse Roma, e Roma, da parte sua, rimanda i Pallottini ai Missionari di Mill Hill. I Padri dello Spirito Santo, francesi (per lo più alsaziani) invece sembrano mostrarsi più propizi a una cessione (alla quale, per il territorio francese probabilmente si opporrebbero le autorità francesi). Anche qui i Pallottini hanno cercato con tutti i mezzi possibili di ottenere la restituzione della promettente missione del Camerun, ma finora tutti questi sforzi sono stati vani, secondo il Marchetti, perché i Pallottini sarebbero troppo "cocciuti".
3) Nell'Africa Orientale tedesca sono rimasti, presso i Padri dello Spirito Santo nel nord e presso i Padri Bianchi nell'interno, molti alsaziani e anche qualche germanico, i quali, appartenendo alle dette congregazioni, possono continuare a rimanervi e ad essere aumentati. Dei Benedettini, i membri svizzeri della congregazione sono rimasti nella Prefettura di Lini, e adesso vi sono tornati anche dei tedeschi mentre Daressalam resta nelle mani dei Cappuccini svizzeri. (Nell'Africa del Sud Ovest potevano rimanere nel nord gli Oblati di Maria Immacolata e nel sud i Salesiani, ma dal Mozambique portoghese i missionari del Verbo Divino sono tuttora esclusi).
4) Mentre i Missionari del Verbo Divino nella Nuova Guinea tedesca e i Missionari del Sacro Cuore di Hiltrup nella Nuova Pomerania hanno potuto continuare il loro lavoro e mentre adesso sono state abolite anche le restrizioni all'immigrazione, nelle Isole Caroline e Mariane, passate al Giappone, i Cappuccini della Renania-Vestfalia continuano ad essere esclusi e sostituiti da gesuiti spagnuoli (chissà se avessero successo dei passi per la loro riammissione e per la restituzione delle grandi piantagioni delle missioni cappuccine nella Nuova Guinea?)
5) Nelle Indie anteriori britanniche, i gesuiti tedeschi, sotto Mgr. Döring, sono ritornati recentemente nella loro missione di Poona.
Ma dalla loro missione e dal loro collegio di Bombay continuano ad essere esclusi e sostituiti da gesuiti spagnuoli, come pure i Salvatoriani tedeschi, malgrado tutti gli sforzi in questo senso, non possono ancora ritornare, al luogo dei Salesiani di Don Bosco, nella loro missione di Assam (cioè la Propaganda offrì loro di potere o di dover stabilirsi in una parte completamente nuova di Assam, mentre la vecchia missione con le sue stazioni, scuole ecc., dovrebbe restare ai Salesiani). Per quel che riguarda la Cina, il Giappone e le Filippine, i missionari tedeschi poterono rimanere finora nelle loro missioni (eccezion fatta per alcuni isolati ed effimeri episodi di espulsione nello Sciantung del Sud e nelle Filippine), e dopo la guerra poterono aggiungersi nuove missioni tedesche; perciò questo caso non c'entra qui.
(1)Le senzionò [sic] positivamente per quel che riguarda il Giappone, in seguito alle trattative svolte dall'ammiraglio Yamamoto, inviato appositamente a Roma.
Empfohlene Zitierweise
[Schmidlin, Joseph], Pro Memoria su alcune questioni riguardanti le missioni tedesche nel Dopoguerra, [Münster] vom vor dem 08. Juli 1929, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 20440, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/20440. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 20.01.2020.