Dokument-Nr. 2683

Erzberger, Matthias: Le controproposte germaniche alle condizioni di pace formulate dall'Intesa, vor dem 15. Juni 1919

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Le controproposte germaniche alle condizioni di pace formulate dall'Intesa . Parte prima.
I. Le basi giuridiche dei negoziati di pace.
La delegazione tedesca ha iniziato il suo compito, quale è quello di concludere la pace, ispirandosi alla persuasione basata sul diritto che il contenuto essenziale del futuro trattato debba essere fissato nelle sue linee generali insieme all'antefatto per dar così ai negoziati di Versailles una piattaforma stabile e sicura. Questa persuasione di diritto si fonda sui fatti seguenti:
Il 5 ottobre 1918 il Governo tedesco si rivolse al presidente Wilson pregandolo di voler prendere nelle mani il ristabilimento della pace sulla base dei suoi 14 punti letti nel messaggio al Congresso e delle sue manifestazioni successive, specialmente quella contenuta nel suo discorso del 27 settembre; di invitare tutti gli Stati belligeranti ad inviare plenipotenziari allo intento di allacciare i negoziati di pace e determinare l'immediata conclusione di un armistizio generale.
L'8 ottobre il presidente Wilson domandò al Governo tedesco se esso accettava i suoi 14 punti e se lo scopo della discussione consisteva soltanto nel mettersi d'accordo sui particolari pratici della loro applicazione.
Il Governo tedesco confermò ciò esplicitamente ed espresse in pari tempo la persuasione che anche i Governi alleati si ponessero sul terreno delle manifestazioni del pre-
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sidente Wilson. Si dichiarò inoltre pronto a procedere all'evacuazione domandata dal presidente Wilson qual premessa sine qua non per la concretazione dell'armistizio.
Dopo un ulteriore scambio di note il presidente Wilson partecipò il 23 ottobre di esser pronto a sottoporre ai Governi alleati la questione d'un armistizio. Disse di avere rimesso ai Governi alleati lo scambio di note fra lui e il Governo tedesco, con suggerimento che, se gli Alleati eran disposti di far la pace alle condizioni e secondo i principi già accettati dalla Germania, di comunicare per mezzo delle loro autorità militari quelle condizioni d'armistizio idonee a garantire o ad ottenere colla forza i particolari della pace accettata dal Governo tedesco. La Germania – fu detto espressamente – avrebbe offerto coll'accettazione di tali condizioni d'armistizio la prova migliore e più persuasiva che avrebbe accettato ancora le condizioni fondamentali e i capisaldi di tutto il trattato di pace.
Dopoché il Governo tedesco ebbe dato informazioni soddisfacenti nella sua risposta del 27 ottobre alla Nota del presidente Wilson del 23 ottobre su ulteriori questioni di politica interna, il presidente Wilson dichiarò il 3 novembre al Governo tedesco di aver ricevuto dai Governi alleati in risposta allo scambio di note col Governo tedesco trasmesso loro, un memorandum del seguente contenuto:
I Governi alleati hanno diligentemente esaminato lo scambio di note avvenuto fra il Presidente degli Stati Uniti e il Governo tedesco. Essi dichiarano, colle seguenti limitazioni, di esser pronti a concludere la pace col Governo tedesco prendendo per base le condizioni di pace fissate dal Pres idente nel suo indirizzo dell'8 gennaio 1918 al Congresso, ed i
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principi fondamentali enunciati nei suoi discorsi posteriori
. Essi debbono però far rilevare che il concetto generalmente detto della libertà dei mari lascia adito a varie interpretazioni di cui essi non possono accettarne alcune. Essi debbono quindi riservarsi piena libertà alla Conferenza di pace su tale argomento.
Il Presidente, nelle condizioni di pace stabilite nel suo indirizzo tenuto l'8 gennaio 1918 al Congresso, ha inoltre dichiarato che i territori occupati debbono essere non solo evacuati e liberati, ma rimessi nel loro stato primiero. I Governi alleati sono d'opinione che nessun dubbio possa sussistere sul senso di questa condizione. Essi intendono che la Germania debba rifondere i danni inflitti alla popolazione civile in seguito agli attacchi per terra, per mare e dall'aria.
L'11 novembre 1918 fu concluso l'armistizio.
Dallo scambio di note che condusse all'armistizio risulta quanto appresso:
1) La Germania ha espressamente accettato qual base per la pace i soli 14 punti di Wilson e le sue dichiarazioni ulteriori. Altre basi non sono state mai richieste successivamente né da Wilson, né da nessun altro dei Governi alleati.
2) L'accettazione delle condizioni d'armistizio poste dagli alleati avrebbero dovuto, secondo l'assicurazione dello stesso Wilson, fornire la prova migliore per la non equivoca accettazione delle suddette condizioni fondamentali e capisaldi per la pace da parte della Germania. La Germania ha accettato le condizioni d'armistizio poste dagli alleati e le ha osservate impegnando tutte le sue forze ad onta della loro terribile durezza. Ha dato in tal modo l a prova richiesta dal Presidente Wilson e si è acquistata così un diritto
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contrattuale di esigere una pace basata sul diritto.
3) Gli alleati hanno egualmente accettato i 14 punti di Wilson e le sue manifestazioni speciali quali base per la pace.
4) Esiste dunque fra le due parti un accordo solenne sulla base della pace. La Germania è in pieno diritto di esigere che questa base fondamentale sia osservata. Se gli alleati tralasciassero di farlo commetterebbero la violazione di un trattato consacrato dal diritto internazionale.
5) Secondo le parole dello stesso Wilson la pace dovrà esser conclusa in via di negoziati. Una pace dettata costituirebbe violazione del patto convenuto. Questi negoziati possono estendersi soltanto ai 14 punti e alle ulteriori manifestazioni di Wilson.
Sulla base per la conformazione della pace né i Governi alleati e associati, né il Governo tedesco son dunque liberi di agire a loro talento. Esiste, al contrario, come risulta dai fatti storici suesposti, un pactum de contra h endo di forza giuridica non suscettibile di dubbio alcuno.
II. La contradizione fra il progetto del trattato e le sue basi giuridiche, nonché la contradizione fra le assicurazioni date dagli uomini di Stato nemici e le idee generali del diritto internazionale.
Il popolo tedesco depositò le armi confidando sulla base di diritto assicuratagli per i negoziati di pace. Questa fiducia animava il popolo tedesco in modo speciale, in quanto che nell'accordo contrattuale esso scorgeva soltanto una sintesi di idee fondamentali che dinanzi a lui erano state esternate con grande abbondanza già in precedenza dagli uomini di Stato nemici.
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I nostri avversari hanno reiteratamente ripetuto e assicurato di non condurre la guerra contro il popolo germanico, ma contro un Governo imperialistico ed irresponsabile. Essi non ristavano mai dal ripetere che a questa guerra senza riscontro nella storia avrebbe dovuto seguire un nuovo genere di pace, ossia una pace del diritto e non basata sulla violenza. Dovere un nuovo spirito emanare da questa pace la quale doveva personificarsi in una lega di popoli alla quale anche la Germania avrebbe dovuto appartenere. Non doversi annientare la posizione della Germania fra i popoli e riconoscere il diritto di autodecisione per tutti i popoli della terra.
Tutti questi capisaldi eran compendiati nei 14 punti del Presidente Wilson, i quali, insieme alla nota del segretario di Stato Lansing del 5 novembre 1918, formano, come abbiam già detto, le basi della pace.
Or ecco, invece, che le condizioni di pace presentateci, stanno in istridente ed aperto contrasto con tutte le assicurazioni solennemente dateci. Bastano, per dimostrarlo, le poche e seguenti osservazioni:
1) Non guerra contro il popolo germanico?
Che la guerra non era rivolta contro il popolo tedesco lo disse il ministro britannico Asquith il 27 settembre 1917 a Leeds: "Oggetto della nostra lotta era ed è il militarismo prussiano". Allo stesso modo il sottosegretario inglese Lord Robert Cecil dichiarò: "Se in Germania si insediasse davvero un Governo democratico noi verremmo ad avere con ciò una forte garanzia che i pericoli, che potrebbero venirci in avvenire dalla Germania, sarebbero corrispondentemente diminuiti." Il 3 ottobre 1914 il Ministro delle munizioni inglese Winston Churchill dichiarava: "Quando i Tedeschi saranno decisamente battuti ed avranno perduto la fiducia nella loro forma di Governo, in modo da comprendere che questa li ha condotti alla miseria facendone i nemici dell'umanità; quando il popolo ger-
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manico sarà assurto al grado di nazione evoluta come son le libere democrazie del mondo, se questo avverrà in seguito al duro indegnamento della guerra, avremo allora davvero una pace effettiva e duratura, una pace atta a sanare le ferite inferte dalla guerra, e non una pace nella quale il mondo risulterebbe diviso in seguito alla paura e alla sfiducia quale conseguenza della volontà di una nazione di porsi al di sopra di tutte le altre."
La medesima cosa assicurò il Presidente Wilson il 2 aprile colle seguenti parole: "Noi non siamo in lotta col popolo tedesco. Dinanzi ad esso noi non sentiamo che simpatia ed amicizia. Il Governo tedesco ha fatto la guerra senza i suoi incitamenti, senza che lo sapesse o che l'approvasse. – Nel nostro modo di condurre la guerra ci sarà tanto più facile di far regnare l'alto spirito del diritto e della giustizia perché noi agiamo senza amarezza, perché non nutriamo inimicizia contro un popolo, né abbiamo desiderio di danneggiarlo in qualsivoglia modo, ma vogliamo soltanto opporre resistenza armata ad un Governo irresponsabile". Nel giorno della festa nazionale della bandiera americana il presidente Wilson disse nel 1917 a Washington: "Oggi noi sappiamo egualmente bene, come lo sapevamo prima dell'entrata in guerra, che come noi non siamo nemici del popolo tedesco, così esso non è il nostro nemico. Il popolo germanico non ha preparato né voluto questa guerra orribile; non ha desiderato che noi venissimo implicati in essa; e noi abbiamo la vaga impressione di combattere non solo per la nostra propria causa, ma anche <per>1 la causa del popolo tedesco, come esso ben comprenderà in futuro." In un suo discorso del 4 decembre 1917 si legge: "Lor signori persistono nel volere che la guerra non termini con un atto vendicativo di qualsiasi genere; che nessuna nazione, nessun popolo sia derubato o punito sol perché i capi irresponsabili di
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un paese hanno commesso da parte loro un torto grave e degno di abominazione."… Nel discorso tenuto a Baltimora il 6 aprile 1918 il Presidente degli Stati Uniti disse: "Noi non vogliamo ingiustizie né abbiamo intenzioni ostili. Noi siamo pronti di essere, nella resa dei conti definitiva, giusti verso il popolo tedesco e di trattare onestamente la Germania al pari delle altre Potenze. In questo giudizio finale non si può fare differenza alcuna fra i popoli, se si vuole che questo giudizio sia davvero giusto. Noi verremmo meno e disonoreremmo la nostra stessa causa se trattassimo la Germania in modo imparziale e non ci lasciassimo guidare dal desiderio ardente di pura giustizia verso chiunque, comunque si risolva la guerra. Infatti noi non chiediamo nulla che non siamo anche ed egualmente disposti ad accordare."
Dopo tutte queste assicurazioni si doveva ritenere che i profondi cambiamenti politici avvenuti in Germania verso la fine dell'autunno del 1918 avrebbero dovuto esser presi in considerazione dagli avversari della Germania nelle loro condizioni di pace. La nuova costituzione della Germania, la composizione del suo Governo popolare corrispondono ai più puri principi della democrazia. L'abbandono totale dello spirito militare che reggeva la vecchia Germania si rivela anche in questo che lo Statuto per una Lega di Popoli proposto dalla Germania contiene un trattato sulla limitazione degli armamenti atto a creare ben più grandi garanzie che non le prescrizioni corrispondenti che si trovano nello Statuto della Società delle Nazioni contenuto nel progetto di pace dell'Intesa.
Ebbene: tutti questi dati di fatto non hanno trovato considerazione veruna. Davvero che non sarebbe possibile immaginare quali più dure condizioni avrebbero potuto essere imposte ad un Governo imperialistico.
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2) Non pace basata sulla violenza, ma pace di diritto?

La pace da concludersi colla Germania avrebbe dovuto essere una pace basata sul diritto e non sulla violenza.
Infatti il ministro francese Painleve promise il 18 settembre 1917 nel Senato e nella Camera dei Deputati la conclusione "non d'una pace della forza e della violenza che portasse in sé i germi della prossima guerra, ma della pace giusta e duratura." Il 12 novembre lo stesso uomo di Stato disse degli Alleati: "Essi combattono perché le nazioni imparino finalmente a conoscere la pace, la giustizia, il rispetto che si deve al diritto, senza esser piegati da leggi ferree." Il 27 settembre 1917 il ministro degli Esteri, Pichon, disse nella Camera dei Deputati: "Vincere, perché? Far conquiste per opprimere popoli e soggiogarli? No! Ma per procacciare al mondo una pace di giustizia e di fratellanza corrispondentemente alla votazione della Camera e le dichiarazioni dei Governi alleati."
Il ministro britannico Asquith dichiarò nel discorso a Leeds, il 27 settembre 1917: "Tanto meno ci possiamo attendere una pace degna del mondo da un trattato imposto dal vincitore al vinto; da un trattato che lasci inosservati i principi fondamentali della pace e non corrisponde alle tradizioni storiche, ai diritti e alle libertà dei popoli. Questi cosiddetti trattati portano in sé la garanzia della propria morte e preparano semplicemente un terreno fertilissimo alle guerre future."
Il ministro Balfour dichiarò il 9 novembre 1914: "Noi non siamo mossi da brama di conquista, ma desideriamo invece soltanto di proteggere la civiltà d'Europa."
Il 10 gennaio 1918 ripeté a Edimburgo: "Mai entrammo in guerra per iscopi egoistici, né condurremo a termine questa guerra per iscopi egoistici." Il 4 settembre 1915 Bonar Law nel Guild Hall pronunciò le seguenti parole: "Noi com-
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battiamo per le forze morali dell'umanità e per il diritto della giustizia pubblica, base della moralità. Noi combattiamo per il diritto contro la forza."
Il 22 ottobre 1917 il presidente dei ministri inglese, Lloyd George, nella Camera dei Comuni: "Noi non dobbiamo mettere nelle mani della Germania un'arma, ciò che invece faremmo se commettessimo verso di lei una vera ingiustizia" e nel suo discorso del 5 gennaio 1918: "Qui non si tratta di vendetta ma di giustizia. Noi non vogliamo avere una nuova questione alsaziano-lorenese, per la semplice ragione perché, se ciò facessimo, ripeteremmo l'errore della Germania." Anche il generale Smuts in un discorso tenuto il 17 maggio 1918 davanti agli operai dei cantieri a Clyde disse che lo scopo della guerra era quello di vedere assicurata la libertà e i diritti di tutte le nazioni.
Il 2 aprile 1917 il presidente Wilson, nel suo discorso alle due camere del Congresso osservò: "Noi saremo contenti se i diritti dell'umanità saranno assicurati almeno per quel tanto che lo possono in virtù della stima reciproca e della libertà dei popoli." E il 4 decembre 1917, nel suo messaggio di Capodanno al Congresso: "Credo di parlare in nome del popolo dicendo queste due cose: quando verrà il tempo nel quale noi potremo parlare di pace; quando il popolo tedesco avrà portavoce nelle cui parole noi potremo fidare, e quando questi portavoce saranno pronti ad assoggettarsi in nome del loro popolo alla sentenza generale delle Nazioni riguardo a quello che sarà in avvenire la base del diritto e l'accordo nella vita del mondo, allora noi saremo lietamente pronti di pagare tutto il prezzo della pace e lo pagheremo senza mormorare. Noi sappiamo quale sarà questo prezzo. Esso sarà: piena giustizia imparziale, giustizia in ogni punto e verso qualsiasi nazione, giustizia tanto verso i n ostri amici che i nostri nemici" . Nello
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stesso discorso, laddove si legge delle violazioni di diritto da rimediare, si dice: "Queste violazioni non possono e non debbono essere rimediate commettendo eguali violazioni di diritto contro la Germania e i suoi alleati. Il mondo non lascerà che simili violazioni di diritto siano commesse quali un mezzo per comporre un dissidio. Gli uomini di Stato debbono pure aver imparato che l'opinione pubblica mondiale è sveglia dovunque e che intende completamente le questioni di cui si tratta." Nel suo discorso ai giornalisti messicani tenuto il 9 giugno 1918 il presidente Wilson promise il mantenimento del principio fondamentale che gli interessi del più forte e del più debole debbono essere ugualmente sacri. "Questo è ciò che noi vogliamo quando noi vogliamo ciò sinceramente, con piena ragionevolezza e vera cognizione di causa e nozione dell'obbietto. Se in verità lo scopo comune dei Governi e dei popoli alleatisi contro la Germania è quello di creare una pace stabile e duratura nei futuri negoziati di pace, tutti quelli che si siederanno al tavolino dei negoziati saranno pronti e animati dal desiderio di pagare quel prezzo necessario per averla. Essi debbono essere inoltre pronti e animati dal desiderio di creare con virile coraggio l'unico strumento che può assicurare l'esecuzione delle condizioni di pace. Questo prezzo è costituito dalla imparziale giustizia in qualsiasi punto, qualunque siano gli interessi che vengono attraversati; e non giustizia imparziale soltanto ma sibbene soddisfazione di tutti i popoli la cui sorte dovrà esser decisa." Nel suo discorso al Congresso l'11 febbraio 1918 il presidente Wilson caratterizzò il fine di guerra nel modo che segue: "Quello che noi vogliamo è un nuovo ordinamento internazionale riposante su larghi ed universali principi del diritto e della giustizia…non una pace
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formata di toppe e di rimendi."
Orbene: il documento di pace presentato dall'Intesa mostra che tutte queste reiterate assicurazioni non sono state mantenute. Anzitutto nelle questioni territoriali: Nell'ovest un territorio schiettamente tedesco lungo la Saar con una popolazione di non meno 600.000 abitanti deve essere strappato alla Germania sol perché si avanzano pretese sui giacimenti carboniferi di quel bacino. Per ben 15 anni questo territorio dovrà esser retto da una Commissione alla cui nomina la popolazione del luogo non potrà avere influenza alcuna.
In quanto alle altre cessioni all'ovest, all'Austria tedesca, e alla Boemia tedesca, si dovrà decidere in rapporto al diritto di autodecisione dei popoli.
Nello Schleswig è stata tirata la linea per la votazione attraverso territori puramente tedeschi che va più in là di quello che lo stesso Governo danese desidera.
All'est la Slesia superiore dovrà essere strappata alla Germania e buttata ai Polacchi, sebbene non sia stata in nessunissima relazione con questi da più di 750 anni. Al contrario la Provincia di Posen e quasi tutta la Prussia occidentale dovranno essere staccate a forza della Germania per riguardo all'antico Impero polacco, e questo sebbene in quei territori abitino milioni di tedeschi. Allo stesso modo si ha lo smembramento del distretto di Memel senza nessunissimo pretesto, qui, di passato storico, allo intento troppo evidente di separare economicamente la Germania dalla Russia. Alla Polonia dovrà essere assicurato il libero accesso al mare, smembrando completamente la Prussia orientale, staccandola dal corpo della Germania e condannandola così ad una lenta morte economica e nazionale. La città di Danzica, schiettamente tedesca, dovrà divenire città libera. Nessun pensiero di diritto e di giustizia può avere ispirato simili condizioni. Nelle decisioni del-
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l'Intesa ora è stata accampata l'idea del diritto storico imprescrittibile, ora l'idea del possesso etnografico, ora il punto di vista degli interessi economici.
Anche il modo con cui sarebbe regolata la questione coloniale contraddice all'idea del diritto. Infatti l'essenza dell'attività statale su territori coloniali non consiste nello sfruttamento capitalistico di una razza umana inferiore, sibbene nella missione di guadagnarla ad una cultura superiore. Ne consegue un diritto naturale delle Potenze civili di partecipare tutte all'attività coloniale. Questo diritto naturale l'ha indubbiamente la Germania, i cui meriti nell'ambito della colonizzazione sono indiscutibili, anche se si vogliono riconoscere alcuni errori. Questo diritto non vien riconosciuto in un trattato di pace che privi la Germania di tutte le sue colonie.
Non soltanto riguardo alle questioni territoriali ma in tutto quanto si esige nelle condizioni di pace dell'Intesa, domina il famigerato passo: "La forza sta sopra il diritto!" Eccone alcuni esempi: Secondo l'articolo 117 la Germania dovrà sottoporsi in precedenza a tutti i trattati e alle convenzioni dei suoi nemici cogli Stati creati o da crearsi su parti di rovine del vecchio impero russo; e questo anche in relazione ai suoi stessi confini.
Secondo le norme del diritto internazionale, come sono state sempre intese nel continente, la guerra economica avrebbe dovuto esser dichiarata inammissibile già durante la guerra e la proprietà privata avrebbe dovuto essere intangibile. Ciò non pertanto lo strumento di pace non solo non si contenta di impossessarsi di tutte le somme tratte dalle proprietà private liquidate dai nemici nei loro territori e di tenersele come indennizzo di richieste statali dinanzi alla Germa-
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nia, ma riserva ai Governi dell'Intesa in modo veramente inaudito il diritto di liquidare tutte le proprietà tedesche nei suoi territori per un tempo indeterminato entrato che sia in vigore il trattato di pace, senza indennizzo alcuno; oppure di sottoporle a misure di guerra. Queste enormità dovrebbero valere persino riguardo alle proprietà tedesche nelle colonie germaniche e nell'Alsazia-Lorena.
Si pretende che cittadini tedeschi vengano consegnati ai tribunali delle grandi Potenze nemiche, mentre si dovrebbe insediare un tribunale imparziale incaricato di fermare tutte le violazioni di diritto internazionale avvenute in questa guerra, da qualunque parte esse vengano fatte valere.
Sebbene il presidente Wilson riconoscesse nel suo discorso del 26 ottobre 1916 che "non fatti singoli determinarono la guerra", ma che, in ultima analisi la colpa della conflagrazione si doveva ascrivere a tutto quanto il sistema europeo, "ad un intrico di alleanze e di accordi, ad una trama di intrighi e di spionaggi che impigliò con sicurezza nelle sue maglie tutta quanta la famiglia dei popoli", "che la dichiarazione della guerra attuale non è semplice, ma le sue radici si addentrano profondamente nell'oscuro terreno della storia," la Germania deve riconoscere che essa e le sue alleate son responsabili per tutti i danni sofferti dai Governi avversari e dai loro appartenenti a causa dell'attacco di questa e delle sue alleate. Eppure è un fatto storico incontrovertibile che alcuni degli Stati a noi nemici, come per esempio l'Italia e la Rumenia, entrarono in guerra solo per procedere a conquiste territoriali.
Astrazion fatta, dunque, dalla circostanza che non esiste nessuna base di diritto ineccepibile per il dovere di indennizzo imposto alla Germania, si viene ad avere questa enormità: che l'entità di questo indennizzo vien fissata da una commissione esclusivamente nemica senza che la Germania partecipi alla
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decisione. I poteri di cui tale commissione è investita mirano semplicemente ad amministrare la Germania quale una grande massa del fallimento. Si dimentica che, come vi sono diritti umani ingeniti, così vi son diritti ingeniti dei popoli; e che il diritto fondamentale supremo di tutti gli Stati è il diritto della propria conservazione. Ora, con questo diritto fondamentale è assolutamente inconciliabile l'imposizione che qui si fa alla Germania. La Germania deve addossarsi un'indennità di guerra di cui non conosce nemmeno l'entità. I fiumi tedeschi devono essere sottoposti ad un regime internazionale nel quale i rappresentanti della Germania saranno in una minoranza piccolissima. Sul territorio della Germania potranno essere costruiti canali e ferrovie secondo la volontà di autorità straniere. I pochi esempi sopra esposti bastano a dimostrare che questa non è la pace di diritto promessaci; non la pace che, secondo le parole dello stesso presidente Wilson "riposi, in forza di tutta la sua essenza, sulla eguaglianza e sul comune godimento di un beneficio ridondante a vantaggio di tutti, nel quale la uguaglianza dei popoli consista nell'uguaglianza dei loro diritti."
3) Lo spirito della Lega dei Popoli.
In una tale pace la solidarietà degli interessi umani sarebbe stata considerata sol se avesse trovato la sua espressione in una lega di popoli. Quante volte non è stato promesso alla Germania che questa lega dei popoli avrebbe riunito in una comunità durevole di diritto tutte le belligeranti, cioè a dire vincitori e vinti?
Il 10 aprile 1916 il Ministro Asquith disse ai parlamentari francesi: "Lo scopo degli alleati in questa guerra
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è di spianare la via ad un sistema internazionale che assicuri il principio di uguali diritti per tutti gli Stati civili." Il 1 novembre 1918 il ministro Cecil parlò di uno spirito della lega dei popoli il quale dovesse significare non solo il macchinario di una lega di popoli, sibbene il surrogato della concorrenza nei rapporti internazionali per mezzo del lavoro collettivo. "Ciò costituirebbe un enorme cambiamento che metterebbe a prova in Inghilterra il patriottismo di tante persone. Se noi non tratteremo questo problema col desiderio sincero di addivenire ad una soluzione durevole e vantaggiosa per tutto il mondo civile, potrebbe avvenire che noi determinassimo un nuovo colpo contro noi stessi, che ci attirassimo sul capo una nuova catastrofe come quella in cui il mondo si dibatte ormai da quattro anni: catastrofe che la civiltà europea forse non potrebbe superare". Il 26 agosto 1915 il ministro Grey parlò così: "Se ci dovessero esser garanzie contro una guerra futura, queste garanzie dovrebbero essere ampie, efficaci ed impegnative per la Germania come per le altre nazioni, Inghilterra inclusa." Lo stesso ministro scrisse nel suo trattato sulla Lega delle Nazioni "nell'anno 1918: "Una tale lega di popoli deve comprendere anche la Germania, ma non una Germania che non sia persuasa dei vantaggi e delle necessità di una tale lega. Gli alleati debbono porre in prima linea il pensiero del rispetto reciproco degli Stati ed esser risoluti a soffocare qualsiasi tentativo di guerra come un'epidemia capace di minacciare di distruzione il mondo intiero. Se vi saranno persone che, parlando e agendo in nome della Germania, accetteranno questo pensiero e questo genere di pace, allora avremo una buona pace." E il 12 ottobre 1918 il ministro Grey disse: "Wilson ha insistito reiteratamente sul fatto che la Lega dei popoli dovrà essere una lega nella quale può essere accettata anche la Germania. Noi non dobbiamo cercare pretesto alcuno per escludere la Germania per qual-
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siasi altro motivo all'infuori di quello che qualsiasi Governo appartenente alla Lega dovrà rappresentare un popolo libero, deciso di osservare i fini della lega stessa con piena sincerità." Il primo Ministro inglese attuale, Lloyd George, promise il 12 settembre 1918, cioè prima della rivoluzione tedesca: "Se, dopo la guerra, la Germania deplorerà e condannerà la sua mancanza ai patti o, per essere più precisi, la mancanza ai patti dei suoi dominatori, allora una Germania liberata dal dominio militare sarà la benvenuta nella grande lega dei popoli."
Allo stesso modo il Presidente dei ministri francese Ribot dichiarò il 6 giugno 1917: "Domani si dovrà formare una lega di pace in nome dello spirito democratico che la Francia avrà l'onore di introdurre nel mondo. Le nazioni oggi in armi formeranno domani la Società delle Nazioni. Questo è l'avvenire dell'umanità, che altrimenti si dovrebbe dubitare del suo avvenire. Wilson ha detto di essere in questo punto d'accordo con noi."
"Se la pace futura dovrà esser di durata", disse il presidente Wilson il 22 gennaio 1917, "dovrà essere una pace assicurata dalla preponderanza della forza organizzata di tutta l'umanità." – "Deve essere fondata una società generale delle nazioni" disse nel suo messaggio al congresso in data 8 gennaio 1918. Il 27 settembre 1918 dichiarò che la creazione della Lega di Popoli nonché la chiara circoscrizione dei suoi fini avrebbe dovuto formare una parte, e in certo senso la parte più essenziale, del trattato di pace. Se questa pace venisse conclusa ora essa non costituirebbe altro che una nuova alleanza limitantesi a quelle nazioni che si sono oggi riunite contro il nemico comune. Ancora il 3 gennaio 1919 il presidente Wilson a Roma scorgeva il compito della conferenza di pace a Parigi in questo "nell'organizzare l'amicizia di tutto il mondo, e di fare in modo che tutte quante le forze morali operanti a favore del diritto, della giustizia e della libertà, fossero riunite in una
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struttura vitale".
A tutte queste manifestazioni corrispondeva l'attesa del popolo germanico di partecipare fin da principio alla costituzione di una lega di popoli. Senonché, in contradizione con essa, lo statuto della Società delle Nazioni è stato fissato senza la collaborazione della Germania, non solo, ma la Germania non trovasi nemmeno nella lista degli Stati invitati a partecipare ad essa Società. È vero che la Germania può chiedere di essere ammessa a partecipare alla Lega, ma questa sua ammissione vien fatta dipendere dalle "garanzie effettive" di cui essa non conosce nemmeno ampiezza e contenuto. Il significato della Germania è indipendente dalla sua potenza militare e politica del momento; per questa ragione non si può assolutamente parlare di una vera lega dei popoli senza che essa vi sia ammessa. Quella che le condizioni di pace vogliono creare, altro non è che la continuità della coalizione avversaria la quale non merita il nome di Lega dei Popoli. Anche la struttura interna della Società delle Nazioni creata dall'Intesa non corrisponde affatto alla vera lega dei popoli. Invece della santa e tanto sognata alleanza dei popoli ritorna in essa la disgraziata idea della santa alleanza del 1815; la credenza, cioè, di poter assicurare la pace al mondo dall'alto al basso, in via di conferenze diplomatiche, con organi diplomatici. In essa si nota subito la mancanza di autorità tecniche e di autorità imparziali, accanto a quella specie di Giunta dominata completamente dalle poche grandi Potenze, che vuole sottoporre al suo controllo tutto quanto il mondo civile a danno della indipendenza e della uguaglianza dei diritti dei piccoli Stati. Con una siffatta lega non è esclusa affatto la continuità della vecchia politica basata sulla forza, con tutti i suoi rancori e le sue rivalità.
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4.) Sarà annientata la posizione della Germania?
I nemici della Germania non hanno mai cessato di proclamare davanti a tutto il mondo che non mirano né vogliono la distruzione della Germania.
"Chi ha mai desiderato", dichiarò il primo ministro inglese Lloyd George il 19 settembre 1916 nella Camera dei Comuni, "di metter fine alla esistenza nazionale della Germania o al suo libero sviluppo nazionale?" Il 20 febbraio 1918 Lord Milner, membro del Consiglio di guerra inglese, disse in piena adunanza: "Noi non combattiamo per annientare la Germania… noi non combattiamo per togliere alla Germania la sua indipendenza né per escluderla dalla giusta partecipazione del traffico commerciale nel mondo." Il 27 decembre 1917 il ministro francese degli Esteri, Pichon, nel suo rapporto alla Camera dei Deputati si riferì alla risposta degli Alleati al messaggio di Wilson dicendo che pure in essa non si parlava affatto della distruzione del popolo tedesco.
"L'America deve mostrare" disse il presidente Wilson il 26 ottobre 1916 a Cincinnati, "di esser pronta a mettere a disposizione non solo il suo influsso morale ma anche la sua forza fisica, se alcune nazioni vogliono aver cura insieme ad essa che nessuna nazione o nessun gruppo di nazioni tenti di sfruttare un'altra nazione o un altro gruppo di nazioni, e che l'unica cosa per la quale è stato combattuto è il diritto generale di tutta l'umanità."Nella risposta del presidente alla nota pontificia del 27 agosto 1917 si constata: "Il popolo americano crede che la pace debba riposare sul diritto dei popoli grandi o piccoli, deboli o forti che siano, nonché sui loro uguali diritti alla libertà, alla sicurezza, all'indipendenza e ad una partecipazione alle possibilità economiche del mondo;
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partecipazione edificata su prescrizioni oneste, alla quale naturalmente non dovrebbe essere escluso il popolo tedesco quando accettasse la parità e non l'egemonia."
Infine, il presidente Wilson, qualificò l'8 gennaio 1918, in un discorso al Congresso, quale condizione per una pace giusta "la soppressione più ampia che sia possibile di qualsiasi restrizione economica e la creazione di un'eguaglianza dei rapporti commerciali per tutte le nazioni che entrano nella Lega e si impegnano al mantenimento della pace"; e, stando al suo discorso tenuto a New York il 27 settembre 1918, il boicottaggio economico non dovrà esser tollerato altro che quale misura coercitiva ordinata dagli organi esecutivi della Lega dei Popoli.
Ora, in contradizione flagrante a quanto sopra, il documento di pace mostra che la Germania dovrà esser completamente distrutta quale nazione mondiale. I tedeschi residenti all'estero son privati della possibilità di continuare fuor della patria le vecchie relazioni per riacquistare alla Germania la sua parte all'economia mondiale. Infatti come potrebbe ciò avvenire se i nemici vogliono impiegare i possessi sin qui sequestrati, qual mezzo di pagamento per la rifusione dei danni, invece di surrogarli con altri?
Allo stesso modo vien reso impossibile a qualsiasi tedesco di acquistare alla sua patria una partecipazione al commercio mondiale e questo sottoponendo a misure belliche e per un tempo indefinito, anche terminata la guerra e sottoscritto che sia il trattato di pace, tutti i possessi dei tedeschi all'estero, sopprimendoli. Si aggiunge a tutto ciò che anche la posizione personale giuridica dei tedeschi nei paesi avversari verrebbe a soffrirne grandemente. La volontà di escludere la Germania dal traffico mondiale si scorge evidente anche nel fatto della sottrazione della proprietà in quanto ai suoi cavi. Si aggiunga a tutto ciò l'annientamento della vita economica
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tedesca all'interno; annientamento in altra parte dimostrato.
Certe intimazioni costituiscono la più aperta negazione di quelle idee del diritto internazionale secondo le quali ogni popolo ha il diritto di vivere. Questo massimo bene non deve essergli tolto per fare gli interessi economici di un altro popolo. Il principio della giustizia, che sottrae la triste esistenza del debitore all'avidità del creditore, deve valere anche per un popolo.
5.) Il diritto di autodecisione dei popoli .
A tutti questi diritti fondamentali se ne deve aggiungere uno nuovo, riconosciuto continuamente e con insistenza dagli uomini di Stato di tutti gli Stati belligeranti: il diritto di autodecisione dei popoli. Render possibile la concretazione di questo diritto da parte di qualsiasi popolo, doveva costituire appunto una delle conquiste di questa guerra.
Qual primo e più importante principio fondamentale, il ministro Asquith proclamò a Leeds, il 27 settembre 1917,: " che si deve procedere secondo le affinità di razza, secondo le tradizioni storiche, e, soprattutto, secondo i reali desideri degli abitanti." Il medesimo uomo di Stato chiese l'11 ottobre 1918 "libertà del proprio sviluppo per qualsiasi popolo" affinché le loro doti speciali, inclinazioni e servigi, fossero accessibili a tutta l'umanità." L'11 settembre 1914 il ministro Churchill dichiarò: "L'Inghilterra deve alla fine del grande conflitto mirare a che grandi e sani principi regolino tutto il sistema politico dell'Europa. Il primo di questi principi è il rispetto delle nazionalità." Il 23 marzo 1915 il ministro Grey disse "esser la grande idea per la quale gli Alleati combattevano, che le nazioni d'Europa potessero avere una vita pro-
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pria e indipendente, e potessero sviluppare la loro vita nazionale liberamente e nel modo che loro più aggradasse". (E qui vengono riportate altre dichiarazioni di uomini di Stato inglesi, francesi ed italiani, tutte in favore all'autodecisione dei popoli.)
Il 2 aprile 1917 il presidente Wilson annunciò al mondo: "Noi combatteremo per i beni che sono stati sempre carissimi al nostro cuore; per la democrazia, cioè; per il diritto di tutti quelli, che son sottoposti ad un'autorità, di avere voce deliberativa presso il Governo del loro paese". L'11 gennaio 1918 pronunciò in pieno Congresso quelle memorabili parole: "Popoli e province non debbono essere mercanteggiati da una sovranità all'altra come se fossero semplicemente oggetti o pedine di un giuoco. I popoli oggigiorno non possono essere dominati e governati che col loro stesso consenso. Autodecisione dei popoli non è soltanto una frase. Essa costituisce un principio che impone l'azione; azione che gli uomini di Stato potranno trascurare d'or innanzi sol con loro pericolo. Noi non potremo avere una pace generale sol perché la desideriamo, o procedendo ad accordi di una conferenza per la pace; essa non potrà venire fuori da accordi separati fra Stati potenti." Lo stesso si legge nel suo messaggio al senato il 22 gennaio 1917: "Nessuna pace può avere speranza di durata che non riconosca il principio fondamentale e lo faccia suo, che tutti quanti i giusti poteri dei Governi debbono venire ad essi dall'approvazione dei governati, e che nessuno ha diritto di passare popoli da questo a quel sovrano come se si trattasse semplicemente di proprietà. Nel suo discorso del 4 luglio 1918 il presidente Wilson espose ancora una volta in modo esplicito che fine di guerra era: "La soluzione di tutte le questioni, sia che riguardino il territorio di Stato, la sovranità, gli accordi economici o i rapporti politici, sulla base della libera accettazione di que-
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sta soluzione da parte del popolo immediatamente colpito, e non sulla base degli inter essi economici o dei vantaggi d'un'altra nazione o d' un altro popolo il quale desidererebbe una soluzione diversa per il suo influsso esterno e per la sua supremazia."
Né il trattamento sopraddescritto degli abitanti del bacino della Saar che verrebbero considerati quali strumenti o animali da lavoro delle miniere, né la forma pubblica del plebiscito nei circondari di Eupen, Malmedy e il Moresnet prussiano, (il quale, oltre a ciò, si dovrebbe avere sol quando questi territori saranno già sotto la sovranità belga) corrispondono alla tanto proclamata autodecisione dei popoli.
Lo stesso dicasi per l'Alsazia-Lorena. Se la Germania si è impegnata "a rimediare al torto del 1871", ciò non significa affatto rinuncia al diritto di autodecisione dell'Alsazia-Lorena. La cessione del paese senza interrogare la popolazione costituirebbe un nuovo torto, non foss'altro perché essa verrebbe a trovarsi in contradizione con una base fondamentale riconosciuta della pace.
D'altra parte è inconciliabile coll'idea dell'autodecisione nazionale che ben 2 ½ milioni di tedeschi vengano, contro la loro volontà, strappati alla patria. I confini che l'Intesa ha intenzione di tracciare darebbero ai Polacchi territori schiettamente tedeschi. Nei circondari della Slesia centrale, Guhrau e Militsch che si voglion dare alla Polonia, contano più di 45.000 tedeschi e appena 3.700 polacchi. Lo stesso dicasi delle città di Schneidemuehl e di Bromberg. Bromberg città conta al massimo il 18% di abitanti polacchi, mentre il suo circondario conta al massimo il 40% di polacchi. Relativamente al circondario della Netze dato alla Polonia, Wilson nel suo libro "The State, elements of historical and practical politics" riconosce espressamente nel Capitolo 7 "The Governments of Germany", pag. 253, che si tratta di un territorio assolutamente tedesco. I confini tra la Polonia da una parte, della Slesia
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centrale, Brandenburg e la Prussia orientale dall'altra, sono stati fissati in seguito a motivi strategici. Orbene: confini tracciati con tali intendimenti sono assolutamente insostenibili nell'era della Lega internazionale dei popoli, intesa a proteggere il territorio delle varie nazioni. Il modo arbitrario sotto ogni rapporto col quale sono stati tracciati i confini orientali risulta anche dal fatto che i circondari della Slesia superiore Leopschuetz e Ratibor vengono dati allo Stato czeco-slovacco, sebbene Leopschuetz comprenda un massimo del 6% e Ratibor forse il 30% di popolazione czeco-morava. – Anche la delimitazione dei circondari nella Prussia orientale del sud comprende circondari puramente tedeschi, come Angerburg e Oletzko. Ma questo disprezzo del diritto di autodecisione risulta in modo più crasso dalla decisione che Danzica debba essere staccata dalla Germania e di essa fatto un libero Stato. Né i diritti storici, né il possesso etnografico odierno del popolo polacco possono esser presi in considerazione, dinanzi alla storia prettamente tedesca e allo spiccato carattere germanico di questa città. Un libero accesso al mare che soddisfi i bisogni economici della Polonia può essere assicurato soltanto colla servitute garantita dal diritto internazionale e colla creazione di un porto libero. Anche la cessione della città commerciale Memel, che si vorrebbe imporre alla Germania, non sta in rapporto alcuno con un tale diritto di autodecisione dei popoli. Lo stesso dicasi del fatto che a milioni di tedeschi nell'Austria tedesca si vieta la loro unione alla Germania e che si costringono altri milioni di tedeschi abitanti ai nostri confini di rimanere nello Stato czeco-slovacco di fresca formazione.
Ma nemmeno al cospetto del territorio di Stato che dovrà rimanere alla Germania, vengono mantenute le promesse del diritto di autodecisione dei popoli. Una commissione incaricata di stabilire e di costringere al pagamento dell'indennità,
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dovrà esser padrona di fare e disfare entro lo Stato germanico. La vecchia Germania prima della rivoluzione non avrebbe osato di imporre ai cittadini leggi così liberticide come intendono imporre le autorità democratiche internazionali al popolo tedesco, specialmente nell'ambito economico e tributario. Noi ci siamo liberati, è vero, grazie al risultato della guerra, dal reggimento passato, ma le imposizioni nemiche ci sottomettono ad un giogo straniero i cui fini non possono essere altro che quelli di sfruttare la forza operosa del popolo tedesco per gli Stati vincitori. Nessuno Stato può sottoscrivere la rinuncia della propria indipendenza. Diritto di esistenza di uno Stato significa soprattutto che esso possa disporre liberamente dell'ordinamento interno della sua vita. Qualsiasi limitazione di questa libertà imposta alla Germania costituisce una flagrante violazione dei diritti fondamentali dei popoli.
III. Conseguenze e prospettive.
Tutto ciò mostra che il progetto di pace sottoposto al Governo tedesco si trova in istridente contradizione con la base fondamentale di diritto pattuita, per una pace duratura basata sul diritto. Si può dire che non una sola imposizione del progetto di pace corrisponda alle condizioni pattuite. Il progetto chiede nei rapporti territoriali l'annessione di territori puramente tedeschi e la oppressione del popolo germanico. Domanda il più completo annientamento della vita economica tedesca. Riduce il popolo germanico in una schiavitù finanziaria, ignota finora alla storia del mondo. Per questa ragione esso è stato dichiarato inaccettabile dal Governo e da tutti i partiti nella seduta dell'Assemblea nazionale del 12 
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marzo.
L'effettuazione di questo progetto di pace costituirebbe una nuova sventura per il mondo intiero. Il 10 ottobre 1914 l'ex presidente Roosevelt mise in guardia con queste parole: "Un annientamento o uno storpiamento della Germania che conducesse alla sua impotenza politica, sarebbe pari ad una catastrofe dell'umanità". Ciò si risentirebbe anzitutto sul campo economico. I creditori della Germania non potrebbero mai ottenere da essa le enormi somme occorrenti per rifondere i danni della guerra, quando la Germania fosse ridotta alla miseria, ciò che sarebbe inevitabile se una pace siffatta venisse conclusa. Il benessere economico del mondo dipende, in ultima analisi, dalla somma dei beni da prodursi. Può darsi che la soppressione completa della Germania dagli affari mondiali, tolga via dei concorrenti molesti a questo o a quello Stato; ma è certo che, nel complesso, il mondo civile raccoglierà molta povertà dallo sfacelo economico della Germania. Un siffatto danno durevole del benessere del mondo è doppiamente fatale, imperocché la guerra ha ingollato dappertutto gran parte della sostanza nazionale.
Oggi il mondo ha bisogno della unione operaia internazionale in tutti i campi dell'attività umana.
L'era odierna dell'economia mondiale richiede l'organizzazione politica del mondo civile. Il Govrno tedesco è d'accordo coi Governi delle Potenze alleate e associate che le orribili devastazioni prodotte da questa guerra domandano la creazione di un nuovo ordinamento mondiale; un ordinamento che dia "valore effettivo ai principi fondamentali del diritto internazionale e crei rapporti giusti ed onesti fra i popoli". La ricostituzione e il completamento dell'ordinamento fra gli Stati nel mondo saranno assicurati solo se riuscirà ai poteri attuali di concretare, ispirandosi ai nuovi concetti, la grande idea della democrazia; se, come disse il presidente Wilson il 4 agosto 1919 "il regolamento di tutte le questioni avverrà in base al-
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la libera accettazione di questo regolamento da parte dei popoli colpiti." Soltanto i popoli che vivranno liberi e responsabili dinanzi al diritto, potranno darsi l'un coll'altro garanzia di relazioni giuste ed oneste. La loro giustezza ed onestà domandano però altresì che esse si garantiscano reciprocamente libertà e vita, quali diritti fondamentali sacri ed inalienabili.
Il riconoscimento di quanto sopra non risulta dal documento di pace presentatoci. Il morente concetto di tendenze imperialistiche e capitalistiche celebra in esso il suo ultimo ed orribile trionfo. Dinanzi a questi concetti che han causato al mondo un'indicibile sventura, noi invochiamo il "diritto ingenito" degli uomini e dei popoli, quel diritto sotto la cui insegna lo Stato inglese si è sviluppato, il popolo olandese si è liberato, la nazione dell'America del Nord ha costituito la sua indipendenza e la Francia ha scosso l'assolutismo. I difensori di questo diritto ingenito degli uomini e dei popoli e sacrato dalla tradizione non potranno negarlo al popolo tedesco, che è riuscito, lottando, a conquistarsi nell'interno la facoltà di vivere secondo la sua propria volontà. Un trattato come quello che è stato presentato alla Germania, è inconciliabile col rispetto di questo diritto ingenito. Nella ferma risoluzione di adempiere ai suoi impegni contrattuali la Germania sottopone quindi ai nemici le seguenti controproposte. (Vedasi rapporto: Controproposte germaniche, seconda parte).
1Hds. eingefügt, vermutlich vom Verfasser.
Empfohlene Zitierweise
Erzberger, Matthias, Le controproposte germaniche alle condizioni di pace formulate dall'Intesa vom vor dem 15. Juni 1919, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 2683, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/2683. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 04.06.2012.