Dokument-Nr. 4148
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
München, 15. April 1922

Regest
Pacelli übersendet ein Schreiben des bayerischen Kultusministers Matt vom 30. März 1922, dem Matt fünf ebenfalls beiliegende Vorschläge der bayerischen Regierung für ein zukünftiges Konkordat zwischen Bayern und dem Heiligen Stuhl beifügte. Der Nuntius paraphrasiert das Schreiben und die Vorschläge Matts, die die Zirkumskription der Diözesen, die Staatsbürgerschaft und Ausbildung des Weltklerus, das Bischofswahlrecht, die Besetzung der Kanonikate, Pfarreien und einfachen Pfründen sowie die Staatsbürgerschaft der Oberen der Orden und religiösen Kongregationen betreffen. Anschließend erläutert Pacelli die Ansicht des bayerischen Episkopats zu diesen Vorschlägen, die er über den Münchener Erzbischof Kardinal von Faulhaber einholte, und fügt seine einigen Anmerkungen hinzu. Insgesamt schließt sich der Nuntius dabei der Kritik der bayerischen Bischöfe an, dass die Vorschläge Matts teilweise das alte Staatskirchentum wiederbeleben würden. Die bayerischen Bischöfe begrüßen die staatlichen Vorschläge zur Beibehaltung der Diözesangrenzen, wobei Pacelli auf die politische Bedeutung dieses Punkts mit Blick auf die Zugehörigkeit des Saargebiets zur Diözese Speyer hinweist. Darüber hinaus schließen sich die bayerischen Bischöfe den Vorschlägen der Regierung zur Staatsbürgerschaft und zum Reifezeugnis der Seelsorger an, den Vorschlag zur Regelung des theologischen Studiums verstehen sie allerdings als staatliche Einmischung in kirchliche Belange. Pacelli scheint hier eine kirchliche Konzession als unvermeintlich und schlägt vor, diesen Punkt ausschließlich auf die Bischöfe und Pfarrer zu beschränken. Des Weiteren regt er an, dass Priester das Reifezeugnis auch an kirchlichen Schulen erlangen können sollen. Während die bayerischen Bischöfe das Wahlrecht der Domkapitel für Bischöfe ablehnen, wünschen die bayerischen Domkapitel in den beiliegenden Schreiben die Wiedereinführung dieses ehemaligen Rechts. Pacelli merkt angesichts der unterschiedlichen Auffassungen zu diesem Thema in Bayern an, dass die Frage des Bischofswahlrechts mit Blick auf die Bestimmungen der Weimarer Reichsverfassung nicht zum Konkordat gehört. Er lehnt die Argumentation Matts für das Bischofswahlrecht der Domkapitel ab und weist darauf hin, dass die Domkapitel zwar durchweg würdige Bischöfe wählen, aber nicht zwangsläufig den würdigsten Kandidaten. Dabei betont Pacelli die hohe Bedeutung der Bischöfe für die dringend notwendige Reform der Priesterausbildung in Deutschland, die durch von Domkapiteln gewählte Bischöfe erschwert wird. Der Nuntius schlägt als Konzession vor, dass den bayerischen Domkapiteln zugestanden werden könnte, eine Terna einzureichen - an die der Heilige Stuhl bei seiner Entscheidung allerdings nicht gebunden sein soll. Auch wenn die bayerischen Bischöfe das staatliche Plazet vor der Ernennung eines Bischofs als extreme Konzession empfinden, meint Pacelli, dass es wegen ähnlicher Bestimmungen in anderen Konkordaten nicht umgangen werden kann. Während der bayerische Episkopat den staatlichen Vorschlag zur Besetzung der Kanonikate teilweise entschieden ablehnt, befürworten ihn die bayerischen Domkapitel in den beiliegenden Schreiben. Pacelli ist der Auffassung, dass diese Frage aufgrund der Bestimmungen der Weimarer Reichsverfassung nicht zum Konkordat gehört, schlägt aber eine Konzession an die Domkapitel vor. Auch wenn der Nuntius staatliche Eingriffe bei der Besetzung der Pfarreien prinzipiell ebenso ablehnt wie die bayerischen Bischöfe, hält er Zugeständnisse in dieser Frage, beispielweise in Fällen, in denen auch bisher ein staatliches Patronatsrecht galt, für wahrscheinlich notwendig. Die bayerischen Bischöfe stimmen dem staatlichen Vorschlag der deutschen Staatsbürgerschaft für Obere der Ordens und religiösen Kongregationen zu, fordern dafür allerdings Konzessionen. Auch die von Pacelli befragten Ordensoberen erheben keine Einwände. Abschließend bittet Pacelli um präzise Instruktionen für die weiteren Verhandlungen.
Betreff
Prosecuzione delle trattative concordatarie – Domande del Governo bavarese
Eminenza Reverendissima,
Il Sig. Ministro del Culto mi ha indirizzato in data del 30 Marzo scorso una lettera ( Allegato I ), nella quale egli illustra le domande ( Allegato II ) che, a suo parere, saranno proposte dal Governo bavarese in vista della conclusione del nuovo Concordato. Gli intimi rapporti da lungo tempo esistenti fra lo Stato e la Chiesa cattolica in Baviera (rileva il Dr. Matt), e soprattutto le relazioni strette col Concordato del 1817, hanno lasciato radicate nella mentalità dei cattolici bavaresi delle idee, le quali esigono anche per l'avvenire da parte così dello Stato come della Chiesa reciproci riguardi e scambievole aiuto. Senza dubbio la nuova Costituzione del Reich ha assicurato alla Chiesa la facoltà di ordinare liberamente i propri affari nell'ambito del diritto comune. Questa
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libertà non deve rimanere in alcun modo pregiudicata dalle suaccennate domande. Esse, concepite in base ad una esatta conoscenza delle aspirazioni della parte cattolica della popolazione, e miranti a promuovere una indisturbata, efficace e benefica attività del clero cattolico in Baviera, ad altro non tendono – afferma il Sig. Ministro – se non a suggerire alla S. Sede di addimostrare verso la Baviera quello spirito di condiscendenza, il quale, a suo parere, corrisponde così allo stato di possesso risultante per il popolo bavarese dal Concordato finora vigente, come agli obblighi, che il Governo bavarese assumerà anche per il futuro di fronte alla Chiesa cattolica, costituendo <e verrebbe>1 in tal guisa <a costituire>2 il presupposto per il fedele attaccamento della popolazione cattolica verso la sua Chiesa, nonché per le buone relazioni fra la Chiesa cattolica e lo Stato bavarese.
Dopo di ciò il Sig. Ministro passa ad esporre le singole anzidette domande.
I
"La S. Sede non apporterà senza il consenso dello Stato bavarese alcun mutamento nella costituzione delle provincie ecclesiastiche e delle diocesi effettuata col Concordato del 1817 e colla Bolla di circoscrizione del 1 Aprile 1818, come pure nell'assegnazione delle parrocchie alle rispettive diocesi".
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Circa questo punto il Dr. Matt osserva come al popolo bavarese sta particolarmente a cuore che sia mantenuta la unione spirituale di tutti i connazionali, i quali abitano dentro i confini dello Stato e sotto la sovranità del medesimo, e che quindi non vengano apportate mutazioni od anche semplici rallentamenti nell'attuale compagine diocesana, specialmente nei territori di confine. Il Sig. Ministro afferma che un tale desiderio sarà espresso con energia dal Parlamento e che perciò anche il Governo deve considerare questo punto come di capitale importanza nell'attuale riordinamento della situazione della Chiesa cattolica in Baviera.
Il Dr. Matt aggiunge la richiesta che anche la separazione di certi distretti di una diocesi bavarese e la costituzione per essi di un Amministratore Apostolico non venga effettuata dalla S. Sede senza previo accordo collo Stato bavarese. Egli non crede tuttavia necessaria per ciò una speciale clausola nel Concordato stesso, qualora tuttavia in altro modo risulti l'accettazione della richiesta medesima.
II
"Alla direzione ed amministrazione delle dioce-
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si(1), nonché alla cura parrocchiale non verranno assunti se non ecclesiastici, i quali
a) abbiano la cittadinanza bavarese od almeno quella di un altro Stato germanico,
b) posseggano il certificato di maturità conseguito in un Ginnasio umanistico germanico dello Stato o riconosciuto dallo Stato,
c) abbiano compiuto con successo un corso di almeno tre anni di studi teologici, e ciò soltanto nelle Università germaniche (2), nei Licei bavaresi dello Stato o riconosciuti dallo Stato, ovvero negli Istituti ecclesiastici in Roma.
Le eccezioni al riguardo saranno ammesse soltanto col consenso dello Stato bavarese".
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Il Dr. Matt nota come le proposte contenute in questo punto circa alcune qualità personali degli ecclesiastici, cui deve essere affidata l'amministrazione diocesana e la cura parrocchiale, si fondano sul riconoscimento, confermato dalla esperienza, che la considerazione e la fiducia di tutte le classi del popolo verso il clero dipendono essenzialmente dal fatto, se cioè esso appartenga alla propria nazione ed abbia ricevuto quella formazione, finora sempre tenuta in stima nei sacerdoti indigeni, la quale costituisce un presupposto indispensabile per il prestigio e la posizione sociale del Clero stesso. Inoltre soltanto a queste condizioni sarebbe possibile <di>3 continuare ad ammettere gli ecclesiastici a certe funzioni pubbliche (come nelle deputazioni scolastiche, nelle Congregazioni di carità, nelle amministrazioni delle fondazioni, ecc.), che essi tuttora esercitano con vantaggio anche della loro autorità e con profitto pure del loro ministero spirituale. Al Governo, del resto, potrebbe tanto meno contestarsi il diritto di tutelare questo interesse del popolo nelle trattative concordatarie; in quanto che lo Stato, anche senza di ciò, sarebbe già da sé in potere di subordinare alle suddette condizioni la concessio-
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ne del titulus mensae, gli aumenti degli onorari e delle pensioni, che esso accorda alla maggior parte degli ecclesiastici, nonché la presentazione ai benefici di patronato dello Stato medesimo. D'altra parte quelle condizioni coincidono in sostanza coi requisiti voluti dalla Chiesa stessa.
III
"La provvista delle Sedi arcivescovili e vescovili ha luogo mediante l'elezione capitolare, salva la conferma (istituzione) spettante alla Santa Sede. Questa prima della conferma medesima si accerterà se da parte del Governo nulla osti contro l'eletto.
La provvista dei Canonicati nei Capitoli metropolitani e cattedrali si effettua per una metà mediante libera collazione da parte dell'Arcivescovo o del Vescovo, e per l'altra metà mediante l'elezione capitolare."
A proposito di questo punto il Sig. Ministro rileva come colla cessazione del diritto di nomina regia alle Sedi arcivescovili e vescovili non è scomparso l'interesse ed il desiderio della popolazione bavarese che nell'importante atto della nomina dei Vescovi anche il sentimento ed il pensiero nazionale abbiano la loro rappresentanza.
Un tale desiderio verrà senza dubbio energicamente so-
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stenuto dal Landtag bavarese, allorché dovrà pronunziarsi intorno al Concordato.
Il Dr. Matt crede di poter tanto più avanzare una simile proposta, essendo egli persuaso che il procedimento ivi suggerito corrisponde alle intenzioni della stessa Santa Sede, la quale si studia sempre, tenendo conto dei particolari bisogni e della speciale situazione del luogo, di assicurare al novello Pastore le condizioni più favorevoli per un fecondo esercizio del suo importante e gravissimo ufficio. – Il Sig. Ministro soggiunge che fino al Concordato del 1817 vigeva pure in Baviera il diritto comune della elezione dei Vescovi da parte dei Capitoli cattedrali. È quindi naturale che, caduto il diritto particolare della nomina regia, si torni a quel sistema, il quale è da ritenersi che corrisponda altresì ai desideri ed alle aspettative dei Capitoli stessi e del rimanente Clero. Siccome, poi, è sempre necessaria la conferma Pontificia della elezione, anche gli interessi della Santa Sede non resterebbero in alcun modo compromessi.
Come conseguenza di questo diritto dei Capitoli cattedrali sembra al Sig. Ministro conveniente la concessione ai medesimi dell'ulteriore privilegio di eleggere essi stes-
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si una parte dei loro membri, secondo che, del resto, era già in una certa misura finora in vigore. Un tale privilegio sarebbe inoltre (sempre a giudizio del Dr. Matt) specialmente giustificato anche dal fatto che il nuovo ordinamento dei rapporti fra Chiesa e Stato, ed in particolar modo la prossima restrizione della cooperazione dello Stato nell'amministrazione del patrimonio ecclesiastico, porterà ai summenzionati Capitoli un considerevole aumento di incombenze e di lavoro, per il cui adempimento essi avrebbero tutto l'interesse di chiamare i collaboratori più idonei ed esperti.
IV
"Rimangono conservati i diritti di presentazione alle parrocchie, ai benefici curati ed ai benefici semplici, che spettavano allo Stato bavarese all'epoca dell'entrata in vigore del Codex iuris canonici (Pentecoste del 1918) in base all'articolo XI capoversi 1 e 2 del Concordato del 1817".
Relativamente a questo punto osserva il Sig. Ministro non potersi contestare, ed esser del resto riconosciuto dagli Autori di diritto pubblico bavarese, che l'articolo 137 della Costituzione del Reich non impedisce l'esercizio da parte dello Stato di quei diritti di presentazione, i quali si fondano non su pretese del potere statale, ma su titoli ammessi dal giure canonico. Ora appunto i diritti di patro-
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nato, dei quali è questione nel punto in esame, in parte trovansi riconosciuti nell'articolo XI capoversi 1 e 2 del Concordato del 1817, in parte sono sorti posteriormente in base a dotazioni dello Stato. Il Governo bavarese, conclude il Dr. Matt, deve dare importanza a ciò che essi siano conservati anche per l'avvenire.
Con posteriore lettera in data del 10 corrente ( Allegato III ) il Sig. Ministro ha creduto inoltre necessario di proporre un'aggiunta al punto in esame. "Lo Stato, così egli si esprime, ha un vivo interesse a ciò che gli vengano conservati, colla sola limitazione di tempo dell'entrata in vigore del Codex iuris canonici (Pentecoste del 1918), non solo i diritti di presentazione ad esso spettanti a norma dell'articolo XI capoversi 1 e 2 del Concordato del 1817, ma anche quelli più tardi acquisiti in seguito a dotazione di benefici. Si dovrebbe dunque nel punto IV dopo le parole 'del Concordato del 1817' porre le altre 'e per posteriore dotazione'."
V
"I Superiori degli Ordini e delle Congregazioni religiose, le quali hanno la loro sede(3) in Baviera, come
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anche quelli delle case religiose esistenti in Baviera, debbono avere la cittadinanza bavarese od almeno di un altro Stato germanico.
Eccezioni al riguardo si faranno soltanto col consenso dello Stato bavarese."
Su questo punto il Dr. Matt non crede necessaria alcuna speciale annotazione.
"Tali proposte (così si termina il Sig. Ministro), come già le mie rispettose osservazioni al progetto dell'Eccellenza Vostra, rappresentano principalmente le mie vedute personali. Finora mi sono astenuto dal portare le questioni particolari del Concordato dinanzi all'intiero Gabinetto, cui spetta secondo la Costituzione bavarese, salva l'approvazione del Landtag, di concludere i trattati pubblici. È quindi mio dovere di riservare al Gabinetto medesimo il diritto di fare altre proposte ed osservazioni.
Per il proseguimento delle trattative mi sembra espediente che Vostra Eccellenza abbia la bontà di redigere un nuovo progetto di Concordato e di rimetterlo innanzi tutto a me personalmente. Dopo lo scambio delle eventuali osservazioni in proposito, sottometterei il progetto definitivo all'esame del Consiglio dei Ministri. Prego Vostra Eccellenza di significarmi se trova conveniente questa proposta".
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Data la gravità delle surriferite domande, mi è sembrato opportuno di chiedere al riguardo, per mezzo di questo Emo Cardinale Arcivescovo, il parere dell'Episcopato bavarese, ed ora compio il dovere di sottoporlo qui appresso all'Eminenza Vostra Reverendissima, quale mi è stato comunicato dal sullodato Eminentissimo ( Allegato IV ), aggiungendovi alcune mie personali osservazioni.
Circa le domande del Sig. Ministro in generale, le quali, come osserva il Sig. Cardinale von Faulhaber, tendono a far in parte rivivere il vecchio sistema della supremazia dello Stato sulla Chiesa, scrive Mons. Vescovo di Augsburg: "Le Costituzioni germanica e bavarese dichiarano espressamente che la Chiesa amministra i propri affari liberamente, senza la cooperazione dello Stato. Ora i Concordati regolano quegli affari, i quali interessano al medesimo tempo la Chiesa e lo Stato. Se dunque lo Stato stesso nella Costituzione afferma di non essere interessato all'ordinamento degli affari ecclesiastici ("senza cooperazione dello Stato"), esso non può esigere l'inclusione nel Concordato di disposizioni concernenti la provvista delle Sedi vescovili e dei canonicati. Questi due punti non entrano quindi nel Concordato". – Mons.
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Vescovo di Eichstätt deplora la contraddizione, in cui si involge il Governo bavarese, il quale, da una parte, ad esempio nella questione dello svincolo delle prestazioni dovute dallo Stato alla Chiesa, si richiama continuamente alla Costituzione di Weimar, e, dall'altra, invece, ove questa garantisce l'indipendenza alla Chiesa, come nell'articolo 137 relativamente alla provvista degli uffici ecclesiastici, la contraddice e cerca di richiamare in vita le antiche ingerenze.
Questi rilievi mi sembrano tanto più giusti, in quanto che la Chiesa protestante, la quale, pur senza avere eguali titoli giuridici, pretenderà gli stessi vantaggi dei cattolici (cfr. Rapporto N. 23649 del 5 corrente), ha acquistato invece in Baviera piena libertà.
Circa le singole domande i Revmi Vescovi hanno rilevato quanto segue:
I
(Cir coscrizione delle diocesi)
L'Episcopato bavarese è favorevole all'accettazione di questo punto. – Mons. Vescovo di Spira se ne compiace anzi come di una difesa contro i continui sforzi diretti a separare il territorio della Sarre. – I Revmi Vescovi di Eichstätt e di Passau desiderano la seguente aggiunta: "Piccole modificazioni richieste dall'interesse della cura delle ani-
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me, nonché quei mutamenti dei confini diocesani, i quali nei singoli casi sono una conseguenza di cambiamenti dei confini nelle parrocchie, non sono soggetti all'approvazione dello Stato".
Non ho bisogno di richiamare l'alta attenzione dell'Eminenza Vostra sulla grande importanza politica del punto in discorso, con cui il Governo mira ad impedire la separazione dalle diocesi bavaresi di regioni attualmente pertinenti alle medesime, come, ad esempio, il territorio della Sarre, una parte del quale appartiene alla diocesi di Spira. Lascio al superiore giudizio dell'Eminenza Vostra di determinare se ed in quali limiti convenga alla S. Sede di accogliere una tale domanda, tenendo presente che, ad esempio, il detto territorio, come è noto, potrà dopo il plebiscito ritornare alla Germania od essere unito alla Francia o costituire uno Stato indipendente, e mi limiterò quindi a rilevare subordinatamente, dal punto di vista della forma, che l'espressione "senza il consenso (ohne Zustimmung) dello Stato (meglio sarebbe forse di dire: del Governo) bavarese" sembra non del tutto conveniente e decorosa per la S. Sede e dovrebbe quindi essere eventualmente sostituita colle parole "senza previo accordo col Governo
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bavarese od altre simili.
II
(Cittadinanza tedesca e studi per i Vescovi ecc. e per il Clero parrocchiale)
L'Episcopato bavarese ha così formulato il suo avviso su questo punto:
Alla lettera a) Affirmative.
Alla lettera b) Parimenti affirmative.
Mons. Arcivescovo di Bamberga ha tuttavia proposto di aggiungere: "Per i candidati all'esame di maturità nei Ginnasi cosiddetti reali e negli Istituti tecnici è sufficiente per le lingue latina e greca un esame complementare dinanzi al Vescovo".
Alla lettera c) I Revmi Vescovi considerano questa domanda circa il tempo ed il luogo degli studi teologici come una indebita tutela del Potere civile sulla Chiesa ed un avanzo delle vecchie ingerenze dello Stato nelle cose ecclesiastiche, cui essi consentono non senza ripugnanza. Ad ogni modo, dopo le parole "nei Licei bavaresi dello Stato o riconosciuti dallo Stato", dovrebbero, a loro avviso, essere aggiunte le seguenti "od in altro equivalente Istituto ecclesiastico d'insegnamento".
Non si può invero dissimulare la gravità di questa
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domanda del Governo bavarese, la quale entra nella delicatissima materia della formazione del Clero(4). Nel Concordato del 1817 non si riscontra nulla di simile. Vi si stabiliva anzi che "Seminariorum ordinatio, doctrina, gubernatio et administratio Archiepiscoporum et Episcoporum auctoritati pleno liberoque iure subiectae erunt juxta formas canonicas" (art. 5). Per i futuri Vescovi si disponeva semplicemente che fossero "digni et idonei ecclesiastici Viri <iis>4 dotibus praediti, quas Sacri Canones requirunt" (art. 9). È ben vero che, come diffusamente esposi nel mio rispettoso Rapporto N. 14583 del 30 Ottobre 1919, le anzidette disposizioni concordatarie non vennero pur troppo osservate dal Governo bavarese, il quale non adempì la prestazione dei fondi convenuti per la dotazione dei Seminari ed obbligò gli alunni a compiere i loro stu-
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di in pubblici Istituti dello Stato; ma contro tali violazioni degli obblighi solennemente assunti l'Episcopato bavarese non mancò di alzare la sua voce, massime nel Memorandum diretto al Re in data del 20 Ottobre 1850 (cfr. Systematische Zusammenstellung der Verhandlungen des bayerischen Episkopates mit der Königlich Bayerischen Staatsregierung von 1850 bis 1889 über den Vollzug des Konkordates , Freiburg im Breisgau 1905, pag. 73 e seg.). Siccome tuttavia sembra inevitabile una qualche concessione anche su questo argomento nel futuro Concordato, occorrerà esaminare entro quali limiti essa sia tollerabile. Senza voler prevenire le decisioni dell'Eminenza Vostra, mi sia perciò lecito di notare rispettosamente quanto segue:
Nell'introduzione sarà forse opportuno di restringere chiaramente questo punto ai Vescovi ecc. ed ai parroci propriamente detti. Finora invero non era richiesto che tutti gli ecclesiastici addetti alla cura parrocchiale avessero la cittadinanza bavarese o di un altro Stato germanico, potendosi, ad esempio, almeno come vicari cooperatori ecc., impiegare sacerdoti dell'Austria o della Svizzera tedesca o del Lussemburgo.
Per ciò che riguarda la lettera b, mi sia permesso di ricordare come molti in Germania ritengono vantaggioso
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per il Clero che esso sia obbligato a seguire come gli altri il corso di studi ginnasiali, prima di iniziare il corso filosofico-teologico. "L'istruzione ed educazione degli aspiranti allo stato ecclesiastico in Germania (così mi scriveva, ad esempio, in data del 1º Agosto 1919, l'Eminentissimo Sig. Cardinale Schulte, allora Vescovo di Paderborn), paragonata a quella delle altre Nazioni, presenta a mio avviso parecchi vantaggi… Uno di essi consiste, nelle attuali circostanze, in ciò che i medesimi di regola frequentano dapprima per quattro o cinque anni le scuole pubbliche elementari, e poi per nove anni i Ginnasi dello Stato. Hanno quindi in media l'età di venti anni, allorché, finito il Ginnasio coll'esame di maturità, si decidono per lo Stato ecclesiastico e si dedicano agli studi di filosofia e di teologia. Il fatto che essi compiono in tal guisa i loro studi insieme ai giovani, i quali abbracciano altre carriere, ha avuto sinora soltanto buoni effetti, specialmente nelle regioni cattoliche, ove le scuole erano penetrate da vero spirito religioso. Il futuro sacerdote, grazie al contatto coi suoi condiscepoli laici, acquista fin dalla gioventù la conoscenza della mentalità e dei sentimenti delle più diverse classi sociali,
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necessaria per esercitare con profitto il sacro ministero. Inoltre – ciò che in Germania è di grande importanza per la stima e la considerazione verso il ceto ecclesiastico – è in tal modo riconosciuto senz'altro dai cosiddetti circoli colti che esso possiede, oltre la scienza teologica, anche una buona cultura generale". – Malgrado ciò, sarebbe, a mio subordinato avviso, pericoloso di obbligare per sempre i futuri Vescovi e parroci a frequentare i Ginnasi dello Stato. Che cosa accadrebbe, se questi divenissero un giorno, colle attuali tendenze di scristianizzazione della scuola, completamente antireligiosi? È ben vero che nella formula proposta dal Sig. Ministro del Culto, conforme del resto al diritto ora vigente, si esige soltanto il certificato di maturità (corrispondente alla nostra licenza liceale) conseguito in un Ginnasio dello Stato o riconosciuto dallo Stato, e non la frequentazione dei detti Ginnasi. A prevenire tuttavia futuri abusi ed erronee interpretazioni, mi parrebbe utile, se venisse, o nel Concordato stesso o in una separata Nota addizionale, espressamente dichiarato che gli ecclesiastici possono compiere i loro studi ginnasiali, sia negli Istituti dello Stato o riconosciuti dallo Stato, sia in altri privati, salvo l'obbligo di subire nei primi il menzionato esame finale di maturità.
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Sembra poi giusta la surriferita proposta di Mons. Arcivescovo di Bamberg, in quanto essa tende ad includere anche i licenziati dai Ginnasi reali e dagli Istituti tecnici, a condizione che questi, prima di iniziare il corso filosofico e teologico, attendano con profitto, a giudizio del Vescovo o del Superiore religioso, allo studio delle lingue latina e greca.(5)
Ben a ragione i Revmi Vescovi considerano come ancor più grave, perché più lesiva della libertà della Chiesa e mal conciliabile colla indipendenza garantita alle società religiose dall'articolo 137 della Costituzione del Reich, la domanda formulata alla lettera c, sebbene debba pur riconoscersi come un progresso di fronte al passato l'ammissione degli studi compiuti nei Collegi ecclesiastici di Roma. Se la S. Sede, per facilitare la conclusione del Concordato, giudicasse di poter accondiscendere alle richieste del Governo su questo punto, sarebbe ad ogni modo da raccomandarsi vivamente l'aggiunta proposta dai Prelati medesimi: "od in altro equivalente Istituto ecclesiastico d'insegnamento", comprendendovi anche le case di studio delle religioni clericali contempla-
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te dal Codice di diritto canonico (can. 587). – Affinché poi <non>5 si abbia l'apparenza che la S. Sede possa eventualmente contentarsi di un corso di studi teologici di soli tre anni, mentre il Codice di diritto canonico ne richiede almeno quattro (prescrizione pur troppo non ancora applicata per impedimenti di vario genere nella maggior parte delle diocesi della Germania), dovrebbe forse, invece delle parole "di almeno tre anni", usarsi l'espressione "un corso regolare a norma dei Sacri Canoni" od altra simile.
Finalmente, per usare una forma, la quale salvi in modo migliore la dignità della Chiesa di fronte al Potere civile, parmi che, quanto agli studi richiesti per gli ufficiali maggiori delle Curie diocesane ed i parroci, potrebbe adoperarsi la seguente formula:
"I Revmi Vescovi emaneranno statuti diocesani, nei quali sarà decretato che gli ecclesiastici da assumersi agli uffici maggiori delle Curie diocesane od a quello di parroci, debbano:
a) possedere il certificato di maturità ecc.".
In tal guisa sembra che questa prescrizione avrebbe la forma di una disposizione dell'Autorità ecclesiastica piuttosto che di una imposizione dello Stato, come nella redazione proposta dal Sig. Ministro del Culto.
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III
Parte 1 a – (Elezione capitolare dei Vescovi)
L'Episcopato bavarese si è dichiarato unanimemente contrario a tale domanda, e propone che i Vescovi siano nominati dal Sommo Pontefice "auditis provinciae Ordinariis". Mons. Arcivescovo di Bamberga ha aggiunto: "Sarebbe, a mio avviso, una disgrazia, se venisse accordato ai Capitoli il diritto di elezione; tuttavia non avrei difficoltà di ammettere che fosse loro concesso di fare delle proposte, affinché queste non provengano invece da persone irresponsabili (per esempio, religiosi o nobili cattolici)".
D'altra parte i Capitoli metropolitani e cattedrali della Baviera mi hanno inviato, con preghiera di farle pervenire al Trono Augusto di Sua Santità, le qui accluse suppliche, colle quali implorano che sia loro restituito l'antico diritto di elezione dei Vescovi. Non mancano tuttavia fra i membri dei Capitoli medesimi coloro che in realtà dissentono da tale domanda, come risulta dall'esposto egualmente qui compiegato dei Canonici Kiefl (Decano) e Scheglmann (Vicario generale) di Ratisbona, i quali chiedono invece instantemente che venga applicato alla Baviera il can. 329 § 2 del codice di diritto canonico: "Eos (Episcopos) libere nominat Romanus Pontifex".
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Debbo aggiungere che alcuni influenti deputati del partito popolare bavarese mi hanno espresso l'opinione essere di grande importanza per la riuscita del Concordato bavarese che ai Capitoli sia concesso il diritto di elezione dei Vescovi (per il quale insiste specialmente il deputato Canonico Wohlmuth), od almeno quello di proporre una terna (come pensa il Sig. Held, capo della frazione del detto partito al Landtag). Invece il Presidente del Consiglio dei Ministri, Conte Lerchenfeld, mi ha fatto chiaramente comprendere che egli non dà alcun peso a tale concessione; ha soggiunto anzi che, avendo avuto occasione di osservare, al tempo dell'ultima provvista della diocesi di Mainz, i dissensi e le lotte interne dei Capitoli, preferisce la nomina diretta da parte della S. Sede.
In tanta divergenza di pareri Vostra Eminenza giudicherà quale sia la più opportuna soluzione; vorrà nondimeno permettermi di rilevare subordinatamente quanto segue:
1º) In primo luogo sembra giusta la surriferita osservazione di Mons. Vescovo di Augsburg, vale a dire che questo punto non appartiene per sé al Concordato, soprattutto dopoché la Costituzione del Reich 6, cui il Sig. Ministro del Culto fa pure continuamente appello nei suoi Promemoria, ha solennemente sancito che ogni società religiosa conferisce i suoi
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offici senza cooperazione dello Stato (art. 137 capoverso 3). Gli interessi del Potere laico sono, del resto, più che sufficientemente garantiti, qualora la S. Sede conceda che i Vescovi debbano avere la cittadinanza bavarese od almeno tedesca ed abbiano fatto un determinato corso di studi, massime ove si aggiunga, che Essa si informerà in precedenza se da parte del governo nulla osti, dal punto di vista politico o civile, contro il candidato in questione. Che poi questo venga scelto dal Capitolo o direttamente dalla S. Sede, è un affare interno, in cui lo Stato non ha per sé alcun diritto né motivo d'intervenire.
2º) Le ragioni esposte nella surriferita lettera del Sig. Dr. Matt a favore del diritto di elezione dei Capitoli non sembrano concludenti(6). La popolazione cattolica accoglie con non minor venerazione ed attaccamento un Vescovo nominato dal S. Padre; l'importante è che esso sia degno e santo Pastore. – Che poi fino al Concordato del 1817 la provvi-
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sta delle Sedi vescovili per mezzo della elezione capitolare fosse diritto comune, al quale, caduto il particolare privilegio della nomina regia, dovrebbesi ora tornare, è manifesto errore storico e giuridico, che non abbisogna di confutazione.
3º) Non vi è dubbio i Capitoli eleggerebbero sempre ecclesiastici degni ed idonei a norma dei sacri Canoni; tali sono in realtà indiscutibilmente tutti i Vescovi del resto della Germania scelti in tal guisa. D'altra parte, però, le estranee influenze, che non di rado si esercitano sui Capitoli, nonché i contrasti, le gelosie, le fazioni spesso esistenti in seno ai medesimi, (cui si accenna nel menzionato Esposto dei Canonici Kiefl e Scheglmann, ed ai quali alludeva pure Mons.  Hollweck nel Voto da me trasmesso coll'ossequioso Rapporto Nr. 13699 del 13 Agosto 1919) possono facilmente impedire l'elezione del più degno, come ho potuto constatare anche in casi recenti. Al qual proposito stimo mio dovere di coscienza di richiamare in modo speciale l'attenzione della S. Sede su quanto segue. È indubitato che la formazione del Clero in Germania (sulla quale ebbi l'onore di riferire ampiamente in un Rapporto all'Emo Sig.  Cardinale Bisleti N. 14839 del 14 Novembre 1919) esige miglioramenti e riforme, ed a tal fine la S. Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi
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ha indirizzato all'Episcopato in data del 9 Ottobre 1921 una opportuna Istruzione. Ora però (come dimostra l'esperienza) tutte le Istruzioni della S. Sede al riguardo resteranno più o meno lettera morta, se non si avranno Vescovi, i quali siano pienamente compresi della loro necessità ed importanza e ne promuovano quindi con ogni energia la fedele e completa esecuzione. Ma ciò si otterrà assai difficilmente, se la scelta dei Pastori della diocesi sarà lasciata intieramente ai Capitoli, ed alla S. Sede non rimanga se non di dare la conferma, la quale non si vede come potrebbe essere negata, quando l'eletto abbia d'altronde per sé le qualità richieste dai sacri Canoni.
4º) In conseguenza di quanto si è sopra rispettosamente esposto, sembra che, – qualora non sia possibile, senza compromettere la riuscita del Concordato, di eliminare dal medesimo questo punto –, potrebbesi concedere (analogamente a quanto Vostra Eminenza degnavasi comunicarmi col venerato Dispaccio N. B=20766 in data del 20 Maggio 1920) che i Capitoli, dopo aver prestato il giuramento de secreto servando, formino una lista di almeno tre candidati da rimettersi al Metropolitano (o, in mancanza di esso, al più anziano dei Suffraganei). Questi, auditis (sub eodem secreto) Provinciae Ordinariis, l'approva o la modifica, e la rimette per il tramite del Nunzio
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Apostolico alla S. Sede, la quale tuttavia si riserva la libertà di nominare eventualmente un ecclesiastico anche non compreso nella lista, ogniqualvolta per speciali ragioni lo giudichi più opportuno.
Parte 2a (Domanda al Governo prima della nomina dei Vescovi)
I Revmi Vescovi l'ammetterebbero come "estrema concessione". – Mons. Vescovo di Eichstätt trova però troppo vaga l'espressione: "che nulla osti da parte del Governo" e teme che possa dar luogo ad abusi; propone quindi la seguente formula "... si accerterà se il Governo bavarese abbia contro l'eletto serie e gravi difficoltà, le quali tuttavia dovranno essere dettagliatamente e coi loro motivi esposte alla S. Sede". – Mons. Vescovo di Passavia aderisce alla domanda del Governo molto a malincuore e desidererebbe l'aggiunta: "La S. Sede si accerterà in via non ufficiale se..."
Per quanto desiderabile possa essere l'assoluta libertà della Chiesa, nella scelta dei Vescovi, sembra tuttavia difficile di poter rifiutare, salvo gli opportuni miglioramenti nella redazione, questa richiesta del Governo, mentre che una eguale concessione è stata già fatta dalla S. Sede nel Concordato colla Serbia (art. 4) e nel progetto di Concordato colla Lettonia (art. 4). Essa inoltre figura altresì nel succitato Di-
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paccio [sic] N. B= 20766 e nel modus procedendi per le elezioni vescovili annesso all'ossequiato Foglio N. 158 del 16 Febbraio scorso.
Parte 3a (Provvista dei Canonicati)
I Revmi Vescovi si sono tutti dichiarati, alcuni con energia, contrarii alla proposta del Sig. Ministro del Culto su questo punto, e chiedono che la provvista dei Canonicati, eccetto le Dignità (can. 396 § 1)(7), spetti ad Episcopum, audito Capitulo (can. 403), ritenendo che il Landtag potrebbe di ciò accontentarsi.7 Ammettono tuttavia (specialmente Mons. Arcivescovo di Bamberga) che, qualora necessariamente lo esigano le trattative col Governo, possa concedersi ai Capitoli (analogamente al privilegio sinora da essi goduto – cfr. Concordato dal 1817 art. X capoverso 1) il diritto di nomina per ogni quarta vacanza. Mons. Vescovo di Eichstätt non si opporrebbe anzi a che tale diritto venga accordato per ogni terza vacanza, purché il Capitolo prima della elezione notifichi al Vescovo i nomi dei candidati e questo li approvi.
I Capitoli della Baviera, d'altra parte, mi hanno inviato, come per la elezione del Vescovo, così anche sul presente argomento, le suppliche dirette al S. Padre, che qui compiegate compio parimenti il dovere di trasmettere all'Eminenza Vostra, e nelle quali rivendicano il loro diritto di eleggere
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ai Canonicati vacanti per una metà, ossia alternis vicibus. Il Capitolo Metropolitano di Monaco-Frisinga basa la sua domanda sulla legge di fondazione a norma del can. 403, sebbene il testo della legge medesima sia rimasto distrutto nel'incendio della Cattedrale di Frisinga dell'anno 903, e ricorda altresì come prima della secolarizzazione e del Concordato del 1817 (il quale restringe l'elezione capitolare a tre mesi) il ius eligendi spettava al Capitolo in mensibus paribus.
Intorno a questo punto potrebbe farsi, a mio umile avviso, la stessa osservazione esposta a proposito della elezione dei Vescovi, vale a dire che esso riguarda una questione ecclesiastica interna, la quale, a norma dell'art. 137 capoverso 3 della Costituzione germanica, non dovrebbe entrare nel Concordato. Prescindendo da ciò, non vedrei tuttavia difficoltà, anzi subordinatamente stimerei forse opportuno che una qualche concessione fosse fatta ai Capitoli.
IV
(Diritto di presentazione alle parrocchie ed ai benefici curati e semplici)
Nella lettera, colla quale questo Emo Sig. Cardinale Arcivescovo, dietro mia preghiera (come si è detto), domandava il parere dell'Episcopato bavarese sui postulati del Sig. Ministro del Culto, egli notava relativamente a questo punto quanto
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segue: "Una simile richiesta mi sembra per la Chiesa inaccettabile... Come estrema concessione, e nella ipotesi di corrispondenti compensi da parte dello Stato, potrebbe ammettersi che (analogamente alla nomina dei Vescovi) l'Ordinario prima della provvista di un beneficio domandi al Governo se nulla osti contro il candidato". La maggioranza dei Vescovi ha aderito a tale proposta. Mons. Arcivescovo di Bamberga l'ha più accuratamente precisata nei seguenti termini: "La sola concessione possibile è che per i benefici finora di patronato dello Stato prima della nomina dei parroci e dei beneficiati se ne dia comunicazione al Governo, domandando se dal punto di vista dello Stato vi siano obbiezioni contro la persona del nominando. Ma ciò dovrebbe accordarsi soltanto, se anche lo Stato faccia una simile concessione per la nomina dei maestri di religione nelle scuole medie, nonché degli ecclesiastici addetti agli ospedali dello Stato, alle carceri, ecc." – Mons. Vescovo di Passavia è contrario a qualsiasi trattativa col Governo riguardo alla provvista dei benefici. – Mons. Vescovo di Eichstätt qualifica la surriferita proposta dell'Emo Faulhaber come "estrema condiscendenza", rilevando che il postulato del Ministero del Culto a questo riguardo mira a ristabilire l'antica dipendenza della Chiesa ed è in contraddizione colla Costituzione del Reich. – Invece Mons. Vescovo di Augsburg è favorevole
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ad ulteriori concessioni: "Poiché l'attuale Governo (egli nota) non è più considerato dalla S. Sede per rivoluzionario, come già quello di Hoffmann, potrebbe anche accordarsi l'antico modo nella provvista dei benefici".
La questione della presentazione alle parrocchie ed ai benefici in Baviera fu già da me sottomessa alla S. Sede (cfr. Rapporto N. 12509 del 3 Aprile 1919) e da Questa esaminata (cfr.  Cifrato N. 195 del 16 Agosto 1919 e Dispaccio N. 95238 in data 23 dello stesso mese di Agosto). L'accordo concluso coll'allora Presidente del Consiglio dei Ministri Sig. Hoffmann, in virtù del quale continuavano provvisoriamente ad aver luogo, come per l'addietro, la presentazione da parte del Governo bavarese alle parrocchie vacanti di cosiddetto patronato dello Stato ed il gradimento per quelle di libera collazione, conteneva la esplicita clausola che ciò non potrebbe costituire un precedente per il definitivo regolamento della questione (Rapporto N. 14761 del 10 Novembre 1919). Malgrado ciò, sarà probabilmente necessaria qualche concessione anche su questo punto (forse nel senso della proposta dell'Emo Faulhaber) per assicurare la dotazione delle parrocchie anzidette.
V
(Cittadinanza tedesca per i Superiori degli Ordini e Congregazioni religiose)
I Revmi Vescovi ammetterebbero anche questa concessione,
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a condizione però (come per i punti precedenti) che anche da parte dello Stato siano nel Concordato assicurati alla Chiesa corrispondenti vantaggi secondo il principio del "do ut des".
Alcuni Superiori maggiori di Ordini religiosi, da me interrogati al riguardo, mi hanno egualmente dichiarato che una tale disposizione non presenterebbe alcuna difficoltà, tanto più che si ammette la possibilità di qualche eccezione. – Il Revmo P.  D. Placido Glogger O. S. B., Abate di S. Stefano in Augsburg e Preside della Congregazione benedettina di Baviera, ritiene anzi essere nell'interesse non solo dello Stato, ma anche della Chiesa, che i Vescovi, i parroci ed i Superiori religiosi abbiano la cittadinanza tedesca, giacché essi sarebbero altrimenti esposti agli attacchi dei nemici della religione. Propone poi di aggiungere al capoverso secondo (come pure, analogamente, al punto II) le parole: "su domanda delle competenti Autorità ecclesiastiche".
Degnisi ora l'Eminenza Vostra di comunicarmi le Sue venerate istruzioni in proposito. Ad evitare anzi, in quanto è possibile, ritardi nel seguito delle trattative, oso supplicarLa di significarmi sin da ora con ogni precisione in quali punti la S. Sede è disposta a consentire
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senz'altro alle domande del Governo, quali al contrario ritiene <eventualmente>8 come del tutto inammissibili, e quali invece siano forse suscettibili di discussione <e>9 di future concessioni e possano quindi essere, per così dire, tenuti in serbo per il caso in cui lo svolgersi dei negoziati facesse apparire come necessario per la riuscita del Concordato qualche ulteriore atto di condiscendenza da parte della S. Sede medesima. Non appena poi mi saranno pervenute le suddette implorate istruzioni, presenterò così al Sig. Ministro Presidente e Ministro degli Esteri Conte Lerchenfeld, come al Sig. Ministro del Culto Dr. Matt (conformemente alla di lui richiesta), il nuovo progetto, che dovrà quindi, secondo che si è già più volte accennato, essere sottomesso all'esame del Consiglio dei Ministri e discusso coi capi delle varie frazioni del Landtag.
Dopo di ciò, chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
Di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Pacelli Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico
(1)Colla parola "Direzione (Leitung) della diocesi" viene indicato il Vescovo (aliusve qui, loco Episcopi, dioecesim regit); coll'altra "amministrazione (Verwaltung)" il Vicario generale ed i rimanenti ufficiali maggiori della Curia diocesana.
(2)Col nome di "Università germaniche" sono comprese, secondo che mi ha dichiarato questo Signor Ministro Presidente, pure le austriache, fra le quali gode meritata fama quella di Innsbruck. – Alcuni desidererebbero che, anche per ciò che riguarda i Ginnasi e gli Istituti ecclesiastici, di cui è parola nel punto in esame, fossero inclusi altresì gli austriaci; temo tuttavia che una tale menzione, almeno se esplicita, potrebbe avere un qualche sapore politico pangermanista e sollevare quindi eventualmente critiche ed attacchi contro la S. Sede.
(3)Vale a dire la Casa generalizia o provinciale ovvero un monsterium sui iuris.
(4)L'Episcopato prussiano nel Memorandum redatto dall'Emo Cardinale Bertram e da me rimesso al Sig. Ministro del Culto Dr. Boelitz (cfr. Rapporto N. 23382 del 27 Febbraio scorso, col quale ho inviato all'Eminenza Vostra il testo e la traduzione italiana del medesimo) ha respinto le ingerenze dello Stato in tale materia, non già perché la Chiesa non curi la seria e profonda formazione letteraria, filosofica e teologica dei chierici, ma per ragione di principio.
(5)La stessa idea mi è stata manifestata altresì dai Revmi Padri Provinciali dei Francescani e dei Cappuccini.
(6)Questo Emo Sig. Cardinale Arcivescovo ha così scritto in proposito ai Revmi Vescovi della Baviera: "Il motivo addotto dal Governo, che cioè debbasi aver riguardo al sentimento nazionale in Baviera e concedere perciò ai Capitoli il diritto di elezione, non fa onore a chi lo ha suggerito, sia esso un laico od un ecclesiastico".
(7)Tale eccezione dovrebbe valere eventualmente anche per i Coadiutori con o senza diritto di successione (cfr. Rapporto N. 23649 del 5 corrente). Quid dei Canonicati, i quali cadrebbero sotto le riserve indicate nel can. 1435? Prego Vostra Eminenza di comunicarmi le Sue ossequiate istruzioni anche a questo riguardo.
95r, mittig am oberen Seitenrand hds. von unbekannter Hand, vermutlich vom Empfänger, notiert: "Gli allegati furono inviati a P. per la traduzione dal tedesco".
1Hds. gestrichen und eingefügt von Pacelli.
2Hds. eingefügt von Pacelli.
3Masch. eingefügt.
4Hds. eingefügt von Pacelli.
5Hds. eingefügt von Pacelli.
6"Mons. Arcivescovo di Barmberga […] Costituzione del Reich" hds. am Beginn und am Ende des Abschnitts mit einem Zeichen versehen.
7"propone quindi la seguente […] di ciò accontentarsi" hds. am Beginn und am Ende des Abschnitts mit einem Zeichen versehen.
8Hds. eingefügt von Pacelli.
9Hds. eingefügt von Pacelli.
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 15. April 1922, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 4148, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/4148. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
Online seit 31.07.2013, letzte Änderung am 20.01.2020.
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