Dokument-Nr. 569

[Erzberger, Matthias]: Il giudizio della stampa tedesca sulla Nota Pontificia, 21. August 1917

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Dopo essere stata pubblicata a Roma la lettera del Papa, secondo la notizia che ne diede l'"Agenzia Stefani" il 17 corrente, anche in Germania il testo esatto è stato rimesso dalla stampa e reso pubblico il 18. Tutti i giornali lo riportano per esteso, e i più lo commentano con articoli di fondo più o meno lunghi. L'accoglienza negli organi dei vari partiti corrisponde, in generale, all'atteggiamento tenuto da questi nei loro accenni precedenti. In altre parole: i giornali che rappresentano idee di partito e sono contrari ad una pace in base ad un accomodamento reciproco, rigettano quasi tutti la lettera pontificia e giustificano il loro rigetto dicendo che l'accettazione delle condizioni proposte nella lettera equivarrebbe alla rovina delle necessità di vita e dei bisogni della Germania. Al contrario, tutti gli altri partiti, attivi per giungere ad una pace d'accomodamento, mantengono immutato il loro punto di vista che qualsiasi azione di pace sia la benvenuta e debba essere presa seriamente in considerazione. Così, e principalmente quella del Papa, anche se qua e là fa capolino l'opinione che, in vero dire, alcuni punti delle condizioni esposte dalla Nota, forse per motivi tattici, tengano conto più che altro della mentalità dell'Intesa. Comunque, questi giornali, pur facendo certe loro riserve, sono d'accordo sul punto essenziale che la lettera di pace del Papa si possa benissimo considerare quale buona base per avviare i
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negoziati; ed esprimono il desiderio e la speranza che anche i Governi dell'Intesa ne esaminino il contenuto colla medesima serietà e buona volontà, per rilevarne le possibilità di un accordo, come presumono abbia a fare il Governo tedesco. Quasi senza eccezione tutti i giornali – anche quelli che per principio e per considerazioni obbiettive credono di dover rigettare l'azione del Vaticano – riconoscono senza esitazione che il Papa è animato dalla migliore volontà, che non è interessato politicamente, ma guidato nel sua passo dalla pura intenzione di contribuire con tutte le sue forze perché la guerra atroce e il continuo bagno di sangue abbia una buona volta a cessare.
Ma passiamo senz'altro in rassegna i commenti dei vari giornali pubblicati sino all'ora presente, facendo un breve estratto dei passi più importanti.
La "Germania" (Centro), rileva le intenzioni nobili e disinteressate dalle quali il Santo Padre si lascia guidare. L'imparzialità più completa della risoluzione pontificia non potrebbe lasciar adito a dubbio malevolo alcuno, nemmeno presso i più accaniti nemici del Papato; anche se questa imparzialità del Sommo Pontefice non fosse stata ormai provata in modo lampante in tantissime occasioni durante il corso della guerra. L'unica stella guidatrice delle sue azioni, delle sue preghiere, delle sue proposte, è stata la ferma volontà di impedire un ulteriore prolungamento della guerra. Le proposte materiali della Lettera
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combinano, per la maggior parte, colla deliberazione del Reichstag, approvata e fatta sua dal Governo tedesco. Oltre a ciò Papa e Reichstag vanno d'accordo sulla pretesa della libertà e della comunità dei mari, e sulla creazione di organizzazioni internazionali di diritto per assicurare la pace. Se si fa astrazione dalle "questioni territoriali controverse" fra l'Italia e l'Austria, nonché fra la Francia e la Germania, si vede che, qual nuovo punto essenziale, si presenta subito la questione del disarmo. Questa questione sarà certamente l'oggetto di numerose, ampie e particolareggiate discussioni. Ha contro il fatto che tale questione dovrà essere affrontata e discussa, non può e non deve urtare e tanto meno naufragare la possibilità di addivenire finalmente a trattative fra le Potenze belligeranti. La prime impressione riportata dal testo della Lettera è, per la Germania, questo: che esso costituisce un terreno sul quale possono entrare tutti i veri amici della pace.
Il secondo giornale del Centro (secondo l'importanza che riveste), la "Kölnische Volkszeitung", – giornale che, come abbiamo rilevato nella relazione scorsa, difende il punto di vista di una pace basata sulla forza, – non si è ancora espresso, all'ora presente, sul testo della lettera vaticana. Il suo atteggiamento definitivo viene, forse, illuminato non poco dalla circostanza che pubblica un secondo articolo, intitolato "Dubbi senza ragione", col quale mette nuovamente in guardia di non commettere l'errore di considerare come un atto ecclesiastico la Lettera politica, del Papa, diretta ai Capi
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dei paesi belligeranti. Esso giornale può oggi riferirsi ad un'osservazione della conservatrice "Kreuzzeitung", secondo la quale risorgerebbe in questa occasione la vecchia contesa in seno al Centro sulla competenza di Roma in questioni politiche; e dice che la "Kreuzzeitung", cercando di trarre profitto per le sue argomentazioni di quella "vecchia contesa in seno al Centro", non fa che disconoscere completamente qualsiasi fatto positivo. Il passo del Papa, infatti, non può esser presentato né come questione di partito, né come questione confessionale. Il Centro non è affatto chiamato a prendere un atteggiamento speciale dinanzi alla lettera del Sommo Pontefice. Il quale ha impreso la sua opera pacificatrice quale Sovrano neutrale e non quale capo della Chiesa Cattolica; dal che ne risulta essere il suo passo un passo diplomatico di una Potenza neutrale, e non un gesto della Chiesa come tale. L'eminentissima posizione ecclesiastica del Santo Padre si contraddistingue e figura solo in quanto che essa, unitamente al contegno di Benedetto XV riconosciuto sin qui imparzialissimo, conferisce la base salda e il giustificato diritto di invitare – qual Potenza veramente neutrale e politicamente disinteressata – i contendenti ad abboccarsi e a parlare di pace.
La liberale "Frankfurter Zeitung" scrive che si farebbe torto alle proposte della Nota vaticana se si volessero considerare come rigidamente definite e fer-
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manente immutabili nel pensiero di chi le ha suggerite e nella formulazione che ne è stata fatta; tali da dover determinar la pace così come esse sono. Ciò lo impedirebbe la stessa interpretazione tenuta a sommo studio sulle generali e varia a seconda delle opinioni e sentimenti dei partiti contendenti. Più giusto è riconoscere il significato della Nota in questo: che essa vuole indurre le due parti a esprimersi una buona volta, e particolareggiatamente, quali sono i loro intenti nei riguardi dei capisaldi proposti dalla Lettera pontificia. In tal modo si dovrebbe addivenire – almeno possiamo immaginarcelo – ad una spiegazione dei punti di vista opposti, e, presumibilmente, al riconoscimento, secondo l'opinione del Santo Padre, che le tendenze delle due parti non si urtano, poi, come sembrerebbe; e che i fini non si discostano tanto da poter giustificare un ulteriore proseguimento del conflitto. Premessa indispensabile per il raggiungimento di questo fine è che, in verità, i Capi dei popoli belligeranti si siano avvicinati internamente assai di più di quello che si potrebbe presumere giudicando esternamente. La "Frankfurter Zeitung" non vuole, nel momento presente, rispondere né affermativamente né negativamente in quanto all'esistenza o meno della premessa che sopra. Le nazioni anelano, senza eccezione alcuna, la pace; d'altra parte i Governi dell'Intesa hanno fatto tutto il loro possibile, fino a tutt'oggi, per impedire un avvicinamento dei popoli e per tener desto lo spirito bellicoso.
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Il giornale mette a confronto il rifiutato rilascio dei passaporti per la conferenza di Stoccolma da parte dei Governi dell'Intesa e la dichiarazione di pace del Reichstag germanico, e dice che non occorre sforzo alcuno per riconoscere di primo acchito da qual parte vi sia vero amore di pace e da quale parte manchi. Si deve, comunque, rilevare che il linguaggio di alcuni uomini di Stato inglesi è divenuto più assennato. In quanto poi al sapere se il Vaticano è giunto alla persuasione che una proposta di pace possa aver probabilità di successo, se giudicando da sintomi esterni; o se possiede invece specialissimi punti d'appoggio; o se ancora il passo è stato determinato pure da motivi specifici che si riconnettono colla posizione del Vaticano davanti ai singoli belligeranti; riguardo a tutto ciò non si possono fare altro che supposizioni. Dalla dichiarazione dell'onorevole Erzberger – secondo la quale vi è ancor la possibilità di evitare una quarta campagna invernale, e di pervenire ad un'intesa in poche ore su una base di pace, – si ha il diritto di rilevare che nei circoli in stretto rapporto col Vaticano e nel Vaticano stesso deve dominare l'opinione quasi certa che si debba riuscire oggi ad ottenere una pace in base all'accomodamento, sempre che sia possibile creare la chiarezza necessaria sui due punti di vista opposti. Solo in questo senso deve essere intesa la Nota vaticana, e solo da questo punto di vista la si deve considerare in Germania come un valido mezzo; per quanto noi dobbiamo muovere, in
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qualità di Tedeschi, obbiezioni categoriche contro varie interpretazioni di certi passi oscuri del testo, fatte o da farsi da parte dell'Intesa. Da un tale apprezzamento della Nota risulta meccanicamente che qui non si tratta altro che di accenni di massima. La pace proclamata anche dalla maggioranza del Reichstag, una pace senza ampliamenti di territorio e senza violazioni economiche o politiche, mette la condizione ad entrambe le parti dell'osservanza di questo principio, il quale può esser valevole sol quando anche l'Intesa lo riconosca come obbligante. Questo punto essenziale non viene, forse, sufficientemente espresso nelle proposte della lettera pontificia come lo si vorrebbe vedere in Germania. Riconosciamo, però, che la stessa essenza del documento, il quale vuole avvicinare due contendenti, non può corrispondere del tutto, fin da principio, ai desideri delle due parti. Se nel campo avversario si va dicendo che il Papa ha tenuto poco conto del punto di vista dell'Intesa e che la Germania ha influito sulle proposte vaticane, è questa una tale asserzione da doverla chiamare senz'altro demenza. Allo stesso modo l'Intesa non ha mancato di presentare la conferenza di Stoccolma come una creatura della Germania. Cotali ripieghi non fanno altro che mettere a nudo la situazione disperata dell'Intesa, se questa, – che, non è ancor molto tempo, dichiarò essere l'unica via della pace quello che passava attraverso la distruzione della Germania, – è pronta oggi a consi-
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derare come una vittoria della Germania e come mène delle Potenze Centrali, persino negoziati e proposte edificati su tutt'altra piattaforma. Orbene: queste vane impaginazioni, prodotto di fantasie malate, dimostrano appunto con quale e quanta cautela si debba procedere ad un tentativo per trovare un viottolino che conduca alla pace, se non si vuole che il tentativo sia rigettato subito o dall'una o dall'altra parate. Può darsi che il Papa abbia tenuto conto della maggior buona volontà di concluder la pace da parte delle Potenze Centrali, e abbia riputato opportuno di distribuire i pesi. La proposta del disarmo generale e di un'organizzazione dei popoli, intesa a scongiurar nuovi conflitti, incontrerà certamente la più grande simpatia in tutte quelle nazioni che hanno imparato a conoscere i dolori e le miserie di questa guerra. Comunque, nelle questioni concrete territoriali e politiche, si incontreranno le difficoltà principali da sormontarsi nei futuri negoziati di pace. Ma proprio a questo riguardo la Lettera vaticana, fatta astrazione di alcune proposte ben nette, come lo sgombro del Belgio e della Francia del Nord, restituzione delle Colonie tedesche, rinuncia reciproca agli indennizzi, si tiene così sulle generali che si scorge chiaramente la tendenza di non voler pestare i piedi a nessuno dei contendenti. Per la Germania, naturalmente, rimane fermo che l'avvenire dell'Alsazia-Lorena, terre tedesche oggi come per lo passato, e di quella provincia appartenuta una volta al Regno di
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Polonia, ma incorporata definitivamente nella Prussia di cui fa ormai parte indivisibile, sono questioni che riguardano solamente ed esclusivamente la Germania, e sulle quali non è possibile discussione alcuna in un congresso per la pace. Alla richiesta della libertà dei mari si potrà dare un contenuto reale soltanto durante i negoziati. La lettera pontificia è tenuta in un tenore che non può dare appiglio a nessuna delle due parti per rigettare un abboccamento sugli argomenti in essa Lettera contenuti. Se questo però avvenisse da parte dell'Intesa, si avrebbe la prova inoppugnabile che là non vogliono affatto il predominio del diritto sulla forza, ma credono tuttora di poter colla violenza raggiungere intenti imperialistici. Ben presto vedremo se i Capi dell'Intesa vogliono la pace dei popoli e l'accomodamento, o non piuttosto la guerra e il dominio della violenza. Per la salvezza dei popoli e dell'umanità sofferente è sperabile che il serio appello alla coscienza dei governanti trovi orecchi che lo ascoltino e che ad esse rispondano.
Il liberale "Berliner Tageblatt", riferendosi al fatto che la stampa pangermanista e conservatrice ha rigettato lontano da sé l'iniziativa di pace del Papa "con un energico movimento della mano", corregge un errore della "Deutsche Tageszeitung" (pangermanista) la quale ha scritto che è citata anche l'Alsazia-Lorena fra le questioni territoriali controverse. Il "Berliner Tageblatt" rileva che il Pontefice si è limitato ad espri-
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mere la speranza che le "questioni territoriali controverse" vengano possibilmente esaminate con uno spirito conciliativo. Dichiara, quindi, che gli sembra assolutamente falso entrare ora a discutere dei particolari. La questione da risolversi prima di tutte le altre è quella relativa a ciò che il Santo Padre chiama il "pensiero fondamentale" del suo suggerimento; il suggerimento, cioè, di preporre la forza morale del diritto alla forza materiale delle armi, e di creare un accordo su un disarmo contemporaneo e reciproco e sui tribunali arbitrali obbligatori. Il "Berliner Tageblatt" approva senza nessunissima riserva questo pensiero fondamentale della lettera pontificia, e dichiara sembrargli aver il Papa segnato mirabilmente lo scopo da raggiungersi. I punti che il Papa chiama possibili condizioni di pace sono proposte e idee che, naturalmente, vengono vedute e considerate dai diversi Stati, ma che possono essere discusse con utilità in tempo e luogo opportuno. Il giornale conclude dicendo che sarebbe uno sbaglio dare una risposta negativa alla manifestazione del Papa, quando si riconosca il pensiero fondamentale che la informa. Non soltanto il desiderio di metter finalmente un termine alla orribile guerra, ma anche la saggezza politica, consigliano di rispondere alla lettera pontificia nel senso dell'amor per la pace e dell'alto senno, con cui la Lettera stessa è pensata e scritta.
La "Vossische Zeitung" (in politica interna liberale, in politica estera sostenitrice di un indirizzo
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nazionale energico) riconosce senza restrizioni l'impulso generoso del Papa, i motivi e le intenzioni nobili della sua Nota per la pace ma non crede, tuttavia, di doversi per questo astenere dal sottoporre a minuto esame politico le proposte che essa contiene. Il giornale prende le mosse dal fatto che il Papa vuole che in avvenire la vita internazionale abbia a fondamento il diritto. Se un nuovo diritto delle genti deve nascere da questa guerra occorre, innanzi tutto, che vengano rimossi gl'inconvenienti che sinora impedirono, in pratica, al diritto di dominare come supremo principio nei rapporti fra gli Stati. Un efficace sistema di diritto può davvero dominare nel mondo solo se più non accada che una o due grandi Potenze, per l'effettivo possesso della maggior parte dei territori e delle vie di comunicazione, siano in grado, a dispetto di tutti gli accordi internazionali, d'imporre a tutto il mondo rimanente, suddiviso in piccoli e impotenti unità, il loro volere. Sino a tanto che perduri l'odierno stato di cose, ogni trattato sulla libertà dei mari rimane una pura costruzione di diritto ed un pericolo per la vita interstatale.
Il diritto mondiale, che il Papa promuove, implica, dunque, come condizione precipua, lo stabilimento di un equilibrio mondiale. La sua attuazione fu impedita, sin qui, dalla politica ideata dall'Inghilterra, e a loro grave danno tollerata dalla Potenze continentali europee, di "un equilibrio europeo", che diede
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origine al frazionamento del vecchio continente, impedì, nonostante i loro eguali interessi, l'unione delle Potenze suddette e condusse, infine, alla guerra odierna. La fine di questa politica e l'effettuazione dell'unione necessaria degli Stati continentali europei è la condizione essenziale per un futuro stato di diritto giacché essa crea un subiectum juris equipollente alle altre Potenze mondiali (la Gran Bretagna con le sue colonie; gli Stati Uniti dell'America del nord e l'impero che nell'estremo oriente si viene formando sotto l'egemonia nipponica) il quale può essere poi anche in grado di sostener efficacemente i suoi interessi vitali nelle questioni dell'equilibrio extraeuropeo e di respingere altresì, con energia e con successo, le pretese dell'Inghilterra sui territori coloniali da essa occupati durante il conflitto. Per giungere a un equilibrio mondiale e ad un universale stato di diritto si deve assolutamente ottenere che questi territori turchi e persiani, dei quali la Nota pontificia non fa parola, non rimangano nelle mani degl'Inglesi. Riconnessa a ciò, pure la questione delle colonie tedesche sarà più facilmente risolubile che non in connessione con i territori europei occupati dalla Germania. Infatti le questioni territoriali europee possono regolarsi in modo soddisfacente solo a condizione di un'intesa continentale, indipendente da influenze esterne. A questa condizione non sarà difficile sistemare la questione belga in conformità della proposta pontificia ed anche degli inte-
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ressi tedeschi. Certo la forma degli accordi in proposito necessari si finirebbe per trovarsi ma la loro efficacia dipenderebbe di nuovo dall'attuazione di un equilibrio mondiale, ossia, anzitutto, dall'intesa delle Potenze continentali europee. Va da sé che la Germania, adoperandosi per lo stabilimento dell'intesa europea, non possa avere l'intenzione d'intralciarla con l'annessione di territori francesi, dall'altro lato la soluzione della questione dell'Alsazia-Lorena, lasciata dal Papa, in sospeso, non può impedire la pace se il popolo francese riconoscerà i medesimi principi che la Germania. Quanto alla questione polacca si capisce che il Capo della Chiesa cattolica si occupi con amore speciale della sua sentinella avanzata nell'oriente. Da ogni parte sarà dimostrata benevolenza verso i Polacchi e del resto il pericolo per la Polonia è grandemente scemato dal momento che, senza difficoltà, in conseguenza della rivoluzione russa, ha potuto ottenere la sua autonomia nazionale. La soluzione della questione polacca non deve, in nessun caso, intralciare lo stringersi insieme delle Potenze continentali, ossia l'intesa tra le Potenze centrali e la Russia. Né nella gran liquidazione devono identificarsi le richieste polacche con quelle delle Potenze centrali o venir messe a carico della Germania e dell'Austria-Ungheria. Se la proposta di pace del Papa sarà accolta dagli altri belligeranti in modo da affrettare l'attuazione dell'equilibrio mondiale essa significherà un gran dono per l'umanità.
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In un secondo articolo, intitolato "Roma o Stoccolma?", la "Vossische Zeitung" tratta del medesimo argomento. Nessuno oserà sostenere che la Nota pontificia porterà già domani la pace, ma essa condurrà per lo meno in uno dei molti atri del tempio della pace che bisognerà attraversare prima che l'umanità possa mettere il piede nell'interno del sancta sanctorum. Non è una concordanza fortuita che una parte della stampa cattolica tedesca e l'Agenzia Reuter abbiano fatto sapere che il Papa ha compiuto il suo passo solo dopo essersi messo in contatto con i Governi degli Stati belligeranti. Ciò è fuori dubbio. Nella sua qualità di sovrano, che gli è garantita, egli deve lasciare che le sue azioni politiche siano sottoposte alle medesime critiche che le azioni degli altri capi di Stato. Il Papa, questa volta, ha diretto consapevolmente e chiaramente, una Nota alle Potenze, non una bolla o un'enciclica ai pastori spirituali e ai loro protetti. Il fatto dell'invio della Nota prova il consenso delle Potenze, e il fatto di questo consenso è garanzia del trattamento riguardoso che tutti le faranno. La diplomazia pontificia si è adoperata con la massima attività per creare le condizioni che resero possibile la redazione stessa della Nota. Il giornale crede di sapere che certi circoli politici, in parte per integrare efficacemente gli sforzi dei socialisti per la pace, in parte, anche, spinti dalla preoccupazione del minaccioso prevalere delle correnti socialistiche hanno premuto sulla Curia perché si inducesse ad una nuova manifestazione per la
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pace. La "risoluzione" della pace del Reichstag avrebbe, secondo la "Vossische", preparato il terreno al Papa per la sua Nota. Questo spiega perché il Centro si è schierato unanime a favore della mossa del deputato Erzberger. Né manca di attrattiva la circostanza che nel Reichstag i socialisti si impegnarono con speciale ardore per una deliberazione che, tutto sommato, aveva anche lo scopo di anteporre Roma a Stoccolma. Roma celebra, quindi, una vittoria diplomaticamente così bene preparata che i vinti sono costretti ad acclamare il vincitore e a sostenere tutti i suoi passi futuri. Nulla, però, sarebbe più falso che dedurre dal fatto che la "risoluzione" del Reichstag fu necessaria preparazione del passo del Papa la conclusione che, dunque, quest'ultimo altro non sia se non una manovra tedesca. Col medesimo fondamento si potrebbe dirlo una manovra inglese. L'Inghilterra ha riconosciuto per tempo l'importanza del Papa per una mediazione della pace ed ha quindi istituita un'ambasciata presso il Vaticano. Inoltre il linguaggio della maggior parte dei giornali inglesi dimostra che l'Inghilterra non solo non è ostile all'azione del Papa ma che anzi ebbe una certa parte alla sua imbastitura. Non si sbaglierà dunque se si ascriverà in eguale misura alla Germania e all'Inghilterra una certa influenza su l'azione in parola. Né ciò è punto strano. Le Potenze centrali sono, in questa guerra, le vincitrici e l'Inghilterra, il più gagliardo dei loro avversari, quello sulle cui spalle devono gravare specialmente gli oneri e le spese di una continuazione della lotta raccapricciante. Nessuna
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meraviglia che pure l'Inghilterra, poco a poco, si persuada della necessità di preparare la base per una discussione oggettiva. Una base simile è la Nota del Papa. Che l'Inghilterra desideri una discussione oggettiva si desume dalla circostanza che la stampa inglese, in conformità dell'imbeccata ricevuta, cerca d'imprimere ad essa una direzione determinata. Per esempio il "Daily Chronicle" respinge, con mal contraffatta indignazione, l'idea di un'immediata stipulazione della pace ed espone tutta una serie di motivi per i quali la pace adesso sarebbe interamente a vantaggio della Germania. Nella presente condizione di cose, opina il giornale, una pace significherebbe l'abbattimento della Russia come grande Potenza desiderato dalla Germania. Ma questo non è davvero un monito sincero alla Russia, sì, invece, il tentativo di far comprendere indirettamente alla Germania che la carta militare le permetterebbe ora di intendersi facilmente con l'Inghilterra a spese della Russia. Né certo è mero caso, per lo meno non un caso sfavorevole all'Inghilterra, che l'interpretazione letterale della Nota pontificia dovrebbe avere per effetto la separazione della Polonia, della Lituania, della Curlandia e della Livonia dalla Russia; la ristaurazione del Belgio; la restituzione delle colonie tedesche; l'indebolimento della Turchia con il distacco dell'Armenia, e, infine, il passaggio dell'Arabia e della Mesopotamia sotto la signoria inglese. Che a queste condizioni l'Inghilterra sarebbe disposta a concludere la pace è fuori dubbio. Perciò gl'Inglesi
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s'industriano già ora a spingere il popolo tedesco a mettersi per questa via così comoda e, come a molti Tedeschi sembra, così naturale. L'Inghilterra vuol mantenere il continente discorde. Chi tiene presente questa mira dell'Inghilterra e il suo rapporto con la Russia capisce il rifiuto del Governo di Londra di lasciar partire per Stoccolma delegati del partito del lavoro. La conferenza di Stoccolma, in primissima linea una questione tutta russa, dovrebbe condurre, se avesse successo, ad una spiegazione e ad un riavvicinamento delle Potenze centrali colla Russia. L'atmosfera russo-tedesca e russo-austro-ungarica ne risulterebbe depurata, si dovrebbe anzi tener conto, con assoluta sicurezza, di questo risultato come linea di condotta ed appoggio per tutta quanta la conferenza diplomatica per la pace. Ecco la ragione per cui il signor Lloyd George si oppone con tutte le forze a che questa conferenza debba aver luogo, ritenendo più giusta la via che passi attraverso il Vaticano. Ciò non deve trattenere la Germania a metter piede, risoluta, sul ponte edificato dal Papa. Le Potenze centrali sono pronte alla pace; può quindi esser loro indifferente chi è che le inviti alle conversazioni. Ma i fini che stanno dinanzi agli occhi della Germania debbono rimanere completamente intatti; non tocchi, cioè, dalla personalità del mediatore. E questi fini non sono, assolutamente, fini inglesi. Le vivacissime discussioni sugli scopi di guerra tenute in Germania, hanno destato più volte nel paese e all'estero l'appa-
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renza che gli animi siano essenzialmente divisi in questione di annessioni. Ma tale questione è, in sé, assolutamente secondaria. La differenza essenziale delle opinioni consiste, in verità, semplicemente in questo: da una parte si considera come il più importante scopo di guerra che nella pace futura il continente europeo sia unito, e che per le Potenze centrali fino all'interno dell'Asia si mantenga per parecchio tempo l'unità, togliendo di mezzo qualsiasi superficie d'attrito. Dall'altra parte si è, invece, d'opinione che l'unità europea sia indifferente, e che la posizione politico-mondiale degli Imperi centrali sia meglio di tutto assicurata tenendo in iscacco la Russia colla creazione di un buon numero di Stati cuscinetto, e che la Germania ottenga possessi coloniali più grandi che sia possibile. I parteggianti di quest'ultima corrente, che si chiamano antiannessionisti, non sono certo gli amanti della pace, imperocché considerano il mondo come una grande impresa commerciale per lo sfruttamento dei popoli; impresa amministrata sin qui dall'Inghilterra e che dovrebbe subire un cambiamento solo in quanto anche la Germania dovrebbe entrare a far parte degli azionisti. Se la compartecipazione fra due uomini, uno più vecchio e l'altro più giovane, conduce di solito ad attriti e a dissonanze, in fatto di Stati e popoli la cosa è però ben diversa. L'Inghilterra non penserà affatto ad accrescere al più giovane socio, alla Germania, la percentuale sugli utili, ma cercherà, semmai, di assotti-
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gliarglieli. A disposizione di questa gelosia ognor desta, i "pacifisti" della Germania misero sempre i mezzi migliori per operare con successo. Nel continente, tutto baratri e crepacci, sarebbero continuamente a disposizione della gelosia tutte quante le forze e le correnti scontente. Quando la Russia si sarà rimessa in gambe, non andrà a lungo che l'Inghilterra le agiterà davanti agli occhi la possibilità di lavorare alla sordina negli Stati cuscinetto, e più precisamente in Polonia, in Curlandia e nella Livonia contro la Germania, e nella Polonia e nella Serbia contro l'Austria. E nella Turchia tradita dai suoi alleati, e nella Bulgaria tenuta certamente addietro nel Congresso dall'Inghilterra, si agiterebbero ben presto le correnti che troverebbero nell'Inghilterra stessa la nuova protettrice delle loro aspirazioni. Con una tale costellazione di Potenze non sarebbe però possibile mantenere la pace. Una pace durevole è possibile soltanto se il continente europeo sarà unito, se tutti quanti gli accordi europei saranno stretti soltanto ed amichevolmente fra i paesi compartecipanti, se la Turchia rimarrà forte ed intiera, e se anche le cose dei Balcani saranno regolate in modo da soddisfare le giustificate pretese della Bulgaria. Soltanto dopo la creazione di un tale stato di cose, gli Imperi centrali potrebbero dimostrare anche in occidente quell'arrendevolezza necessaria per vivere in pace durevole anche colla Francia, e per escludere qualsiasi pericolo che il
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Belgio abbia a ridivenire in futuro il giocattolo dei capricci inglesi. Il giornale precisa il suo punto di vista alla fine, così: "Per la Germania è indifferente prendere la via di Roma o quella di Stoccolma; ma è assolutamente escluso che la Germania marci attraverso Londra."
La "Kölnische Zeitung", nazionale liberale, rileva il purissimo amore umanitario e la vera imparzialità che traspira dal linguaggio della Lettera Pontificia, e dice che se riuscisse alla voce del Papa di far ritornare nel cuore dei Capi responsabili dell'ulteriore spargimento di sangue, il sentimento dell'umanità e dei comuni interessi europei, il mondo avrebbe già fatto un passo gigante verso la pace. Anche le proposte concrete del Papa meritano il più accurato esame, non foss'altro in omaggio all'altissima personalità che le ha suggerite; e il giornale esprime la sicurezza che la Lettera sarà presa in considerazione dal Governo tedesco con uno spirito eminentemente conciliativo. Dice che certe proposte della Nota sembrano, a prima vista, materialmente inaccettabili. L'intento del Papa è quello di pervenire ad un pareggio, ottenendo che ogni belligerante riconsegni all'avversario quello che ha potuto togliergli durante le ostilità, senza che abbia luogo il conteggio dei reciproci danni subiti. La Germania dovrebbe, quindi, sgombrare il Belgio e la Francia del Nord, e riottenere tutte le sue colonie. A questo punto il foglio fa rilevare, calcando le parole,
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che le colonie della Germania – delle quali la maggiore e più importante, l'Africa orientale tedesca, trovasi tuttora e saldamente in possesso dei Tedeschi – non si possono nemmeno lontanamente paragonare, per il loro valore, col Belgio e colla Francia del Nord occupate e tenute in mano dalla Germania quali pegni di guerra. Il semplice scambio proposto dal Papa non ristabilirebbe affatto lo status quo ante. Il commercio mondiale tedesco, le vaste proprietà dei commercianti tedeschi e degli impresari nelle cinque parti del mondo, se ne andrebbero perduti per sempre. Soltanto la Germania ha perduto il suo commercio estero, mentre non un solo libro d'affari inglese, francese, russo od americano, è stato distrutto, come è stato fatto di quelli tedeschi. Non si tratterebbe, dunque, niente affatto di pareggio, se alla Germania venissero restituiti i suoi possessi devastati dalla guerra, e se questa dovesse restituire gli importantissimi pegni strappati agli avversari nella sua guerra di difesa. Queste riflessioni non debbono, comunque, offrire un motivo sufficiente per rispondere con un rozzo "no" alla Nota vaticana. Le pretese che la Germania deve avanzare per salvaguardare la sua stessa esistenza e il suo avvenire, sono così moderate che in nessuna conferenza per la pace possono formare un serio ostacolo per l'accomodamento, ammesso, si capisce, che anche gli altri siano animati dallo stesso desiderio di giungere ad un accordo. Che questo desiderio manca negli avversari lo comprovano a sazietà le nuove escan-
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descenze della stampa dell'Intesa. Inutile aggiungere che se i sentimenti di quest'ultima combaciano con quelli dei vari Governi nemici, le buone parole del Santo Padre saranno state scritte invano.
La "Kreuzzeitung" (conservatrice), mette anzitutto in sodo che dopo la pubblicazione del testo vero della Lettera pontificia sono risultate addirittura false certe notizie messe tendenziosamente in giro dagli avversari e specialmente dalla famigerata "Agenzia Reuter". Bisogna riconoscere che la Lettera non si schiera unilateralmente e parzialmente dalla parte dell'Intesa come si sarebbe potuto credere stando alle prime notizie della stampa nemica. I partiti della maggioranza del Reichstag, che votarono il 19 luglio la "risoluzione" della pace, non si opporranno, con tutta probabilità, alla proposta di mediazione del Santo Padre. La "Kreuzzeitung" si richiama alle dichiarazioni venute dai circoli socialisti, del centro e liberali nazionali, secondo le quali non sarebbe stato, per lo meno, opportuno respingere la proposta del Papa di entrare in negoziati in base al suo programma. Il giornale dice di non poter condividere questo punto di vista, perché il Papa non si è limitato soltanto ad enumerare i singoli punti controversi in alcune questioni importantissime, ma ha indicato, contemporaneamente, in qual modo deve avvenire la decisione, collo scopo ben determinato di creare una base per i negoziati. La Germania, però, non
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può riconoscere le proposte pontificie come una base adatta a determinare la pace. Si può benissimo trattare del disarmo e dei tribunali arbitrali, ma appare subito inaccettabile la rinuncia completa alla indennità, e per di più la restituzione di tutti i territori occupati. Quest'ultima è assolutamente esclusa, non foss'altro per l'impellente bisogno che ha la Germania di assicurarsi migliori confini militari. La proposta della reintegrazione della completa indipendenza del Belgio, fa ai cozzi colla necessità dichiarata anche da Bethmann Hollweg che il Belgio non debba ridivenire mai più la porta d'invasione contro la Germania. Le questioni territoriali dell'Alsazia-Lorena, del Trentino, dell'Armenia e della Polonia, non sono per la Germania e per i suoi alleati "questioni" sulle quali si possa riconoscere l'ammissibilità di negoziati. Il tentativo di mediazione pontificia non tiene conto di due fatti positivi importantissimi; e cioè che la Germania è stata attaccata, e che ha riportato grandiosi successi militari. Su questi due punti il tentativo di mediazione sta in contraddizione colle pretese della giustizia. Infatti, è impossibile che i territori occupati dall'Intesa possano essere considerati da questa equivalenti a quelli occupati militarmente dalla Germania; pur tuttavia la restituzione reciproca dovrebbe formare la base principale per la pace. Stando così le cose, la Germania non può entrare in negoziati in base alla proposta vaticana, a meno che la Germania non dichiari,
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fin da principio, non essere accettabili per essa i fondamenti sviluppati nella Lettera pontificia. La "Kreuzzeitung" dice di intendere completamente le nobili intenzioni del Papa, ma non può vedere in lui, come la "Germania", il "più adatto aviatore di pace". Infatti, il Papa sta davanti ad una gran parte del popolo tedesco in un tale rapporto di autorità che deve essere ben difficile a questi opporsi al concetto da quegli proclamato. Non sarà facile al cattolico tedesco respingere come ingiusta una proposta di pace del Sommo Pontefice. In questo appunto sta il pericolo; che il popolo tedesco venga indotto a concludere una pace non corrispondente ai bisogni nazionali in virtù dell'influsso di quei tedeschi cattolici i quali credono doversi sentir legati, più o meno, a Roma anche a questo riguardo. Tali dubbi non possono essere tolti completamente di mezzo nemmeno dalla dichiarazione della "Kölnische Volkszeitung" che il Papa non agisce adesso nella sua qualità di Capo Supremo della Chiesa cattolica, ma come il più neutrale sovrano di una Potenza neutrale. Il concetto della "Kölnische Volkszeitung" non trova, del resto, appoggio alcuno nelle parole iniziali della Nota Pontificia. Se in questa il Papa chiama sé stesso il "Padre di tutti" e si riferisce "alla suprema dignità spirituale trasmessagli da Cristo" gli accoliti della Chiesa protestante dovrebbero protestare, perché i cristiani protestanti non possono riconoscere certe pretese.
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Più avanti ancora si spinge la pangermanista "Tägliche Rundschau", un giornale orientato, per giunta, verso il protestantesimo. Essa chiama la manifestazione pontificia un procedimento sfavorevolissimo in sommo grado per la Germania, non già per la volontà del Papa quanto per i suoi necessari effetti. Dice che il Pontefice oltrepassa obbiettivamente i confini imposti da una mediazione completamente disinteressata, e che il suo modo diplomatico di procedere completamente insufficiente, è adatto ad esercitare sull'Austria cattolica e su una gran parte della Germania pure cattolica, nonché su tutti i circoli che inclinano verso la tendenza di Erzberger, un fortissimo influsso morale dannosissimo agli interessi tedeschi. Se giudicata obbiettivamente, l'esposizione pontificia risulta di una unilateralità funesta. Le sue proposte sono "scultorie" solo in quanto esse presumono rinunce e sacrifici da parte della Germania. Tutto il resto non è che arte oratoria generica. L'unico punto pensato a favore della Germania, la restituzione cioè delle colonie tedesche, è condannato, purtroppo, fin dal principio, a non esser realizzato, perché nemmeno lo stesso Papa penserà che i Giapponesi si lascino intenerire da una pastorale romana. Il disarmo e il tribunale arbitrale non sono realizzabili. La Germania e i suoi pochi amici non troverebbero mai giustizia in un tribunale arbitrale internazionale nel quale i nemici della Germania verrebbero a trovarsi in un numero schiacciante. Anche le frasi del Papa sulla
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questione dell'irredentismo o sull'Armenia, degli Stati balcanici e del Regno di Polonia, mancano di qualsiasi chiarezza. Nella parte obbiettiva che si potesse trovate nelle sue parole non vi si potrebbero nascondere che tagliole per la Germania e per i suoi alleati. Oltre il territorio francese adesso invaso, non vi è, fra la Francia e la Germania, nessunissima altra questione territoriale controversa. Se la Nota Pontificia opina che la restituzione del territorio conquistato dai Tedeschi in Francia sia fuori di qualsiasi discussione, che, al contrario, si debba discutere fino a che punto la Germania abbia a cedere alla Francia l'Alsazia-Lorena da essa Francia non conquistata, i suggerimenti della Nota vaticana toccano semplicemente l'insopportabile. Più grave della obbiettiva incompensabilità del suggerimento pontificio, sembra alla "Tägliche Rundschau" il possibile effetto morale che questa incompensabilità può esercitare in virtù dell'autorità spirituale del Capo della Chiesa cattolica. Contro la presunzione spirituale di una paternità su tutti, il giornale solleva semplicemente le più chiare e più nette proteste. Fa però ricadere questa, che il giornale chiama "una presunzione insopportabile per il suo modo di sentire", non tanto sul Papa Benedetto, sulla cui benevolenza e buoni intendimenti non evvi dubbio alcuno, quanto sul sistema di cui egli è rappresentante, nessuno può dire fino a che punto confonda la coscienza nazionale e la volontà politica dei cattolici tedeschi il fatto che in
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un uomo solo vedono e il supremo pastore delle anime e il consigliere politico, da sé stesso offertosi con voce altisonante. Se la tendenza del deputato Erzberger offre in Germania terreno e possibilità per un effetto corale del genere, tanto più il messaggio pontificio trova in Austria i più ampi circoli disposti a seguir questa tendenza. Si sa qual aria soffi nella stessa Corte austriaca. Ci si può dunque ben immaginare che efficacia abbia, nell'ora presente, se il Capo supremo della Chiesa cattolica impegna tutto quanto il peso della sua autorità spirituale per una risoluzione di portata mondiale; una risoluzione che, anche con tutta quanta la buona volontà per riuscire imparziale, può significare per la Germania il rovesciamento delle sue fulgide vittorie in dolorose sconfitte. Certamente, alla Germania sarà più caro Benedetto XV qual mediatore, di quello che avrebbe potuto essere il signor Wilson. Senza dubbio la mano e il cuore del Pontefice sono, nel loro volere e nel loro desiderare, purissimi. Ma appunto per questo può esser pericoloso per la Germania se il Papa si addossa oggi un'opera sdrucciolata dalle mani sporche di un Wilson. La democrazia sociale spera di ritrovate la via di Stoccolma dopo essere passata da Roma. Scheidemann vede in Benedetto XV il suo allenatore. Stando così le cose – conclude la "Tägliche Rundschau" – non può esservi per noi né coscienza oscillante né indecisione alcuna sul contegno da tenersi.
La pangermanista "Deutsche Tageszeitung"
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osserva, anzitutto, riguardo alla tesi dover "alla forza materiale delle armi subentrare la forza morale del diritto", che la Germania, la quale lotta da tre anni per la sua esistenza contro un numero schiacciante di nemici, avidi e bramosi di conquiste, deve limitarsi alla considerazione del diritto morale, che le impone di tutelare anzitutto il popolo tedesco e l'Impero. Il diritto di vivere libero, indipendente e protetto, il popolo tedesco deve reclamarlo anzitutto per sé, ed ogni singolo ha il dovere altruistico, e quindi cristiano, di difendere con tutte le forze questo diritto del suo popolo. Il punto di vista nazionale e cristiano vengono così ad incontrarsi. In quanto poi alla proposta della diminuzione degli armamenti, il popolo tedesco non può sacrificare ad una teoria morale l'unica base che si è dimostrata, sin qui, garanzia vera della sua esistenza e, quindi, della sua attività morale. Qualsiasi proposta passata sul disarmo avrebbe avuto per conseguenza di rendere l'Impero tedesco disadatto all'esistenza; un intento questo perseguito dagli Stati desiderosi di ricacciare nel suo primiero stato di impotenza l'Impero centrale europeo nuovamente sorto; proprio come sarebbe oggi la loro intenzione. Un Impero tedesco che volesse mettere l'istituto dell'arbitrato al posto dell'esercito, pronuncerebbe esso stesso la sua sentenza di morte; mentre la libertà dei mari non vorrebbe significare altro, da questo punto di vista, che stabilire per sempre il dispotismo anglo-sassone sui mari. Quanto alla intera
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e reciproca condonazione dei danni e delle spese di guerra, la "Deutsche Tageszeitung" dice che la Germania non può sopportar le sue spese. Una garanzia per l'indipendenza dei Belgio davanti a qualsiasi potenza, non vi può, in verità, essere. Secondo la proposta della Nota, la restituzione delle colonie tedesche avverrebbe a prezzo della sicurezza dei confini della Germania, e quindi della sua considerazione nei mari e nel mondo. Le colonie non avrebbero, allora, per la Germania, il valore di una pietra. L'Alsazia-Lorena non forma per l'Impero tedesco nessuna questione territoriale controversa. Alla separazione dell'Armenia dall'Impero ottomano, la Germania si opporrà certamente, come a qualsiasi indebolimento della Turchia. Per la sistemazione della questione polacca sona competenti, in primissima linea, gli interessi tedeschi; secondariamente quelli delle nazionalità non polacche che appartennero una volta al Regno polacco contro loro volontà. Laddove la Nota opina esser le basi da essa esposte tali da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti, la "Deutsche Tageszeitung" osserva di non condividere questo parere e una cosiffatta logica politica. Vede nella effettuazione di un tale programma soltanto la fine della Quadruplice della Media Europa e la rovina, sotto ogni riguardo, dell'Impero tedesco.
L'organo berlinese "Germania" (Centro), in un suo articolo del 18 c. m., si richiama alla concessione della conservatrice "Kreuzzeitung", la quale aveva scritto
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essere quasi fuor di dubbio che i partiti della maggioranza del Reichstag non si opporranno alle proposte di pace del Papa. La "Germania" scorge in questa concessione il riconoscimento di un essenziale rapporto fra la "risoluzione" del Reichstag e la Nota del Papa. Ora, avendo il Cancelliere fatto espressamente sua la deliberazione della maggioranza del Reichstag, dovrebbe trarsi logicamente la conclusione che anche secondo il punto di vista del Governo sia quasi impensabile il rigetto della Lettera Pontificia. La "Germania" passa quindi a scalzare i dubbi nutriti dalla "Kreuzzeitung"; che, cioè, la manifestazione di pace del Santo Padre abbia a generar confusione nel mondo cattolico tedesco. Questo timore la "Germania" lo dice ricercato; tale da tradir soltanto l'animosità contro la mediazione partita da Roma. Alla fin fine la pace non verrà conclusa né dai cattolici né dai socialisti, ma dai Governi ai quali il Papa si è direttamente rivolto. Se, ciò malgrado, la "Kreuzzeitung" teme l'influsso dei cattolici sul popolo tedesco, in un modo decisivo per il risultato della pace, non fa che dimostrare, così, la vacuità dei fini di guerra pangermanisti. Quello che la "Kreuzzeitung" chiama l'influsso dei cattolici tedeschi sul popolo germanico, non è, in verità, che il contraccolpo determinato dalla persuasione della maggioranza del Reichstag. La questione più difficile è quella del disarmo, per la Germania soprattutto a causa della sua configurazione geografica. Ciò nonostante non si deve
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sfuggire di proposito l'arduo problema, poiché si tratta di liberare con esso tutto quanto il mondo dai gravami e dai pericoli di un continuo e progressivo armamento. Fa piacere che proprio la "Kreuzzeitung" dichiari che su tale questione si possa discutere. Se i conservatori ammettono ciò si può sperare che il Governo si dimostri esso pure, in tal punto, arrendevole. La qual cosa significherebbe un grande e importante progresso giacché la questione del disarmo è il perno di tutte le proposte della Santa Sede. Dato che il Governo accetti di discutere questo punto nulla potrebbe più opporsi all'accettazione del programma del Vaticano come base di trattative. Rimarrebbero solo le cosiddette questioni territoriali controverse per le quali il Papa ha suggerito d'accordarsi amichevolmente senza tuttavia attendersi nient'affatto che la Germania debba esser la sola a far concessioni giacché l'esortazione è diretta a tutti gl'interessati. Inoltre è lasciata ai Governi la cura di "circoscrivere e d'integrare". Con un po' di buona volontà di condurre a fine la guerra le proposte del Papa possono venire dappertutto accolte.
Contro la stampa pangermanista polemizza l'"Augsburger Postzeitung" (Centro). Il giornale ritiene le proposte del Papa degne di esame e di discussione. Benedetto XV lascia accortamente alle Potenze belligeranti di precisare le condizioni da lui schizzate solo genericamente e di determinare le precauzioni che loro sembrino necessarie. Una simile riservatezza avrebbe
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dovuto osservare pure la stampa di tendenza nazionalistica che, invece, ha attaccato le proposte di pace del Papa senza attendere nemmeno che il testo della Nota fosse pubblicato. L'"Augsburger Postzeitung" rimbecca, per esempio, la "Tägliche Rundschau" la quale non si è peritata di affermare che il Papa ha smesso il suo contegno d'imparziale promotore della pace. Nella stampa dell'Intesa si può leggere proprio il contrario ed è sicuro che un mediatore che si prefiggesse innanzi tutto di contentare giornali di tal risma non riuscirebbe mai nel suo intento. Chi vuole seriamente la pace dovrebbe astenersi dal gettare il sospetto sulle nobili intenzioni del Papa. Quanto all'osservazione che la Nota del Papa per la pace scatenerà nel Centro una nuova contesa sulla competenza di Roma in faccende politiche il giornale scrive che siccome il Papa ha intrapresa la sua azione per la pace come sovrano neutrale il Centro può prender partito oggettivamente come qualsiasi altro gruppo politico in Germania.
La "Kölnische Volkszeitung" (Centro), ricordato che il Papa è stato indotto a compiere il suo passo dalle miserie della guerra; dalla minaccia della civiltà da parte del capitalismo e dell'odio fra i popoli; dalla distruzione della grandiosa opera delle missioni cattoliche, scrive sulla Nota propriamente detta che il Papa ha di certo contato con grandi difficoltà. Tanto più deve apprezzarsi la franchezza apostolica della sua azione. Le singole proposte politiche del Papa sono naturalmente destinate a promuovere la discussione fra i Governi.
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Per questo il giornale stima opportuno per ora di mantenersi rispetto ad esse nel massimo riserbo. Ad ogni modo si deve nettamente distinguere fra i punti di vista religiosi e i politici. Per adesso la "Kölnische Volkszeitung" vuol limitarsi ad esprimere soltanto la speranza che agli sforzi del Papa e dei Governi riesca di aprire, sulla base delle proposte pontificie, la via per un accordo. Tutti i popoli della terra aspettano con ansia profonda gli effetti dell'azione del Papa. Un giudizio sulle probabilità di successo sarà però possibile soltanto allorché si avranno notizie attendibili sull'accoglienza della Nota da parte dei Governi dei paesi belligeranti. Sarà bene quindi d'attendere ciò che seguirà con grande spassionatezza e calma.
Secondo il "Bayerischer Kurier" una pace come la propone il Papa, porterebbe molte disillusioni ariane per la Germania, ma ancor più per l'Intesa. È evidente che il Pontefice non si presenta come Capo supremo della Chiesa; perché condizioni di pace non potrebbero appartenere giammai alle dottrine della Chiesa. Ciò che il Papa può e deve pretendere è che si esaminino le sue parole con quel rispetto e accurata sollecitudine che si convengono all'uomo eminente investito dell'altissimo ufficio. Sella questione della restituzione dei territori occupati, le vie si dividono. Il giornale si domanda: Quali altre garanzie reali viene ad avere, per esempio, il mondo, per la realizzazione della libertà dei mari? Deve aver il Belgio nuovamente
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la possibilità di cospirare contro la Germania? Che contegno terrà il Giappone dinanzi alla richiesta della restituzione di Kiautschau? Un complesso di spinose domande si erge subito dinanzi agli occhi come per la questione dell'Alsazia-Lorena, così delicata da bastare una leggerissima mossa per aver subito le più sgradevoli reazioni. L'Alsazia-Lorena è per la Germania una questione d'onore. Si potrebbe forse pensare di venir ad un compromesso per quelle località in cui si parla francese per facilitare agli avversari di calmarsi; ma in linea principale rimarrà fermo l'assioma: l'Alsazia-Lorena è tedesca, e tedesca deve rimanere.
In un altro suo articolo del 19, la "Kreuzzeitung" ritorna ancora una volta sulla Nota Pontificia e dichiara in certo qual modo qual'è l'atteggiamento fondamentale dei Tedeschi evangelici dinanzi alla Nota stessa. Dice che i protestanti tributano al Papa e alla sua manifestazione di pace quel rispetto che gli compete qual Capo supremo della Chiesa cattolica. Allo stesso modo che non possono riconoscere in lui l'autorità di "padre comune", così non negheranno giammai ai loro compatrioti di religione cattolica il diritto di riconoscere il Pontefice quale autorità suprema in questioni di fede. Il suo monito a tutti i popoli di nutrire sentimenti cristiani e di pace, i suoi sforzi di fare a tutti il maggior bene possibile, come ha dimostrato più volte durante la guerra, trova anche in loro riconoscenza ed approvazione. La "Kreuzzeitung" rico-
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nosce al Papa quale Capo supremo della Chiesa cattolica secondo lo sviluppo storico anche il diritto di proporre la pace su una base determinata. Se la Germania – dice – avesse la probabilità di giungere ad una pace tedesca per mezzo della mediazione del Papa, i protestanti avrebbero da opporre contro un tal mediatore assai meno che non contro certi altri mediatori. Ma il giornale vuol mantenere alla Germania il diritto di prendere davanti alla Nota Pontificia, considerata qual atto politico, quell'atteggiamento libero ed indipendente che corrisponde al concetto politico formatosi sulle necessità di vita dell'Impero tedesco. Ora, siccome la Nota presenta certi fini materiali ben determinati, bisogna dichiarare – conclude il giornale – che secondo il nostro modo di vedere essa non corrisponde obbiettivamente ai bisogni vitali del popolo tedesco. Nessuno contesta al Papa il diritto di tentare una mediazione politica, né con questo suo diritto sta in contraddizione il prendere, da parte nostra, atteggiamento decisivo sulla sua azione politica, in considerazione dei bisogni vitali che sopra.
La "Germania" del 19, riferendosi ad un articolo dell'organo socialista "Vorwärts" intitolato "Roma e Stoccolma", tien presente ai suoi lettori, come, da una parte, il socialismo non abbia corrisposto alle esigenze al principio della guerra, e come non corrisponda anche adesso per metter fine alla guerra; mentre il pensiero pacifista cattolico ha dato buona prova fin dal primo momento del conflitto. Il concetto "non
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avere il cattolicismo adempiuto la sua missione di pace nella guerra mondiale" è una considerazione storica superficialissima. Il Cristianesimo, quale opinione universale producente valori positivi, non ha mai fallito, anche se il mondo cristiano non è sempre stato all'altezza del suo compito. Può darsi che molti cattolici non abbiano trovato il giusto equilibrio fra il loro dovere verso la patria e l'amor della pace insito nel vero cristiano. Sacerdoti, e, ancor più, principi della Chiesa, che si sono messi a recitare la parte di sobillatori e di guerrafondai, non sono certamente rappresentanti del Divino Principe della pace. Ve ne sono, però, tantissimi altri che non oblierebbero giammai che la Pace ha un potente intercessore nel Vicario di Cristo; il quale, stando al di sopra di tutti i partiti, non tralascia di fare continui sforzi per metter fine a questo macello di popoli. Il Papato ha, in moltissime occasioni, mantenuto e ridato al mondo la pace. Il pacifismo socialista, invece, non è riuscito a comprovare in modo alcuno il suo diritto all'esistenza, ma si è soltanto rivelato come un bel sogno, in contrapposto al Papato, eminentissimo ed efficacissimo fattore di pace. Roma può sopportare, sotto ogni riguardo, il confronto con Stoccolma. Il socialismo lavora con mezzi tolti dalla natura umana; ed è proprio per questo che l'idea di pace socialista va a cadere continuamente in un punto morto. Le tendenze e gli scopi pacifisti della Chiesa, originano, invece, da un mondo superiore che mostrò agli uomini come essi siano tutti fratelli, e che conferisce ad essi la forza e la grazia
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di considerarsi come tali. Malgrado la grande differenza che esiste tra il pensiero di pace del Papato e il Socialismo, il Pontefice non respinge nessuno che sia animato da buona volontà e fermamente voglia realizzare la pace. Alla fin fine tutte quante le frasi altisonanti di "fratellanza" e "uguaglianza", non sono altro che sgraziati rimpasti di idee di cui andiamo debitori al Cristianesimo.
Il "Vorwärts" confessa che la "Germania" dice in faccia al socialismo alcune amare verità, ma che incorre, tuttavia, in certe esagerazioni. Che il socialismo internazionale quale paciere non ha fatto sin qui tutto quello che avrebbe invece potuto fare, non si può, purtroppo, negare; si deve però dire a sua discolpa, che si tratta di una potenza novella la quale dà prova delle sue forze su un immenso problema. Se la "Germania" dice che il Papa non respinge nessuno che sia animato da buona volontà e fermamente voglia realizzare la pace, è dunque possibile, salve rimanendo le profonde diversità nel modo di pensare e di vedere nel campo della vita, lavorar praticamente di conserva l'uno a fianco dell'altro. L'organo socialista passa a stigmatizzare i tentativi di sobillamento di certa stampa nei riguardi confessionali. Evidentemente con un tale aizzamento si mira a ficcare nel cervello di circoli protestanti il pensiero che non si debba lasciare soltanto al socialismo e alla Chiesa cattolica il lavoro per la pace. Per evitar ciò si leva, da certa parte, il grido di guerra evangelico: "Contro
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il Papa!" In quanto al contegno che il Governo tedesco terrà dinanzi alla Nota del Papa, dice che un Governo il quale fece offerta di pace il 12 dicembre 1917 e il cui Capo responsabile attuale approvò il 19 giugno la "risoluzione" di pace del Reichstag tedesco, non potrà certamente rispondere con un "no" secco ad una proposta di mediazione partita da un neutrale. Se il Governo tedesco non vuole negare tutta quanta la sua politica praticata sin qui, esaminerà serenamente e senza pregiudizi la Nota Pontificia, per vedere se essa offre una base, sulla quale il Governo tedesco possa entrare in negoziati.
La "Germania" risponde ai vari commenti, rilevando come da tutte le parti i giornali nazionalisti, o, meglio ancora, sciovinisti, vedano nella proposta di pace del Papa quasi esclusivamente danni e svantaggi per il proprio paese. Le bòtte sono dirette, oltre che al Papato a cui certi circoli delle due parti attribuiscono intenzioni interessate, anche al Centro tedesco; e gli vengono non soltanto dall'estero ma anche dalla Germania. Respinge quindi il tentativo della "Vossische Zeitung" di mettere l'azione di Erzberger nel Reichstag in relazione diretta coll'azione pontificia. Egualmente di pessimo gusto chiama l'affermazione della "Vossische Zeitung" aver avuto la "risoluzione" del Reichstag lo scopo secondario di vincere Stoccolma con Roma. Termina dicendo che il Papa non ha affatto bisogno di correr dietro alle azioni di pace degli altri.
Anche l'"Augsburger Postzeitung" del 19
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prende una posizione di difesa contro i fatturati sdegni della stampa pangermanista. La ricetta – dice – che questi giornali prescrivono nella questione della pace, è semplicemente quella di voler dettare la pace. Bisogna esprimer la speranza che dalle due parti non si abbia tanta voglia di pascersi ancora di simile ricetta, ma che si tenti invece e seriamente di pervenire alla fine di questo orribile assassinio di popoli in un modo più degno del genere umano. Malgrado tutti gli arruffati chiacchiericci di tutte le stampe, il Papa ha saputo scegliere un momento felice; ciò che risulta dall'accoglienza, generalmente calma e degna, fatta in tutto il mondo alla proposta di pace. Vorrebbe proprio dire stimare al di sotto del suo vero valore la diplomazia tedesca, se si volesse considerare come una disfatta la semplice accettazione delle proposte pontificie. Le quali, del resto, non sono poi precisate in tal modo da non poter esser possibile alla Germania di far valere il suo punto di vista in un modo corrispondente alla vera situazione. Se si escludono ancora questa volta i negoziati già fin dal principio, non c'è da sapere quando mai si potrà addivenire alla pace, che verrà forse quando tutti saranno dissanguati.
Il "Fränkischer Kurier" (democratico progressista) risponde ai moltissimi attacchi rivolti alla Nota, dicendo che chiunque la legga, dovrà ammettere esser la sua tendenza fondamentale la medesima di quella della manifestazione di pace del Reichstag germanico. Il
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Papa non domanda che le belligeranti si abbiano ad impegnare fin nei particolari. Parlare di essi sarà compito dei negoziati. Anche le proposte concrete della Curia non sono tali da dover escludere la calma parlando di esse. Che lo spirito della conciliazione non debba condurre all'umiliazione di qualsivoglia popolo, e tanto meno di quello che è stato vittorioso militarmente, è più che logico, e, certamente, non conteso dal Papa. Per la inviolabilità del suo territorio risponde, compatto come un sol uomo, il popolo tedesco, e questo lo sanno benissimo tutti, tanto a Roma, come a Parigi, a Londra e a Washington. Ciò non esclude, però, che nei negoziati vegnenti si ascoltino e si apprezzino con tutta calma anche le pretese della parte opposta.
L'organo socialista "Münchener Post" è d'opinione che Benedetto XV abbia fatto di tutto per prendere un punto di vista puramente neutrale ed obbiettivo. Non si parla assolutamente nella Nota di cessione dei territori formanti materia controversa, ma di un accordo su essi; un accordo che, secondo il desiderio del Papa, si potrà stabilire concedendo dei compensi per eventuali cessioni di territorio.
Nella liberale nazionale "Magdeburger Zeitung" lo storico protestante e professore d'Università, R. Fester, scrive che un avvertimento pontificio ai due partiti combattenti di cessar le contese e di fare la pace, non avrebbe potuto giunger mai inaspettato. Se c'è chi ne abbia il diritto, questi è proprio il Papa
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in forza del suo ufficio spirituale. Anche l'offerta dei suoi buoni servigi non uscirebbe dall'ambito delle sue facoltà pastorali. La "Kölnische Volkszeitung" coglie, allora, la palla al balzo; e, nel suo numero del 19 m. c., fa del giudizio della "Magdeburger Zeitung" una amara pillola che presenta alla "Kreuzzeitung". Occorre qui ricordare che questo giornale aveva fatto azione sobillatrice, incitando tutti i Tedeschi di religione evangelica a protestare contro il Papa per essersi questi richiamato alla suprema dignità spirituale conferitagli da Cristo. La "Kölnische Volkszeitung" aggiunge che, appunto dato l'ufficio spirituale del Papa, viene a cadere nel vuoto l'obbiezione facilmente sollevabile se un qualunque altro sovrano della terra si rivolgesse ai combattenti dei due campi e al giudizio di tutti gli uomini.
La imminente seduta della Giunta del Reichstag, nella quale il Cancelliere farà alcune dichiarazioni sul contegno che il Governo tedesco terrà riguardo alla Nota Pontificia, ha dato occasione ai giornali del 20 di dedicare alla Nota stessa ulteriori articoli nei quali viene nuovamente espresso il punto di vista dei singoli partiti, ma senza però dire nulla di nuovo.
Tutto quanto l'atteggiamento della stampa tedesca davanti alla Nota del Papa, è, riepilogato in poche parole, questo: i pangermanisti la rigettano scortesemente; i partiti della maggioranza, invece, l'hanno accolta con simpatia e la qualificano, non senza riserve
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è vero, come una via che possa avvicinare alla pace, a patto però, si capisce, che anche dalla parte dell'Intesa si dimostri buona volontà ed arrendevolezza. Tutti, poi, sono d'accordo nel sostenere che l'Alsazia-Lorena non è per la Germania nemmeno materia di discussione. Ciò non impedisce, tuttavia, che si stringa la mano offerta premurosamente dal Papa.
Mentre si sta chiudendo questa relazione, la Giunta del Reichstag ha già aperto la seduta nella quale il Cancelliere, dopo aver inteso prima i Capipartito, farà una dichiarazione sulla Nota del Papa. Si dice che il Cancelliere sarà brevissimo e dichiarerà soltanto che il Governo tedesco accoglie colla più grande simpatia la manifestazione di pace del Sommo Pontefice e i nobili motivi che l'hanno determinata, ma che per ora non potrà entrare in particolari non essendo noto, al momento presente, al Governo tedesco, il contegno che intendono tenere le alleate e specialmente l'Austria-Ungheria. Il Governo tedesco deve essere quindi riservato, considerando che la risposta alla Nota Pontificia sarà data solo dopo stabilito il più completo accordo in materia cogli alleati.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Il giudizio della stampa tedesca sulla Nota Pontificia vom 21. August 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 569, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/569. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 10.03.2014.