Dokument-Nr. 7196

Erzberger, Matthias: L'offensiva tedesca e lo stato d'animo in Francia, 24. April 1918

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Nel momento in cui si svolgono nella Piccardia e nelle Fiandre terribili battaglie di popoli, è di speciale interesse osservare lo stato d'animo del popolo francese dietro il fronte. Bisogna però riconoscere che il Governo Clemenceau veglia molto meglio del Governo passato e con maggiore successo ai confini, e che sa impedire qualsiasi indiscrezione. Da molte settimane i giornali, senza eccezione alcuna, vengon trattenuti per 4 giorni almeno alla frontiera; e persino gli stessi viaggiatori son sottoposti ad una quarantena di almeno due settimane. Oltre a ciò la stampa francese, oltre che alla censura ufficiale, è sottoposta anche ad una severissima censura volontaria. Si aggiunga a questo che il pubblico francese si è impossessato in generale di una vera e propria denunziofobia, alimentata dal fatto che le autorità favoriscono e incoraggiano i delatori procedendo alla cieca e senza il menomo riguardo ad arresti. Il maggior numero degli arresti di quelle persone che, malcautamente hanno espresso il loro desiderio di pace, rimane, come ben si comprende, ignoto; tuttavia la stampa ne svela sempre abbastanza per poterci formare un concetto dello stato di cose in Francia. A Lione due professori di Ginnasio furono arrestati per aver, in un circolo ristretto ed intimo, espressa l'opinione, esser forse meglio metter fine alla guerra prima che la Francia venga a trovarsi sull'orlo di una catastrofe. A Parigi un noto capo di un corpo mestieranti del nord di Francia, il Broutchoux, fu arrestato in un tram perché tentò di far la parte del pa-
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ciere fra due operai che, parlando sulla situazione bellica dimostrarono di essere di parere opposto. Quest'arresto ha messo in vera agitazione il mondo operaio, considerato che il Broutchoux è stato un buon soldato. Ferito in battaglia, fu assegnato all'industria di guerra. Il tribunale militare di Lione ha condannato in questi giorni 12 operai, fra cui 2 donne, a 5 anni di prigione e a gravi ammende per aver cooperato alla stampa di certi foglietti volanti pacifisti. Questa politica della persecuzione, inaugurata da Clemenceau, corrisponde al programma mirante a sopprimere qualsiasi movimento pacifista e forma la continuazione del terrorismo iniziato coll'arresto di Caillaux. Clemenceau ha dichiarato alla Camera di perseguire tanto al fronte, quanto nel paese e all'estero una sola politica: quella necessaria per la condotta della guerra. I partiti della sinistra nella Camera non hanno osato opporre a Clemenceau una seria resistenza; e questo per lasciargli la responsabilità dell'ulteriore sviluppo delle cose. Gli avvenimenti si sono svolti frattanto con rapidità così fulminea che non è improbabile essi possano ingollare nelle settimane vegnenti il signor Clemenceau e tutta la sua politica.
Nella condotta della guerra Clemenceau ha difeso con grande impeto il punto di vista di un solo comando supremo; tuttavia egli ha dovuto fare importantissime concessioni tanto agli Inglesi quanto agli Italiani, i quali ultimi non volevano evidentemente condividere la sua incondizionata fiducia sull'abilità del generale Foch. Gli Inglesi vollero che, ad ogni caso, fosse affidato a loro il fronte nord con Calais. C'è stato proprio bisogno delle tristi esperienze dell'ultima offensiva – durante la quale
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il Maresciallo Haig è stato salvato dal pronto intervento dei Francesi, che, altrimenti, avrebbe dovuto ritirare l'esercito inglese verso il nordovest e affrettare così l'interruzione del fronte – per indurre il Governo inglese a sottomettersi formalmente al supremo comando francese. Gli Italiani, da parte loro, non hanno voluto, dopo la ritirata delle truppe anglo-francesi, accettare il comando del generale Foch; almeno da quello che si può dedurre dai comunicati ufficiali.
La stampa francese, passato il primo periodo dell'offensiva alla Somme, ha riacquistato rapidamente coraggio e ha tentato colla solita chiacchiera di far credere al pubblico essere ormai entrati in una fase di stasi bellica. Le conseguenze della battaglia, però, hanno resi vani tutti quanti i noti sforzi oratori. A Parigi – compreso ormai nella zona di guerra – il terrore della guerra battuta a pochi chilometri di distanza si è sparso rapidamente fra le folle. I boulevards furono per giorni e giorni pieni zeppi di carovane di profughi, il cui ulteriore inoltre [sic] e alloggio in altre parti della Francia veniva trattenuto dalle urgenti dislocazioni di truppe verso il fronte. Si aggiunga a ciò l'improvviso bombardamento della città che ha avuto per conseguenza l'esodo specialmente della gioventù verso il centro e il sud della Francia. Il numero dei profughi mandati nelle più remote province della Francia è così grande che in certi territori, dove fin qui si sentiva relativamente poco la mancanza di vettovaglie, si è avuto di balzo un forte rincaro. I giornali di Lione riferiscono, per esempio, che il latte è salito nella regione alpina a 50 centesimi il litro, e nel medio Rodano a 60.
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La battaglia frattanto continua e la stampa governativa di Parigi diviene sempre più modesta. Dapprincipio lavorò in base alla vecchia ricetta che un'offensiva comincia sempre con un successo iniziale il quale costa all'assalitore soltanto perdite inutili quando non conduca subito allo sfondamento. Si considerò come una vittoria che i Tedeschi si fossero arrestati davanti a Amiens e si annunciò a gran voce che le riserve francesi non avrebbero tardato ad attaccare e che con una controffensiva il nemico sarebbe stato ributtato laggiù dove il sol tace. Si promise al pubblico con assoluta sicurezza che la controffensiva del generale Foch sarebbe cominciata immediatamente, né si sarebbe arrestata sinché i Tedeschi non fossero stati scacciati dalla Francia. Oggi che la seconda fase della battaglia si è chiusa, i medesimi giornali si esprimono in modo ben diverso. Essi non si vantano più delle riserve francesi intatte; non parlano più di controffensiva; ma scongiurano soltanto il popolo di non esser severo cogli Inglesi e di non dubitare del valore dei Portoghesi; ché, alla fin dei conti, c'è sempre l'armata francese pronta per impedire lo sfondamento del fronte, anche se Hindenburg dovesse continuare la sua offensiva all'Yser o dovesse fare un tentativo di sfondamento in direzione di Parigi. Ma tutti i collaboratori militari dei suddetti giornali sono persuasi che la battaglia proseguirà; che la sua sorte dipenderà dall'avversario e non dal generale Foch, e che è ormai pericoloso prospettare al popolo speranze alle quali esso ormai più non crede.
L'abbattimento che si è impadronito del pubblico ha avuto il suo contraccolpo ancora nel Parlamento il quale è talmente paralizzato che ha sospeso quasi tutti i
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suoi lavori. Alla estrema sinistra, specialmente fra i socialisti, si ha l'intenzione di domandare una spiegazione a Clemenceau per il suo incidente col conte Czernin. Gli si rimprovererà di avere, colla sua pubblicazione della lettera dell'Imperatore Carlo, spezzato l'ultimo ponte per entrare in trattative colle Potenze centrali, come pure di aver rotto il ponte della politica pacifica nel paese, coll'arresto arbitrario di Caillaux. Tutto ciò non contribuirà che a deprimere ancor più lo spirito del popolo Francese, il quale verrà alla conclusione che i Governi dell'Intesa avrebbero agito molto più onestamente nell'interesse della Francia se avessero accettato nel 1916 la proposta di pace delle Potenze centrali, invece di perseguire pazzi piani di conquista, che risultano tanto più fantastici quanto più dura la guerra.
Empfohlene Zitierweise
Erzberger, Matthias, L'offensiva tedesca e lo stato d'animo in Francia vom 24. April 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 7196, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/7196. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
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