Dokument-Nr. 8421

Hertling, Friedrich Georg Graf von: Il discorso del Cancelliere dell'Impero, conte von Hertling, nella Commissione principale del Reichstag. Berlin, 24. September 1918

27r
La Commissione si è convocata per avere, dalla viva voce del Governo, nella grave situazione che presentemente attraversiamo, informazioni sui problemi di grande importanza, e per poter discutere su di essi insieme ai rappresentanti del Governo. Il desiderio è comprensibilissimo, e noi cercheremo di esaudirlo almeno nei limiti del possibile. Voglio premettere anzitutto alcune osservazioni di carattere generale.
Signori deputati! Come Loro sanno, ampi circoli della popolazione si sono lasciati prendere da un profondo sconforto. In ultima analisi la causa principale si deve alla pressione determinata dalla terribile guerra che dura ormai da quattro anni; a tutte le sofferenze e privazioni che essa ha avuto come conseguenza; ai sacrifici che ha imposto a tutti i ceti, a tutte le famiglie, e, più o meno, ad ognuno. Io non intendo di voler rimpicciolire coll'eloquenza della parola la realtà di questa pressione. Ma, o Signori, quando vedo che lo sconforto per la nostra situazione militare attuale viene influenzato dagli avvenimenti al fronte occidentale, debbo, – senza voler con ciò anticipare le comunicazioni del rappresentante del Ministero della Guerra – dichiarare con tutta energia che esse esorbitano dalla giusta misura.
Certamente, o Signori, l'ultima nostra offensiva in grande stile non ci ha portato il successo sperato: lo ammettiamo senz'altro. Il Supremo Comando ha creduto opportuno di ritirare sulla posizione detta di Siegfried, le nostre linee avanzate. La situazione è grave, ma non abbiamo motivo alcuno per dimostrarci pusillanimi. Ben altre difficoltà
28r
avemmo da superare e le abbiamo superate. Pensino, o Signori, all'estate 1916, quando fallì l'offensiva di Verdun, quando sulla Somma si scatenarono violentissime battaglie, e in Oriente Brussiloff sferrò i suoi assalti in massa che determinarono i noti sfavorevoli contraccolpi sul fronte austro-italiano, e per giunta anche la Rumenia interveniva nel conflitto contro di noi. Allora noi non perdemmo il coraggio, ma mostrammo ai nemici che ci credevano agli estremi delle nostre forze, che cosa possa la irremovibile volontà di vincere. Come stanno invece le cose oggi? Noi abbiamo concluso la pace colla Russia e colla Rumenia, e se non è ancora ben chiarito lo stato di cose nell'ex-Impero russo e l'avvenire sembra incerto, è tuttavia cessata per noi la minaccia da due lati, ed una gran parte della nostra armata dell'est può essere adoperata oggi all'occidente. L'armata austro-ungarica tiene saldamente in mano vaste zone di territorio italiano e mantiene là, valorosamente, le sue posizioni. In Francia le nostre truppe respingono gli assalti dei Francesi, Inglesi ed Americani coadiuvati dai mezzi moderni di lotta di ogni genere. In esse vive ancora il vecchio spirito, come hanno mostrato luminosamente gli eventi di quest'ultimi giorni. Gli ostinati tentativi di sfondamento del nemico falliranno; i fedeli figli della patria contendono ad essi l'avanzata sfidando serenamente la morte.
Dovremmo noi, dunque, sgomentarci oggi? dimenticare gli avvenimenti passati? non più nutrire la vecchia e incondizionata fiducia verso chi negli anni scorsi, ci ha condotto di vittoria in vittoria, sol perché è subentrata una delle tante vicende indivisibili colla guerra? No, o Signori; questa sarebbe pusillanimità e vile ingratitudine. I nostri
29r
condottieri Hindenburg e Ludendorff sapranno far fronte, come altre volte, alla situazione attuale, e gli affrettati inni di vittoria dei nostri nemici si affiochiranno ben presto. Ma esercito e paese sono, ormai, una cosa sola, ed in tutte le occasioni passate non ho tralasciato mai di esprimere al popolo rimasto a casa come al popolo in armi la mia ammirazione e la mia più alta stima. Vero è che il grande entusiasmo che regnava nelle giornate dell'agosto 1914 non poteva durare; ma la ferma risoluzione di perseverare fino alla fine rimane e rimarrà ad onta di tutte le oscillazioni e le scosse; i padri e l e madri in patria non abbandoneranno i figli, sposi e fratelli al campo, proprio oggi che si tratta di vita o di morte.
Fin dal primo giorno noi abbiamo condotto la guerra come una guerra di difesa. Soltanto per difenderci marciamo attraverso il Belgio. Insisto energicamente su questa verità, considerato l'abuso vilissimo fatto sin qui, ininterrottamente, colle note parole pronunciate a suo tempo dal Cancelliere di allora. Quando marciammo nel Belgio violammo il diritto scritto, ma come per i singoli, così anche per gli Stati vi è il diritto della legittima difesa. Noi avevamo motivo di ritenere che se non avessimo agito rapidamente, il nemico ci avrebbe pervenuto ed avrebbe marciato nel nostro paese. Gli archivi belgi ci dissero più tardi quanto dubbiosa fosse stata la neutralità belga già molto prima che scoppiasse la guerra. E poi, non offrimmo noi la mano di pace al Belgio prima di essere costretti a penetrare nella sua terra? Non ci eravamo impegnati formalmente di rifondere, in cambio della neutralità, qualsiasi danno che le nostre misure militari avessero potuto causare? La medesima offerta noi facemmo per la seconda volta dopo la presa di Liegi, ma il Governo belga non volle saperne e si unì al blocco
30r
dei nostri nemici. In tutte le ulteriori battaglie non si è trattato mai d'altro che della nostra difesa. Noi dovevamo difenderci in Occidente dalle enormi masse di eserciti russi che, tutto devastando, avevano potuto irrompere nella Prussia orientale; dovevamo, in aspri combattimenti, ricacciarle oltre i loro confini; impedire, quindi, lottando fianco a fianco coi nostri fedeli alleati, che esse avanzassero ancora. Egualmente noi combattiamo al sud, insieme alla Monarchia austro-ungarica, contro l'Italia spergiura. In Francia, divenuta oggi lo scacchiere principale della guerra, non abbiamo mai fatto mistero che lungi è da noi qualsiasi pensiero di conquista.
Come stanno invece le cose dalla parte opposta? Certo, se si volesse credere agli sproloqui ufficiali e non ufficiali, dei nemici, la loro volontà tenderebbe esclusivamente a respingere la Germania mirante, dicono essi, all'egemonia mondiale, a combattere per la libertà e per la giustizia contro l'imperialismo tedesco e il militarismo prussiano. Ma noi, fortunatamente, sappiamo bene che cosa vogliono i nemici.
La guerra mondiale fu preparata molti anni fa dalla politica di accerchiamento del Re Edoardo. In Francia era sorta una vasta letteratura bellica che nelle pubblicazioni militari, nonché nelle singoli manifestazioni, si richiamava all'imminente guerra colla Germania. Nei Balcani doveva essere esclusa l'influenza dell'Austria-Ungheria; lo domandavano le mire espansionistiche russe e l'idea panslavista. Non il "partito militare prussiano" ha avvicinato la fiaccola al barile della polvere. Mentre l'Imperatore tedesco si sforzava, come si sforzò fino all'ultimo minuto, di mantenere la pace, il partito militare russo riusciva ad ottenere contro la
31r
volontà del debole Zar, che la mobilitazione generale fosse dichiarata, e rese, quindi, la guerra inevitabile. Gli atti del processo Suchomlinoff l'hanno mostrato chiaramente a chiunque non voglia intenzionalmente chiudere gli occhi davanti al vero. Noi possiamo attenderci con serena coscienza il giudizio dei posteri.
Pur troppo i potentati avversari hanno saputo, nell'epoca presente e grazie ad un'infame campagna della menzogna e della calunnia, mascherare la verità. Quello che non avevan raggiunto colla parola e collo scritto, l'hanno ottenuto colle loro secrezioni artistiche; secrezioni uscite fuori da una fantasia diabolica e dalle quali un'anima bennata deve torcere la testa con orrore e con schifo. Ma, comunque, lo scopo è stato raggiunto.
Nelle popolazioni avversarie si è sviluppato contro le Potenze centrali e specialmente contro la Germania un odio che bandisce qualsiasi assennatezza, che soffoca qualsiasi sano giudizio. Lor Signori hanno letto il discorso recente di Clemenceau; un discorso che, per odio e brutali intendimenti, sembra lasciarsi addietro e di gran lunga tutti gli altri. Eppure questo suo discorso ha avuto favorevole eco in America, come comprovano le molte dimostrazioni di cui ci è pervenuta notizia.
Gli Stati Uniti d'America si sfogano attualmente nella più selvaggia "fantasia" bellica che immaginar si possa. Colà si inebriano al pensiero che l'America abbia a portare ai conculcati popoli dell'Europa centrale le benedizioni della civiltà libertaria moderna, e si rallegrano contemporaneamente dei moltissimi miliardi che gli armamenti di guerra fanno piovere nelle tasche di quegli uomini d'affari. Teoria e pratica son cose diverse, e il vecchio adagio del pelo veduto nell'occhio dell'avversario e non il trave in quello proprio, si presta
32r
bene a caratterizzare le macchinazioni e gli intrighi dell'Intesa.
La quale, mentre non si stanca di condannare la nostra marcia nel Belgio, sorvola sulla violazione della Grecia, sulle violenze usate alle condizioni interne del Paese, sull'abdicazione a cui fu forzato il Re, come se si trattasse di cose naturalissime. Afferma di voler proteggere le nazioni oppresse, e, nel contempo, i secolari dolori e le giustificate proteste dell'Irlanda non trovano ascolto in nessun luogo; nemmeno nell'America del Nord, dove, grazie ai numerosi emigranti irlandesi, si sa bene come stanno le cose. Il Governo inglese, che si empie di preferenza la bocca colle parolone Diritto e Giustizia, ha trovato ultimamente conciliabile riconoscere come Potenza belligerante quell'accozzata bordaglia degli Czeco-Slovacchi.
Ora, davanti a tutto ciò, qual sarà il contegno del popolo tedesco? Chiederà esso, tremante, grazia ai nemici? No, o Signori! Memore del suo grande passato e della sua più grande missione nell'avvenire rimarrà fieramente in piedi e non si piegherà.
La situazione è seria, ma non tale da giustificare un siffatto malumore. Il ferreo baluardo al fronte occidentale non verrà spezzato, e la guerra subacquea assolve lenta, ma sicura, il compito di diminuire il tonnellaggio e di minacciare efficacemente dapprima e di limitare sempre più l'invio di uomini e di materiale soprattutto dagli Stati Uniti.
L'ora verrà, poiché essa deve venire, nella quale anche i nemici torneranno alla ragione e si dichiareranno pronti a metter fine alla guerra prima che mezzo mondo sia ridotto ad un cumulo di rovine e il fior fiore di tutta la gioventù giaccia a terra esangue.
33r

Frattanto si tratta di rimaner compatti, uniti, a sangue freddo, e fiduciosi nell'ulteriore svolgersi degli eventi. Per noi tutti non vi può essere che un intento, che un interesse: la difesa della patria, la sua indipendenza e libertà di sviluppo. In tutto questo non evvi diversità d'opinione fra il Governo ed il popolo.
Il Governo vuol lavorare soltanto col popolo e per il popolo e deve attendersi, quindi, che questo lo coadiuvi. Certamente anche da noi vi sono diversità d'opinioni nel campo politico, e il dopoguerra ci metterà, in quanto alle cose interne, dinanzi a nuovi problemi.
Non parlerò oggi, qui dentro, di questi problemi; ma siccome il malumore esistente deriva non solo dai dolori e dalle cure della guerra ai quali ho già accennato, ma anche da certe cure e malcontenti di natura politica, non sarà male che accenni almeno ad essi, brevemente. Dal giorno nel quale mi addossai il grave carico dell'ufficio di Cancelliere mi sono dato la massima premura per adempiere alle promesse fatte, e proseguirò imperterrito nella mia via per ottenere, energicamente agendo, quello che, in questa direzione rimane ancora da fare.
Intendo alludere, naturalmente, a quel grande progetto di riforma, non riguardante direttamente, è vero, il fóro del Reichstag, ma che, oltrepassando i confini di Prussia, interessa grandemente i circoli politici di tutta la Germania. Su questo tema io non posso che richiamarmi alle dichiarazioni da me fatte ripetutamente e per ultimo nella Camera dei Signori prussiana. Il Governo di Prussia è fermamente deciso di condurre a buon porto il progetto di
34r
legge, né arretrerà, per ottenere questo intento, dinanzi a qualsiasi misura consentitagli dalla Costituzione. Prego però Lor Signori di pensare ad una cosa: si tratta di un cambiamento radicale nella struttura storica dello Stato prussiano. Sarebbe un'ingiustizia se ai rappresentanti dell'alta istituzione non fosse data la possibilità di difendere il loro punto di vista nel Parlamento, se ai loro argomenti si rispondesse con una spallacciata; ma, d'altra parte, non si dovrà trattare di tentativi di temporeggiamento, né siffatti tentativi saranno ammessi, come Lor Signori avranno modo di persuadersi fra breve.
Se non sarà possibile raggiungere l'obbiettivo prefissoci per mezzo della discussione parlamentare, si calcherà senz'altro la seconda via che la Costituzione prevede.
Lascino ora che, prima di terminare, getti un breve sguardo nell'avvenire.
L'umanità impallidisce dinanzi al pensiero che questa guerra orribile, distruggitrice della civiltà, non abbia ad essere l'ultima, ma possa trarsi seco altre guerre. Ampi circoli agitano la questione se non vi sia mezzo alcuno per rimediare all'atroce possibilità; se non sia possibile creare un'organizzazione, fra i popoli assetati di pace, che ponga il diritto al posto della forza, la soluzione pacifica alle battaglie cruente.
È noto che il Presidente degli Stati Uniti ha esposto in 14 punti i capisaldi per una conclusione di pace. Il 24 gennaio di quest'anno discussi qui i 14 punti ed osservai relativamente all'ultimo di essi che il pensiero di una lega di popoli mi era oltremodo simpatico a patto però che fosse garantito l'onesto desiderio di pace e il riconoscimento del
35r
medesimo diritto a tutti gli Stati della lega. Quanto fosse necessaria una tale riserva, risultò subito dalle dichiarazioni dei nostri nemici i quali parlando di lega dei popoli pensavano soltanto ad una lega contro la Germania e le sue alleate.
Il signor Wilson, in un suo messaggio dell'11 febbraio, fece, poi, un altro passo nella stessa direzione, ed espose in 4 punti i principi fondamentali che, a suo modo di vedere, avrebbero dovuto essere posti a base di un reciproco scambio di opinioni. Nel mio discorso del 25 febbraio al Reichstag mi dichiarai d'accordo, in principio, che una pace generale fosse discussa su questa base, ma il signor Wilson non ha preso visione né allora né dopo, di questa mia dichiarazione.
Sembra che, frattanto, anche l'ex-ideologo e zelante amico della pace abbia cambiato opinione per divenire il capo degli imperialisti americani. Ciò non di meno il piano di una lega dei popoli da fondarsi non risulta menomamente discreditato; esso ha trovato nel Presidente della Confederazione svizzera e nel ministro norvegese Knudsen intercessori eloquenti, i quali si richiamano entrambi all'interesse degli Stati neutrali che una tale lega sia fondata.
Anch'io non esito ad esprimermi, oggi, ancora una volta, su questo problema, ed a circoscrivere brevemente lo scopo e le basi di una tale lega. Si tratta di promuovere il disarmo generale, uniforme e successivo, la creazione di tribunali arbitrari obbligatori, la libertà dei mari e la protezione delle piccole nazioni.
In quanto al primo punto, nella mia dichiarazione del 24 gennaio, richiamandomi alle dichiarazioni precedenti, dissi che il pensiero di una limitazione degli armamenti era discutibilissimo, e aggiunsi che la situazione finanziaria di tutti gli Stati europei dopo la guerra avrebbe conferito
36r
ad una soddisfacente soluzione di questo problema il più efficace appoggio.
Inquanto al problema del tribunale arbitrario esso ha un lungo passato. Io non voglio entrar qui in particolari; dirò soltanto che dal materiale interessantissimo che ho dinanzi risulta che in passato la Germania consigliò più d'una volta si ricorresse alla sentenza di tribunali arbitrari in questioni controverse, e risulta ancora che, in molti casi il buon volere della Germania urtò contro le obbiezioni in contrario ed opposizioni sollevate in Inghilterra on in America.
Se si riuscisse a stabilire un accordo internazionale nel senso che le questioni controverse di diritto tra i vari Stati fossero sottoposte sempre ad un tribunale arbitrario e se ne facesse obbligo a tutti i membri della Lega dei popoli, sarebbe questo certamente un importantissimo passo in avanti per il mantenimento della pace generale. Le prescrizioni particolari, specialmente riguardo alle indispensabili garanzie per il riconoscimento delle sentenze pronunciate, hanno bisogno di essere sottoposte ad un esame attento e radicale.
Altra volta mi occupai della libertà dei mari. Questa libertà forma una premessa indispensabile per il traffico illimitato degli Stati e dei popoli. Ma qui, come si capisce, non da noi ma da altra parte vengono opposte le più grandi difficoltà. Quando, a suo tempo, toccai tale punto ed accennai ai mutamenti radicali necessari perché il problema risultasse onestamente risolto, cioè a dire libero accesso a tutte le nazioni in tutti gli stretti, nessuna posizione preponderante dell'Inghilterra a Gibilterra, Malta e Canale del Suez, un giornale inglese chiamò tutto ciò una "sfrontatezza".
37r

Ed eccomi alla protezione delle piccole nazioni. Su questo tema possiamo costatare subito e senza riserve che qui noi abbiamo una coscienza completamente netta. Che la Lega dei popoli non sia, dunque, un sogno dell'avvenire; che si approfondisca il pensiero; che in tutti i paesi ci si occupi di esso zelantemente e si forniscano i mezzi per la sua effettuazione. Prima ed importante premessa perché ciò avvenga sarà l'onesta ed energica volontà di voler difendere la pace e la giustizia.
Concludo. Il signor Segretario di Stato agli Esteri darà informazioni più particolareggiante intorno alla situazione politica e parlerà specialmente della nota austriaca nonché dell'accoglienza che essa ha avuto fin qui presso gli avversari. Con fretta precipitosa i potentati nei cosiddetti Stati democratici l'hanno rigettata immediatamente ed aspramente, senza interrogare i loro popoli; essi hanno dimostrato così ancor una volta e luminosamente dove debba ricercarsi in verità lo spirito di conquista, l'imperialismo e il militarismo.
Empfohlene Zitierweise
Hertling, Friedrich Georg Graf von, Il discorso del Cancelliere dell'Impero, conte von Hertling, nella Commissione principale del Reichstag, Berlin vom 24. September 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8421, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8421. Letzter Zugriff am: 24.04.2024.
Online seit 02.03.2011.