Dokument-Nr. 966

Hertling, Friedrich Georg Graf von: Il discorso del Cancelliere dell'Impero conte von Hertling nella Commissione principale del Reichstag l'11 luglio 1918, vor dem 14. Juli 1918

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Signori! Sugli avvenimenti degli ultimi giorni Voi siete stati, o Signori, già informati dal Vicecancelliere. Io mi son detto, tuttavia, che forse potrebbe essere Vostro desiderio che io apparissi in persona dinanzi a Voi ad esporvi apertamente il mio pensiero su questi avvenimenti.
Signori! Il mutamento di persona nel Segretariato di Stato non significa nient'affatto un mutamento nel corso della politica. La politica dell'Impero germanico è fatta esclusivamente dal Cancelliere responsabile. Il Segretario di Stato per gli Affari esteri deve dirigere la politica estera per incarico, d'accordo e sotto la responsabilità del Cancelliere. Questa è stata, sin dal principio, la norma direttiva nell'Impero germanico. Essa ha pieno valore anche oggi. Signori, al mio punto di vista politico, quale lo esposi nel discorso del 29 novembre u. s. dinanzi al Reichstag, adunato in seduta plenaria, a questo punto di vista, sia riguardo la politica interna, sia riguardo la politica estera, io mi conservo interamente fedele. Nulla sarà in ciò modificato sino a tanto che io rimarrò a questo posto.
Signori, quanto alla politica interna le promesse che allora feci io le ho, per quanto stava in me, pienamente mantenute ed io mi adopererò affinché esse siano pure attuate e gli ostacoli eventuali vengano con energia sormontati. Su ciò Voi potete essere tranquilli.
Quanto alla politica estera io dichiarai pure nettamente il mio pensiero nella menzionata seduta del 29 novembre. Io dissi che consentivo nella risposta del Governo imperiale
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alla Nota del Papa per la pace del 1 agosto dell'anno scorso. La disposizione favorevole alla pace, che animava questa risposta, anima me anche oggi. Ma io soggiunsi, o signori, che la disposizione favorevole alla pace non poteva costituire un salvacondotto ai nemici per continuare all'indefinito la guerra.
Signori, che cosa abbiamo da allora veduto? Mentre la nostra disposizione a discutere una pace onorevole non può essere posta più in dubbio da anni, noi abbiamo udito sino agli ultimi giorni i discorsi sobillatori degli uomini di Stato nemici. Signori, il Presidente Wilson vuol continuare la guerra sino alla distruzione, e ciò che il signor Balfour ha detto, non può non far venir le vampe dello sdegno sul volto d'ogni tedesco. Noi non siamo, infatti, insensibili per l'onore della nostra patria, noi non possiamo lasciarsi ingiuriare di continuo in tal modo. In tutto questo ingiuriare si cela la volontà di distruzione. Sinché questa volontà sussiste, noi dobbiamo, o Signori, perseverare con il nostro popolo fedele. Io sono anche persuaso, io so, che nella stragrande maggioranza del nostro popolo, che dappertutto esiste la decisione: sino a che perdura la volontà di distruzione dei nemici noi dobbiamo perseverare e persevereremo fidando sulle nostre truppe, sul comando del nostro esercito, sul nostro popolo magnifico, che sopporta questi tempi calamitosi, con le loro grandi privazioni e i continui sacrifici, in modo così ammirevole.
Nella direzione della politica nulla è, dunque, mutato. Giacché, o Signori, io devo dire subito anche questo: Se, nonostante le ostili dichiarazioni di questi uomini di Stato, si palesasse, dove che sia, una tendenza seria all'avviamento di una pace od anche solo al primo passo verso questo avviamento, noi non faremmo certo, senz'altro, finta di non vedere o non sentire, ma prenderemmo nella massima considerazione queste serie tendenze – io dico esplicitamente serie. Naturalmente non basta che questo o quell'agente venga e ci dica: Io posso istradare, in questo o
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quel luogo, colloqui di pace. L'importanza è, invece, che rappresentanti autorizzati delle Potenze nemiche, esplicitamente incaricati dai loro Governi, ci facciano comprendere che colloqui sono possibili, beninteso anzitutto colloqui in piccola brigata. Sennonché, o Signori, gli uomini di Stato che sin qui hanno parlato, non hanno accennato a simili possibilità. Se simili possibilità si paleseranno, se si manifesterà dall'altra parte una seria propensione alla pace, noi, o Signori, vi reagiremo senza indugio, noi, cioè, non ci ricuseremo, ma ne parleremo dapprima in piccola brigata. Signori, io posso dirvi anche che questo non è esclusivamente il mio modo di vedere, ma quello altresì del Supremo Commando dell'esercito. Giacché pure il Comando Supremo dell'esercito non combatte la guerra per amor della guerra, ma anch'esso mi ha detto: Appena si noti dall'altra parte una seria volontà di pace, noi dobbiamo assecondarla.
E adesso interesserà a lor Signori di sapere come, movendo da questo punto di vista, si prospettino certe questioni che presentemente s'impongono a noi. Su tali questioni hanno avuto luogo, il 1 e il 2 luglio, al Gran Quartier generale, lunghe conferenze sotto la presidenza di Sua Maestà l'Imperatore. È naturale che io non possa riferire qui che le direttive generali stabilite.
In primo luogo, dunque, l'Est. Signori, noi ci atteniamo alla pace di Brest-Litowsk e vogliamo veder attuata lealmente questa pace. Questa è la volontà del Governo dell'Impero, appoggiato in ciò dal Supremo Comando dell'esercito. Sennonché, o Signori, la difficoltà dell'attuazione della pace di Brest-Litowsk non è dalla parte nostra, ma giace nel fatto che, com'è noto, le condizioni in Russia sono ancora straordinariamente incerte. Noi siamo disposti, o Signori, a credere alla lealtà del Presente Governo russo verso di noi. Noi siamo, in particolare, disposti a credere alla lealtà del rappresentante del Governo russo qui a Berlino, ma, o Signori, noi non possiamo senz'altro ritenere, né ci è lecito
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di ritenere, senz'altro, che l'odierno Governo russo abbia pure la forza di mantenere in tutto e per tutto le promesse lealmente fatteci. Noi non vogliamo punto creare ostacoli al presente Governo russo. Noi ci atteniamo lealmente alla pace di Brest-Litowsk e facciamo quel che ci è possibile per metterla in atto. Ma, date le condizioni di fatto, si hanno, o Signori, continue complicazioni, continui attriti nei territori di confine, continui abusi di questa e quella piccola frazione d'esercito. Ma, ripeto, il nostro principio è di attenerci alla pace di Brest-Litowsk e di attuarla lealmente. Noi vogliamo trattare lealmente con il presente Governo. Voi tutti, o Signori, siete ancora sotto l'impressione dell'orrendo misfatto di Mosca, dell'attentato contro il nostro inviato, – un atto contrario al diritto delle genti quale è difficile immaginare uno peggiore.
Tutto induce a credere che l'atto abominevole sia stato compiuto per istigazione dell'Intesa, per far risorgere lo stato di guerra tra noi e il presente Governo russo, – una cosa che vogliamo, in tutti i modi, evitare: noi non vogliamo nessuna nuova guerra con la Russia. Il presente Governo russo vuole la pace, ha bisogno della pace, e in questa intenzione di pace noi lo appoggiamo. D'altro lato, o Signori, è pur vero che assai diverse sono le correnti, le tendenze politiche che si notano nell'Impero russo: correnti monarchiche, corrente del partito democratico costituzionale, corrente dei cosiddetti socialrivoluzionari di destra, ecc. Signori, io dico: La nostra condotta è questa; noi trattiamo lealmente coll'odierno Governo russo, nulla operiamo che possa danneggiare questo Governo nella sua posizione, ma noi teniamo aperti i nostri orecchi e i nostri occhi per non lasciarsi sorprendere da un improvviso mutamento di cose in Russia. Io ricorderò soltanto quel che disse una volta Gortschakoff: Noi siamo muti, ma non siamo sordi. Noi
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non ci lasciamo adescare da nessuna corrente politica contraria, ma studiamo attentamente la piega che prendon le cose in Russia. Questo è il mio criterio di condotta. Questo è pure il criterio di condotta sul quale, nelle conferenze del 2 luglio al Gran Quartier generale, si è ottenuta la massima chiarezza e il pieno accordo fra tutte le parti interessate. Io posso dire che il Segretario di Stato von Kühlmann, che non fu presente a questi colloqui – l'Ufficio per gli Affari Esteri fu però rappresentato dal signor Rosenberg, a Voi ben noto, e che è stato il compagno e il valido collaboratore del signor von Kühlmann a Brest-Litowsk e a Bucarest, – ha approvato pienamente questo criterio e così il Supremo Comando dell'esercito. Su particolari, in qualche caso, può essersi bene manifestata una discrepanza d'opinione, ma la linea fondamentale è quella che io ho, or ora, schizzata.
A questo punto il Cancelliere passa a manifestare il suo pensiero sulla condizione politica nell'Ovest facendo in proposito comunicazioni di carattere confidenziale. Egli accenna, poi, ai motivi che condussero al ritiro del Segretario di Stato von Kühlmann, mettendo in rilievo che questi motivi furono di natura personale, non di fatto. Il Cancelliere elogia con calda parola le qualità del Segretario di Stato riconoscendo pienamente la sua esperienza politica, il suo giudizio esatto, la sua operosità indefessa, la sua abilità e destrezza nel trattare. Egli dice che ha dovuto separarsi da lui perché fra lui ed altri fattori mancava il rapporto di fiducia di cui non si può far a meno per la condotta regolare degli affari. Il Cancelliere conclude: "Il nome del probabile successore del signor von Kühlmann è a Voi noto. Il signor von Hintze è un profondo conoscitore delle cose di Russia. Prima della guerra egli fu addetto alla ambasciata di Pietrogrado e in questa sua qualità fece lunghi viaggi in Russia. Egli è esperto assai degli uomini e delle cose di Russia. Ma, o Signori, va da sé che io farò dipendere la controfirma o la firma della nomina del signor von Hintze dalla sua dichiarazione
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di voler fare la mia politica e non la sua. Ma quanto a ciò io ho già una sicura garanzia nella promessa del signor von Hintze – la nomina non è ancora seguita. Io fo la politica: il Cancelliere responsabile fa la politica, il Segretario di Stato per gli Affari esteri non deve far altro che attuare la mia politica e di ciò il Segretario di Stato proposto, ma non ancora nominato, è pienamente compreso. Signori, io credo, dunque, che non esiste alcun motivo di inquietudine. Il corso politico, con il quale la grande maggioranza del Reichstag si dichiarò d'accordo nel novembre dell'anno passato, sarà mantenuto.
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Hertling, Friedrich Georg Graf von, Il discorso del Cancelliere dell'Impero conte von Hertling nella Commissione principale del Reichstag l'11luglio 1918 vom vor dem 14. Juli 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 966, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/966. Letzter Zugriff am: 28.03.2024.
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