Dokument-Nr. 451

Erzberger, Matthias: La lotta della Germania per il diritto dei popoli di disporre di sé, vor dem 04. April 1918

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Nel suo discorso programmatico del 29 novembre il Cancelliere dell'Impero conte von Hertling comunicò che il 29 novembre, con un radiotelegramma firmato da Trotzki e da Lenin e diretto ai popoli dei paesi belligeranti, il Governo russo proponeva di entrare quanto prima in negoziati per un armistizio ed una pace generale. Il Cancelliere dichiarò che nelle proposte del Governo russo note fino allora (cioè le condizioni che il Congresso dei Consigli degli operai e dei soldati aveva accettato a Pietroburgo il 9 novembre per una proposta di pace e miranti ad una pace immediata senza annessioni, cioè a dire senza appropriazione illegittima di territori stranieri e senza conquista violenta di nazionalità straniere, inoltre una pace senza contribuzione) potevano essere scorte basi discutibili per l'inizio dei negoziati, e che era, quindi, pronto di iniziarli non appena il Governo russo avesse inviato i suoi plenipotenziari. Relativamente al diritto dei popoli di confine russi disporre di sé il Cancelliere von Hertling dichiarò:
"Per quel che riguarda la Polonia, la Lituania e la Curlandia, che gli Zar avevano soggiogate al loro scettro, noi rispettiamo il diritto che i loro popoli hanno di decidere della propria sorte. Noi ci attendiamo che questi popoli si diano quell'ordinamento statale, che più corrisponde alle loro condizioni e alla direzione della loro cultura. Del resto, le cose son qui completamente in via di sviluppo; notizie apparse qualche tempo fa nella stampa e secondo le quali si sarebbe proceduto in più punti ad accordi definitivi, hanno,
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a dir poco, preceduto di un bel tratto gli avvenimenti."
Nella giunta principale del Reichstag il Segretario di Stato von Kühlmann dichiarò il 30 novembre di non aver nulla da aggiungere alle parole suddette del Cancelliere e proseguì:
"I princìpi fondamentali comunicati sin qui al mondo dagli odierni potentati di Pietroburgo sembrano adatti a servir di base per un nuovo ordinamento delle cose in Oriente; princìpi che tengan conto pieno ed intero del diritto dei popoli di disporre di sé e siano idonei ad assicurare gli interessi essenziali e durevoli dei due grandi Imperi finitimi: Russia e Germania.
Che noi possiamo perseguire questi fini strettamente d'accordo coi nostri Alleati e, come mi sembra, anche coll'appoggio morale della stragrande maggioranza dei rappresentanti del popolo tedesco qui riunito, è per me di speciale soddisfazione, e conferirà al nostro contegno verso l'estero la forza necessaria."
Continuando nella discussione, il signor von Kühlmann passò in rassegna le molte questioni poste sul tappeto ed osservò tra l'altro che
la protezione delle minoranze doveva formare una parte essenziale della politica basata sul diritto dei popoli di disporre di sé.
Nella prima conferenza per la pace a Brest-Litowsk che ebbe luogo il 22 decembre 1917, la Delegazione russa propose sei punti qual base per i negoziati di pace; dei quali i punti 1-4 e 6, che qui debbono esser presi in considerazione, dicono:
1. Non sarà permessa nessuna unione forzata di territori occupati durante la guerra. Le truppe che occupa-
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no questi territori, saranno ritirate nel più breve termine possibile.
2. Sarà ristabilita la piena indipendenza politica dei popoli che nel corso di questa guerra han perduto la loro indipendenza.
3. Ai gruppi nazionali che prima della guerra non godevano indipendenza politica vien garantita la possibilità di risolvere mediante referendum la questione dell'appartenenza a questo o a quello Stato, o della loro indipendenza statale. Questo referendum dovrà svolgersi in modo da garantire la più ampia libertà di voto per tutta la popolazione del territorio in parola, emigranti e fuggiaschi compresi.
4. Nei territori popolati da nazionalità diverse. I diritti delle minoranze saranno tutelati da una legge speciale che assicurerà loro l'indipendenza della cultura nazionale e – se sarà praticamente fattibile – amministrazione autonoma.
6. Le questioni coloniali verranno risolte osservando i princìpi esposti ai numeri 1 e 4.
Completando questi punti, la Delegazione russa propose alle parti convenute che le nazioni forti proclamassero inammissibile qualsiasi genere di lotta nascosta e intesa ai danni della libertà delle piccole nazioni; per esempio: col boicottaggio economico; col predominio di un paese sull'altro mediante trattati commerciali imposti; con accordi doganali speciali limitanti la libertà commerciale di un terzo paese; col blocco marittimo che non persegue scopi di guerra immediati; ecc., ecc.
Nella seduta del 25 decembre il conte Czernin rispose a nome della Delegazione delle Potenze centrali alle propo-
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ste russe.

Prima di esprimersi sui singoli punti, dichiarò esser la Delegazione della Quadruplice Intesa d'accordo per la conclusione immediata di una pace generale "senza acquisti violenti di territorio e senza indennità di guerra". Il punto di vista delle Potenze centrali dinanzi alle proposte russe, fu dato dalle seguenti osservazioni, per quanto si riferisce al diritto dei popoli di disporre di sé:
Sul punto 1.
L'appropriazione, mediante la forza, di territori occupati durante la guerra, non è nelle intenzioni dei Governi alleati. Per le truppe che attualmente trovansi nei territori conquistati, verrà presa decisione nel trattato di pace, quando non sia già stato precedentemente raggiunto un accordo sul ritiro delle forze da singoli punti.
Sul punto 2.
Non è nell'intenzione degli Alleati togliere l'indipendenza a qualcuno dei popoli che l'han perduta durante questa guerra.
Sul punto 3.
La questione dell'appartenenza statale di gruppi nazionali che non posseggono l'indipendenza non può, secondo l'opinione degli Alleati esser regolata tra Stato e Stato. Quando sia il caso essa può essere risolta solo indipendentemente da uno Stato e d'accordo coi suoi popoli e in via costituzionale.
Sul punto 4.
Parimenti, secondo le dichiarazioni di uomini di Stato della Quadruplice, la tutela del diritto delle minoranze è parte integrante essenziale del diritto dei
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popoli di disporre di se stessi.
Sul punto 6.
Delle Potenze alleate soltanto la Germania ha colonie. La Delegazione germanica, acconsentendo pienamente alle proposte russe, dichiara, in proposito, quanto segue:
"La restituzione dei territori coloniali occupati violentemente durante la guerra è parte integrante delle richieste della Germania dalle quali non si può in nessun modo recedere. Anche la richiesta russa circa lo sgombero immediato di tali territori occupati dal nemico corrisponde alle intenzioni tedesche.
Considerata la natura dei possedimenti coloniali germanici, l'esercizio pratico del diritto di disporre di se stessi nella forma proposta dalla Delegazione russa non sembra, a prescindere dalle considerazioni di princìpio già discusse, attuabile presentemente. Il fatto che nelle colonie germaniche gl'indigeni, nonostante le fatiche più aspre e le scarse probabilità di successo di una lotta contro il nemico di molto preponderante e avente a sua disposizione rifornimenti illimitati per via di mare, si sono mantenuti fedeli sino alla morte ai loro amici tedeschi, è una prova del loro attaccamento e della loro intenzione di restare ad ogni costo con la Germania, una prova che supera di molto in serietà ed importanza qualunque manifestazione di volontà per mezzo di voti."
Prendendo le mosse da queste dichiarazioni, il conte Czernin rilevò che i princìpi testé svolti potevano formare la base di negoziati con tutti gli avversari. Il capo della Delegazione russa dichiarò di constatare con soddisfazione
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che la risposta delle Potenze centrali accettava i princìpi di una pace generale democratica senza annessioni; osservò però che la risposta conteneva una notevole restrizione in quanto al punto terzo riferentesi alla questione dell'appartenenza statale di gruppi nazionali che non avevan posseduto fin allora autonomia statale. Aggiunse esistere tuttavia la possibilità di fatto di poter procedere immediatamente a trattative per una pace generale, e propose un termine di dieci giorni, e più precisamente fino al 4 gennaio 1918 perché tutti gli Stati belligeranti potessero aderire ai negoziati. Il conte Czernin propose a sua volta l'immediato inizio della discussione sui punti speciali da regolarsi fra la Russia e i Governi delle Potenze alleate.
Nella seduta del 28 decembre i delegati russi fecero la seguente proposta relativa al trattamento dei territori occupati dalle due parti:
"In pieno accordo colla dichiarazione pubblica delle due parti contraenti, non perseguire esse nessun piano bellico e voler concludere una pace senza annessioni, la Russia ritira le sue truppe da quelle parti dell'Austria-Ungheria, della Turchia e della Persia da esse truppe occupate, e le Potenze della Quadruplice Alleanza le ritirano dalla Polonia, dalla Lituania, dalla Curlandia e dagli altri territori della Russia. Corrispondentemente ai princìpi del Governo russo, il quale ha annunciato a tutti i popoli viventi in Russia senza eccezione, il diritto di decidere della propria sorte fino a staccarsi dalla Russia stessa, alla popolazione di questi territori verrà data la possibilità di decidere in breve tempo esattamente specificato, con piena
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e completa libertà sulla questione dell'appartenenza o a questo o a quello Stato o della formazione di un proprio Stato autonomo . Durante il referendum nei vari territori non sarà permessa la presenza di truppe qualsiasi, ad eccezione delle milizie nazionali o locali. Fino a che tale questione non sarà risolta, l'amministrazione di questi territori rimarrà, però, nelle mani dei rappresentanti della popolazione locale, eletti in modo democratico. Una commissione militare speciale stabilirà il termine dello sgombro, nonché l'inizio e il decorso della smobilitazione dell'esercito."
Ora, avendo le rappresentanze della Curlandia e della Lituania, formatesi nel settembre 1917 espressa la volontà di voler essere indipendenti; e identiche decisioni essendo venute in quel tempo dall'Estonia e dalla Livonia (1)procedendo, inoltre, verso la sua effettuazione il desiderio della Polonia di celebrare la sua rinascita statale; la Germania propose, udita la dichiarazione russa, di dare ai due primi articoli dell'accordo preliminare da crearsi, la forma seguente:
Articolo 1.
Russia e Germania dichiarano la fine dello stato di
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guerra. Le due nazioni sono decise di vivere d'ora innanzi in pace e in amicizia. La Germania sarebbe pronta (a patto dell'accordata piena reciprocità dinanzi alle sue alleate) appena conclusa la pace colla Russia e compiuta la smobilitazione delle forze russe, a sgombrare le posizioni attuali e il territorio d'occupazione russo, quando l'articolo 2 non stabilisca altrimenti.
Articolo 2.
Avendo il Governo russo proclamato, corrispondentemente ai suoi princìpi , il diritto per tutti i popoli compresi nell'Impero russo, nessuno escluso né eccettuato, il diritto di decidere della propria sorte fino a staccarsi dall'Impero stesso, prende cognizione dei deliberati nei quali è espressa la volontà popolare per la Polonia, Lituania, Curlandia , parti dell'Estonia e della Livonia , i quali paesi domandano la completa indipendenza statale e si separano dall'Impero russo.
Il Governo russo riconosce che queste manifestazioni debbono , alle condizioni attuali, esser considerate come l'espressione della volontà popolare, ed è pronto a trarne le conseguenze che ne derivano. Siccome nei territori in cui debbono essere applicate le prescrizioni che sopra, la questione dello sgombero non si presenta in modo da dover essere risolta secondo le prescrizioni dell'articolo 1, il termine e le modalità di un referendum popolare su larga base, e libero da qualsiasi pressione militare, necessario secondo il concetto russo nonostante le già esistenti dichiarazioni di separazione, saranno rimesse alle decisioni di una Commissione speciale.
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Una forma essenzialmente uguale fu proposta dal conte Czernin. La Delegazione russa prese cognizione di queste dichiarazioni ed espresse il suo modo di vedere come appresso:
"Noi opiniamo che qual vera espressione della volontà popolare possa essere considerata soltanto una dichiarazione che appaia qual risultato di un plebiscito svoltosi in completa assenza di truppe straniere nei relativi territori. Proponiamo, quindi, e insistiamo perché si addivenga ad una più chiara e più esatta formulazione di questo punto. Siamo però d'accordo che per l'esame delle condizioni tecniche, per l'effettuazione di un tale plebiscito, nonché per stabilire un termine esatto per lo sgombero, si crei una commissione speciale."
La dichiarazione tedesca fu la conseguenza logica della dichiarazione russa di concedere ai popoli russi il diritto di disporre di sé fino alla completa separazione, e contemporaneamente la conseguenza del fatto che i popoli marginali orientali avevano nelle loro diete nazionali prese deliberazioni corrispondenti. La Germania si era dichiarata pronta ad appoggiare le già avvenute dichiarazioni di separazione mediante un voto popolare su larga base esclusa qualsiasi pressione militare; dichiarando però essere assolutamente impossibile di ritirare prima le truppe. La Delegazione russa aveva accettato anche la proposta di discutere in una commissione speciale e di stabilire in essa il termine e le modalità dell'appoggio, necessario secondo il suo modo di vedere.
Quando la stampa russa pubblicò che la Germania non avrebbe mantenuto la promessa fatta relativamente al di-
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ritto dei popoli di disporre di sé, il Sottosegretario di Stato barone von dem Busche fece il 5 gennaio la seguente dichiarazione nella Commissione principale del Reichstag, rilevando il contegno di fatto non assolutamente negativo della Delegazione russa al 28 decembre:
"I1 punto di vista del signor Cancelliere relativamente al diritto dei popoli di disporre di sé rimane invariato, ma questo punto di vista non dev'essere suscettibile di interpretazioni ispirate esclusivamente dall'interesse dell'Intesa."
Con quest'ultima parola il Sottosegretario di Stato mirava a stigmatizzare la falsa interpretazione della stampa nemica data alla richiesta del 28 decembre, in base alla dichiarazione russa e alle deliberazioni dei relativi popoli.
Il 6 gennaio il Cancelliere pronunziò, per incarico dell'Imperatore e in nome dell'Impero tedesco, il riconoscimento della Repubblica finlandese; e questo dopoché il Governo russo ebbe dichiarato esser pronto a riconoscere immediatamente l'indipendenza della Finlandia non appena vi fosse una domanda dei finlandesi e dopoché il Governo finlandese aveva fatto a Pietroburgo un passo corrispondente accolto con arrendevolezza.
Nella seduta del 10 gennaio, il signor Holubowitsch, Segretario di Stato dell'Ucraina per il Commercio e l'Industria, dichiarò, a nome della Delegazione ucraina, assolutamente necessario che il segretariato generale fosse rappresentato alla Conferenza di Brest-Litowsk. Il Segretario di Stato von Kühlmann rivolse al Presidente della Delegazione del Governo di Pietroburgo la domanda se lo stesso Governo e la sua Delegazione avevano l'intenzione di
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rappresentare anche in futuro gli interessi di tutta la Russia a Brest-Litowsk. Trotzki, che si era frattanto addossata la direzione della Delegazione russa, dichiarò, che questa, di pieno accordo col riconoscimento generico del diritto di ogni nazione di disporre di sé sino al completo distacco, non sapeva opporre alcun ostacolo alla partecipazione della Delegazione ucraina alle trattative di pace.
Quando fu dibattuta la questione, se la Delegazione ucraina fosse da considerarsi una sottocommissione della Delegazione russa oppure, nel riguardo diplomatico, quale rappresentanza di uno Stato indipendente, Trotzki rispose che la Delegazione ucraina e quella russa dovevano considerarsi come due Delegazioni separate e indipendenti della medesima parte. Il 12 gennaio il conte Czernin riconobbe a nome delle Delegazioni delle Potenze centrali la Delegazione ucraina quale Delegazione indipendente e rappresentante con pieni poteri della Repubblica nazionale indipendente dell'Ucraina. Il riconoscimento formale della Repubblica nazionale dell'Ucraina come Stato indipendente da parte delle Potenze centrali doveva esser riservato alla firma del trattato di pace.
Nelle sedute dell'11 e 12 gennaio si discusse sullo sgombero dei territori occupati. In quanto al punto dello sgombero la proposta tedesca tendeva a far coincidere l'evacuazione col momento nel quale la Russia avrebbe smobilitato le sue forze dopo la conclusione della pace. La necessità di connettere l'evacuazione dei territori occupati e della smobilitazione delle forze russe, fu giustificata dal pericolo che la Russia, finché non avesse smobilitato le sue forze, potesse essere sempre al caso, sia per mutamenti nel sistema del Governo, sia nelle sue intenzioni,
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di procedere a nuove operazioni offensive.
Trotzki rispose esprimendo il desiderio che l'evacuazione dei territori occupati si effettuasse parallelamente al corso della smobilitazione reciproca; ma il Segretario di Stato von Kühlmann constatò che, secondo la proposta russa, lo sgombero dei territori occupati, avrebbe dovuto essere rimandato alla conclusione della pace generale, poiché le Potenze centrali si trovavano sempre in guerra.
Interrotto il dibattito sull'argomento che sopra, si discusse la questione su quali parti dei territori occupati si sarebbe dovuta estendere l'evacuazione. Il Segretario di Stato von Kühlmann prese allora la parola e disse:
"Come risulta dalla definizione dello sgombero, questo si estende a quei soli territori occupati formanti ancora parte del territorio dello Stato col quale la pace vien conclusa. Ora la pace non si estende a quei territori che nel momento della sottoscrizione della pace stessa non costituiscono più parte di questo Stato. Bisognerebbe, quindi, far delle ricerche per veder se o quali parti del territorio russo di una volta possono essere considerate ancora come appartenenti alla Russia al momento della pace, o quali sono queste parti. Fedele ai suoi princìpi , il Governo russo ha proclamato che tutti i popoli viventi in Russia hanno, senza eccezione, il diritto di decidere essi stessi della loro sorte fino alla separazione completa. Noi affermiamo che nell'esercizio di questo diritto di disporre di se stessi in una parte dei territori che noi occupiamo, i rappresentanti autorizzati dei popoli in questione si sono espressi de facto nel senso della loro separazione colla Russia, dimodoché a parer nostro questi territori non
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possono essere più considerati attualmente come facenti varie dell'Impero russo nella misura d'una volta."
Rispondendo alla dichiarazione del Segretario di Stato von Kühlmann, Trotzki, sebbene riconoscesse ancora una volta alle popolazioni abitanti in territorio russo il diritto di decidere della loro propria sorte fino alla separazione dalla Russia, negò agli organi esistenti nei territori occupati la qualità di rappresentare la volontà del popolo di esserne i veri rappresentanti con pieni poteri.
Queste dichiarazioni di princìpio sollevarono grandi dibattiti sulla questione fondamentale tendente a fissare a quali premesse e in qual momento un nuovo Stato può essere considerato in via di separazione da un altro Stato esistente di cui faceva precedentemente parte. Il Segretario di Stato von Kühlmann riassunse come segue il punto di vista delle Potenze centrali sulla questione che sopra:
"Noi opiniamo che la personalità di uno Stato nasca e sia in grado di fare dichiarazioni legali sui princìpi della sua esistenza non appena che per bocca di qualsivoglia rappresentante e di corpi rappresentativi eletti per esprimere la volontà indubbia della grande maggioranza del popolo interessato, proclami la sua risoluzione di divenire indipendente e di esercitare il suo diritto d'autonomia. Il nostro modo di vedere mi sembra molto più conforme al carattere e all'importanza fondamentale del diritto d'autonomia, che quello del rappresentante della Delegazione russa; perché questa non ci ha fatto sapere fin qui come deve formarsi o come deve essere costituito il corpo che, presso popoli per la maggior parte ancor privi d ' organizzazione e aspiranti alla personalità politica, deve organizzare il voto sulla larga base necessa-
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ria;
voto che, secondo l'opinione del Presidente della Delegazione russa, forma la necessaria premessa per la creazione di questa personalità legale.
Il signor von Kühlmann citò allora l'esempio della Finlandia e dell'Ucraina che si sono costituite in base ai princìpi sviluppati nel senso tedesco, e di cui il Governo di Pietroburgo ha riconosciuto l'indipendenza, sebbene la loro rinascita non sia avvenuta in base ai princìpi da esso Governo difesi.
Il signor Trotzki insisté nel suo punto di vista.
Il Segretario di Stato von Kühlmann riassunse come appresso il risultato delle due reciproche dichiarazioni:
"II signor Trotzki ha proposta la costituzione di corpi rappresentativi incaricati dell'organizzazione e della fissazione delle modalità secondo le quali i voti o i plebisciti nazionali, concessi provvisoriamente da noi in forma puramente teorica, debbono effettuarsi su una larga base, mentre noi siamo d'opinione, e in questa opinione dobbiamo persistere, che in mancanza d'altri corpi rappresentativi quelli esistenti e divenuti storici son provvisoriamente gli interpreti della volontà nazionale, specialmente nella questione vitale, quale è quella della volontà di una nazione di esser nazione.
Nel dibattito che ne risultò sul carattere e sul significato degli organi rappresentanti del popolo nei territori occupati, il Segretario di Stato von Kühlmann e Ministro degli Esteri Czernin constatarono che durante le trattative del mese di decembre si era manifestata nella Delegazione russa la tendenza a riconoscere de facto come
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legalmente autorizzati i corpi rappresentativi esistenti nei territori occupati e di ammettere le loro decisioni come l'espressione reale dei popoli interessati. Il signor Joffe ammise a sua volta di aver espresso l'avviso che gli organi esistenti nelle diverse parti della Russia potessero assumere una certa parte per giustificare la necessità di una votazione popolare, ma di aver sempre proclamato la necessità di procedere alla votazione popolare senza la presenza delle truppe d'occupazione.
Avendo Trotzki osservato che l'espressione della volontà di certe Diete nazionali hanno una grande importanza politica, il Segretario di Stato von Kühlmann interpretò l'osservazione di Trotzki così: sembrar egli pronto a riconoscere quali organi provvisori gli organi della rappresentanza popolare nei territori occupati purché questi territori non fossero militarmente occupati, nel qual caso riconoscerebbe ad essi anche il potere di mettere in esecuzione il referendum che essi esigono. Trotzki non volle però ammettere ad essi questo potere e domandò che si ricorresse a un referendum per la creazione di nuovi organi.
Avendo il signor Trotzki preteso esistere fra le dichiarazioni delle Potenze centrali del 25 decembre e il tenore dei punti 1 e 2 del 28 decembre una contraddizione, il Segretario di Stato von Kühlmann dichiarò,
che i due documenti sono l'emanazione del medesimo spirito e della medesima politica che il Cancelliere dell'Impero aveva annunciato nel suo discorso programmatico tenuto al Reichstag . Questo discorso conteneva già in sostanza la dichiarazione degli Alleati del 25 decembre , e forniva egualmente la prova che la politica tedesca ha l'intenzione di curare le sue relazioni colla Polonia,
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colla Lituania e colla Curlandia tenendo conto dei diritti che hanno questi popoli di decidere di sé.
Il Segretario di Stato von Kühlmann si pose, inoltre dal punto di vista che dopo la manifestazione della loro volontà da parte degli organi dei corpi rappresentativi già esistenti, le parti della Russia aspiranti ad una separazione sono già fin d'ora autorizzate a concludere le convenzioni che questi paesi giudicano buone ed utili per il loro avvenire. Se queste convenzioni dovessero contenere disposizioni riguardanti l'eventualità della correzione dei confini, non si vede perché questi territori non dovrebbero essere egualmente liberi di fare in queste ed in altre questioni ciò che più loro aggrada.
Avendo il signor Trotzki domandato perché, allora, gli organi delle popolazioni in questione non erano stati invitati a prendere parte ai negoziati di Brest-Litowsk, dappoiché essi dovevano aver persino il diritto di disporre di parte di territorio, e spiegato ciò col dire che queste nazioni venivano considerate non come soggetti, ma come oggetti di negoziati, il Segretario di Stato von Kühlmann rispose:
"Il signor preopinante si è lamentato che noi non abbiamo qui ai negoziati alcun rappresentante delle nazioni di cui parliamo. Se egli ha voluto esprimere con ciò che anche secondo la sua opinione queste individualità nazionali dovrebbero essere ormai create e messe in grado di esercitare il diritto d'autonomia delle loro relazioni estere, io mi associo senza riserva a questa interpretazione della Delegazione russa e sono
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prontissimo a discutere l'eventualità possibile e la forma di una partecipazione ai nostri negoziati di rappresentanti delle nazionalità in causa."
Anche il conte Czernin si dichiarò egualmente pronto ad affrontare la questione della partecipazione dei rappresentanti delle nazionalità in parola; aggiunse però che desiderava sapere in qual modo sarebbe stata fatta la scelta di tali rappresentanti, quando i corpi rappresentativi esistenti in questi territori non fossero riconosciuti da parte russa come autorizzati a parlare in nome delle nazioni da essi rappresentate.
Nella seduta del 12 gennaio, dopo aver riassunto il risultato delle deliberazioni precedenti, il Segretario di Stato von Kühlmann concluse in questi termini:
"Noi abbiamo espresso l'opinione che le popolazioni abitanti la frontiera occidentale dell'ex-Impero russo, hanno già manifestato in modo per noi decisivo la loro volontà di divenire indipendenti. Per suggerimento del signor Presidente della Delegazione russa noi abbiamo ugualmente dichiarato esser discutibilissima l'idea della possibilità e delle condizioni della partecipazione di questi nuovi Stati ai negoziati di pace. Ma la Delegazione russa non ci ha ancora spiegato se, secondo la sua opinione gli Stati in questione godono già della personalità legale indipendente, e quindi se, per impiegare il preciso termine adoperato dalla Delegazione russa, possono partecipare già alla discussione come soggetti, o se debbono continuare a non essere considerati altro che oggetti politici. Sarei riconoscente alla Delegazione russa se rispondesse a tali questioni in un modo che escludesse qualsiasi dubbio."
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Senza entrare nella questione discussa il signore Kamenew svolse il punto di vista russo, e, cioè: non esser la Delegazione russa in grado di riconoscere come espressione della volontà della popolazione dei territori occupati le dichiarazioni date dalla rappresentanza esistente, imperocché queste dichiarazioni erano state fatte sotto il regime dell'occupazione straniera e partite da organi i cui diritti non provenivano da una votazione nazionale. Doversi dire questo tanto per la Polonia come per la Lituania e la Curlandia. Quante alle aspirazioni dei relativi popoli ad una completa indipendenza politica riconoscere la Delegazione russa che le vecchie frontiere dell'Impero russo sono sparite insieme collo Zarismo, ma anche le nuove frontiere dell'unione fraterna dei popoli della Repubblica russa e dei popoli desiderosi di rimaner fuori di essa debbono esser fissate dalla libera risoluzione dei popoli interessati. Per queste ragioni le Potenze centrali e la Russia doversi accordarsi sui punti che segue:
1. sull'ampiezza del territorio entro il quale deve essere esercitato il diritto dei popoli di disporre di sé;
2. riguardo alle premesse generali politiche per la soluzione della questione dell'avvenire politico dei relativi popoli;
3. riguardo al regime di transizione da adottarsi fin dal momento della costituzione politica definitiva di questi paesi;
4. relativamente alla natura e alla forma nelle quali la popolazione di questi territori dovrà manifestare la sua volontà.
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Secondo questi punti di vista la Delegazione russa voleva veder surrogato il paragrafo 2 della proposta tedesca, esigendo che il diritto di decidere di se stessi fosse riconosciuto soltanto dalle nazioni come tali e non a parti di esse occupate, come prevede il paragrafo 2 della proposta tedesca in data 28 decembre 1917; che le Potenze centrali dichiarassero espressamente il loro disinteressamento ai territori occupati; che il referendum avesse luogo solo dopo l'evacuazione degli eserciti nemici e ritorno dei fuggiaschi e dei deportati; che l'epoca del ritorno degli eserciti fosse fissata da una commissione speciale; che il mantenimento dell'ordine durante la votazione popolare fosse rimesso a truppe nazionali e milizie locali; che per procedere all'organamento del referendum l'amministrazione fosse messa nelle mani d'un organo temporaneo; che la soluzione definitiva dell'avvenire statale dei territori in parola avvenisse mediante referendum.
Queste richieste sulle quali la Delegazione russa domandava una risposta esatta, indussero il generale Hoffmann a protestare contro il tono e a dimostrare che le pretese dei Russi andavano molto al di là della stessa loro pratica nel proprio paese. Il generale Hoffmann disse:
"Vorrei poi constatare che la Delegazione russa chiede per i territori occupati l'applicazione del diritto di decidere di sé in modo e misura che il Governo russo non applica nel suo paese.
Il Governo russo si basa esclusivamente sulla forza, e opprime senza riguardi e colla violenza chiunque sia di altra opinione. Chiunque la pensi differentemente dal Governo, vien dichiarato semplicemente antirivoluzionario, borghese, e, quindi, fuori della legge. Mi
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contenterò di citare due soli esempi:
Nella notte del 30 al 31 decembre i Massimalisti sciolsero colle baionette e colle mitragliatrici a Minsk il primo Congresso della Russia Bianca che voleva far valere il diritto del popolo bianco-russo di disporre di sé.
Quando gli Ucraini misero innanzi lo stesso diritto, il Governo di Pietrogrado pose un ultimatum e tentò di imporre la sua volontà colle armi.
A quanto risulta dai radiotelegrammi che ho qui dinanzi, la guerra civile dura ancora.
Questa è la pratica del Governo massimalista quando si tratta di adottare il diritto dei popoli di disporre di se stessi."
Il generale Hoffmann si richiamò quindi alla dichiarazione di separazione dalla Russia degli Stati marginali; dichiarazione che abbiamo riferito al principio di questo rapporto. Rilevò infine l'impossibilità tecnica di soddisfare le proposte russe.
"Anche per ragioni tecnico-amministrative il Supremo Comando tedesco deve rifiutare lo sgombero della Curlandia, della Lituania, di Riga e delle Isole del golfo.
Tutte queste regioni non posseggono organi amministrativi, non organi di giustizia, non ferrovie, non telegrafi, non posta; tutto ciò è in possesso dei Tedeschi e dai Tedeschi esercitato. Allo stesso modo per mancanza d'organi competenti questi paesi non possono essere in grado, per lungo tempo, di creare un'armata nazionale o una milizia.
Nella seduta del 14 gennaio la delegazione delle Potenze centrali qualificò nella sua risposta come inaccetta-
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le proposte russe perché rappresentanti un'esigenza unilaterale russa nella quale si cercava invano il desiderio di tener conto dei giusti motivi della parte avversa. La risposta delle Potenze centrali faceva inoltre notare che, a differenza della Russia, la conclusione della pace fra la Russia e le Potenze centrali non significava affatto per queste ultime la pace generale, essendo obbligate a continuare la guerra con altri avversari. Dichiarava altresì esser gli Imperi centrali d'opinione che gli organi costituzionali competenti nei nuovi Stati politici in via di formazione dovessero considerarsi provvisoriamente competenti ad esprimere la volontà degli ampi strati della popolazione. Essere il giudizio della Suprema Corte di Giustizia americana, pronunziato a Washington nel 1888, di capitale importanza per definire il concetto del sorgere di uno Stato. In questo giudizio si legge: "che i Sovrani degli Stati Uniti dell' America del Nord debbono essere riconosciuti come esistenti in modo pieno ed intero a partire dal giorno della proclamazione della loro indipendenza, cioè a dire dal 4 luglio 1776 –indipendentemente dal riconoscimento che le fece l'Inghilterra nel trattato del 1782". (Fiore, Droit international codifié, pag. 160).
La risposta delle Potenze centrali prese inoltre atto della dichiarazione del Governo russo "non derivare ad esso, dal fatto dell'appartenenza dei territori occupati all'ex-Impero russo, alcun obbligo di quelle popolazioni verso la Repubblica russa; esser gli antichi confini dell'Impero russo scomparsi insieme allo Zarismo; e non consistere per il Governo russo il compito fondamentale dei negoziati nel difendere in qualsivoglia modo il mantenimento obbligatorio dei territori in questione nel quadro
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dell'Impero russo." Se questo fosse il caso – diceva la risposta – anche il Governo russo non potrebbe sollevare, da parte sua, diritti o doveri dinanzi alla popolazione. Se invece ammette per sé l'esistenza di un tale diritto, allora i 4 punti contenuti nella proposta russa costituiscono realmente i presupposti politici sui quali si deve cercare di effettuare un accordo.
Il modo di vedere delle Potenze centrali dinanzi a questi 4 punti, fu riassunto nel modo che segue:
Punto 1. L'opinione che il diritto di disporre di sé spetti alle nazioni e non anche a parti di esse, non corrisponde al concetto che noi abbiamo di un tale diritto. Anche parti di nazioni possono giuridicamente decidere l'autonomia e la separazione. Con ciò non è però detto che i confini d'occupazione per la delimitazione di queste parti debban servir di regola. La Curlandia , la Lituania e la Polonia formano unità nazionali distinte anche dal punto di vista storico.
La Germania e l' Austria-Ungheria non hanno intenzione di incorporare i territori da esse attualmente occupati. Esse non intendono di costringere detti territori ad accettare questa o quell'altra forma di Governo, ma vogliono riservarsi per sé e per i popoli dei territori mano libera nella conclusione dei trattati d'ogni natura.
Punto 2. Le proposte che riguardano questo punto sorvolano sulla differenza fondamentale sulla quale le Delegazioni alleate non hanno mai cessato d'insistere.
Il ritiro delle truppe dai territori occupati è impossibile finché dura la guerra. Si può, però, mi-
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rare a ridurre le truppe, se le circostanze militari lo permettono, alla misura assolutamente necessaria, al mantenimento dell'ordine e dei servizi tecnici nel paese. Si può procedere alla formazione di una gendarmeria nazionale.
Quanto al ritorno dei profughi e degli evacuati durante la guerra è concesso un esame benevolo caso per caso. Tale questione, non essendo di un'importanza politica decisiva, sarà rimessa ad una commissione speciale.
Punto 3. La proposta russa non è abbastanza chiara nei suoi dettagli e ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Si consente tuttavia e senz'altro che, col progressivo avvicinarsi della pace generale, rappresentanti eletti dalla popolazione dei territori occupati potranno partecipare in misura sempre maggiore alle amministrazioni.
Punto 4. Le Delegazioni alleate consentono in massima che un voto del popolo su larga base debba sanzionare la decisione sull'appartenenza statale dei territori. Fissare unilateralmente un referendum non sembra pratico.
Secondo il parere delle Delegazioni alleate il voto d' un corpo rappresentativo eletto e completato su larga base sarà più che sufficiente. È inutile ricordare che gli Stati formati riconosciuti dal Governo dei Commissari del popolo in seno all'ex-Impero russo, come per esempio l'Ucraina e la Finlandia, non hanno avuto luogo per mezzo del referendum, ma per mezzo delle decisioni d'Assemblee o Diete nazionali elette su larga base.
Queste proposte – dichiararono le Potenze centrali – costituivano l'estremo limite entro il quale esse potevano sperare in un pacifico accordo, possibile soltanto se
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anche la Russia avesse mostrato da parte sua la seria volontà di giungere ad un accordo, invece di tentare di imporre le sue condizioni unilaterali, e avesse considerato la questione anche dal punto di vista avversario.
Trotzki rilevò che, se le Potenze centrali facevano derivare i loro interessi alla sorte dei territori occupati dal diritto dei popoli di disporre di sé e da esse Potenze riconosciuto, anche la Delegazione russa poteva appellarsi allo stesso concetto. Al che il Segretario di Stato von Kühlmann rispose fra l'altro:
"La differenza fondamentale fra la nostra opinione e quella della Delegazione russa è che al contrario di quest'ultima noi edifichiamo su un terreno esistente, che noi vogliamo far nascere senza scosse e senza transizione violenta in questi paesi una vita politica regolare e che ci rifiutiamo di creare unicamente per pura compiacenza servile e contro ogni teoria, uno spazio vuoto per stabilirvi uno Stato in condizioni di cui non sono stati specificati sin qui i dettagli."
Il signor von Kühlmann propose quindi di passare alla discussione pratica dei 4 punti di dettaglio esposti dalla stessa Delegazione russa; discussione dalla quale sarebbe risultato se le difficoltà potevano esser superate o se si doveva abbandonare il tentativo. Trotzki accolse la proposta; ma osservò che le difficoltà tecniche nei territori occupati, come la mancanza di reti ferroviarie, posta, ecc. non eran tanto grandi da non dover ritirare le truppe di presidio; al che il signor von Kühlmann rilevò a ragione che anche motivi di sicurezza consigliavano la permanenza in quei territori delle truppe di presidio.
Nella seduta del 15 Trotzki, ritornando sulla que-
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stione già trattata della partecipazione di rappresentanti dei territori occupati, propose che si lasciassero, ormai, partecipare ai negoziati quei rappresentanti; allo scopo di offrir loro l'occasione di poter provare il diritto, ad essi contestato da parte russa, di rappresentare i loro popoli. Il signor von Kühlmann approvò che si accogliessero tali rappresentanti, esigendo contemporaneamente dalla Delegazione russa la dichiarazione che la partecipazione di questi rappresentanti fosse riconosciuta da parte russa, almeno temporaneamente, la futura costituzione politica di questi Stati. Perché – aggiunse – senza questo riconoscimento tali rappresentanti non sarebbero stati altro che privati e nulla avrebbero avuto che fare coi negoziati. Trotzki obbiettò però di non poter fare la dichiarazione richiesta, non potendo riconoscere quei rappresentanti come i veri interpreti della volontà dell'intera popolazione dei loro paesi. Il signor von Kühlmann constatò allora che le opinioni divergenti delle parti contraenti sulla questione dell'importanza da attribuirsi alle decisioni dei corpi rappresentativi nei territori occupati, non avevan potuto, nemmeno dopo ampia discussione, venir conciliate su una linea media; aggiunse però che questa circostanza non doveva, di per sé, condurre necessariamente al fallimento dei negoziati poiché
le Delegazioni alleate si erano poste fin dal principio, dal punto di vista di prefiggersi una dimostrazione popolare su larga base che servisse di conferma.
Se si fosse riusciti ad accordarci sulle condizioni di questa dimostrazione popolare, la divergenza d'opinione sul fatto se questa dimostrazione fosse da considerarsi come preludio di una costituzione politica o quale con-
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ferma non gli pareva che potesse giustificare il fallimento dei negoziati colle sue vaste conseguenze. Il signor Trozki riconobbe esser indifferente per la pratica soluzione della questione, qual organo di questo o quel Governo fosse stato, in qualsiasi epoca passata, temporaneamente riconosciuto, purché fossero garantite le premesse per votazione popolare. La quale non avrebbe dovuto avere un carattere confermativo, bensì costitutivo. Oltre a ciò Trotzki chiese lo sgombero dei territori occupati, mentre il signor von Kühlnann precisò il punto di vista tedesco, dicendo,
esser egli nell'impossibilità di indicare un'epoca per l'evacuazione dei territori menzionati nell'articolo II del progetto tedesco-austro-ungarico che non tenesse conto della conclusione della pace generale. "Finché dura la guerra – disse – è impossibile per gli Alleati rinunciare a garanzie oltre quelle previste nell'articolo I"
essendo inopportuno indebolire prematuramente le garanzie militari nel fronte orientale data la possibilità di una nuova lotta.
Relativamente alle premesse politiche generali per l'esercizio del diritto dei popoli di disporre di sé, il signor von Kühlmann dichiarò che le Potenze centrali avevano la sincera intenzione di stabilire la più grande libertà politica assoluta tanto per la votazione come per le elezioni; esser questa però, come risultava dalla natura stessa delle cose, una questione in gran parte d'ordine militare. I limiti entro i quali la discussione di questo problema poteva venir condotta – limiti tracciati da necessità militari – furono indicati dal von Kühlmann
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come appresso:
"Un certo effettivo di forze armate e disciplinate è necessario per il mantenimento dell'ordine pubblico. Una parte delle forze attualmente organizzate è necessaria per mantenere il funzionamento economico del paese. Noi ci impegneremo in modo formale a che queste forze organizzate, nel territorio in questione, non s'occupino politicamente in nessunissima maniera e non esercitino alcuna pressione politica. Partendo da questo modo di vedere, sosteniamo assolutamente la tesi che la presenza di queste forze non può pregiudicare in maniera qualsiasi la libertà del voto e che, per conseguenza, la sua esistenza non impedisce affatto l'esercizio della libera elezione."
Avendo Trotzki dichiarato di voler anzitutto che fossero ben chiare le cose sulla questione dello sgombero, il signor von Kühlmann disse
non poter garantire che nel periodo praticamente in questione per le elezioni, considerazioni militari non impedissero l'evacuazione completa del territorio. Essere evidente che anche colla formazione di una gendarmeria nazionale, alla quale gli Alleati erano assolutamente favorevoli, il servizio di sicurezza in questi territori vasti e malsicuri, non avrebbe potuto venir così perfettamente regolato nel periodo di tempo durante il quale avrebbero avuto luogo le elezioni, da poter rinunciare completamente alla forza militare per il mantenimento dell'ordine. "Il programma minimo degli Alleati – disse testualmente – è stato elaborato dopo considerate attentamente le necessità militari, e gli Alleati son pronti a discuterne i dettagli. Si tratto di stabi-
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lire se, secondo il parere del Presidente della Delegazione russa, sarà impossibile l'elezione od il voto nel quadro tracciato dagli Alleati; cioè se la presenza di poche forze organizzate, come più sopra indicato, permette di considerare il voto o l'elezione libera o no da pressione militare."
Trotzki si dichiarò nell'impossibilità di poter rispondere a questa domanda in forma soddisfacente; constatò però che la presenza delle truppe di cui era discussione, secondo l'opinione russa, avrebbe pregiudicato gravemente l'importanza delle elezioni. Intimamente connessa a tale questione, esser quella del ritorno dei profughi e degli evacuati che non avrebbero dovuto mancare alla votazione.
Kühlmann dichiarò allora
che in princìpio i profughi avrebbero dovuto essere autorizzati a ritornare nei loro paesi.
Esser però compito delle autorità amministrative stabilire le eventuali eccezioni alla regola generale e precisarle.
Nella seduta del 18 gennaio il signor von Kühlmann ripeté esser le Potenze centrali d'accordo in quanto all'idea del ritorno dei profughi, e propose che l'esecuzione pratica del rimpatrio fosse affidata di preferenza alla commissione incaricata dello scambio dei prigionieri civili.
Regolato questo punto in maniera soddisfacente, si passò alla discussione della questione sul modo in cui avrebbe dovuto effettuarsi il voto sull'avvenire politico dei territori occupati ai quali la Russia concedeva il diritto di disporre di sé. Da parte tedesca si osservò non corrispondere il referendum proposto dalla Delegazione russa al grado di sviluppo della popolazione di
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quei paesi, e che sarebbe stato preferibile completare ed allargare per mezzo di elezioni su ampia base i corpi rappresentativi esistenti nei territori in questione, in modo che potessero venir considerati quali veri rappresentanti di tutta la popolazione.
Trotzki replicò persistere la Delegazione russa nella sua proposta che solo un referendum avrebbe potuto decidere sull'avvenire politico di questi paesi.
Il Segretario di Stato von Kühlmann rilevò nuovamente essere il desiderio che anima le Potenze centrali quello d'accordare alle masse della popolazione di questi territori un'influenza politica sempre crescente; doversi assicurare in modo assoluto il mantenimento dell'ordine durante il periodo di transizione e impedire l'estendersi della rivoluzione in quei paesi già sufficientemente provati dalla guerra.
Le discussioni della Commissione politica furon, quindi, aggiornate al 29 gennaio.
Il 24 gennaio il Cancelliere dell'Impero rispondendo al punto 6 del messaggio di Wilson disse:
"Il sesto punto riguarda l'evacuazione del territorio russo. Ma poiché gli Stati dell'Intesa si son ricusati, entro il termine stabilito insieme dalla Russia e dalle quattro Potenze alleate, di prender parte ai negoziati, io devo respingere, in nome delle ultime, una nuova intrusione. Queste son questioni che riguardano ormai esclusivamente la Russia e le quattro Potenze alleate. Io spero fermamente che, ammettendo il diritto di disporre della propria sorte dei popoli sul margine occidentale del passato Impero russo, si riuscirà a stabilire buoni rapporti sia con questi, sia con la rimanente Russia, alla quale noi auguriamo vivissimamente
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il ritorno a condizioni nomali, arra di quiete e di benessere per il paese."
Nel suo discorso tenuto dinanzi alla Commissione principale del Reichstag il 25 gennaio, il Segretario di Stato von Kühlmann pronunciò un discorso di cui ci interessano i brani seguenti:
"Le nostre divergenze colla Delegazione dei Bolscevichi riguardavano in primo luogo i particolari dell'attuazione del diritto dei popoli di decidere della loro sorte. Questo diritto dei popoli non è una scoperta del tutto moderna, come scrittori in vista molto apprezzati hanno affermato. Il principe di Bismarck stipulò tale diritto in un paragrafo del trattato di pace nel 1866, dopo una delle più brevi e più brillanti campagne, con un avversario battuto allora in modo relativamente grave. Il trattato riguardava quelle parti del paese che si trovano nello Schleswig-Holstein ai confini nord dell'odierno Impero tedesco. Nel secolo XIX non un esempio solo, ma vi è tutta una serie d'esempi pratici dell'idea di lasciare a Stati o a popoli limitrofi la libertà di fissare essi stessi la loro sorte. Se il nostro più grande uomo di Stato ricorse esso stesso a questo mezzo nel 1866, come ho già detto, ciò prova che tale idea non è poi così nuova né così sorprendente come si è voluto far credere da più parti. Quanto all'esecuzione pratica del diritto dei popoli di governarsi da sé, non vi è né un diritto europeo né un diritto consuetudinario. Bisogna costituirla secondo il criterio da noi propugnato e continuato, dando forma definitiva e completando ciò che esiste. Noi riteniamo che sia doppiamente insensato in questi gravi tempi di guerra quanto
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esigono i nostri avversari: cancellare e spazzare via quello che esiste e poi cominciare a costruire nel vuoto. A queste due domande nessuno degli avversari ha saputo darmi schiarimenti. Da qual diritto traggono essi la pretensione di creare checchessia nel mezzo di questo vuoto? E dove è scritto e specificato che cosa di buono si debba mettere nel vuoto? Io non voglio entrare qui in tutti i particolari. Entro i confini della nostra cara patria le opinioni divergono ancora considerevolmente sul diritto di voto e sulla legge elettorale, ed ancor oggi noi abbiamo una collezione variopinta dei più svariati diritti elettorali. Dove è scritto qual sia la vera ed unica ricetta per gli Stati finitimi che sopra, politicamente atrofizzati per colpa del dominio dello Zar? Io non posso che condividere l'opinione espressa ieri qui dentro in modo eccellente e veramente statale – e tale sarà la politica del Governo imperiale come lo è stato in passato – che consiste a completare in ottime fide l'edificio esistente non per raggiungere qualche scopo speciale ma per arrivare mediante un lento sviluppo del fatto storico, a poter dire con pura coscienza: Questa è veramente l'espressione della stragrande maggioranza del popolo.
C'è chi ha detto: da tutto ciò risulta chiaramente che noi esigiamo che le votazioni avvenute e le opinioni espresse abbiano almeno un valore provvisorio. È stato detto, e del resto ogni conoscitore della storia lo sa, che la volontà nazionale di un popolo vien formata ed espressa all'inizio – quando lo sviluppo nazionale trovasi, per così dire, nell'età della sua fanciullezza – da un piccolo numero di uomini eminenti per intel-
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letto, di capi ardenti di patriottismo. La grande massa del popolo li segue poi lentamente. A mio avviso gli attacchi violenti diretti contro questi corpi rappresentativi non sono affatto giustificati. È un fatto indubbio che certi elementi hanno, sia per censo, sia per istruzione e tradizione, una straordinaria influenza su questi paesi e furono considerati sin qui come autorizzati a parlare in nome dei paesi stessi. Ma come proclamai già davanti al signor Trotzki nel corso dei dibattiti, tutta la questione non ha alcuna importanza decisiva. Infatti se noi potessimo intenderci col signor Trotzki sulle modalità dell'elezione definitiva, potremmo lasciare la questione aperta in quanto al valore provvisorio delle votazioni già avvenute. Egli potrebbe mantenere il suo punto di vista, noi il nostro e nulla sarebbe cambiato al risultato finale. Io aderisco egualmente a quello che fu espresso qui ieri; anch'io considero un'assemblea deliberativa eletta su larga base come una soluzione di gran lunga preferibile ad un referendum. Da principio in Russia erano disposti ad adottare il nostro punto di vista, ma il vento ha girato nel corso dei negoziati. Credo tuttavia che questo non sia un motivo sufficiente per farli fallire."
Nel corso delle sedute riprese il 29, Trotzki negò alla Delegazione della Rada centrale ucraina, che lui stesso aveva riconosciuto come Delegazione indipendente a Brest-Litowsk, anche il diritto di funzionare da rappresentante della Repubblica popolare ucraina richiamandosi al contegno dei rappresentanti della "Commissione esecutiva" ucraina quali rappresentanti dei Sovjets ucraini in seno alla Delegazione russa. Dichiarò quindi che possono essere
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riconosciuti soltanto quegli accordi che la Rada di Kiew contragga d'accordo colla Delegazione russa. Dinanzi a questo atto d'arbitrio di Trotzki, un membro della Delegazione ucraina prese la parola per tracciare il seguente quadro del Governo bolscevico, rappresentato da Trotzki e della sua neutralità:
"Le rumorose dichiarazioni dei Bolscevichi riguardanti la perfetta libertà dei popoli della Russia non sono che mezzi demagogici grossolani.
Il Governo dei Bolscevichi, che ha sciolta l'Assemblea costituente e che s'appoggia solo alle baionette dei mercenari della Guardia rossa, non si deciderà mai a mettere in pratica in Russia stessa i giusti princìpi del diritto dei popoli di disporre di sé, e questo perché sa bene che le numerose repubbliche – l'Ucraina, il territorio del Don, il Caucaso ed altre – non solo non lo riconosceranno per il loro Governo, ma che lo stesso popolo russo gli negherà questo diritto. Solo per tema dello sviluppo della rivoluzione nazionale i Bolscevichi hanno stabilito, colla loro innata demagogia, tanto in Russia quanto alla Conferenza per la pace il principio del diritto dei popoli di decider di sé. Per combattere l'applicazione pratica di questo princìpio , essi non solo son ricorsi alle schiere mercenarie della Guardia russa, ma, procedendo oltre, adoperano mezzi ancor peggiori e più malsicuri: essi sopprimono giornali, sciolgono adunanze politiche, imprigionano e fucilano uomini politici, e, finalmente, per mezzo di narrazioni completamente false e tendenziose, cercano di distruggere poco a poco l'autorità del Governo di questa o di quella giovine Repubblica. Noti socialisti e vecchi rivoluzionari vengono da
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essi tacciati di borghesi e antirivoluzionari. Il Governo dei Bolscevichi dichiara la guerra santa della Repubblica, esigendo l'allontanamento dei Governi borghesi, coi quali il Governo socialista dei Bolscevichi dice di non voler entrare in trattative, nemmeno per por fine a questa guerra fratricida.
Così il Governo massimalista, invece di mettere in pratica il princìpio del diritto dei popoli di disporre di sé, effettua quello dell'anarchia e del disorganamento , ben sapendo esser più facile distruggere che creare di nuovo, e s'attiene al vecchio detto francese: calunniate, calunniate, qualche cosa resterà."
Le Potenze centrali dichiararono quindi di non volersi limitare al riconoscimento della Delegazione della Rada centrale ucraina quale Delegazione indipendente a Brest-Litowsk, ma a riconoscere la Repubblica Popolare Ucraina già sin da quel momento quale uno Stato sovrano libero indipendente, ed in grado di stringere indipendentemente accordi internazionali.
La seduta del 3 febbraio fu occupata con un "duello oratorio" come lo chiamò il conte Czernin; duello che Trotzki aveva provocato riconoscendo anzitutto l'indipendenza e l'autonomia dello Stato polacco con relazione alla questione dell'ammissione di rappresentanti degli Stati marginali occidentali – senza prendere in considerazione, in vero dire, che lo stesso avrebbe dovuto farsi per la Lituania e la Curlandia – e cambiando più tardi le sue dichiarazioni con l'osservazione che, non avendo la Polonia confini ben determinati, essa non poteva essere uno Stato. Giustamente, allora, il conte Czernin rilevò che se confini ben determinati formavano per Trotzki il criterio per l'e-
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sistenza o meno di uno Stato, la stessa Repubblica russa non era uno Stato perché in via di sviluppo e senza confini ben determinati; ma che, ciò nonostante, le Potenze centrali avevano riconosciuto negoziando con essa.
Nella seduta del 7 febbraio un membro della Delegazione russa, un certo Bobinski, sedicentesi perito di cose polacche, lesse una notizia in lingua russa, tradotta quindi in tedesco dal suo compagno, signor Radek. Questi due signori si qualificarono, nelle loro elucubrazioni, come i soli rappresentanti autorizzati del popolo polacco; chiesero l'immediato allontanamento degli attuali organi governativi polacchi e si profusero in accuse vaghe per giungere alla conclusione che soltanto ed unicamente la Russia rivoluzionaria difenda i veri interessi della libertà della Polonia. Il Segretario di Stato von Kühlmann dichiarò, allora, che i lunghi discorsi dei summentovati signori, discorsi dei quali Trotzki non assumeva che in parte la responsabilità, facevano l'impressione che fossero pronunciati al vento, all'intento di rendere illusori i negoziati con vani discorsi aventi fine agitatorio.
Il 9 febbraio, ossia il giorno in cui fu sottoscritta la pace colla Repubblica ucraina fu fatta, a proposta del Segretario di Stato von Kühlmann, un'esposizione riassuntiva dei risultati ottenuti nelle conferenze fino a quel giorno. Parlarono anzitutto i signori von Kühlmann e il conte Czernin i quali rilevarono la poca probabilità di giungere ad un'intesa; e li seguì Trotzki, il quale disse di riconoscere in verità che qualsiasi discussione sulla base del diritto dei popoli di disporre di sé, era rimasta sterile. Fece rilevare che la nuova linea di confine progettata dalle Potenze centrali per la Gran Russia non po-
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teva essere giudicata che dal punto di vista delle considerazioni militari strategiche. Concluse protestando contro il trattato di pace sottoscritto colla Repubblica Popolare Ucraina, e dicendo che questo trattato non poteva aver valore né per il popolo ucraino né per il Governo russo.
Riferendosi all'osservazione di Trotzki sui confini russi, il Segretario di Stato von Kühlmann propose di rimettere ad una sotto-commissione la questione della definizione dei confini. Questa sotto-commissione avrebbe dovuto poi riferire in merito ai risultati ottenuti nei suoi colloqui. Riguardo alla regolazione dei confini, il Segretario di Stato von Kühlmann espose questi punti di vista di carattere generale:
Nel segnare la linea di confine nel modo proposto dagli Alleati alla Delegazione russa, si è tenuto conto in primo luogo del punto di vista della popolazione. Si è cercato per la Polonia, la Curlandia e la Lituania, di trovare quei confini che meglio corrispondono alla demarcazione storica e alla posizione etnografica.
Di fronte a certi accenni fatti dall'oratore precedente, come se nel segnare questa linea di confine le Potenze centrali avessero avuto in mente un piano qualsiasi riguardante la Russia, il Segretario di Stato osserva che egli non ha che da indicare a Trotzki la costante direttiva della politica tedesca, rivolta a curare le buone ed amichevoli relazioni col suo grande vicino orientale, continuate fino al momento in cui, in seguito ad avvenimenti ben noti o ancora meglio noti alla Delegazione russa che alla tedesca, fu imposta al popolo tedesco la lotta colla Russia.
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La politica tedesca, anche di fronte alla Russia nuovamente organata, mirerà sempre a mantenere rapporti di buon vicinato, evitando, non appena questa guerra sarà ultimata in modo soddisfacente, di immischiarsi nelle sue relazioni interne.
Il signor von Kühlmann, dopo aver rifiutato di entrare in discussione sulle condizioni giuridiche di Stato dell'Ucraina, e dopo aver rilevato la sovranità delle Potenze centrali di riconoscere qualsiasi Stato loro piaccia, continuò:
In merito al destino riservato in futuro ai popoli viventi nei territori occupati di confine, mi riferisco alle dichiarazioni fatte in merito durante questi negoziati dai rappresentanti delle Potenze centrali, come pure a quelle degli uomini di Stato della Germania e dell'alleata Monarchia austro-ungarica fatte davanti ai rappresentanti del popolo. Nonostante l'opinione propugnata tenacemente dalle Potenze centrali che in questi territori abbia già avuto luogo l'autodecisione, i Governi alleati son pronti ad offrire la possibilità – completando sistematicamente gli organi rappresentativi esistenti – di una manifestazione basata sulle nazionalità. Per fissare il momento e la forma di questa manifestazione, sarebbe utile accordarsi cogli attuali organi rappresentativi dei vari territori.
Essendosi Trotzki dichiarato d'accordo che una commissione tecnico-militare si riunisse per esaminare la linea di confine, il Segretario di Stato von Kühlmann, nell'intenzione di affrettare i negoziati, fece la proposta di dare all'articolo II del trattato di pace da concludersi, la seguente nuova forma:
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"La Russia prende nota dei seguenti cambiamenti territoriali, che andranno in vigore colla ratificazione del presente trattato di pace: i territori situati fra i confini della Germania e dell'Austria-Ungheria ed una linea che passa per… non saranno più sottoposti alla sovranità della Russia. La loro precedente appartenenza all'Impero russo non crea per essi obbligo alcuno dinanzi alla Russia. La sorte futura di questi territori verrà decisa d'accordo colle loro popolazioni e, cioè, secondo gli accordi che la Germania e l' Austria-Ungheria stipuleranno con essi."
Il 10 febbraio la sotto-commissione tecnico-militare tenne le sue sedute, che però non condussero a nessun risultato perché i rappresentanti russi insistettero nel loro punto di vista degli svantaggi strategici dovuti ai nuovi confini, sebbene da parte tedesca si facesse loro osservare che non si trattava di confini russo-tedeschi, sebbene di un confine russo coi nuovi Stati marginali.
Il giorno seguente si ebbe la nota dichiarazione di Trotzki sulla fine dello stato di guerra e la smobilitazione di tutte quante le forze russe. Nel suo discorso al Reichstag sulla situazione in Oriente e sul trattato di pace concluso il 19 febbraio colla Ucraina, il Segretario di Stato von Kühlmann disse, riferendosi al punto controverso di Cholm, quanto appresso:
"Pur tuttavia anche allora abbiamo tenuto conto in sommo grado degli interessi polacchi, come risulta dal concetto delle stipulazioni, nelle quali le linee di confine furono fissate in maniera generale in alcuni punti, mentre la delimitazione definitiva è stata riservata a una commissione esaminatrice. Come Lor signori
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avranno appreso dalle dichiarazioni fatte ieri a Vienna, nuovi negoziati del Governo austro-ungarico e dell'Ucraina, condotti d'accordo col Governo tedesco, hanno avuto per risultato, di estendere ancora considerevolmente l'interpretazione del paragrafo riguardante la determinazione della linea di confine. Si potrà ora tener conto, nella misura più larga, della situazione etnografica e dei desideri della popolazione. Siccome nella commissione prevista vi saranno, oltre quelli degli Alleati, anche delegati della Polonia, noi abbiamo fatto di tutto, nei limiti del possibile, per ottenere una delimitazione equa.
Il Cancelliere dell'Impero parlando il 25 febbraio al Reichstag sulle nuove operazioni militari in Oriente e sull'avvenire dei territori occupati disse:
"Il nostro fine di guerra è stato, fin dal principio, la difesa della patria, il mantenimento della nostra integrità territoriale e la difesa del nostro sviluppo economico in tutte le direzioni. La condotta della nostra guerra, anche se deve procedere aggressivamente, è, nei suoi fini, solo defensiva ; rilevo ciò in modo specialissimo appunto oggi, per non dare adito a malintesi sulle nostre operazioni in Oriente. Dopo la rottura dei negoziati di pace da parte della Delegazione russa il 10 del mese corrente, noi avevamo, dinanzi alla Russia, libera mano. La marcia delle nostre truppe, iniziata 7 giorni dopo la rottura dei negoziati, aveva esclusivamente lo scopo di assicurarci i frutti della pace conclusa con l'Ucraina. Non sono state certo tendenze conquistatrici a determinarci in questa linea del nostro agire. Il grido di aiuto dell'Ucraina, che vuol
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essere appoggiata per procedere all'ordinamento del suo giovane Stato contro le manovre dei Bolscevichi, ha contribuito alla nostra determinazione. Lo stesso dicasi delle operazioni militari che si svolgono su altri territori: anche queste non hanno assolutamente in mira fini di conquiste e sono state decise esclusivamente per rispondere alle urgenti preghiere e rimostranze delle varie popolazioni che vogliono esser protette contro la crudeltà e le devastazioni della Guardia rossa e di altre bande. Non sono, dunque, che misure decise in nome dell'umanità: né debbono avere altro carattere. Si tratta di creare l'ordine e la tranquillità nell'interesse delle popolazioni bramose di pace. Noi non pensiamo affatto di stabilirci nella Estonia e nella Livonia : ma nutriamo soltanto il desiderio di vivere dopo la guerra in buoni e amichevoli rapporti cogli Stati che là vanno formandosi. Sulla Curlandia e la Lituania non ho bisogno, oggi, di dir nulla; si tratta di dare alle popolazioni di quei paesi organi atti a creare un'amministrazione propria e di disporre di sé; o a completare quelli che già sono iniziati. Con calma attendiamo l'ulteriore sviluppo delle cose.
L'ultimatum tedesco al Governo russo comunicato al Reichstag nella seduta del 26 febbraio dal Sottosegretario di Stato barone von dem Busche è, nei punti che qui ci interessano, del seguente tenore:
1°. L'Impero germanico e la Russia dichiarano finito lo stato di guerra. Le due nazioni son risolute di vivere in pace ed amicizia l'una coll'altra.
2°. I paesi situati ad ovest della linea indicata dai delegati russi a Brest-Litowsk e che già fecero
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parte dell'Impero russo, non soggiaceranno più alla sovranità territoriale della Russia. Detta linea, nella contrada di Dünaburg va spostata sino al confine orientale della Curlandia. Dalla passata appartenenza di questi territori all'Impero russo non discende per essi alcuna obbligazione verso la Russia. La Russia rinunzia ad ogni ingerenza nelle faccende interne di questi territori. Germania ed Austria-Ungheria si propongono di determinare l'assetto futuro dei territori d'accordo con le relative popolazioni.
La Germania è pronta, appena conclusa la pace generale e attuata interamente la smobilitazione russa, a sgombrare il territorio situato ad est della linea summenzionata, nella misura che l'articolo terzo non disponga altrimenti.
3. La Livonia e l'Estonia saranno sgombrate immediatamente dalle truppe russe e dalla Guardia rossa ed occupate da truppe di polizia tedesche che vi rimarranno sino a quando istituzioni di Governo nazionali garantiranno la sicurezza e sarà ristabilito l'ordine. Tutti gli abitanti del paese arrestati per motivi politici saranno subito rimessi in libertà.
4. La Russia conclude subito la pace con la Repubblica dell'Ucraina. L'Ucraina e la Finlandia saranno sgombrate senza indugio dalle truppe russe e dalla Guardia rossa.
5. La Russia farà quanto è in suo potere per assicurare la regolare restituzione delle province dell'Anatolia orientale alla Turchia e riconosce l'abolizione delle capitolazioni.
Nell'ultima seduta di Brest-Litowsk del 3 marzo,
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nella quale si doveva procedere alla firma dei trattati, l'ambasciatore austro-ungarico von Mercey riferendosi alle dichiarazioni e alla lagnanze russe, osservò che nei minuziosi negoziati di Brest-Litowsk durati due mesi la Delegazione russa aveva avuto tempo abbastanza per elaborare l'opera di pace sulle basi stabilite al principio dei negoziati stessi e per condurla a buon fine.
Il rimprovero dei Delegati russi, costituire la decisione su Erdahan, Kars e Batum una vera e propria annessione fu dimostrato ingiusto dal Presidente della Delegazione ottomana Hakki pascià, il quale ricordò che i tre distretti in parola avevano appartenuto per ben quattro secoli alla Turchia; che la Russia se ne era impadronita col pretesto che la Turchia non aveva pagato un'indennità di guerra, e che la Turchia, finché ne fu padrona, non minacciò mai da quelle terre la Russia. Si richiamò infine al testo delle prescrizioni contrattuali proposte,
secondo le quali la popolazione nei tre distretti dovrebbe avere il diritto di decidere in futuro essa stessa la sorte statale.
L'ambasciatore von Rosenberg disse che i delegati tedeschi si erano onestamente sforzati nel decembre e nel gennaio per condurre a porto una pace d'accomodamento. Non aver essi fatto valer diritti che la Germania avrebbe potuto benissimo imporre su terre conquistate. La Germania vi rinunciò animata dal desiderio di favorire gli ideali della nuova Russia. Ma per raggiungere un'intesa, l'arrendevolezza deve rivelarsi in entrambi le parti, e questa arrendevolezza è risultata mancante nella Delegazione russa. "A causa di una disgraziata fatalità la Delegazione russa non ha voluto credere alle oneste in-
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tenzioni tedesche riguardo ai popoli marginali. Frattanto le cose si sono profondamente cambiate e quindi anche le richieste della Germania. Tuttavia ancor oggi, ad onta di tutto, le richieste della Germania sono ben lungi dal rappresentare uno sfruttamento men che riguardoso dello sbilancio di forze fra le due parti. Se la Delegazione russa parla di limite troppo ristretto accennando ai tre giorni che ha a disposizione per decidersi, presenta un falso quadro del vero stato di cose. Non tre giorni, ma ben sei settimane ha durato l'armistizio, finché al 10 febbraio i negoziati vennero interrotti. Ripeto: non soli tre giorni, ma sei settimane più tre giorni, sono stati a disposizione del Governo russo perché si decidesse sull'accettazione o sul rigetto delle condizioni di pace. Aggiungasi a tutto ciò che i colloqui nel gennaio e nel febbraio proprio sulle materie più complicate, avevano condotto a favorevolissimi resultati. La pace non viene imposta alla Russia, imperocché sta ancora alla libera volontà del popolo russo la decisione di accettare le condizioni tedesche o di continuare la guerra. Il Governo russo non ha il diritto di porre in dubbio la sincerità delle intenzioni proclamate dalla Germania riguardo alle popolazioni dei territori marginali. Questo diritto gli deve essere negato molto più che nel breve tempo che trovasi al potere, si sono constatati aspri contrasti fra le sue parole e le sue azioni."
L'ambasciatore von Mercey concluse esprimendo la speranza che la pace ormai conclusa rendesse possibile alle Potenze centrali e alla Russia di riprendere gradatamente le loro passate relazioni amichevoli.
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Gli articoli del trattato di pace fra la Russia e gli Imperi centrali, che si riferiscono al diritto dei popoli di disporre di sé sono i seguenti:
Articolo III.
I paesi situati all'ovest della linea concordata fra le parti contraenti, e che hanno appartenuto alla Russia, non soggiaceranno più alla sovranità dello Stato russo. La linea concordata è indicata nella carta allegata a questo trattato di pace come sua parte integrante (Allegato 1).
La precisa determinazione della linea sarà fatta da una commissione russa-tedesca. Ai paesi in parola non deriverà alcuna obbligazione verso la Russia dalla loro passata appartenenza all'Impero russo. La Russia rinunzia ad ogni ingerenza nelle condizioni interne di questi paesi. La Germania e l' Austria-Ungheria si propongono di fissare l'assetto futuro di questi territori d'accordo con la loro popolazione.
Articolo IV.
La Germania è pronta, appena conclusa la pace generale e attuata interamente la smobilitazione russa, a sgombrare il territorio all'est della linea indicata nell'articolo III, capoverso 1, nella misura che l'articolo IV non disponga altrimenti.
La Russia farà quanto è in suo potere per assicurare la sollecita evacuazione delle province dell'Anatolia orientale e la loro regolare restituzione alla Turchia.
I distretti di Erdehan, Kars e Batum saranno pure sgombrati senza indugio dalle truppe russe. La Russia
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non s'ingerirà nel riordinamento costituzionale e internazionale di questi distretti, la lascerà alla popolazione di essi di attuarlo d'accordo con gli Stati limitrofi, specialmente con la Turchia.
Articolo VI.
La Russia si obbliga a concludere subito la pace colla Repubblica dell'Ucraina e a riconoscere il trattato di pace fra questo Stato e le Potenze della Quadruplice. Il territorio ucraino sarà sgombrato senza indugio dalle truppe regolari russe e dalla Guardia rossa russa. La Russia desiste da ogni agitazione o propaganda contro il Governo o le pubbliche istituzioni della Repubblica dell'Ucraina.
L'Estonia e la Livonia saranno pure sgombrate senza indugio dalle truppe regolari russe e dalla Guardia rossa russa. Il confine orientale dell'Estonia corre, in generale, lungo il fiume Narva; il confine orientale della Livonia corre, in generale, attraverso il Lago Peipus e il Lago di Pskow, sino al suo lembo sudorientale, quindi, attraverso il Lago di Luban, va in direzione di Livenhof sulla Dwina. L'Estonia e la Livonia saranno occupate da truppe di polizia tedesche sino a quando la sicurezza vi venga garantita da istituzioni locali e sia costituito lo Stato. La Russia rimetterà subito in libertà tutti gli abitanti dell'Estonia e della Livonia arrestati o trasportati lontano e si obbliga a rinviare in modo sicuro in patria tutti gli Estoni e Livoni trascinati via.
Pure la Finlandia e le isole Aland saranno sgombrate quanto prima dalle truppe regolari russe e dal-
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la Guardia rossa russa i porti finlandesi dalla flotta russa e dalle truppe di marina russe. Sinché i ghiacci impediranno il trasferimento delle navi da guerra in porti russi, rimarranno su esse solo piccoli drappelli di guardia. La Russia desiste da ogni agitazione e propaganda contro il Governo e le pubbliche istituzioni della Finlandia.
Articolo VII.
Considerando che la Persia e l'Afganistan sono Stati liberi ed indipendenti le parti contraenti si obbligano a rispettare l'indipendenza politica ed economica e l'integrità territoriale di questi Stati.
Già fin dal novembre 1916 la Germania cominciò a praticare il diritto dei popoli di disporre di sé, creando il Regno di Polonia e riconoscendo ultimamente il ducato di Curlandia.
Il manifesto sulla creazione del Regno di Polonia del 5 novembre 1916 aveva il seguente tenore:
"Sua Maestà l'Imperatore di Germania e Sua Maestà l'Imperatore d'Austria e Re apostolico d'Ungheria, sorretti dalla ferma fiducia della vittoria definitiva delle loro armi e animati dal desiderio di procurare un felice avvenire ai territori polacchi strappati con gravi sacrifici dai loro valorosi eserciti al dominio russo, si sono accordati di costituire con questi territori uno Stato autonomo con Monarchia ereditaria e ordinamento costituzionale. Rimane riservata la delimitazione esatta dei confini del Regno di Polonia. Il nuovo Regno troverà, nella unione alle due Potenze alleate,
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le garanzie che gli occorrono pel libero sviluppo delle sue forze. In un esercito proprio devono continuare a vivere le gloriose tradizioni dell'esercito polacco e il ricordo dei valorosi compagni d'arme polacchi nella grande guerra di oggi. Organizzazione, addestramento e comando saranno regolati di comune accordo.
I sovrani alleati esprimono la sicura speranza che, avendo opportuno riguardo alle relazioni generali politiche dell'Europa e al benessere ed alla sicurezza dei loro paesi e popoli, si adempiranno i voti dello sviluppo statale e nazionale del Regno di Polonia.
Le grandi Potenze occidentali confinanti col Regno di Polonia vedranno con gioia risorgere e fiorire alla loro frontiera orientale uno Stato libero, felice e lieto della sua vita nazionale.
Per ordine di Sua Maestà l'Imperatore di Germania.
Il Governatore generale.
La risposta che il Cancelliere dell'Impero diede alla Deputazione della Dieta nazionale curlandese venuta ad annunciare la deliberazione dell'8 marzo della Dieta suddetta, diceva:
"Sua Maestà l'Imperatore e Re espresse già, colla sua risposta al telegramma d'omaggio della Dieta nazionale curlandese, la sua profonda gioia per la deliberazione dell'8 marzo; e si è degnato incaricarmi di partecipare ai rappresentanti della Dieta nazionale curlandese, oggi qui apparsi, i più caldi ringraziamenti per la fiducia espressa nella deliberazione suddetta.
Sua Maestà ha preso cognizione, con gioia speciale e con vera commozione, della preghiera rivoltagli di
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accettare la corona granducale della Curlania. Sua Maestà scorge in quel fatto un segno speciale dell'incrollabile fiducia della Curlandia verso la sua persona e verso la casa Hohenzollern, nonché verso l'Impero germanico e la Prussia. La decisione che Sua Maestà prenderà dopo aver ascoltato il parere delle autorità competenti, sarà subito comunicata alla Dieta nazionale curlandese.
Sua Maestà ha fatto rilevare, inoltre, con viva gioia e grande soddisfazione, come il desiderio della Dieta nazionale curlandese miri ad una stretta unione del ducato di Curlandia coll'Impero tedesco.
Avendo la Dieta nazionale curlandese già nel settembre dell'anno scorso e colla deliberazione attuale espresso di nuovo la volontà di volere ristaurare il ducato indipendente di Curlandia , ed essendo frattanto sciolti i legami che legavano la Curlandia con altro Stato, nulla più opponesi all'effettuazione di questo desiderio. Sua Maestà si è degnato incaricarmi di riconoscere in nome dell'Impero tedesco il nuovo ducato di Curlandia qual ducato libero e indipendente; di assicurargli la protezione e l'aiuto dell'Impero tedesco nella formazione dei suoi nuovi organi statali e nel tracciare i fondamenti della sua costituzione, la quale deve prevedere una rappresentanza nazionale su larga base; e a tutto provvedere per fissare e formulare la stretta unione coll'Impero tedesco deliberata dalla Dieta nazionale curlandese. Un documento formale sul riconoscimento della Curlandia sarà rimesso alla Dieta curlandese.
Sua Maestà mi è incaricato, infine, di richiama-
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re l'attenzione della Dieta nazionale curlandese sul fatto che la partecipazione di Sua Maestà e dell'Impero tedesco alla sorte dei rimanenti territori baltici, è già risultata nel trattato di pace tedesco-russo ultimamente concluso, e di assicurarla che i rapporti in questi territori saranno improntati, anche in futuro, dalla più calda partecipazione di Sua Maestà l'Imperatore e Re.
(1) Il 21°settembre 1917°la rappresentanza curlandese, la quale espressamente si dichiarava rappresentante di tutta quanta la popolazione della Curlandia, chiese la protezione dell'Impero tedesco.
L'11°decembre 1917 la Dieta nazionale lituana, riconosciuta da tutti i lituani in paese e all'estero come la sola rappresentanza con pieni poteri del popolo lituano, proclamò il desiderio di separarsi da qualsiasi legame statale avuto sin qui con altri popoli.
Il 27°decembre il Consiglio comunale di Riga rivolse un'uguale preghiera al Governo tedesco. A questa preghiera aderirono: la Camera commerciale di Riga, la grande Gilde, i rappresentanti del popolo, nonché 70°associazioni di Riga.
E finalmente nel decembre dell'1917 anche i rappresentanti delle Contee, delle Comunità rurali, urbane ed ecclesiastiche in Oesel, Dago e Moon, dichiararono a più riprese di volersi staccare completamente dalla Russia.
Empfohlene Zitierweise
Erzberger, Matthias, La lotta della Germania per il diritto dei popoli di disporre di sé vom vor dem 04. April 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 451, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/451. Letzter Zugriff am: 29.03.2024.
Online seit 02.03.2011.