Dokument-Nr. 681
Chi volle la guerra? La parte di colpa del signor Poincaré, Januar 1917
Questo documento getta una luce sufficientemente caratteristica sulle tendenze della politica francese diretta allora dal signor Poincaré, e comincia come appresso:
Londres, le 12/25 février 1913.
Laissez-moi revenir sur un point que je considère fort important, parce qu'il éclaire la situation politique actuelle mieux que tout autre. J'entends l'appui diplomatique de la France et de l'Angleterre à la Conférence à Londres. Vous conservez des doutes à cet égard. C'est peut-ètre de ma faute en ce sens que je l'ai insufisamment dépeint.
Je commence par la France. S'il a étè entendu (j'y reviendrai) que l'appui anglais serait purement diplomatique sans préjudice pourtant de ce qui pourrait arriver en fin de compte, aucune réserve de ce genre n'avait étè formulée de la part de la France. Si peu, il ne faut pas s'y tromper, que quelle qu'ait étè la modération prudente quoique jamais énigmatique de Mr. Cambon en séance, – c'est en réalitè sur moi qu'il se réglait plus que sur ses propres inspirations. Au contraire, en récapitulant tous ses entretiens avec moi, les paroles échangées, en y ajoutant l'attitude de M. Poincaré, – il me vient l'idée, qui ressemble à une conviction, que de toutes les Puissances c'est la France seule qui, pour ne pas dire qu'elle veut la guerre, la verrait sans grand regret. En tout cas rien ne m'a indiqué qu'elle contribue activement à travailler dans le sens d'un compromis. Or, le compromis – c'est la paix; en dehors d'un compromis – c'est la guerre.
Traduzione.
Londra, 12/25 febbraio 1913.
Mi permetta di ritornare sopra un punto che stimo assai importante giacch é illumina, meglio di ogni altro, la situazione politica presente. Intendo dire l'appoggio diplomatico della Francia e dell'Inghilterra alla Conferenza di Londra. Ella ha, in proposito, ancora qualche dubbio. Forse per colpa mia, per non aver spiegato a sufficienza lo stato delle cose.
Comincio dalla Francia. Se si fu d'accordo (io vi tornerò sopra) che l'aiuto inglese dovesse essere puramente diplomatico, senza pregiudizio di ciò che in conclusione potesse accadere, da parte della Francia non fu, ad ogni modo, fatta una riserva di questo genere. Ciò è tanto vero che – su questo è bene non illud ersi – per quanto il signor Camb on nelle sedute si conducesse con accortezza e moderazione né mai misteriosamente, in realtà egli si è conformato più a me che ai suoi propri impulsi. Al contrario, se io ripenso a tutti i suoi colloqui con me, a tutte le parole insieme scambiate e vi aggiungo il contegno del signor Poincaré, mi vien l'idea, che è molto simile ad una convinzione, che la Francia fra tutte le Potenze sia la sola che non vedrebbe con dispiacere la guerra, per non dire che la desideri. Ad ogni modo nulla mi ha mostrato che la Francia contribuisca direttamente a lavorare nel senso di un compromesso. Un compromesso significa la pace. Fuori d'un compromesso non c ' è che la guerra…
L'ambasciatore passa a descrivere l'attitudine delle varie Potenze alla Conferenza e i loro intenti politici. Dello scritto, col quale il conte Benckendorff riconosce che la Germania lavorava infaticabilmente per la pace, riprodurremo solo quei passi che si riferiscono al contegno tenuto dalla Francia. L'ambasciatore scrive a questo proposito:
32r
Reste la France. Ici, je l'avoue, j'entre dans la domaine des hypothèses, mais d'hypothèses qui, tout au moins pour mon compte, me suffisent. J'ouvre ici une parenthèse. M. Cambon est avec moi en termes de confiance, peut-étre unique entre Ambassadeurs. Il me montre à peu près tout, plus que je ne lui montre. Pourtant, je ne sais exactement où les choses en sont entre la France et l'Angleterre. A tout prendre il laisse percer une certaine confiance dans la coopération armée de l'Angleterre, est-ce pour cause d'arrangements qu'il serait tenu de garder secrets ou seulement à cause des mesures prises dans la flotte Anglaise, que Mr. Winston Churchill lui répétait hier encore étre tout prête et tout comme mobilisée sans fracas, mais de manière, pourtant, à entrainer l'Amirauté à de grosses dépenses – je ne le sais. Tout ceci étant pour moi de renseignements de seconde main, je suis tenu à n'en tirer que des conclusions prudentes…La situation, telle que j'ai pu l'observer, me parait ètre que toutes les Puissances travaillent en réalité à la paix. Mais de toutes, c'est la France qui accepterait la guerre avec le plus de philosophie.
La France, comme il a étè dit "s'est reprise". Elle a, à tort ou à raison, confiance complète en son armée, le vieux levain de rancune reparait, elle pourrait bien juger les circonstances plus favorables aujourd'hui qu'elles ne le seraient plus tard. Je ne voudrais pas prolonger cette lettre en recherchant si cela est vrai. Mais quant aux circonstances, la France à son point de vue pourrait bien avoir raison.
D'un côté cet état d'esprit de la France constitue pour nous une garantie; d'un autre, pourtant, il ne faudrait tout de même pas que la guerre éclate pour ses intérêts qui seraient plus francais que russes, et surtout en circonstances qui pourraient ètre plus favorables pour la France que pour la Russie.
La France n'affronte qu'une seule armée ennemie qui est loin de se déployer toute entière contre elle. La Russie aurait sur une frontière immense deux Puissances ennemies à combattre, sinon trois, en y comptant la Roumanie. Cette Roumanie, je crois qu'il faut la gagner a tout prix, tant pour l'heure actuelle que pour l'avenir.
La crise actuelle remue tant de sentiments divers que je me méfie de moi-même en pensant aux conséquences. L'unique observation que je hasarde est qu'un succès des armes francaises plus marqué que ne le serait le nôtre, nous mettrait à la paix en posture qui ne pourrat ètre considérée favorable en mesure de l'effort gigantesque fourni par la Russie. C'est ce qui me parait devoir ètre considéré aujourd'hui où la consolidation de l'œuvre accomplie est en grande partie en nos mains, tout au mois pour ce qui regarde la question albanaise, la plus compliquée de toutes pour nous.
Firmato: Benckendorff.
Traduzione.
Rimane la Francia. Qui, lo confesso, io entro nel campo delle congetture, congetture però che, almeno per me, sono sufficienti. Apro una parentesi. L'ambasciatore Camb on è con me in rapporti di fiducia singolarissimi tra ambasciatori. Egli mi fa vedere quasi tutto, più che io non faccia vedere a lui. Nondimeno io non so precisamente come stiano le cose tra la Francia e l'Inghilterra. Tutto compreso egli lascia scorgere una certa sfiducia nella collaborazione armata dell'Inghilterra. Se ciò debba ascriversi a stipulazioni sulle quali egli deve mantenere il segreto, oppure se ciò si fondi nelle misure della flotta britannica che, come ancor ieri Mister Winston Churchill gli ripetette, è interamente pron ta e mobilitata, senza dar nell' occhio, ma tuttavia in guisa che per l'Ammiragliato ciò significa grandi spese, io l'ignoro. E poiché tutto questo io lo apprendo di seconda mano, non posso dedurne che conclusioni prudenti....
La situazione, per quanto io l'ho potuta osservare, mi sembra essere che tutte le Potenze lavorano sinceramente alla conservazione della pace. Ma fra tutte la Francia sarebbe quella che si rassegnerebbe relativamente con maggior filosofia alla guerra.
La Francia, per ripetere una nota frase, " si è riavuta " . A torto o a ragione, ella confida assolutamente nel suo esercito. L'antico lievito di ranc ore torna a manifestarsi, sicché essa potrebbe benissimo reputare che le circostanze siano oggi più favorevoli di quanto non sarebbero per essere forse più tardi. Ma io non voglio allungare questa lettera indagando se ciò corrisponda alla verità, ma come stanno le cose, la Francia potrebbe aver ragione dal suo punto di vista.
Da un lato questo stato d'animo della Francia costituisce per noi una garanzia, dall'altro però non deve accadere che la guerra scoppi per i suoi interessi, che sarebbero più francesi che russi, e soprattutto non in circostanze che potrebbero essere più favorevoli alla Francia che alla Russia.
La Francia non ha da tener testa che ad un solo esercito nemico, che è lungi dal rovesciarsi per intero contro di lei. La Russia, invece, avrebbe da combattere sopra un fronte immenso due potenze nemiche, se non tre, se si faccia entr ar nel novero la Rumenia. Questa Rumenia io credo che debba essere guadagnata a noi ad ogni costo, sia per l'ora presente che per l'avvenire.
33
La crisi odierna agita tanti sentimenti diversi che io diffido di me stesso pensando alle conseguenze. L'unica osservazione che oso fare è che un successo delle armi francesi più evidente del nostro ci metterebbe, alla conclusione della pace, in una condizione che non potrebbe essere giudicata favorevole, considerando gli sforzi giganteschi compiuti dalla Russia. Questo è ciò che noi già oggi dobbiamo tener presente, mentre il consolidamento del raggiunto giace in gran parte nelle nostre mani, almeno per ciò che riguarda la più complessa per noi di tutte le questioni, quella albanese.Firmato: Benckendorff.
Il documento è di una eloquenza sbalorditiva. "La Francia non vedrebbe con dispiacere la guerra, per non dire che la desideri." Questa era l'impressione che il conte Benckendorff, già nel 1913, si era fatta sull'attitudine del signor Poincaré, desumendola dalle sue conversazioni coll'amabasciatore di Francia a Londra.
Queste osservazioni del diplomatico russo arricchiscono la storia dei preliminari della guerra di una costatazione tanto più interessante in quanto che il Governo dello Zar, testé rovesciato, prendendo nel 1914 l'iniziativa di una guerra tanto disastrosa per la Russia e per il mondo intiero, non fece che mettere il suggello ad una trama già lungamente ordita con fredda astuzia dal signor Poincaré.