Dokument-Nr. 696
La doppiezza inglese. Come l'Inghilterra intendeva la neutralità del Belgio nel 1887 e come la interpretò nel 1914, vor dem 30. Dezember 1917
"Alla fine della loro Nota del 30 decembre, gli avversari si richiamano alla situazione speciale del Belgio. Il Governo imperiale non può riconoscere che il Governo belga abbia sempre osservato i doveri impostigli dalla sua neutralità. Già prima della guerra il Belgio, sotto l'influenza inglese, si era assoggettato militarmente all'Inghilterra alla Francia e quindi violato lo spirito dei trattati stessi che dovevano assicurare la sua indipendenza e la sua neutralità. Per due volte il Governo imperiale dichiarò al Governo belga di non venire nel Belgio quale nemico e lo pregò di voler risparmiare al paese gli orrori della guerra. Offrì, in caso affermativo, di garantire in piena misura il possesso e l'indipendenza del Regno e di risarcire tutti i danni che potevano essere causati dal passaggio delle truppe tedesche. È noto che lo stesso Regio Governo britannico ero deciso nel 1887 a non opporsi, a queste condizioni, all'acquisto del diritto di passaggio attraverso il Belgio."
Quest'ultimo ricordo storico che pone a fronte "l'un contro l'altra armate" le due opinioni inglesi, quella del 1887 e quella del 1914, deve aver scottato tormentosamente a monna Bretagna, perché i giornali inglesi pubblicarono una settimana dopo (il 19 gennaio) la seguente dichiarazione del ministro degli Affari esteri di Londra:
"Nella sua Nota del 13 gennaio alle Potenze neutrali il Governo tedesco fece la seguente affermazione: 'È noto che lo stesso Regio Governo britannico era deciso nel 1887 a non opporsi, a queste condizioni, all'acquisto del diritto di passaggio attraverso il Belgio.' Questa affermazione è assolutamente destituito di fondamento e viene opposta ad essa una smentita categorica."
Niente altro. Il ministero degli Esteri inglese, vedutosi colto ancora una volta in pieno mendacio, ha ponzato una settimana per vedere di trovare qualche argomentazione atta a tappare la falla aperta improvvisamente dal siluro della verità nel bagaglio del suo mentito altruismo ed entusiasmo per l'"eroico Belgio", ma non ha trovato nulla, assolutamente nulla che lo potesse levare d'impaccio. Ed è venuto quindi fuori con quel suo semplice "no", secco secco, col quale crederebbe di passar colla sua spugna sopra la storia.
Merita proprio il conto di osservare un po' più da vicino le cose per vedere quale sia il valore di questa smentita britannica.
Da quando la Prussica e la Francia si dichiararono pronte, nel luglio del 1870, a non voler violare la neutralità belga, e che questa dichiarazione ebbe trovato posto nei trattati sottoscritti dalle due belligeranti coll'Inghilterra il 9 e l'11 agosto 1870, tale questione, fino al momento della guerra mondiale, non occupò l'opinione pubblica che una sola volta, e ciò fu nel 1887. Era questa l'epoca in cui Boulanger, allora ministro della guerra, di concerto colla Lega dei patriotti ed una grande parte della stampa parigina, eccitava alla guerra contro la Germania. Seri preparativi militari erano stati fatti alla frontiera dell'est e l'inquietudine divenne ben tosto generale. Tutti si aspettavano alla primavera un conflitto franco-tedesco. In questo tempo, e precisamente il 4 febbraio 1887, lo "Standard", allora organo ufficiale del partito conservatore e portavoce riconosciuto di Lord Salisbury, pubblicò un comunicato del seguente tenore a firma "Diplomaticus":
" La Neutralità del Belgio " .
All'editore dello "Standard".
Signore!
Non è mia intenzione accrescere i timori che regnano dappertutto in questo momento, e sono invece guidato dal desiderio, che Ella spero troverà perdonabile, di suscitare per tempo nel popolo inglese riflessioni sulla natura e sull'estensione delle difficoltà e delle responsabilità che potrebbero sorgere in caso d'una guerra fra la Francia e la Germania. Prendo quindi la penna per pregarla insistentemente a sottoporre al pubblico inglese le seguenti considerazioni. Uomini competenti in materia militare credono che durante gli ultimi 16 anni la Francia abbia speso tanto denaro per crearsi una nuova frontiera fortificata, e l'abbia impiegato così sapientemente che una marcia diretta delle armate tedesche in Francia attraverso le fortezze e le nuove opere formanti una catena quasi ininterrotta sarebbe, anche se possibile, temeraria e pericolosa.
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Ma se la Germania dovesse essere effettivamente provocata dalla Francia ad una lotta per la vita e per la morte, il principe di Bismarck, considerando le forze enormi che può mettere in movimento, lascerebbesi egli arrestare dai suddetti ostacoli artificiali, fintantoché esiste una via naturale e senza difesa, adattatissima a toglierlo dalla sua difficile situazione? Questa strada, questa via d'uscita, esiste di fatto, ed è il territorio belga. Vero è che la neutralità belga è protetta da una garanzia europea e che l'Inghilterra è una delle nazioni garanti.
Nel 1870, Earl Granville, allora ministro degli Affari esteri, riconoscendo questo pericolo, prese una pronta ed intelligente decisione impegnando l'Inghilterra a prestare il suo aiuto alla Francia per il caso che la Prussia avesse violato il territorio belga, e a prestare quell'aiuto alla Prussia nel caso che la violatrice fosse stata la Francia.
Si tratta ora di sapere: Lord Salisbury agirebbe oggi sapientemente nel caso di un nuovo conflitto fra i due paesi suddetti, a prendere impegni simili a questi? Il popolo inglese deve rispondere a questa domanda. Per me, che ho soprattutto a cuore gli interessi e la grandezza dell'Inghilterra, un tal modo d'agire al momento attuale mi sembrerebbe una grave imprudenza. Per quanto deplorevole potrebbe sembrare l'invasione del territorio belga da parte di una delle due Potenze belligeranti, l'Inghilterra non potrebbe mai prendere le parti della Francia contro la Germania (anche se la Germania dovesse tentare di aggirare il fianco dei Francesi facendo passare le sue armate dalle Ardenne belghe) senza compromettere seriamente o sacrificare gli scopi principali della politica mondiale britannica.
Ma, si domanderà, non è dunque l'Inghilterra legata colla sua firma, e non deve essa restare fedele ai suoi impegni pubblici? La mia risposta è che il ministro degli affari esteri della Gran Bretagna dovrebbe essere in grado di tener conto di quest'ultima obbiezione, senza per questo implicare il paese in una guerra. L'uso provvisorio di un diritto di passaggio è ben altra cosa che la presa di possesso definitiva, illegale, d'un territorio. Ora l'Inghilterra potrebbe certamente ricevere dal principe Bismarck ampie e serie garanzie che alla fine del conflitto il territorio belga rimarrebbe integralmente rispettato come per lo innanzi.
Come Lei, vede, Signore, io vengo a discutere, con poche parole, una questione d'importanza straordinaria. Sta ora al popolo inglese di prendere in considerazione e di pronunciarsi al riguardo. È tempo per esso di riflettervi senza indugio.
Sono, Signore, suo devotissimo servitore
2 febbraio 1887. "Diplomaticus".
Nel medesimo numero lo stesso "Standard" si occupa di "Diplomaticus" con il seguente articolo:
"Stamattina, un corrispondente, le cui opinioni sono di grande autorità, ci ricorda – mentre noi tutti viviamo nell'ansia che, prima o poi, avvenga l'esplosione d'un nuovo conflitto franco-tedesco – che in Inghilterra si è ciechi dinanzi ad una questione strettamente e, forse, indissolubilmente legata a questa eventualità: questione molto più bruciante del risultato, qualunque esso possa essere, della lotta fra le due potenti nazioni. "Diplomaticus" scrive con una franchezza che non ha nulla di diplomatico, ma le sue osservazioni sono giuste ed esposte con una ammirevole chiarezza. E nemmeno può esistere dubbio sulla natura o sull'importanza della questione di cui si occupa. Che cosa dovrebbe fare Inghilterra in caso di guerra franco-tedesca, se la Germania o la Francia violassero la neutralità belga? Questa è la questione, e il nostro scrittore dà una risposta assai netta, sulla quale, certamente, il popolo inglese non farà vani dibattiti; almeno lo speriamo. Per dargli intanto la possibilità di rispondere con piena cognizione di causa e con tutta coscienza, è necessario esporgli la situazione e le circostanze ad essa connesse con un po' più di dettagli di quel che non faccia "Diplomaticus" colla sua lettera. Allorché si ebbe la dichiarazione di guerra della Francia alla Prussia nel 1870, Earl Granville cercò, come sappiamo tutti, con una prontezza e risoluzione ancor più rapide del consueto, di assicurarsi il rispetto dell'integrità del Belgio facendo la dichiarazione che se l'uno o l'altro dei belligeranti avesse violato la neutralità garantita da una convenzione del diritto internazionale, si sarebbe schierato attivamente dalla parte dell'avversario. Perché, si obbietterà, non può essere seguita la medesima via nel caso che ancora una volta dovesse risultare una situazione identica? E la risposta è semplice: perché una situazione analoga non esiste più. Prima di tutto nel 1870 nessuno dei due partiti si sentiva abbastanza tentato di violare il territorio belga affine di ottenere i suoi intenti militari. Il territorio tedesco era in più punti vulnerabile, almeno lo si credeva, e la Francia si riteneva tanto certa della sua superiorità militare, tanto persuasa che il grido: "A Berlino!" e non quello: "A Parigi!" avrebbe segnato la soluzione definitiva della guerra, che non aveva ritenuto necessario prendere misure di sorta contro una eventuale irruzione dei Tedeschi in terra di Francia. Come lo provarono gli avvenimenti, persino piazzeforti di primo ordine come Metz e Strassburgo, colla loro numerosa popolazione civile e i loro magazzini d'approvvigionamento, si rivelarono piuttosto come ostacoli e sorgenti di pericoli che atti ad offrir protezione.
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Una volta investite ed
accerchiate le fortezze nulla più trattenne la marcia del vincitore di Sedan verso la
capitale francese. Metz e Strassburgo sono oggi piazzeforti tedesche, ed è superfluo voler
ricordare che la Germania non ha omesso alcuna misura di precauzione e non ha tralasciato
alcun mezzo per rendere oltremodo ardua, per non dire impossibile, una invasione del suo
territorio. Potentemente armata per l'attacco, la Germania è egualmente preparata alla
difesa. Essa è invulnerabile più di Achille, non avendo nessun punto non protetto.Quale è invece la situazione della Francia dinanzi ad una minaccia d'invasione? Durante gli ultimi 16 anni tutto ciò che si poteva ottenere con una grande profusione di denaro e colla più abile arte militare fu messo a contribuzione per dotare il paese di una frontiera militarmente forte contro la Germania, grazie ad un lavoro proseguito in silenzio, ma tenace ed incessante. Non soltanto la Francia possiede con Belfort, Epinal, Toul e Verdun, una primissima linea di difesa alle porte della frontiera tedesca, ma queste quattro piazzeforti sono ancora legate l'una all'altra da una catena quasi ininterrotta di singole opere. Senza perderci qui in dettagli militari che ci condurrebbero troppo lontani dal nostro argomento, possiamo ben dire che "Diplomaticus" non esagera dichiarando che, a detta degli uomini competenti in materia, la Francia ha speso tanto denaro dall'ultima guerra ad oggi per crearsi una nuova frontiera fortificata, e l'ha impiegato cosi giudiziosamente che una marcia diretta delle armate germaniche in Francia attraverso le fortezze e le nuove opere è divenuta, se non impossibile, almeno temeraria ed oltremodo pericolosa. Esistono però due altre vie d'invasione dalla Germania alla Francia. L'una passa attraverso la Svizzera, l'altra attraverso il Belgio. I due paesi formano quello che si chiama "territorio neutro". Data la natura montagnosa della Svizzera, una marcia in direzione della Francia attraverso gli stretti passi è più difficile e meno vantaggiosa che attraverso il Belgio. Se ora le armate tedesche si trovassero effettivamente arrestate nella loro offensiva dall'ammirevole linea di difesa che la Francia si è creata, dovrebbero il principe di Bismarck e i generali in capo che operassero sotto la sua direttiva, essere disposti a vedersi fallire i loro piani a causa dell'inviolabilità del Belgio garantita da una convenzione europea? Abbiamo detto che "Diplomaticus" pone la questione con franchezza non diplomatica, ma ad essa non risponde. E lo stesso faremo anche noi, per quanto ognuno debba rendersi conto della possibilità, anzi del pericolo di veder la Germania poco disposta a lasciarsi arrestare, nelle sue intenzioni d'invasione della Francia, da un ostacolo sorto dopo la sottoscrizione del trattato di garanzia della neutralità belga.
I nostri lettori comprenderanno senz'altro che la situazione è completamente diversa da quella del 1870 allorché Earl Granville non esitò, con gioia e con prontezza, ad assumersi l'impegno di schierarsi ostilmente contro quel belligerante che avesse per il primo violato il territorio belga. Nessuno dei due contendenti provò allora questa tentazione. Per questa ragione l'impegno assunto allora, e giustamente, dall'Inghilterra, non ebbe conseguenze né serie né gravi. Più che addossarsi responsabilità, si può dire che abbia salvato l'apparenza. Ma oggi la situazione – ripetiamo – è ben diversa. Se, per assicurare il rispetto del territorio belga, l'Inghilterra volesse oggi impegnarsi come nel 1870 a gettare il suo peso nella bilancia contro la Francia o contro la Germania, nel caso che l'una o l'altra di queste due Potenze violasse la neutralità del Belgio, noi potremmo essere allora, e lo saremmo certamente, implicati a tutto nostro rischio e pericolo in una lotta gigantesca. Sembra che "Diplomaticus" conosca a fondo il popolo inglese, e lo dimostra specialmente quando dice che una tale soluzione non risponderebbe né ai desideri né agli interessi dell'Inghilterra. Infatti, astrazione fatta dalla circostanza che, come abbiam veduto, la tentazione di violare il territorio belga è oggi ben più forte che nel 1870, i rapporti dell'Inghilterra colle Potenze europee si sono necessariamente e naturalmente modificati da quel tempo. Siamo d'accordo col nostro onorevole corrispondente nel punto che sarebbe essenzialmente contrario tanto agli interessi dell'Inghilterra come a quelli della Germania di entrare sempre in litigio su tale questione. Egli ha infatti ragione, quando dice che le principali linee di condotta della nostra politica verrebbero ad esser cancellate, e messi in pericolo i suoi scopi principali, se noi venissimo a dichiararci improvvisamente nemici della Germania invece di rimanere con essa in amicizia e tributarla la nostra simpatia. Certo, se la Germania toccasse l'Inghilterra nel suo onore o le desse i suoi interessi, noi saremmo pronti a rispondere alla provocazione. Ma la violazione del territorio belga, sia che avvenisse da parte della Germania o da parte della Francia, sarebbe essa un ' attentato ai nostri interessi? Tale potrebbe essere il caso in certe circostanze e tale sarebbe effettivamente se la violazione dovesse aver per conseguenza un pregiudizio durevole dell'indipendenza belga. Ma, come lo f a notare assai giudiziosamente " Diplomaticus " , vi è una enorme differenza fra l'utilizzazione temporanea del " diritto di passaggio " , anche ammettendo che la rivendicazione di questo diritto fosse in un certo qual senso illegale, e la presa di possesso del terreno e del suolo, sul quale si stende il diritto di passaggio. Noi speriamo che la Germania e la Francia si asterranno egualmente anche da questa piccola infrazione, ma se poi lo facessero?
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Se una delle due Potenze dicesse all'Inghilterra: "Tutti gli accessi militari verso la Francia o la Germania sono sbarrati e soltanto territorio neutrale ci rimane aperto per il passaggio. Questo stato di cose è non solo dannoso ma funesto alla nostra situazione militare ed è unicamente dovuto ad un trattato che garantisce l'inviolabilità delle so le vie di cui possiamo disporre. Noi vogliamo rispettare di fatto l'indipendenza del Belgio e vi diamo la più solen ne e più formale garanzia che a l a fine della guerra il paese resterà libero e indipendente come per lo passato." Se la Germania – e naturalmente la medesima ipotesi si applica anche alla Francia – ci tenesse tale linguaggio, non e v vi per noi nessunissimo dubbio sulla via più ragionevole e più pratica che dovrebbe seguire l'Inghilterra e sulla risposta che il Governo inglese darebbe. La Gran Bretagna non desidera di eludere i suoi veri impegni, no, ma sarebbe follia da parte nostra se ci lasciassimo precipitare senza un motivo plausibile in responsabilità, o ce ne addossassimo cotali atte ad avvilupparci in una guerra terribile."
È universalmente noto, e nessuno l'ha mai contestato nemmeno in Inghilterra, che le dissertazioni precedenti dello "Standard" furono direttamente ispirate e volute da Lord Salisbury, allora primo ministro alla testa del Governo conservatore e nello stesso tempo ministro degli Affari esteri. Lo "Standard" riprodusse quindi le idee del Governo inglese d'allora, come noi comproveremo qui appresso coi fatti.
Non sono molti giorni che la stessa "Morning Post" di Londra confermò la verità che sopra, scrivendo:
"È noto che nel 1887 il Governo inglese aveva risoluto di non opporsi a certe condizioni, al diritto di passaggio. Il fatto appartiene ormai alla storia e l'avrebbe dovuto servire d'avvertimento alla Germania facendolo comprendere che se nel passato uomini di Stato inglesi, per debolezza o per viltà, furono inclini a violare la loro parola, l'Inghilterra d'oggi non avrebbe potuto tollerare mai una tale invasione."
Noi lasceremo alla stessa opinione pubblica inglese la cura di confermare, o meno, il giudizio che la "Morning Post" emette su uno dei più grandi uomini di Stato della Gran Bretagna, e ci contenteremo di esprimere soltanto la convinzione che Lord Salisbury, certamente, non avrebbe precipitato a cuor leggero il suo paese nel più atroce conflitto della storia, valendosi del motto di Grey: "Noi non soffriremo molto di più partecipando alla guerra che rimanendovene lontani". La storia è e rimarrà la testimone migliore, la più irreprensibile, la più inesorabile dei principi che hanno in realtà ispirato la politica dell'Inghilterra e continuamente guidato la condotta dei suoi uomini di Stato nel presente e nel passato. Quando, come nel 1887, un trattato di garanzia sembra loro incomodo o dannoso, cessa d'aver per essi forza di impegno obbligatorio. Quando, al contrario, come nel 1914, è accettatissimo qualsiasi pretesto che possa giustificare il loro intervento, allora il mondo intiero si sente rintronare gli orecchi dalle frasi fatte sulla sacra inviolabilità dei patti giurati.
Per provare che nel 1887 la questione belga era giudicata generalmente in Inghilterra nel senso che le aveva dato Salisbury, citeremo anche il fatto seguente.
Il 4 febbraio 1887, la "Pall Mall Gazette", allora liberale, pubblicò un articolo di fondo uscito dalla penna dell'allora noto pubblicista Stead, col titolo suggestivo e significativo: " L'Inghilterra e il Belgio. Siamo noi obbligati al l'interv ento? No, perché non esiste alcuna garanzia." E l'articolo giungeva infatti alla conclusione "non esistere dunque nessunissima garanzia inglese per il Belgio ".
Infine, il noto uomo politico liberale Sir Charles Dilke, sottosegretario di Stato al Ministro degli Esteri nel 1880, sotto Gladstone, compendiò nella "Fortnightly Review" del giugno 1887, le discussioni della stampa inglese sulla questione belga come segue:
"L'organo principale del partito conservatore in Inghilterra ha dichiarato che il nostro intervento a soccorso del Belgio, considerato sino all'anno scorso naturale da entrambi i partiti dello Stato, sarebbe non solo assurdo ma anzi impossibile. 'Diplomaticus' e 'Standard' hanno suggerito di ammettere che nel Belgio un temporaneo diritto di transito dovrebbe potersi esercitare, e la 'National Review' ha aderito all'opinione di 'Diplomaticus' dichiarando essere possibile di ottenere la garanzia che il territorio belga, anche se usato agli scopi militari del passaggio delle truppe, non venga stabilmente violato, e che, terminata la guerra, la neutralità e l'indipendenza del paese siano scrupolosamente rispettate."
E più avanti:
"I trattati scadono senza dubbio col tempo. Il trattato del 1839 sul Belgio è, in conclusione, più antico del trattato del 1855 sulla Svezia. Francia e l'Inghilterra stimerebbero oggi follia di garantire l'integrità della Svezia contro la Russia e similmente pensa adesso senza sottintesi l'Inghilterra rispetto al Belgio."
Così si pensava dunque in Inghilterra nel 1887, e questo perché gli interessi politici inglesi nel caso di una guerra anglo-francese facevano allora desiderabile la vittoria della Germania. Ma il cinico egoismo della politica inglese nei riguardi della questione belga era già stato manifestato ottimamente già prima da Gladstone.
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In un discorso del 10 agosto 1870, a proposito
degli speciali trattati di garanzia della neutralità belga, stipulati fra l'Inghilterra da
una parte, e la Francia e la Germania dall'altra, egli si espresse così:"Sussiste, come io riconosco, l'obbligazione in base al trattato del 1839. Non è necessario, né il tempo disponibile me lo permetterebbe, di diffondersi sulla complicata faccenda degli impegni derivanti da questo trattato. Io non posso però condividere il giudizio di coloro che in questa Camera sostengono semplicemente che il puro fatto dell'esistenza d'una garanzia fa obbligo ad ogni garante, senza qualsiasi riguardo alla particolare situazione in cui egli si possa trovare allorché si avveri il caso di garanzie di agire in conformità della promessa fatta. Le grandi autorità nel campo della politica estera, alle quali io sono solito di dare ascolto – come Lord Aberdeen e Lord Palmerstone – non hanno mai avuto, a quel che io sappia, questo concetto rigoroso e, se così posso dire, non pratico della garanzia."
In un altro discorso, tenuto il 12 aprile, Gladstone, a proposito della discussione degli obblighi contrattuali ad intervenire, disse:
"L'egregio preopinante sembra ritenere che ogni garanzia assunta per trattato significhi necessariamente per il nostro paese l'obbligo assoluto e incondizionato di scendere in campo ad ogni costo per il mantenimento dello stato di cose garantito nel trattato, senza riguardo alla nostra speciale situazione, senza riguardo ai motivi che hanno provocato la guerra né al contegno della potenza a cui favore si fa valere la garanzia e che forse è responsabile della guerra; infine senza riguardo a quel radicale mutamento delle circostanze e delle relazioni che spesso si avvera nel decorso del tempo e che non si poteva prevedere, quando vennero assunti questi impegni. Io ho spesso udito Lord Palmerstone (che, come è noto, aveva firmato, qual rappresentante dell'Inghilterra la convenzione sul Belgio. N. d. R.) manifestare, sia in questa Camera come altrove, il suo parere sopra le garanzie. Egli soleva ripetere una frase, della quale si ricorderanno come me pure altri, ossia che una garanzia, mentre accorda un diritto ad intervenire, non creati per sé il dovere ad intervenire."
Sin qui le reminiscenze storiche. Consideriamo ora il contegno di Lord Grey rispetto alla questione belga nelle giornate decisive prima della dichiarazione di guerra del 1914. Sino al 31 luglio egli aveva dichiarato all'ambasciatore francese di Londra che il rispetto della neutralità del Belgio poteva essere per la condotta dell'Inghilterra, se non un fattore decisivo, certo un fattore assai importante. Con nessuna parola egli diede a divedere che, a suo avviso, l'Inghilterra aveva il dovere di dar di piglio alle armi per la neutralità del Belgio. Allorché egli poi, nel suo grande discorso alla Camera dei Comuni il 3 agosto 1914, espose i motivi, per i quali l'Inghilterra doveva intervenire nella guerra, disse senza perifrasi che l'Inghilterra aveva un suo proprio vitale interesse alla indipendenza e integrità del Belgio, e che, se fosse rimasta indifferente, tanto il Belgio che l'Olanda e la Danimarca sarebbero cadute dopo la guerra sotto l'influenza tedesca. Non una sillaba di impegni assunti per trattato a tutela del Belgio! Egli non parlò che d'interessi inglesi. –
La storia rende cosi impossibile all'Inghilterra di sostenere che essa è intervenuta alla guerra per adempiere i suoi impegni scritti verso il Belgio. Lord Salisbury, l'ultimo uomo di Stato eminente del nostro tempo, e con lui molti altri illuminati uomini di Stato e politici inglesi, avevano già nel 1887 riconosciuto che in una guerra europea poteva essere necessario per la Germania esigere il passaggio attraverso il Belgio per evitare un'aspra e forse inutile lotta di fortezze al confine orientale della Francia. Un Governo inglese obiettivo avrebbe quindi logicamente dovuto pure nel 1914 pensare che in Germania, in una lotta impostale da una formidabile coalizione europea, doveva sorgere evidentemente la necessità di esigere il passaggio attraverso il Belgio per prevenire un'invasione nemica della suo regione industriale nell'occidente e quindi nel cuore della Germania; cosa che avrebbe d'un colpo mandato in frantumi l'Impero germanico, mentre, contemporaneamente, i colossali eserciti russi sarebbero avanzati su Berlino attraverso la Prussia orientale e la Slesia. E in realtà avvenne proprio che la Germania, per il transito delle sue truppe nel Belgio, diede la garanzie già richiest e da Salisbury assicurando che i l transito non avrebbe avuto alcuna cattiva conseguenza duratura per il Belgio. Sennonché di fronte alla Germania divenuta nel frattempo troppo forte, l'Inghilterra diede nel 1914 altra risposta di quella del 1887.
La Germania deve assolutamente trarre da tutto ciò la conclusione che uno stato di cose, il quale permetta all'Inghilterra di riconoscere e tutelare, oppure di disconoscere e disinteressarsi a suo capriccio della neutralità del Belgio, è insostenibile. Al contrario la Germania deve procurarsi la garanzia che il Belgio non rimanga, come era sin qui, una porta d'invasione, che l'egoismo britannico può aprire o chiudere a seconda dei suoi bisogni, ora verso l'est, ora verso l'ovest.