Dokument-Nr. 8027

[Erzberger, Matthias]: Il discors o del Segretario di Stato agli E steri, S. E. Kühlmann e i commenti nei partiti e nella stampa. La posizione del Segretario di Stato, 26. Juni 1918

Nella seduta del Reichstag del 24 giugno, il Segretario di Stato agli Esteri, S. E. Kühlmann, trattò pubblicamente in un discorso piuttosto particolareggiato, quei problemi che più occupano attualmente la politica estera dell'Impero germanico. Il massimo interesse politico sta nella seconda parte del suo discorso, nella quale discusse la situazione militare e politica in Occidente e toccò le questioni che attualmente agitano di più il mondo: la pace, cioè, i fini di guerra della Germania e dell'Intesa. Un incentivo esterno per riproclamare ufficialmente il punto di vista tedesco dinanzi alle tanto martoriate questioni, era stato dato dalle dichiarazioni del ministro inglese degli Esteri, Lord Balfour, alla Camera dei Comuni. Il rifiuto di entrare in negoziati colla Germania era stato giustificato in quel discorso coll'affermazione "mirar la Germania ad una signoria mondiale e non voler, quindi, altra pace che quella basantesi sul completo annientamento dei suoi odierni avversari". Il signor von Kühlmann si è opposto ad una siffatta argomentazione, non provocata certo né dal contegno del Governo tedesco né da quello dei circoli ben pensanti in Germania; ed ha fatto notare che la Germania ha tratto dalla storia dei suoi stessi nemici – dall'era napoleonica della Francia – la persuasione che è un'utopia mirare all'egemonia mondiale, e che il popolo tedesco benpensante non si nutre affatto di vane chimere.
L'insinuazione di Balfour doveva servire di giustificazione a Balfour stesso per il suo rifiuto a dichia-
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rare i fini di guerra dell'Intesa. II signor von Kühlmann ha tratto da questa situazione la conclusione che la Germania fa bene a perseverare da parte sua nella via seguita ormai da molto tempo e consistente nella circoscrizione positiva dei suoi fini di guerra. Come avvenne già nelle precedenti dichiarazioni ufficiali, anch'egli ha detto consistere i fini di guerra della Germania nella intangibilità dei confini storici tedeschi, nella completa libertà della navigazione nei mari del mondo e in un possesso transoceanico corrispondente alla potenza dell'economia germanica, alla grandezza del Paese e alla capacità colonizzatrice degli abitanti. Per questi scopi avere il popolo tedesco accettato la guerra di difesa. Tutte le altre questioni – dichiarò il Segretario di Stato – compresa quella belga, vengon considerate dalla Germania come un oggetto di negoziati futuri. Quanto falso sarebbe credere che l'Inghilterra trarrebbe da una dichiarazione esauriente sul Belgio il dovere di mostrarsi più pronta a negoziare, lo mostra quel passo nel discorso di Balfour, al quale von Kühlmann si richiama e nel quale si legge a chiare note che un accordo sul Belgio non soddisfarebbe menomamente le pretese dell'Inghilterra e dei suoi alleati.
Se il signor von Kühlmann, dal confronto dei fini di guerra apertamente dichiarati dalla Germania e quelli nascosti, ma tuttavia chiari abbastanza, dell'Intesa, trasse la conseguenza che una pace ardentemente anelata da tutti i popoli non potrà essere raggiunta col metodo seguito sin qui delle dichiarazioni pubbliche senza nego-
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ziati personali, non ha fatto altro che esprimere una verità oggi dolorosamente riconosciuta da tutto il mondo. Se questi negoziati non sono in vista nemmeno alla fine del quarto anno di guerra, di chi la colpa? La Germania ha sempre fatto il suo possibile, nei vari stadi dello sviluppo militare e politico, per esprimere, qualche volta in modo solenne e impegnativo, di esser pronta a concluder la pace in base ad un accomodamento. Questa disposizione esiste ancor oggi, non perché siano subentrate per la Germania nuove occasioni di tornare a dichiararla, ma perché essa ha sempre formato una parte essenziale della politica e guerra tedesche. Chi combatte una guerra di difesa, è sempre pronto, una volta respinto il suo attacco, ad accomodarsi coll'avversario. Questo stato di cose l'hanno determinato ormai da un pezzo i successi militari della Germania; mentre il Governo tedesco e la grande maggioranza del popolo germanico non si son mai lasciati indurre a costruire sui successi delle loro armi piani di conquista. L'Intesa, invece, continua la guerra per concretare i suoi fini imperialistici. Le sue disfatte militari implicano la rinuncia a queste conquiste ed è proprio questa la causa che le impedisce di confessare il suo desiderio di concludere la pace in via d'accomodamento.
Partendosi da una tale considerazione della situazione internazionale, il signor von Kühlmann ha avanzato la questione di come sì può arrivare alla pace, visto che i tentativi fatti sin qui per addivenire ad un accomodamento son falliti a causa di dichiarazioni ufficiali più o meno impegnative. Gli ininterrotti successi militari
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della Germania e delle sue alleate hanno determinato, nella campagna di quest'anno, un profondo indebolimento degli avversari. Ma le dimensioni enormi del conflitto mondiale basato su coalizioni giganti – soprattutto il fatto che si è esteso alle Potenze transoceaniche per la cui partecipazione ha assunto una forma complicata e difficile di lotta economica – hanno impedito sin qui che l'Intesa si persuada della necessità di cooperare al raggiungimento della pace, mutando il suo punto di vista. La conseguenza che ogni uomo obbiettivo, freddo, non annebbiato da desideri e da illusioni, è costretto a trarre da questo fatto, è che non si può contare nella conclusione pronta della pace e nemmeno si può prevedere quando essa possa esser conclusa basandosi su una decisione puramente militare. Il signor von Kühlmann si richiamò ad un soldato e ad un politico di vista acuta, al Feldmaresciallo conte Moltke, il quale presagì il carattere che avrebbe assunto il conflitto nel quale si dibatte oggi il mondo, dicendo che la guerra avrebbe condotto i popoli del mondo in un groviglio indissolubile e impegnato talmente le forze da rendere quasi inverosimile un accomodamento per mezzo della lotta. Il signor von Kühlmann ha messo in rilievo la natura assunta dalla guerra moderna per combattere l'opinione che il mondo si trovi davvero alla prossima fine dei suoi dolori, ma soprattutto per sottoporre a doccia fredda il concetto inglese che l'Intesa debba resistere ancora un breve tempo per vedere la Germania esaurita completamente di materie gregge e nella situazione disperata di arrendersi e consentire ai nemici la realizzazione dei loro fini di conquista. La Germania è munita per
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una lunga guerra e possiede tutto quello che per la guerra le è necessario; specialmente oggi, dopo conclusa la pace in Oriente. Qualsiasi speculazione dell'Intesa sulla probabilità che gli Imperi centrali abbiano a dirsi fiaccati è, quindi, fatale.
Troppo logico è che il segretario di Stato von Kühlmann, riconoscendo la natura di questa guerra mondiale, non tralasci di scrutare quali possano esser le vie per raggiungere la pace in base all'accomodamento. Il signor von Kühlmann ha domandato l'appoggio per un'opera tale, non solo della fiducia dell'Estero e dell'avversario, sibbene anche del proprio popolo. Con questo egli intendeva dire, in prima linea, i fautori di una pace ottenuta esclusivamente colla forza della spada. È stato infatti un cattivissimo servizio prestato in tutti i paesi all'amor di pace, quel ricoprir di contumelie chi ne parla, invece di appoggiarlo. Ci si deve attendere che il discorso del Segretario di Stato richiami la discussione dell'estero sulle questioni trattate, soprattutto su quella della responsabilità per il proseguimento dell'immane flagello.
Queste dichiarazioni del segretario di Stato von Kühlmann furono ascoltate dal Reichstag con grande attenzione e deferenza. Diamo qui un breve riassunto del dibattito sulla politica estera ed i commenti della grande stampa seguiti al discorso che sopra. Riproducendo i commenti dei singoli partiti ci limitiamo ai principali punti controversi nella questione dei fini di guerra e della pace. Scorrendo questi brevi riassunti, il lettore rileverà che le dichiarazioni del segretario di Stato sono state accol-
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te simpaticamente dai partiti della maggioranza e dalla loro stampa; dai circoli orientati a destra, invece, con un disappunto più o meno palese.
Per il Centro parlò l'on. Gröber. Egli domandò che si procedesse più rapidamente nell'organamento statale degli Stati marginali in Oriente, e disse esser d'opinione che la protezione dei confini per mezzo di una colonia fedelmente alleata alla Germania sia una protezione molto migliore che non una striscia di confine la quale, dato l'alto sviluppo della tecnica guerresca non può avere un assoluto valore di protezione. La protezione dei confini deve cercarsi non ai confini tedesco-polacchi, sibbene a quelli polacco-russi. L'oratore accentua, quindi, il grande significato che importa la giusta soluzione dei compiti posti dalla pace in Oriente sulle spalle dei governanti tedeschi. La pace in Oriente e la sua concretazione è un importante lavoro preliminare per la pace generale, all'avvento della quale gli ottimisti credevano si potesse contare entro l'anno. Senonché queste speranze sono state fugate dalle dichiarazioni odiose fatte ultimamente dagli uomini di Stato dell'Intesa. Gli sembra, tuttavia, che sia sorpassato il punto massimo; e spiega esser basato questo suo parere sul fatto che, quest'anno, l'Intesa ha risposto alle reiterate preghiere del Papa agli Stati belligeranti (di lasciar riposare le armi almeno nel giorno della più solenne festa cristiana). Perché nel giorno del Corpus Domini, – per la prima volta in un giorno festivo – fu mantenuta la pace del Signore. Se poi questa pace del Signore – prosegue – si svilupperà fino a divenir pace generale ce lo insegnerà l'avvenire.
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Comunque la Germania e i suoi fini di guerra non costituiscono ostacolo veruno per il conseguimento della pace mondiale. Rigettata dall'Intesa con scherni e con ironia l'offerta di pace della Germania e la proposta di mediazione del Santo Padre, sarà la spada che dovrà costringere la pace mondiale. Non è questa la prima volta che il Segretario di Stato esprime positivamente ciò che la Germania vuole. La Germania vuole si riconosca il suo possesso territoriale ed esige garanzie contro il ripetersi di una tale guerra. Per dare queste garanzie occorre in prima linea la libertà dei mari tanto in pace che in guerra. Bisogna farla una buona volta finita colle tre vecchie forme di pirateria: il diritto di preda, il diritto di blocco e il diritto di contrabbando. La Germania ha bisogno per il suo commercio mondiale della libertà dei mari in questo senso; e solo allora, non la Germania soltanto, ma tutti quanti i popoli della terra, avranno ciò che essi desiderano: esser liberati, cioè, dalla suprema egemonia inglese e dalla sua tutela nei mari.
Prese, quindi, la parola l'on. David che parlò per il partito socialista. Egli disse che le cose in Oriente dovevano essere ordinate su base amichevole, e che la concretazione delle garanzie di confine, domandate dagli annessionisti contro la Polonia, non farebbero che sdegnare questo popolo e spalancare la porta agli intrighi dell'Intesa. Soltanto un'amicizia durevole coi popoli orientali potrà ampliare l'Europa media e farne una grandezza nel campo dell'economia mondiale. Il fine di guerra della politica democratica d'accomodamento non potrà esser raggiunto che coll'intesa reciproca sul terreno degli in-
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teressi delle due parti; mai colla forza militare. Salutò gli articoli apparsi nella "Kreuzzeitung", nei quali l'articolista fa vedere ai politici pangermanisti annessionistici quanto limitato sia l'orizzonte delle loro vedute. Questi articoli – disse – costituiscono la migliore giustificazione della Risoluzione di pace del Reichstag. Il discorso del Segretario di Stato ha provato che quella Risoluzione non fu affatto decisa ad acta. Essa esiste e vive di tutta la sua forza. Il popolo tedesco è pronto ad accettare ogni istante una pace d'accomodamento sulla base degli interessi reciproci e degli uguali diritti economici. Questo sappia il mondo intiero. Ma, purtroppo, come ha comprovato il recente discorso di Balfour, da parte dell'Intesa non esiste la medesima disposizione a concluder la pace; colà si attende ancora la decisione per mezzo delle armi, mentre il Governo tedesco è pronto ad assidersi già al tavolo verde dei negoziati. L'oratore chiede poi al Governo che dichiari riferirsi anche al Belgio la pace d'accomodamento senza annessioni. In questo momento il Belgio cesserebbe di essere un'arma idonea a rafforzare nelle masse il desiderio di pace. È vero che Balfour ha opinato non bastare una dichiarazione relativa al Belgio, ma esser necessaria anche una dichiarazione relativa alla sorte dell'Alsazia-Lorena. Balfour dovrebbe dichiarare in nome dei socialisti tedeschi quanto appresso:
"L'Alsazia-Lorena è prevalentemente vecchio territorio germanico. La Dieta sorta da dirette elezioni democratiche ha proclamato chiaramente di non
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condividere il programma dei nazionalisti francesi. Gli Alsaziani vogliono la più completa autonomia nell'ambito dell'Impero germanico. Ciò vuole anche il socialismo tedesco; e il socialismo francese accettò, prima della guerra, questo scopo (Verissimo!). Domandiamo, dunque, che sia concessa quanto prima completa autonomia all' Alsazia-Lorena nell'àmbito dell'Impero tedesco."
La Germania – prosegue l'on. David – non mira all'egemonia su altri popoli. Il socialismo tedesco opina che l'unico scopo dei combattimenti in Occidente sia costringere l'Intesa a dichiararsi disposta alla pace. Nel giorno in cui questo scopo sarà raggiunto, in cui l'Intesa si dichiarerà pronta a negoziare su una pace basata sulla integrità reciproca, sulla parità di diritti economici, l'orribile macello finirà. Il popolo tedesco ha manifestato la sua volontà di pace. Facciano lo stesso i popoli dell'Intesa. Dalla loro volontà dipende soltanto se l'umanità potrà avere o no la pace, una pace che non sia un armistizio seguito da nuovi e mastodontici armamenti, ma una pace durevole e benefica. Se riusciremo ad ottenere una diminuzione degli armamenti in mare e in terra nel senso della Risoluzione del Reichstag, il popolo germanico applaudirà con tutto il cuore.
Per il partito conservatore parlò il conte Westarp. Egli domandò una garanzia strategica dei confini contro la Polonia, e disse che insediare una propria dinastia in Lituania non sarebbe la giusta via. La politica estera dev'esser condotta in base a linee salde, chia-
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re e ben determinate. In questo senso aver egli ascoltato, con grande apprensione, una parte delle dichiarazioni del Segretario di Stato. Questi ha bene enumerato i fini da raggiungersi; ma con ciò non è fatto tutto. Si tratta ora di sapere con qual mezzo questi fini debbono essere raggiunti. Espresse, poi, con parole energiche il suo disappunto per avere il Segretario di Stato dato alla Russia la colpa per lo scoppio della guerra. "Ma che Russia!" – esclama il conte Westarp – "è l'Inghilterra che esige la signoria esclusiva sul mondo e sui mari; è l'Inghilterra che decise l'annientamento della Germania già prima della guerra, e che avrebbe approfittato del momento opportuno, come ha ripetuto abbastanza chiaramente il signor Balfour in questi giorni." Continua dicendo che la guerra colla Gran Bretagna dovrà essere condotta fino all'estremo limite, per la vita o per la morte, imperocché per la Germania si tratta della lotta contro l'egemonia mondiale del capitale anglo-sassone. Per render possibile alla Germania l'esistenza futura, non bastano semplici accordi contrattuali coll'Inghilterra, ma è necessario determinare un mutamento nei rapporti della forza, un aumento della Potenza tedesca per mettere al caso la Germania di affermare vittoriosamente il suo punto di vista anche contro l'Inghilterra. Per ottener questo è necessario che il Belgio e le coste fiamminghe rimangano sotto l'influsso tedesco. Il conte Westarp non può approvare, dunque, i pensieri del Segretario di Stato, secondo i quali oltre l'integrità della Germania nient'altro opporrebbesi ai negoziati. Opinare il
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partito conservatore esservi anche scopi dai quali non si può derogare, visto che essi soli offrono il compenso dei sacrifici cruenti compiuti. Le dichiarazioni del Segretario di Stato non son certo adatte a disgregare nell'Intesa la volontà di guerra; deve temersi anzi che all'estero siano considerate come una nuova offerta di pace. Del resto è una verità universalmente riconosciuta che per venire ad una conclusione di pace ci vogliono negoziati, e che le armi soltanto non bastano. La premessa necessaria è questa: che i plenipotenziari si siedono al tavolino dei negoziati. Se non vogliono sedervisi debbono esservi costretti, per lo che è indispensabile la vittoria delle armi tedesche. Quello che il Segretario di Stato ha detto, trovasi in stridente contrasto con altre manifestazioni tendenti ad imprimere nella memoria che la vittoria debba essere conquistata per venire alla pace, e che questa vittoria si conquisterebbe.
Con questi tre oratori finì il dibattito della prima giornata. Facciamo seguire i commenti della stampa sul discorso del Segretario di Stato. Anzitutto ci occuperemo della stampa dei partiti della maggioranza del Reichstag, la quale, come abbiam già detto, ha assunto un'attitudine simpatizzante.
La "Germania" ha scritto che i pangermanisti non sarebbero certo contenti di quello che il Segretario di Stato ha detto su una egemonia mondiale tedesca, perché l'ha rigettato senz'altro in nome di tutto il Governo, ricordando la sorte toccata a Napoleone e alla Francia. Esser la prima volta che, con una sola eccezione, tutti gli oggetti di contesa fra i partiti belligeranti,
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salva rimanendo l'integrità dei confini tedeschi, siano posti da parte tedesca in discussione. Questa politica non gretta fa onore al Governo. Specialmente la proposizione che senza uno scambio di vedute i successi militari soltanto non bastano a portare la pace, dev'esser sottolineata. Dati i successi delle armi tedesche non si potranno certo interpretare queste parole come una debolezza.
La "Berliner Börsenzeitung" (liberale nazionale di sinistra) ha scritto: Nella questione della pace il signor von Kühlmann ha parlato con una franchezza alla quale non si era più abituati da parte del Governo tedesco. Molte cose da lui dette trovansi in vivo contrasto con altre manifestazioni colle quali il popolo germanico è stato abbondantemente benedetto negli scorsi mesi. Le sue considerazioni scettiche riguardo ad una speranza di pace verseranno in Germania molt'acqua nel vino; ma, d'altra parte, mostreranno contemporaneamente all'estero che il popolo tedesco è preparato, se sarà necessario, anche ad una lunga durata della guerra. Il Segretario di Stato ha constatato espressamente essersi più volte mostrata la volontà di pace in Germania, senza che nel campo avversario si siano avute manifestazioni consimili. Ha sottolineato poi il valore morale della Risoluzione di pace del Reichstag del 19 luglio 1917. Il giornale biasima il Segretario di Stato per non aver pronunciato una parola decisiva sul Belgio, la quale sarebbe stata adatta, forse, a dare alla situazione internazionale una base tutta diversa. Considerato che la Germania tiene saldamente
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in mano ampie zone di suolo francese e si è formata, oltre a ciò, una forte posizione in Oriente, si potrebbe parlar benissimo e chiaramente della ricostruzione dello Stato belga, perché quando si insistesse contemporaneamente sulla garanzia dell'integrità territoriale dell'Impero tedesco e delle sue colonie, non potrebbe tutta la situazione politica risultarne indebolita ai negoziati di pace. Il giornale trova giuste le parole del Segretario di Stato, colle quali esprime il suo parere che dagli avvenimenti militari soltanto non ci si debba aspettare la fine della guerra e che sia indispensabile lo scambio d'opinioni. Un Governo che non sia tanto sicuro del suo potere, come lo è invece il Governo tedesco, potrebbe, forse, indugiare a pronunciare una tale opinione; il forte popolo germanico colle sue grandiose gesta militari e economiche può ben far onore alla verità dinanzi a tutto il mondo; e, penetrato della sua invincibilità militare, additare la via dell'accomodamento come quella che sola possa condurre ad una pace durevole.
L'organo democratico "Berliner Tageblatt" dice che si sarebbe aspettato che il Segretario di Stato in nome di tutto il Governo si schierasse nuovamente sul terreno della Risoluzione del Reichstag e presentasse quella manifestazione come irremovibile programma di pace del Governo. Questo – osserva – non è stato il caso. Il Segretario di Stato ha agitato, invece, la questione delle colpevolezze; una questione che non ci porta nemmen di un passo più vicino alla pace. Se anche il programma del signor von Kühlmann non contiene particolari, pure si può
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leggere in esso che la Germania rinuncia alle annessioni, desidera una nuova e giusta distribuzione dei territori coloniali e vuol sapere garantita la libertà dei mari. Il signor Kühlmann ha avuto però il coraggio di pronunciare apertamente un'altra verità; la necessità, cioè, dello scambio di pensieri per addivenire ad una pace.
Il "Vorwärts" dà alle parole di Kühlmann – (che non si possa attendere una fine assoluta con decisioni puramente militari) – un significato che sorpassa l'intenzione dell'oratore. Per i pangermanistici cotali parole significano lo sfacelo dei loro castelli in aria, ma questo significato non l'hanno per la grande massa del popolo tedesco. Esse sono la prova migliore di come giusto e necessario fosse stato il lavoro degli amici di una pace d'accomodamento. Ma, con tutto ciò e quanto, non si può dire che il discorso costituisca una offerta di pace. È uno stato insopportabile che ogni Governo avversario si dichiari pronto ad accogliere dichiarazioni, guardandosi, però, bene di cominciare esso stesso a farne. Peccato che il Segretario di Stato non abbia mostrato come si possa uscire dalla situazione tormentosa e ridicola. Grandi sono le difficoltà del Governo tedesco, perché l'Intesa ha sempre messo in cattiva luce la sua volontà di accomodamento, e lo ha fatto con manifestazioni di contenuto diametralmente opposto. Alla disposizione di accettar ragionevoli dichiarazioni gli statisti inglesi rispondono colla minaccia di continuare la guerra fino alla vittoria. Ma questo non dovrebbe essere un ostacolo. Appunto per tali ragioni bisognerebbe smascherare l'ipo-
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crisia dell'Intesa con una offerta concreta di pace; ciò che il Segretario di Stato non ha fatto col suo discorso.
La "Kölnische Zeitung" dà al discorso di Kühlmann il significato che esso abbia depurato beneficamente l'atmosfera soffocante, e prescritto ai Governanti dell'Intesa la legge secondo la quale si dovrà agire in futuro se si vuole giungere a qualche cosa di concreto. Il Segretario di Stato ha spianato la via in due direzioni: egli ha tirato un ponte all'Intesa colla constatazione esser la guerra opera della Russia, di quella Russia zaristica che oggi non esiste più; poi ha compendiato i fini tedeschi in forma breve e netta. L'Intesa ha avuto, dunque, una risposta; anche se purgata dalla retorica e senza gesti patetici; ma sufficientemente chiara. Se vuole si proceda ai negoziati, non ha altro da fare che dirlo. La Germania gli aprirà certamente le porte, ma è altrettanto certo che non le correrà dietro.
La democratica "Frankfurter Zeitung" dice che il passo principale del discorso di Kühlmann deve ricercarsi laddove esprime la persuasione che la guerra possa esser terminata solo con un accomodamento. Questo pensiero e i conservatori sono il diavolo e la croce. I conservatori e chi la pensa come loro non vogliono riconoscere che una vittoria come Roma la riportò su Cartagine, è una fantasticheria davanti ad una coalizione come questa; una fantasticheria come il pensiero di una signoria mondiale, che il Segretario di Stato ha decisamente respinto. Il giornale è d'accordo col signor Kühlmann che senza trattative pubbliche non ci si potrà avvicinare alla pace. Essere significantissimo che egli sia tornato a dichiarare an-
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che questa volta davanti a tutto il mondo la disposizione della Germania e delle sue alleate a trattar per una pace onorevole.
Come si vede la stampa dei partiti della maggioranza approva in generale il discorso del Segretario di Stato, anche se singoli giornali obbiettano che egli avrebbe potuto dire di più nella questione della pace. Vero è che esso non ha destato in essa stampa un'impressione unitaria. Su ben diverse premesse si basa l'atteggiamento dei giornali di destra e pangermanisti. Il signor von Kühlmann, che insieme alla maggioranza del Reichstag propugna la pace di accomodamento, non ha mai goduto le simpatie dei pangermanisti. Secondo il loro parere gli manca la mano ferrea e non è anglofobo abbastanza. Come fece riconoscere il discorso del leader conservatore, conte Westarp, tutti i circoli di destra sono indignati specialmente su due punti. Il primo che, in certo qual modo, il Segretario di Stato miri a sgravare l'Inghilterra dalla colpa di avere sfrenato la guerra; il secondo che egli abbia arrischiato le parole sull'impossibilità di giungere a porto colla sola forza delle armi, cioè senza trattative diplomatiche, dato il carattere di coalizione enorme assunto dalla guerra. I circoli di destra, considerata la situazione militare favorevolissima, contavano sulla enumerazione di forti fini di guerra; e questo spiega l'amarezza dei suddetti circoli i quali osservano essersi il Segretario di Stato messo in aperto contrasto col concetto espresso del Supremo Comando. La disillusione si ribella in ogni sorta di sfumature. La "Kreuz-
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zeitung", l'organo magno del partito conservatore, chiama una "virata disfattista"; le parole del Segretario di Stato che colle soli armi non si possa ottenere una decisione; e dice che siffatte parole possono ben destare nell'Intesa l'opinione che tutti i successi militari della Germania siano alla fin fine inutili, e non abbiano influsso alcuno sulla definitiva formazione della pace. La "Tägliche Rundschau" intitola il suo articolo di fondo colle parole "La giornata di Kühlmann" e conclude col giudizio: "un bruttissimo giorno quello del signor Kühlmann". Lo scopo – dice il giornale – che egli deve aver avuto in mira agitando la questione delle colpevolezze allo scoppio del conflitto, non può essere altro che "l'intenzionale sgravio dell'Inghilterra". Colle sue parole, poi, "essere impossibile giungere ad una decisione senza uno scambio di vedute e coi soli successi militari", il signor Kühlmann si è messo in contrasto col Supremo Comando e coll'Imperatore; in un tal contrasto che, per essere manifestato entro il Reichstag, lo si può chiamare uno "scandalo politico". Il giornale allude alle possibili dimissioni di von Kühlmann e chiama il suo ultimo discorso "il canto del cigno". La "Deutsche Tageszeitung" deplora il pessimismo che inspira e grava il discorso. Di positivo non rimane che un minimo; di negativo il pericolo che l'umore popolare ne abbia a risentire gravemente e dolorosamente, e che il nemico ne abbia ad approfittare in qualche modo. Il discorso di von Kühlmann ha dimostrato non esser egli l'uomo idoneo a regolare i problemi occidentali in un senso favorevole agli interessi tedeschi. Chi l'ha sentito
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parlare si è sentito soffiar via dall'atmosfera del 19 luglio (il giorno della Risoluzione di pace del Reichstag). Le "Berliner Neuesten Nachrichten" scrivono aver Kühlmann tenuto un discorso che in Francia gli preparerebbe la sorte del disfattista Caillaux. Anche la "Kölnische Volkszeitung" parla della sgradevolissima impressione riportata dal discorso. La "Deutsche Zeitung" osserva che Kühlmann avrebbe potuto parlar come ha fatto, solo se si fosse sentito maturo per la … partenza.
Riepilogando: tutta quanta la stampa di destra, rimbeccando le parole di Kühlmann sulla necessità di una collaborazione diplomatica oltre la vittoria delle armi per giungere alla pace, le ha interpretate nel senso "non essere il Segretario di Stato persuaso che i Tedeschi abbiano ad ottenere la vittoria definitiva colle armi".
Per ribattere questa interpretazione erronea il Cancelliere, conte Hertling, che dapprima non aveva l'intenzione di parlare, sulla politica estera, prese la parola per mettere al giusto posto le cose. Senza perdersi in particolari disse che sarebbe un malinteso voler trarre dalla seconda parte del discorso di Kühlmann la conclusione – come fa la stampa di destra, male interpretando le cose, – che lo slancio militare della Germania sia paralizzato e sia venuta meno la fiducia nella vittoria. Chi legga a mente calma e senza pregiudizi il discorso del Segretario di Stato non può scorgere in esso che la tendenza di mettere in guardia contro un falso apprezzamento della situazione e dei compiti che ce ne derivano, rimanendo in un campo troppo ottimistico in quanto alla durata della guerra; e di dichiarare altresì che se la
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buona volontà tedesca di terminarla in base ad accomodamenti giusti continuerà ad urtare contro l'opposizione degli avversari, su questi soltanto ricadranno le responsabilità per un lungo proseguimento del conflitto.
Dopo il Cancelliere prese la parola il Segretario di Stato, che spiegò dettagliatamente in che consistesse il malinteso che aveva dato tanto filo da torcere all'oratore di parte conservatrice, conte Westarp. Riferendosi allo stenogramma del suo discorso, rilevò espressamente il passo: "La nostra posizione sui campi di battaglia, le enormi riserve di mezzi militari, e la compattezza all'interno"; e disse basarsi su esso la nostra disposizione a concludere anche subito la pace. Senso e intenzione del suo discorso, questi: ribadire nuovamente e pubblicamente che gli avversari, col loro contegno, sbarrano ogni via che potrebbe condurre alla pace; e che, quindi, essi debbono esser costretti come mostra l'esperienza – ad entrare in negoziati per mezzo della forza.
Dopo le dichiarazioni del Cancelliere e del Segretario di Stato, non evvi dubbio alcuno che i commenti ostili di cui la stampa dei circoli di destra gratifica le parole di Kühlmann, non si reggono. Tuttavia non crediamo che le dichiarazioni del Cancelliere e le rettificazioni persuasive del Segretario di Stato cancellino l'impressione prodotta dal suo discorso. Prima di passare a lumeggiare la nuova situazione riferiremo sul discorso del dibattito al Reichstag sulla politica estera.
Dopo il Cancelliere e il Segretario di Stato prese la parola il deputato Neumann [sic] che parlò per il parti-
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to democratico progressista. Disse non essere mai stata la questione della pace tanto favorevole per la Germania, come in questo momento. Per questo si può parlarne liberamente nel Reichstag. La pace colla Russia ha determinato un nuovo stato di cose in occidente; uno stato di cose pari a quello del settembre 1914. Oggi la Germania non è più accerchiata e vi è soltanto un grande fronte di battaglia occidentale. Il popolo tedesco ripone illimitata fiducia sui suoi condottieri, il cui genio vivrà per tutti i secoli. Questi uomini non hanno mai destato speranze esagerate al popolo tedesco, come fa continuamente l'Intesa coi suoi popoli. Per compiere il suo dovere il tedesco non ha bisogno di eccitanti o di narcotici. Le truppe germaniche non considerano la guerra nel modo che fanno gli Inglesi nei loro discorsi ministeriali per i quali non si tratta che di uno sport gigante. I Tedeschi vanno a battersi dicendo: È necessario! Del resto quello che disse ieri il Segretario di Stato e che ha dato luogo a malintesi, è opinione anche di tanti soldati al fronte; che, cioè, una vittoria assoluta contro una coalizione così gigante, contro torrenti di uomini di tutte le razze e di tutti i colori, non può essere raggiunta. Centinaia di migliaia di soldati al fronte pensano così; eppure essi non hanno perduto una scintilla di quel sacro fuoco dell'abnegazione, senza il quale anche un grande popolo non può vincere. Per questo non ci facciamo alcun pensiero che l'affermazione, qui dentro, di un tal modo di vedere, possa recar danno all'esercito. Il coraggio e lo slancio dei nostri soldati non diminuiranno per que-
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sto. Il popolo tedesco mostra da quattro anni di essere invincibile e che la Germania non si schiaccia. Ma proprio per questo bisogna guardarsi dal profetizzare, e si deve parlare al popolo tedesco francamente: "Noi dobbiamo combattere; e, in guanto al resto, rimettiamoci nel volere di Dio." Di pari passo colle armi deve proceder l'azione dei grandi spiriti. Le ultime decisioni non saranno soltanto quelle delle bombe; qui si combatte ancora per la volontà dei popoli, riguardo alla conformazione del loro stesso avvenire. Null'altro che questo ha voluto dire il Segretario di Stato osservando che colle sole vittorie militari non si potrà metter fine alla guerra. Come un'operazione militare si divide in singole azioni separate dalle quali un bel giorno viene fuori il successo, così anche un'azione politica consiste in tante piccole azioni continuative. È necessario che diplomazia, parlamento e popolo ascoltino continuamente lo stamburio delle discussioni nei paesi nemici, e reagiscono di conserva. Gli Inglesi fanno tutti gli sforzi perché i loro popoli non si accorgano di quanto sincero è, in Germania, il desiderio di pace. Il 20 di marzo la conferenza dei ministri a Londra deliberò che non si entrasse in nessunissima trattativa colle Potenze centrali, ma che la guerra continuasse come una pura gara di forza. Il Governo inglese fa tutto il possibile e l'immaginabile per bollare di insincera la volontà di pace dei Tedeschi. Ma facciano pure! La risposta all'appello di pace del Santo Padre, data l'anno scorso dal Cancelliere e dal Governo coll'approvazione del Supremo Comando e della maggioranza
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del Reichstag, è un documento che rimarrà storico e che attesta quanto grande e sincero sia il desiderio di pace del popolo tedesco. Invano si cercherà un documento simile dalla parte avversa. Ormai si tratta di questo: che non riposi il dibattito fra nemici e nemici su cose immortalmente eguali per entrambi. È questo pure l'interesse dei circoli religiosi di tutte le confessioni. Già ormai da troppo tempo è stata interrotta la predica alla montagna. Chi ascolterà la voce alla sua coscienza, – non faccio distinzione di confessioni – quegli udirà profferire ai popoli questa domanda: Come sta, tutto ciò che avviene, in relazione con quello che ci hanno insegnato fin dalla più tenera fanciullezza. L'animo degli uomini è stato molte volte forte quanto i cannoni. Che valore ha la vittoria, quando il vincitore lascia sui campi la sua gioventù più bella e brucia in essi le sue sostanze? Queste cose se le dicono anche le persone semplici. Perché dopo la guerra sia primavera o autunno dipende da quando l'Europa metterà fine al grande macello. In tutta l'Europa insanguinata sale da milioni di petti una preghiera ai vari Governi: "combattete finché dovete, ma sappiate che oltre le armi militari vi sono quelle dello spirito e del pensiero; vi sono le coscienze dei popoli, le volontà che scrutano nel futuro. Perché il popolo tedesco ha resistito sin qui così meravigliosamente da destare lo stupore generale? Perché questo popolo è pieno di fiducia, di fede e di speranza, che non debbono essergli tolte."
Il discorso dell'on. Naumann – un discorso profondamente psicologico e che si appella al bisogno reli-
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gioso-etico – produsse una foltissima impressione sui partiti della maggioranza. Un più forte applauso fu tributato però dalla destra all'on. Stresemann, che parlò per il partito liberale nazionale e si rivolse con parole acerbe contro il Segretario di Stato, ad onta delle dichiarazioni fatte precedentemente da questi. Un giornale chiamò, il giorno seguente, il discorso di Stresemann, "atto a rovesciare il ministro".
Infatti i circoli di destra non sono soddisfatti delle dichiarazioni del Cancelliere e di von Kühlmann, essi domandano a gran voce le sue dimissioni e lo considerano, in parte, come un uomo già finito. Nella loro stampa dicono essere impossibile che il credito del Segretario di Stato possa essere ristabilito; d'altra parte, poi, costruiscono un contrasto fra lui e il conte Hertling; un contrasto che dovrebbe aver per conseguenza l'immediato ritiro del signor Kühlmann. Si parla apertamente di crisi parziale. I partiti della maggioranza vogliono che rimanga e gli promettono il loro ulteriore appoggio. Essi opinano che l'avere egli espresso ancora una volta la disposizione di addivenire ad un accordo, produrrà all'estero migliore impressione che se l'ostilità dei pangermanisti contro la sua politica di conciliazione provocasse il suo ritiro. Del resto non si può prevedere con sicurezza qual risultato abbia la crisi; perché, come abbiam già detto, è desiderio dei partiti della maggioranza che il signor Kühlmann rimanga al suo posto quale rappresentante di una calma e assennata politica di accomodamento.
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], Il discors o del Segretario di Stato agli E steri, S.E. Kühlmann e i commenti nei partiti e nella stampa. La posizione del Segretario di Stato vom 26. Juni 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8027, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8027. Letzter Zugriff am: 22.12.2024.
Online seit 02.03.2011.