Dokument-Nr. 8672

[Erzberger, Matthias]: L'Alsazia-Lorena e l'Inghilterra del 1870/71 e quella d'oggi, vor dem 02. Oktober 1917

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In una relazione intitolata "Lloyd George, l'Inghilterra e l'azione di pace nel Reichstag germanico al 19 luglio 1917" promettemmo di ritornare sul tema "L'Inghilterra e l'Alsazia-Lorena". Quella relazione parlava del discorso tenuto da Lloyd George nel Queenshall di Londra nella ricorrenza dell'Indipendenza belga; e nel quale il primo ministro inglese muoveva rimprovero all'Impero tedesco di essersi annesso nel 1870/71 l'Alsazia-Lorena colla motivazione esser ciò assolutamente necessario per assicurare i suoi confini. Nella relazione succitata rilevammo che nel 1870/71 l'Inghilterra non solo non pensò, nemmeno lontanamente, a muovere il benché minimo rimprovero alla Germania per questa sua annessione, ma che anzi riconobbe il passo tedesco giusto e incondizionatamente lo approvò. Portammo ancora delle prove, riservandoci di corroborarle più ampiamente con ulteriori documentazioni di valore non ambiguo.
Lo facciamo oggi, passando brevemente in rivista la situazione politica e gli avvenimenti svoltisi negli anni 1870/71.
Che significato aveva allora l'Alsazia-Lorena per la Francia e per la Germania, e quali furono i motivi che condussero all'incorporamento dell'Alsazia-Lorena da parte di quest'ultima? Da secoli lo spirito offensivo francese ai danni della Germania si basava sulla preponderanza che la Francia si era a suo tempo creata colla conquista dell'Alsazia-Lorena. Da Metz dominava il corso medio e inferiore; da Strasburgo il corso superiore del
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Reno e la Germania meridionale. L'Alsazia-Lorena nelle mani dei Francesi rappresentava una minaccia continua contro la Germania. Il fatto che la Francia aveva, col possesso delle due province, messo piede entro l'Impero tedesco e dominava a suo piacimento la Mosella e il Reno, era, per la politica imperialistica francese, un continuo stimolo a volersi immischiare degli affari interni della Germania, a paralizzare il pensiero dell'unità tedesca e a tendere all'occupazione di tutto quanto il corso del grande fiume. Colle fortezze di Metz e di Strasburgo si può dire che la Francia possedesse la chiave del paese renano e della Germania meridionale; e questa non poteva assolutamente sentirsi sicura dopo le amarissime esperienze fatte colla politica imperialistica francese. Infatti più di 20 volte nel corso della storia la Germania fu assalita dalla Francia. Ciò non ostante non si sarebbe pensato in Germania negli anni precedenti il 1870, e se la guerra non fosse stata scatenata anche allora dalla Francia – un particolare che non si deve porre in oblio ai tempi che corrono – ad agitare la dolorante questione, e a fare la guerra per riconquistarsi quei territori tedeschi; che trattasi infatti di suolo puramente tedesco. Ma la spavalda ed arrogante provocazione della Francia – (l'allora presidente dei ministri Olivier, d'accordo col Parlamento francese, dichiarò la guerra, per adoperar parole sue, "a cuor leggero"); – la sconsiderata rottura della pace; la minaccia, infine, dei confini meridionali della Germania, rese attualissima ed urgente la questione di creare una buona volta, colla riconquista dell'Alsazia-Lorena, una linea di confine che ostacolasse una volta per sempre
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gli ulteriori piani offensivi della Francia contro la sua vicinante. La Germania nel 1870 non sfoderò la spada coll'intenzione di procedere a conquiste; ma una volta costretta a scendere in campo era logico che la guerra impostale le portasse almeno un aumento della sicurezza della sua frontiera. Bismarck formulò in quel tempo i fini di guerra della Germania così: che un futuro assalto della Francia contro la Germania, diretto in special modo contro i confini meridionali privi di protezione qualsiasi, dovesse essere ostacolato avanzando i confini stessi della Germania fin oltre le fortezze di Metz e Strasburgo, – punti di irruzione degli attacchi francesi e coi quali la Francia minacciava continuamente la vicina, – e fare ogni sforzo per mettere queste porte d'irruzione nelle mani dei Tedeschi. Il possesso di Strasburgo e Metz avrebbe dovuto togliere alle due fortezze il loro carattere offensivo, e farne piazze difensive colla creazione di un confine dietro il quale tanto la Francia quanto la Germania avrebbero potuto sentirsi sicure. Bismarck poneva il massimo valore nella necessità strategica. Non si deve però dimenticare, che, oltre tutto, si trattava qui di territori tedeschi strappati alla Germania dalla Francia, mediante la guerra di rapina. Occorre ricordare che la Francia, nella pace di Westfalia nel 1648, aveva strappato alla Germania, devastata ormai dalla guerra dei trent'anni, l'Alsazia inferiore e varie fortezze nella Lorena; nella pace di Luneville 1801 si era presa tutta quanta la riva sinistra del Reno; e questo dopo essersi appropriata nel 1552 Metz, Toul e Verdun, e nel 1681 Strasburgo. Gli Alsaziani sono etnologicamente una
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antichissima stirpe tedesca, discendendo essi dalla razza degli Alemanni; col qual nome anche oggi i Francesi chiamano i Tedeschi. L'Alsazia appartenne per ben 800 anni all'Impero germanico; Metz, Toul e Verdun, furono fino al 1552 città libere tedesche, appartenenti all'Impero. La popolazione dell'Alsazia-Lorena parla tedesco per un buon 90 per cento; l'Alsazia è sempre stata, fin dai tempi più remoti, una rocca di cultura germanica. Ancor poco prima che scoppiasse la guerra del 1870, i deputati alsaziani avevano proclamato altamente e pubblicamente l'uso della lingua tedesca, giustificandolo come appresso:
"Noi usiamo la lingua tedesca perché la stragrande maggioranza del popolo alsaziano pensa in tedesco, ha sentimenti tedeschi, parla tedesco; perché l'insegnamento religioso gli viene impartito in tedesco, perché vive secondo i costumi tedeschi e non vuole dimenticare la sua lingua, l'idioma tedesco. Noi sappiamo che una gran parte di essi parlano, leggono e scrivono anche il francese, ma ciò non toglie che pensino, sentano e conversino fra di sé sempre in tedesco. È per questa ragione che noi parliamo con essi la lingua della loro mamma, la lingua della loro fanciullezza, la lingua nella quale parlano d'amore e si scelgono la compagna della vita: colla quale confortano i loro genitori, al capezzale di morte."
Considerato dunque il passato politico-tedesco dell'Alsazia-Lorena e l'appartenenza della sua popolazione ad una stirpe e cultura tedesche, – il documento che sopra
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ne fornisce la prova inoppugnabile – l'annessione dell'Alsazia-Lorena alla Francia non significa altro che un'occupazione contraria a qualsiasi principio di nazionalità, mentre l'aver ricondotto l'Alsazia-Lorena alla madre patria, alla Germania, non fu che un atto di disannessione basato sul principio di nazionalità; un atto di disannessione che soddisfaceva, contemporaneamente, anche alle necessità strategiche. Nel 1870/71 la Germania non intese affatto di sfruttare la situazione militare. Se Bismarck avesse voluto nessuno gli avrebbe potuto impedire di tirare i confini tedeschi fino alla giogaia della Côte Lorraine; mentre la Francia non avrebbe avuto alcun diritto di rimproverare alla Germania la violazione del principio della nazionalità, avendo proprio essa, dieci anni avanti, incorporato la città italiana di Nizza, e la Savoia pure italiana. Bismarck non pensò un solo istante a regolare le sue richieste secondo le abitudini francesi; egli voleva ridare alla Germania le garanzie di vita toltele dalla Francia nei tempi passati a forza di rapine. E, si può dire, fu moderatissimo nelle sue pretese, perché ridiede alla Francia Belfort, la chiave dell'Alsazia superiore, contro il consiglio dello Stato Maggiore tedesco; quella fortezza che ha contribuito moltissimo a nutrire di nuove speranze i Francesi, e li ha spinti a ristabilire quella, che, secondo il loro modo di pensare, sarebbe stata la "prépondérance légitime" sulla Germania e sull'Europa. Che Bismarck rinunciasse a Belfort, è un segno che egli non volle prendere quanto avrebbe potuto avere, ma che diede alla Germania soltanto il puro necessario, affinché potesse meglio proteggersi
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contro l'imperialismo francese, e soltanto ciò che si accordava col principio delle nazionalità. Egli non voleva ripagare il popolo francese della medesima moneta; non voleva mettere il tallone sul collo della Francia, come questa aveva fatto, fin allora, colla Germania; e questo perché egli sperava che nella repubblica democratica della Francia il pacifismo si sarebbe fatto strada col tempo, e voleva mantenere col popolo finitimo buoni e durevoli rapporti di vicinante. Del resto, la Francia, non perdette, coll'Alsazia-Lorena, nessunissima parte integrale della sua compagine nazionale; perché l'Alsazia-Lorena, separata dalla Francia dai Vosgi e dal suo carattere nazionale puramente tedesco, era stata, si può dire, attaccata esternamente allo Stato francese. La perdita delle due province non menomava, del resto, la posizione di grande Potenza della Francia. Infatti, i territori di Nizza e della Savoia guadagnati dalla Francia nel 1859 a spesa dell'Italia, compensavano più che a sufficienza la restituzione dell'Alsazia-Lorena alla Germania. Anche la compattezza strategica della Francia non venne a perderne menomamente. Con i Vosgi, la linea della Mosa e, dietro di questa, la Costa Lorenese, la Francia venne a mantenersi un confine strategico la cui enorme saldezza si rivela anche nella guerra attuale.
Vediamo ora brevemente quale contegno tenne la Francia davanti alle giuste pretese tedesche.
Quando, dopo la catastrofe di Sedan, Napoleone III fu sbalzato dal trono e il timone della pubblica cosa passò al Governo provvisorio, questi cadde nell'errore di
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continuare con uno zelo ognor crescente la solita politica del militarismo e dell'imperialismo, tanto male a proposito praticata dal dispotismo assolutista dell'Imperatore Napoleone rovesciato dal trono. Per quanto moderatissime e giustissime fossero le proposte che Bismarck, per amor della pace, aveva presentato al Governo provvisorio, e per quanto queste proposte corrispondessero persino ai principi dei confini naturali proclamati dagli stessi democratici francesi, tuttavia i nuovi governanti di Francia le rifiutarono dapprima senz'altro, rinnegando il loro proclamato preteso pacifismo e dichiarandosi per la lotta fino agli estremi. Si può dire che i nuovi governanti prendessero la rincorsa per continuare, con foga e per principio, la politica del regime rovesciato. Per quanto Favre, che trovavasi al capo del Governo provvisorio, si sforzasse a tutt'uomo per creare, col suo proclama del 6 settembre, un contrasto fra la non libera Francia imperialistica di Napoleone III e la Francia libera e giusta della Repubblica, tuttavia la Francia, dopo il 4 settembre, non fu né giusta né libera. Perché davvero i proclamati cardini liberali democratici della libertà e del principio delle nazionalità, corrispondessero alla realtà, avrebbe dovuto detestare non solo la politica di Napoleone III, ma facendo un passo più avanti, rinunciare all'annessione dell'Alsazia-Lorena. Ma i nuovi maneggiatori della pubblica cosa non procedettero subito a questa rinuncia; sebbene attesero, per vedere se era possibile continuando la guerra di sfuggire al dilemma e provocare, se possibile, l'intervento dei neutrali.
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Ma le grandi Potenze non pensavano affatto di appoggiare le aspirazioni della Francia, tendenti a tenersi l'Alsazia-Lorena. Già il summentovato proclama di Favre del 6 settembre, nel quale egli dichiarava che la Francia, e per essa il Governo provvisorio, non avrebbe rilasciato "né un pollice di terreno, né una pietra di fortezza" aveva destato all'estero un'impressione sgradevolissima. Lo si ritenne per un passo inconsulto; e si disse, a ragione, che il Governo provvisorio si sbarrava, con una tale dichiarazione, la via delle trattative coll'avversaria. Le grandi Potenze ritennero, infatti, giustificatissime le pretese della Germania. L'ambasciatore austriaco, principe Metternich, disse a Favre al principio di dicembre:
"Noi desideriamo ardentemente che la Francia possa concludere la pace, ma riteniamo che ciò sia impossibile senza la cessione dell'Alsazia."
Il Ministro degli esteri degli Stati Uniti confessò, l'11 settembre 1870, al ministro inglese E. Thornton, di deplorare vivamente che Favre, nel suo proclama del 6 settembre, avesse legato le mani al suo Governo e resa oltremodo difficile la conclusione della pace. Manifestò, inoltre, la sua opinione che la Germania aveva il diritto di chiedere garanzie per il mantenimento della pace distrutta senza motivo alcuno dalla Francia; e che la Germania ben difficilmente si sarebbe contentata di un'indennità di guerra e dello smantellamento di alcune fortezze. A Pietroburgo, Thiers, a cui era stata affidata la missione di viaggiare e di recarsi a tutte le corti
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europee, si sentì dire che le trattative di Ferrières fra Bismarck e Favre erano fallite perché Favre aveva discusso il tema dell'armistizio colle riserve, in base alle quali la Francia credeva di poter entrare in negoziati di pace. A Londra, Vienna e Firenze tutti avevano scelto il medesimo punto di vista, di modo che Thiers se ne ritornò dal suo viaggio europeo coll'impressione che un intervento neutrale a favore della Francia e delle sue condizioni di pace non era né possibile né desiderevole. Il medesimo tentativo del conte Chaudordy, – delegato a Tours per la tutela degli affari esteri, – di guadagnare, cioè, le grandi Potenze alla causa della Francia e indurle all'intervento a fianco di questa, ebbe identico risultato negativo. Tutt'al più ci fu chi si dichiarò pronto a fare la parte del portalettere per favorire alcune proposte francesi. Frattanto la Francia continuava la guerra, sperando di ottenere l'intento con qualche successo militare. Il risultato fu questo: che la politica praticata dal Governo provvisorio ai danni della dignità della Francia e a spese dei beni e del sangue del popolo francese, finì con un insuccesso completo. Le grandi Potenze europee declinarono l'invito di ingolfarsi in un conflitto europeo e di sostenere la Francia per assicurarle il possesso delle posizioni di cui si era servita per le sue mire aggressive contro la Francia; e dichiararono chiaro e tondo che non avevano assolutamente nulla da opporre a che l'Alsazia-Lorena ritornasse alla madre patria tedesca. Il 3 novembre 1870 Lord Granville, ministro inglese degli esteri, fece osservare ancora una volta all'ambasciatore francese a Londra, che insistere sul mantenimento del
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programma di Favre rappresentava ancora il più grande ostacolo per la pace. Quando anche gli ultimi tentativi della Francia di adoperare ai suoi intenti la Conferenza di Londra convocata fra le grandi Potenze per la revisione della convenzione di Parigi del 1856 denunciata dalla Russia il 29 ottobre 1870, fallirono davanti al deciso rifiuto delle grandi Potenze; e la situazione militare davanti a Parigi era divenuta insostenibile per la Francia; allora il Governo provvisorio si decise all'armistizio, nella conclusione del quale Bismarck ebbe il più gran merito, grazie alla sua arrendevolezza oltremodo liberale.
L'armistizio fu concluso (18 gennaio 1871) per dare la possibilità alla Francia di procedere alle elezioni della Costituente, dalla quale sarebbe dovuto uscire e un Governo legale e il responso della Razione sulla questione della conclusione della pace o della continuazione della guerra. Le elezioni, che ebbero luogo l'8 febbraio, malgrado l'opposizione del partito guerrafondaio capitanato da Gambetta, dimostrarono che la stragrande maggioranza del popolo francese era per la pace. Thiers, che aveva votato contro la dichiarazione di guerra e che dallo sfacelo del dispotismo napoleonico aveva riunito in sé i desideri dei Francesi ragionevoli e moderati, fu scelto contemporaneamente in 26 dipartimenti e si ebbe più di 2 milioni di voti. Si vide allora a luce meridiana che il popolo francese anelava la pace. E che anche il Governo provvisorio si dichiarava alfine per la pace, si doveva non in piccola parte – astrazion fatta dalla disperata situazione militare della Francia –
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all'esperienza da esso fatta e consistente in questo: che le grandi Potenze, prima fra tutte Inghilterra e Russia, non avrebbero appoggiato le pretese francesi sull'Alsazia-Lorena. È sintomatico che l'assemblea nazionale nominasse, il 17 febbraio, unanimemente Thiers capo del potere esecutivo e a Presidente dell'assemblea stessa.
Ormai in Francia si sapeva che la Germania avrebbe concluso la pace soltanto a condizione che venissero annullate le annessioni fatte dalla politica francese di conquista dei tempi passati. Quando nella seduta dell'assemblea nazionale del 17 febbraio il deputato alsaziano Keller lesse una dichiarazione di protesta contro l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena nella Germania, – protesta sintomaticamente determinata e redatta da Gambetta, dal "pazzo furioso" come lo chiamava Thiers, – questi, che sentiva meglio di tutti il pulsare dell'opinione pubblica, raccomandò all'Assemblea nazionale di non prendere decisione alcuna, perché in tal modo avrebbe invaso il campo delle trattative di pace e dimostrato di non riconoscere sufficientemente il desiderio di pace dell'Assemblea stessa. La quale, non curandosi della dichiarazione di protesta del Keller, passò all'ordine del giorno e dichiarò di lasciar libera mano al Governo e ai negoziatori della pace.
Anche dalle memorie del deputato alsaziano Schneegans risulta che l'Assemblea nazionale era alquanto indifferente dinanzi alla futura sorte dell'Alsazia-Lorena. La maggioranza dell'Assemblea nazionale non aveva altro pensiero che quello di concludere al più presto possibile
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il trattato di pace; l'Alsazia-Lorena non avrebbe dovuto essere impedimento a ciò. Schneegans racconta che nei circoli dell'Assemblea nazionale si disse precisamente così:
"Questi Alsaziani sono sempre stati tedeschi. In fondo in fondo, la Prussia non fa altro che riprendersi quello che una volta fu sua proprietà."
Fra i deputati alsaziani regnava persino cattivo umore perché vedevano che l'Alsazia-Lorena veniva trasandata troppo nell'Assemblea nazionale; il sentimento che la Francia non provasse riconoscenza alcuna per i sacrifici fatti dalle loro province si faceva dolorosamente strada nel loro cuore.
Passando all'ordine del giorno sulla protesta del deputato alsaziano Keller, l'Assemblea nazionale dichiarò di riconoscere per principio la disannessione dell'Alsazia-Lorena. (Ridare l'Alsazia-Lorena, territorio tedesco, alla madre patria, era, infatti, una disannessione pura e semplice.) Diede a Thiers, incaricato insieme a Favre e ad altri 15 membri di condurre i negoziati di pace, in certo qual modo, e come disse Favre, carta bianca a questo riguardo.
Thiers aveva temuto che la Francia dovesse restituire, oltre che all'Alsazia, anche tutta la Lorena; ridurre, inoltre, la sua armata e consegnare una parte della sua flotta come Napoleone I aveva richiesto alla Prussia. Ma i timori di Thiers non si avverarono. Bismarck non era né Napoleone I né Napoleone III, il quale ultimo aveva iniziato la guerra contro la Germania con
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l'intento di annettersi tutta la riva sinistra del Reno e il Belgio. Le condizioni imposte da Bismarck fecero respirare liberamente Thiers, il quale contava già da principio colla resa di Strasburgo e di Metz; mentre Nancy che insieme alla Lorena era entrato a far parte della Francia solo nel 1735, sarebbe rimasto francese colle rimanenti parti della Lorena. Thiers voleva conservarsi ad ogni patto Belfort, e lo ritenne infatti. La commissione parlamentare si dichiarò oltremodo contenta del successo ottenuto da Thiers, e lo ringraziò pubblicamente per il risultato dei suoi sforzi. Egli aveva il sentimento di avere ottenuto molto di più di quello che aveva pensato. Il 21 di febbraio giunse a Versailles; già il 26 furono sottoscritti colà i preliminari della pace con i quali la Francia rinunciava al possesso dell'Alsazia-Lorena.
Due giorni più tardi, una seduta segreta della giunta dell'Assemblea nazionale, deliberò di raccomandare all'Assemblea, riunita in seduta plenaria, di accettare i preliminari di pace. La maggior parte degli oratori in seduta plenaria, ritennero le condizioni firmate come le migliori che la Francia avrebbe potuto ottenere, ed espressero a Thiers ed a Favre la riconoscenza della nazione. Dopo di che i preliminari furono accettati con 546 voti contro 107.
Anche il trattato di pace definitivo, sottoscritto a Francoforte sul Meno in base ai preliminari di Versailles, fu approvato dall'Assemblea nazionale il 18 maggio 1871 con 433 voti contro 98.
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A questo modo la pace era divenuta un fatto compiuto; i rapporti di possesso fra la Germania e la Francia regolati sulla base della giustizia.
Il Governo francese dichiarò più volte di riconoscere la nuova situazione come definitivamente immutabile; e l'incondizionata osservanza del trattato di Francoforte una questione di dignità e di interesse per la Francia.
Non è vero, dunque, quello che il nuovo Presidente dei ministri francese, Painlevé, dichiarò il 18 settembre 1917; che, cioè, la Francia proclamò solennemente nell'anno 1971 [sic] le sue pretese sull'Alsazia-Lorena.
L'Assemblea nazionale dichiarò di acconsentire alla cessione dell'Alsazia-Lorena:
1. il 1° marzo 1871, con 546 voti contro 107;
2. il 18 maggio 1871, con 433 voti contro 98.
Il Governo francese riconobbe più volte come irrevocabile il contenuto della pace. Il 3 dicembre 1873, il Presidente della Repubblica Mac Mahon, disse:
"Il mio Governo non ha lasciato passare occasione alcuna senza confermare, sia con dichiarazioni sia con fatti, la sua decisione di osservare fedelmente gli impegni assunti e di rispettare scrupolosamente i trattati."
Lo storico francese Sorel, nella sua storia diplomatica della guerra tedesco-francese, scrive che ogni Governo francese sarà tenuto ad osservare questo contegno, ed osserva testualmente: "La situazione del-
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l'Europa lo impone, gli interessi della Francia lo domandano, ogni altra politica all'infuori di quella della pace sarebbe frivola, e, quindi, una colpa."
È quindi assolutamente fuor di luogo e sbagliatissimo parlare, da parte di Painlevé, di una "disannessione" dell'Alsazia-Lorena. Come abbiamo detto al principio di questa relazione, le due province furono strappate all'Impero germanico dalla rapacità francese, annesse dalla Francia, e dalla Germania riprese nel 1870/71. La Francia, adoperando oggi la parola "disannessione" per giustificare i suoi fini di guerra sull'Alsazia-Lorena, fa un impiego erroneo della parola; imperocché le pretese della Francia sull'Alsazia-Lorena si riferiscono al concetto di una vera e propria annessione, trattandosi di territori che erano rimasti tedeschi anche prima del 1870.
Infatti, se questo non fosse il caso, i Governi e le pubbliche opinioni dei vari paesi d'Europa, non avrebbero nel 1870/71 ritenute pienamente giustificate le pretese della Germania sull'Alsazia-Lorena. In quel tempo non si trovò in Europa un solo Stato che volesse sostenere la Francia nella questione alsaziano-lorenese; al contrario, il ritorno delle due province alla madre patria tedesca fu riconosciuto giusto e approvato unanimemente, non per ultimo dalla stessa Inghilterra. I documenti sulla pubblica opinione dei paesi delle grandi Potenze al tempo della guerra tedesco-francese, riportati negli allegati di questa relazione, dimostrano ciò in modo incontrovertibile.
Se ora Lloyd George nel suo discorso al Queens-
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hall muove rimprovero alla Germania di avere nel 1870/71 incorporato l'Alsazia-Lorena, egli non fa che mettersi in contrasto col contegno storico tenuto dal Governo inglese e dall'opinione pubblica, in armonia con tutta l'Europa negli anni 1870/71, nei quali fu unanimemente riconosciuta giusta la causa della Germania.
Strano caso: quando l'Inghilterra entrò nella guerra mondiale, nessuno parlò dell'Alsazia-Lorena. Allora si trattava soltanto del Belgio. L'Alsazia-Lorena venne fuori molto più tardi nei discorsi dei politici inglesi. Ma la ragione si capisce: l'Inghilterra vuol mantenere in riga la Francia, malgrado sia più che mezzo svenata. Tuttavia, nel modo con cui gli uomini di Stato britannici si esprimono in quest'ultimo tempo sull'Alsazia-Lorena, sembra vivere il ricordo del concetto che di queste due province l'Inghilterra aveva prima della guerra. Il discorso del ministro inglese degli esteri, Balfour, tenuto nella Camera dei Comuni il 30 luglio di quest'anno, è, per esempio, in certi passi nei quali parla dell'Alsazia-Lorena, talmente rimpinzato di clausole, così avvolto da una nebbia di parole, che si deve giungere alla conclusione avere egli avuto intenzioni specialissime. Balfour disse
"di non credere di arrecar danno alcuno esprimendo in ogni caso il suo proprio parere che l'Inghilterra debba sostenere la Francia finché questa combatte per l'Alsazia-Lorena. Naturalmente la Francia non combatte soltanto per l'Alsazia-Lorena, ma anche per la sua esistenza. Per queste ragioni egli dichiara esser l'Inghil-
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terra decisa a far di tutto perché la Francia non venga schiacciata, ma che se ne debbano trarre ancora conseguenze positive nel caso, come egli crede, che la guerra sia fortunosa. Allora la via sarà libera per l'adempimento di pretese giustificate, e per la restaurazione del territorio liberato; una questione che tocca strettamente l'Inghilterra, per quanto, naturalmente, non abbia interessi egoistici nel caso che il risultato della guerra sia fortunato… Nessuno può predire esattamente in qual modo l'influsso delle forze stabilirà, alla fine, la sorte dell'Umanità; e non si può pretendere che noi diciamo con precisione su quali desideri dovremo insistere o quali desideri dovremo tentare di realizzare senza propriamente insistervi, o quali desideri noi vorremmo vedere realizzati senza speranza certa di raggiungerli, o quali sono quelle questioni che ci lasceranno completamente indifferenti. Nessuno può pretendere da noi che classifichiamo i nostri fini di guerra e determiniamo la misura esatta degli sforzi e dei sacrifici di cui ogni intento bellico è meritevole."
Se ora tentiamo di indagare il nocciolo di questo cautissimo abracadabra, ci pare di poter venire alle conclusioni seguenti:
1. La Francia combatte, naturalmente, per l'Alsazia-Lorena; ma anche, ed essenzialmente, per la sua esistenza. L'Inghilterra è altamente interessata alla lotta della Francia per la sua esistenza e non permetterà che la Francia sia schiacciata.
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2. Se, come Balfour spera o come vuol far credere di sperare, la guerra sarà fortunosa per l'Intesa, i desideri della Francia saranno esauditi; l'Inghilterra non ostacolerà la Francia per quanto non abbia alcun "interesse egoistico" alla questione alsaziano-lorenese.
3. In quanto al resto, Balfour protesta che si pretenda dal Governo inglese dover esso dichiarare quali sono le pretese sulle quali esso insisterà in ogni caso.
Secondo quanto sopra, il contegno dell'Inghilterra sarebbe oggi questo: un fine di guerra meritevole di impegnare la propria esistenza per la Francia sarebbe l'esistenza della Francia stessa, ma non la conquista dell'Alsazia-Lorena. Se l'Intesa avesse vinto o se potesse vincere, l'Inghilterra propugnerebbe, nel rimaneggiamento d'Europa, che l'Alsazia-Lorena passasse alla Francia. Ma Balfour non dice che l'Inghilterra combatterà finché le due province non saranno ritornate alla Francia. Secondo questo ragionamento l'acquisto dell'Alsazia-Lorena da parte della Francia non sembra all'Inghilterra un fine vitale della sua propria condotta della guerra.
Se così stanno le cose, il Governo inglese ha tanto maggior dovere di richiamare i suoi alleati francesi sul fatto che i loro desideri sull'Alsazia-Lorena sono inadempibili, sia data la situazione bellica, sia considerata la immutabile decisione del popolo germanico; che la Francia non fa altro che suicidarsi se si irretisce a voler raggiungere quell'intento dal quale
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3 anni di guerra e lo spreco spaventoso di sangue e di danaro l'hanno invece allontanata.
20. 9. 1917.
(Seguono gli allegati.)
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Allegati.
La stampa delle grandi Potenze negli anni 1870/71 sulla guerra franco-tedesca e l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena.
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L'Alsazia-Lorena – un paese tedesco.
(Dai "Daily News", del 20 agosto 1870.)
"Se il successo accompagnerà le armi prussiane sino alla fine, non è probabile che la Prussia concluderà la pace senza un compenso per le spese della guerra impostale, senza una garanzia non soltanto morale ma anche materiale contro un simile attacco…
…Noi accennammo, non è molto, all'imminente pubblicazione, in Inghilterra, di un opuscolo rispecchiante qualche cosa più dell'avviso personale dell'autore e nel quale sembra che venga propugnata la cessione dell'Alsazia alla Germania… Ma non si tratta più di sapere se i Tedeschi prenderanno o, piuttosto riprenderanno l'Alsazia, si, invece, di sapere se essi, dopo averla conquistata, la restituiranno. Luigi XIV la rubò, or sono quasi due cent'anni. La prescrizione può cancellare il furto, ma essa non può far perdere il diritto alla riconquista. La popolazione dell'Alsazia è tedesca d'origine, lingua, modo di vita. I racconti di Erckmann-Chatrian descrivono condizioni sociali e sentimenti così tipicamente tedeschi che vien fatto di pensare che l'Alsazia giaccia sulla sponda badense del Reno.
Gli Alsaziani stessi sono, a dir vero, zelanti, seppure solo apparenti, francesi, ma forse più per nascondere la loro intima coscienza di non essere
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punto francesi che per un qualunque profondo sentimento. Gli abitanti delle altre province non li considerano nient'affatto francesi… Nello splendido quadro della Francia, con cui il Michelet incomincia la seconda parte della sua storia, e nel quale le diverse province sono descritte con tanta evidenza quasi fossero persone vive, il geniale autore dimentica affatto l'Alsazia, "La lingua francese," dice egli, "cessa in Lorena e io non voglio andar più avanti. Io rinunzio a valicare la catena, a spingere lo sguardo sull'Alsazia. Il mondo tedesco è pericoloso per me: vi cresce un onnipotente fior di loto, che fa dimenticare il proprio paese." E Michelet aggiunge che Strasburgo lo condurrebbe sul Reno, il Reno a Magonza, Magonza a Colonia, Colonia al Mar del Nord. I Vosgi sono per lui il vero confine tra la Francia e la Germania. Che i Tedeschi siano persuasi di ciò non v'ha dubbio: solo pochi dubitano che essi costituiranno i Vosgi a loro vero confine, se lo potranno. Ma fra il pensiero e la sua attuazione sono i campi incerti della guerra e della diplomazia. Che cosa ne penserebbero gli Alsaziani di un simile cambiamento non è facile arguirlo. Essi furono fieri della loro appartenenza alla grande nazione, che sin qui tenne il primo posto nel continente. Ma essi non debbono esser meno fieri di rientrare nel seno di una nazione anche più grande del medesimo loro sangue e che parla la stessa loro lingua."
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L'Inghilterra e l'incorporazione dell'Alsazia-Lorena.
(Dai "Daily News" del 26 agosto 1870.)
"Quale sarà la conseguenza per gli interessi dell'Inghilterra, se l'Alsazia dovesse toccare al suo vecchio proprietario? Come ci verremmo a trovare noi, come Potenza marittima e commerciale, se la Germania subentrerà nel continente al posto della Francia quale prima Potenza militare? Non sarà presa la Germania da velleità aggressive e non esigerà essa che in Europa nessun cane possa abbaiare senza il suo consenso; non motiverà essa, con il suo contegno, la continuazione della pace armata? – L'ultima domanda è la più importante giacché riguarda l'Europa intera. Per quel che si riferisce solamente all'Inghilterra, noi non abbiamo ragione alcuna di nascondere la nostra convinzione giacché nessuna alleanza può essere più naturale e libera da ogni impedimento di quella fra una forte unita Germania e la Gran Bretagna. Proprio il sistema militare prussiano fa della Prussia la più forte potenza difensiva europea. Una forte unita Germania costituisce un contrappeso sia alla Russia sia alla Francia. Tutte le vittorie, che essa può ottenere, non aumenteranno l'estensione delle sue coste né la renderanno una pericolosa rivale dell'Inghilterra sul mare. Non v'ha punto sul
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quale l'Inghilterra e la Germania possano essere discordi, mentre l'origine, la lingua, il carattere e perfino la religione le mettono in amichevole contatto in tutte le parti del mondo."

La necessità del predominio della Francia nell'Europa occidentale – una frase.
(Dai "Times" del 30 agosto 1870.)
"... Per gli uomini di Stato francesi è divenuto, da un pezzo, articolo di fede che l'ordine del mondo esige la preponderanza della Francia nell'Europa occidentale. Questa esigenza, così nociva per la pace del mondo deve essere abbandonata, e la guerra non può giungere alla fine sino a tanto che in Francia non si sia durevolmente impresso il sentimento della insostenibilità di questa pretesa...."
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L'Inghilterra, la Germania difensiva e l'aggressiva Francia.
(Dai "Daily News" del 31 agosto 1870.)
I "Daily News" contrappongono alle preoccupazioni che anime timorose sollevano per le tendenze aggressive di una Germania unificata un succinto sguardo storico retrospettivo all'attività della Prussia per la causa germanica e giungono alla conclusione che in tutto il passato nulla s'incontra che possa giustificare simili timori.
"Aver paura di tali cose," dice il giornale liberale, "significa voler fare ai cozzi colla ragione. L'esercito tedesco non è un esercito d'invasione, ma un esercito di difesa, un esercito che deve sapere perché combatte e che non dà di piglio alle armi con leggerezza. La storia della Francia, del tizzone d'Europa, dimostra tutt'altro. Proprio nella guerra odierna la Francia scese in campo per metter le mani su tutto ciò di cui poteva impadronirsi e non v'ha dubbio che se la vittoria le avesse sorriso, l'Imperatore, con i suoi consiglieri, non avrebbe avuto la forza di opporsi alle richieste del popolo e di ri-
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fiutarsi alla incorporazione del Belgio. Se noi, in Inghilterra, non possiamo fare a meno di considerare i Tedeschi con una gelosia commerciale, poco bella, smettiamo tuttavia dall'oltraggiare con paure irragionevoli il carattere della grande nazione che ha combattuto così strenuamente per il suo onore e la sicurezza del suo territorio."

Una perdita territoriale – naturale conseguenza della sconfitta.
(Dai "Daily News" del 5 settembre 1870.)
"… Il principale impedimento sulla via della pace risiede, come è evidente, nella disposizione d'animo del popolo francese, o, meglio, dei Parigini… Se la Germania è vittoriosa non è lecito certamente d'impedirle di chiedere garanzie materiali importanti o essenziali per la pace futura. Se fosse necessaria una qualunque giustificazione, la si troverebbe, e in sovrabbondanza, nelle intenzioni palesi e nell'esempio della Francia. La Francia incominciò la guerra con la chiara intenzione di prendere due province tedesche come premio della vittoria. Adesso che soccombe essa non può logicamente protestare contro le conseguenze naturali della disfatta. I medesimi principi di diritto sono da applicarsi tanto
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alla Germania che alla Francia. Le Potenze neutrali potrebbero in ambo i casi protestare con ogni diritto contro notevoli e importanti rimaneggiamenti territoriali, ma una lieve perdita territoriale non è che la naturale sebbene non la inevitabile conseguenza della sconfitta. E la Germania può pretendere giustamente un nuovo assetto di frontiera che le renda in avvenire più facile il difendersi da nuovi attacchi."

L'Inghilterra consiglia alla Francia di cedere l'Alsazia – Lorena.
(Dai "Times" del 7 settembre 1870.)
"L'Alsazia-Lorena, con una somma di circa 40 milioni di sterline di spese di guerra, rappresenterà sicuramente ciò che la Germania è disposta ad accettare in compenso dei suoi sacrifici. Qualora la Francia trovi dure queste richieste noi l'invitiamo a riflettere che molte persone, in Germania, inclinano, invece, a giudicarle straordinariamente miti e sono pronte a lamentarsi amaramente che si lasci il nemico secolare scamparla a così buon mercato. L' Alsazia-Lorena – noi intendiamo la Lorena tedesca o, in altre parole, il possesso di Metz e di una piccola striscia di Lorena con i Vosgi e l'Alsazia – sono le condizioni più modeste che i Tedeschi disposti alla pace
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pongono per entrare in trattative. Il nostro consiglio alla Francia è in questo caso di accordarsi il più presto possibile con la Germania anche se le accennate cessioni territoriali saranno contenute nelle condizioni di pace."

La colpa di tutto il popolo francese. – Il diritto a garanzie acquistato dalla Germania.
(Dai "Daily News" dell'8 settembre 1870.)
"I Tedeschi hanno diritto a porre le loro condizoni. Essi esigono solamente di poter vivere in pace e di non essere molestati da nessun vicino geloso e messi in discordia. La Francia si è sempre immischiata nelle facende tedesche. Non questo o quel Governo ma l'intero popolo francese fece ciò. Tutti i suoi uomini di Stato, legittimisti ed orleanisti, imperialisti e repubblicani furono egualmente gelosi dell'unità germanica e cupidi del territorio tedesco. Una guerra per il Reno fu sempre popolare. Fu popolare sei mesi addietro e tornerebbe probabilmente ed esserlo di qui a sei mesi se oggi venisse firmata la pace. La Francia ha rovescia-
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to il suo Governo non già perché questi incominciò la guerra ma perché non ebbe fortuna e non fu capace d'impedire ai Tedeschi di penetrare nel paese invece di condurre gli eserciti francesi in Germania. Il popolo tedesco trova naturale e necessario che adesso che il nemico è sconfitto si cerchino ed ottengano sicure garanzie per l'avvenire. Egli si è acquistato il diritto a queste garanzie. Il sangue della nazione è corso a torrenti. Appartenenti a tutte le classi, dalle più alte alle infime, sono scesi in campo per la difesa del suolo patrio e della libertà nazionale, né v'è forse famiglia in Germania che non sia in lutto per un morto o che non abbia ferite da curare e da sanare. È probabile che vantaggi ottenuti a un tal prezzo siano lasciati inutilizzati? Non si è la Germania acquistato un diritto innegabile ad assicurarsi assolutamente per l'avvenire contro simili sacrifici? E per quel che s'attiene alle condizioni di sicurezza, chi ha in ciò diritto di giudicare all'infuori della Germania? La Francia si è dichiarata pronta a continuare la guerra. Se, come è assai probabile, essa riporterà nuove sconfitte, sarà costretta, infine, ad accettare le condizioni che le verranno imposte. Ma già adesso essa ha dato al vincitore il diritto di far uso della propria forza senz'altro riguardo che alla propria sicurezza e tranquillità futura."
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La Francia deve un'indennità alla Germania.
(Dai "Times" dell'8 settembre 1870.)
"Il Governo francese deve farsi ragione del vero stato delle cose prima che un'accomodamento sia possibile. La Francia dev'essere pronta a dichiarare apertamente ai suoi nemici: "Noi vi abbiamo assaliti senza motivo. Se trascinati a ciò dal nostro sovrano oppure dalle nostre passioni, poco importa adesso indagare; è probabile che il nostro sovrano non vi sarebbe riuscito se le nostre passioni non gliene essero [sic] offerta l'occasione. Il fatto è che noi vi abbiamo assaliti senza ragione. Noi abbiamo già dovuto farne penitenza, ma noi vi siamo debitori di un'indennità e siamo pronti a sottometterci a tutte le condizioni di pace conciliabili con la giustizia."

Il diritto della Germania su Strasburgo e Metz.
(Dal "Journal de St. Pétersbourg" del 9 settembre 1870.)
"Il Governo francese eccede nell'esercizio della virtù patriottica rifiutandosi di sacrificare fortezze, che non possono impedire che Parigi venga ora assediata, ad una pace la quale dovrebbe impedire una "guerra sino all'ultimo sangue". La Germania ha visto che Jules Favre non poté impedire la guerra allorché
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la nazione la volle con entusiasmo ed esigerà probabilmente, di assicurarsi per sempre il frutto delle sue strepitose vittorie. Non si comprende, in conclusione, come diritto e giustizia debbano essere ora da parte della Francia dopoché Favre, in luglio, affermò il contrario."

La Germania ha riguardo all'Alsazia-Lorena mano libera dall'Inghilterra.
La "Saturday Review" osserva esplicitamente che non esiste, per il momento, alcuna possibilità di mediazione. Essa scrive (10 settembre 1870):
"Noi non abbiamo punto l'intenzione di sostenere che la Germania non debba prendersi un pezzo del territorio francese se le riesca di ottenerlo. Nel caso presente importa soprattutto di chiamar le cose con il vero nome. Noi osserviamo che tutti coloro i quali esigono ad alta voce che l'Inghilterra si faccia viva desiderano, nell'intimo del loro cuore, che noi ci schieriamo dalla parte della Francia. Essi non dicono già apertamente che noi, che non movemmo un dito allorché la Savoia e Nizza furono costrette a divenir francesi, dobbiamo adesso scender in campo per impedire che l'Alsazia ritorni alla Germania; ma essi vorrebbero indurre l'Inghilterra a spiegare, per amicizia della Francia a mal partito, la cosiddetta influenza diplomatica. Se ciò dovesse effettuarsi noi
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dobbiamo almeno accingerci a questa impresa ad occhi aperti.
Noi non possiamo aiutare la Francia se non scendendo in campo per soccorrerla ed in una tale faccenda è necessario che l'Inghilterra abbia un'idea precisa, qualunque si sia. Noi crediamo che l'avviso non dubbio del Governo inglese, che cioè, per quel che ci riguarda, i Tedeschi debbono avere piena libertà di prendersi quanto territorio francese possano ottenere e i loro consiglieri ritengano opportuno per la loro sicurezza militare, sia l'unico avviso giusto. E se la Germania si decide a prendersi l'Alsazia e se essa può averla, noi riteniamo che essa abbia pienamente ragione manifestando l'intenzione di non permettere la farsa di un plebiscito."

Una cessione territoriale nessun pericolo per la condizione della Francia come grande Potenza.
(Dai "Daily News" del 10 settembre 1870.)
"Noi riproviamo assolutamente la presunzione di una parte della nostra stampa che si arroga il dirit-
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to di prescrivere ai Francesi la quantità di sacrifici che essi dovrebbero fare per ottenere la pace. Non è affare nostro di dire ad un vicino ed alleato quali province debba cedere e in quanto tempo debba risolversi. D'altra parte non vi è mezzo più sicuro di suscitar guerre in Europa che quello di dichiarare a fatti che lo Stato più bellicoso della famiglia europea può intraprendere una guerra per ingrandire il suo territorio con la garanzia di poter tutto guadagnare ma nulla perdere. Una simile cosa è per noi inammissibile. La Francia può aver la pace appena che lo desideri. Le toccherà certo di scontare le sue male azioni, ma essa non verrà a trovarsi in pericolo. Non vi è Potenza sulla terra che possa impedirla di esercitare una parte grande e importante fra le Potenze anche se accettasse le più dure condizioni che il conte Bismarck le volesse imporre."

L'Inghilterra, al posto della Germania, esigerebbe lei pure reali garanzie.
I "Daily News" (13 settembre 1870) domandano ai cittadini inglesi che cosa l'Inghilterra farebbe nella medesima condizione e se essa, nello stesso caso in cui è oggi la Germania, si lascerebbe trattenere sul suo cammino vittorioso dallo schiamazzo generale. "Non saremmo anche noi entrati in Francia e non avremmo
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anche noi cercato di distruggere con ogni mezzo le fortezze e le navi francesi? Avremmo noi riposta la spada nel fodero perché i nostri valorosi nemici hanno combattuto energicamente ed hanno riportato notevoli sconfitte, oppure perché improvvisamente è venuto loro in mente di mutar Governo, o perché, per adottare il modo di vedere di Victor Hugo, la capitale francese è il centro della civiltà, mentre noi saremmo gl'invasori, i barbari? Non avremmo noi sentito che è nostro dovere verso il popolo e la patria e i nostri figli di insistere su una garanzia per l'avvenire? Per ciò che si riferisce alla garanzia della repubblica, essa ha valore solo finché la repubblica duri e la Francia ha già mutato almeno otto volte governo durante la vita del Re presente. In una parola la Germania ha diritto a migliori garanzie e quanto a simpatie, essa vi ha diritto né più né meno che se ora gli eserciti francesi marciassero vittoriosi su Berlino e non avvenisse, invece, il contrario."

Nessuna mediazione dei neutrali. – Illusioni francesi. – L'equilibrio europeo. – Giuste pretese dei Tedeschi.
I "Times" (14 settembre 1870) scrivono:
"La missione del signor Thiers è spiegabile soltanto se si parte dalla supposizione che nella sua testa siano due grosse illusioni: il Governo francese e il suo inviato devono, innanzi tutto, credere davvero
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che soltanto l'Imperatore abbia sulla coscienza la guerra. Contro ciò noi dobbiamo dichiarare che è impossibile scagionare il popolo francese dall'accusa di complicità. Il signor Thiers stesso protestò, sì, contro la spinta alla guerra, ma egli mosse ripetute volte all'Imperatore il rimprovero di voler portare a compimento l'unità germanica senza guardar per il sottile quanto ai mezzi. Che frattanto le condizioni si siano cambiate, non muta nulla al fatto che la Francia, eccettuata una minoranza insignificante, approvò la politica di un'aggressione alla Germania per strapparle del territorio e indebolirne la potenza, e che Parigi, che oggi si accanisce contro l'Imperatore e la guerra, accolse con entusiasmo la dichiarazione di guerra e si abbandonò a un giubilo frenetico allorché un falso telegramma annunziò la presa di Landau e la cattura del principe ereditario. Il signor Thiers e il Governo si devono persuadere, una volta per sempre, che la Francia non può sperare di sottrarsi alle conseguenze di una guerra liberamente intrapresa e che la lontananza dell'Imperatore non la dispensa dallo scontar la pena per aver approvato la sua politica. La seconda illusione deve pure scomparire perché la pace divenga possibile: la Francia si appella all'Europa per conservare l'integrità del suo territorio sostenendo che altrimenti l'equilibrio europeo verrebbe distrutto… L'ingrandimento della Germania non eccita in
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Inghilterra nessuna apprensione
Noi manifestiamo a malincuore la convinzione che la guerra debba continuare. Neutrali come siamo, non possiamo appoggiare, con la nostra influenza, nessuna condizione di pace che noi, al posto della Germania, non saremmo pronti ad accettare. E sino a quando i Francesi non siano pronti ad ammettere di aver fatto torto al loro vicino e ad offrire garanzie contro una ripetizione dell'azione compiuta, le giuste esigenze dei Tedeschi non possono venire appagate. Ma è chiaro, per ora, che la Francia non è ancora giunta a tal grado di conoscenza di sé stessa. Un'improvvisa resipiscenza degli uomini di Stato e del popolo può avverarsi ogni momento: sino a che, però, questo non sia avvenuto bisogna che la guerra continui e che a tutti gli altri guai si aggiunga pure l'assedio di Parigi."
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], L'Alsazia-Lorena e l'Inghilterra del 1870/71 e quella d'oggi vom vor dem 02. Oktober 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8672, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8672. Letzter Zugriff am: 25.11.2024.
Online seit 24.03.2010.