Dokument-Nr. 10184
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele
[München], 10. Juli 1920
Regest
In Erwiderung auf die Weisung Sbarrettis vom 13. April 1920 äußert Pacelli seine Meinung bezüglich des Vorschlags des Freiburger Erzbischofs, Thomas Nörber, die reicheren Pfarreien in Baden zugunsten der ärmeren mit Abgaben belasten zu dürfen. Der Nuntius schildert das Einkommenssystem in Baden, das ursprünglich ein reines Pfründesystem war und später durch die Einführung der allgemeinen Kirchensteuer mit dem Dienstaltersystem koordiniert wurde. Das Pfründesystem umfasste vor allem Nutzungsrechte und Ansprüche auf Naturalleistungen, die aufgrund der Verteuerung der Lebensmittel nach dem Krieg eine erhebliche Steigerung erfahren haben. Pacelli hält den Vorschlag von Nörber für eine Übergangszeit angemessen und praktikabel, sofern man mit der öffentlichen Meinung vorsichtig umgehe; es sei denn, die reicheren Pfarreien hätten das Überflüssige gemäß Kanon 1473 CIC schon zugunsten von Armen und anderen frommen Zwecken eingesetzt.Betreff
Facoltà d'imporre censi sulle parrocchie più pingui nel Baden
In obbedienza a tale comando, e sebbene per una prima conoscenza dello stato della questione sarebbe stato utile di avere sotto gli occhi i voti dei vicari foranei allegati alla summenzionata supplica di Mons. Nörber, ho l'onore di sottoporre al superiore giudizio dell'E. V. quanto segue:
Nella parte dell'archidiocesi di Friburgo appartenente al Baden i parroci sono retribuiti secondo il sistema beneficiale (Pfründesystem – ossia col reddito della dote del beneficio), che però, dopo l'introduzione dell'imposta generale ecclesiastica, si è congiunto col sistema dell'anzianità di servizio (Dienstaltersystem). L'ammontare del reddito del beneficio viene fissato in base ad accertamento ufficiale, che vale almeno per quattro
45v
anni. Qualora esso non sia sufficiente, il parroco riceve un supplemento corrispondente alla
sua anzianità di servizio, di guisa che ad ognuno è assicurata una rendita minima, che
varia, secondo l'anzianità medesima, dai 2.100 ai 3.600 Marchi.Prima della guerra il reddito beneficiale ufficialmente accertato (anschlagmä ss iges [sic] Einkommen) non differiva notevolmente dal reale. Ma il contrario è venuto a verificarsi durante e dopo la guerra, giacché il prezzo di tutti i generi è cresciuto in modo straordinario. In conseguenza di ciò, i redditi dei benefici parrocchiali, i quali hanno grandi proprietà boschive ovvero, [sic] diritto a prestazioni in natura, hanno raggiunto considerevoli aumenti.
Ora sono precisamente delle piccole parrocchie, incorporate già per la massima parte a monasteri, che si trovano in simile fortunata condizione e le cui rendite ammontano al presente dagli 8.000 ai 16.000 Marchi, mentre che secondo l'accertamento ufficiale non avrebbero se non un reddito dai 2.000 ai 4.000 Marchi. Accade anzi che questi ricchi parroci ricevono altresì il menzionato supplemento a causa appunto del basso accertamento ufficiale ancora in vigore. È naturale che questo stato di cose abbia suscitato nel (Al.) Clero un forte malcontento ed il desiderio di un equo provvedimento.
Nello scorso anno 1919 i parroci, oltre le entrate ordinarie corrispondenti alla loro anzianità, hanno avuto
46r
per il mantenimento ed il pagamento dei vicari un'aggiunta di 600 Marchi ed anche altri
sussidi straordinari per la somma complessiva di Mille Marchi. In tal guisa un parroco della
classe più anziana ha raggiunto una rendita di Marchi 3.600 + 600 +
1.000 = 5.200, mentre molti parroci più giovani hanno goduto, come si è già detto,
di un'entrata dagli 8.000 ai 16.000 Marchi, non già in seguito a maggior lavoro, ma
unicamente a causa dell'aumento di prezzo dei generi sopradetti. – Chiedendo quindi Mons. Arcivescovo di Friburgo che la somma eccedente i 7.000 Marchi sia dai parroci più ricchi ceduta all'Ordinario allo scopo di servire in aiuto degli altri sacerdoti, non sembra che tale proposta sia in sé stessa per quelli eccessivamente gravosa, giacché rimane loro sempre una somma dai 1.800 ai 3.300 Marchi in più di quel che ad essi spetterebbe secondo l'anzianità. Mi è stato anzi riferito da buona fonte che molti dei parroci in discorso, avvertiti dalla Curia arcivescovile della istanza presentata alla S. Sede, hanno già ceduto spontaneamente la corrispondente somma per il suddetto anno 1919. Lo stesso potrebbe quindi richiedersi in via obbligatoria anche agli altri, ad eccezione di coloro, i quali provassero di aver già impiegato il superfluo pro pauperibus aut piis causis a norma del can. 1473, o che altrimenti dimostrassero ragionevolmente di non esser più nella possibilità di eseguire simile cessione.
Per il corrente anno 1920 sono previsti, secondo informazioni testé pervenutemi, molto più maggiori aumenti per il caroviveri. Senza pregiudizio della suindicata rendita minima di Marchi 2.100-3.600, le condizioni dei parroci saranno migliorate in guisa che essi percepiscano secondo l'anzianità di servizio una rendita dagli 8.000 ai 9.000 Marchi. Parmi quindi che all'imposizione del censo
46v
in questione per l'anno 1920 non possano essere
soggette se non le rendite non inferiori ai 9.000 Marchi. Tale imposizione è, a mio sommesso
giudizio, in via provvisoria e straordinaria consigliabile, sia per ragioni di equità, sia
anche perché nel corrente anno, allo scopo appunto di render possibili i suaccennati
miglioramenti per il clero, dovranno essere notevolmente aumentate le imposte ecclesiastiche
pagate dai fedeli. Ora un simile inasprimento in tanto è possibile, in quanto apparisce
richiesto dalla necessità. Ma, se la pubblica opinione o forse anche la stampa ostile alla
Chiesa venisse a conoscere l'esistenza dei ricchi beneficiati in parola, i quali anzi in
base al menzionato accertamento ufficiale ricevono anche supplementi ricavati dalle predette
imposte, vi sarebbe grande pericolo che la popolazione fosse eccitata contro il clero e
contro le imposte medesime. Né è infine da omettere che le rendite da sottoporsi a censo
risultano non solo dai frutti del beneficio in senso stretto, ma sovente anche, come si è
sopra esposto, dai sussidi dello Stato e dai prodotti delle imposte, di guisa che men grave
sembra sotto tale riguardo la deroga al can. 1429. In considerazione di ciò, parmi, salvo meliori iudicio, che possa accogliersi favorevolmente la domanda di Mons. Arcivescovo di Friburgo sulla misura accennata, vale a dire per l'anno 1919 quanto alle rendite superiori ai 7.000 Marchi (ad eccezione dei parroci, i quali provassero di aver già altrimenti impiegato il superfluo pro pauperibus aut piis causis, o che altrimenti dimostrassero di non trovarsi più nella possibilità di eseguire la prescritta cessione), e per l'anno 1920 quanto alle somme eccedenti i 9.000 Marchi od anche, se piacesse a cotesta S. Congregazione di usare verso i colpiti dal censo una maggiore larghezza, i Marchi 10.000.
Chinato