Dokument-Nr. 13267
Pacelli, Eugenio an Merry del Val, Raffaele
München, 11. Februar 1923
Schreiber (Textgenese)
StenotypistPacelliPacelliBetreff
Sull' esposto del Rev mo Mons.
Rémond, Cappellano Ispettore dell'esercito francese sul Reno
Non appena mi pervenne il venerato Dispaccio dell'Eminenza Vostra Reverendissima N. 531 – 1922 in data del 17 Gennaio scorso, relativo all'esposto del Revmo Mons. Paolo Rémond, Vescovo tit. di Clisma e Cappellano Ispettore dell'esercito francese sul Reno, mi diedi premura di interpellare al riguardo gli Ordinari delle diocesi, nei cui territori trovansi truppe francesi, cioè l'Emo Sig. Cardinale Schulte, Arcivescovo di Colonia, ed i Revmi Vescovi di Limburgo, Spira, Magonza e Treviri. L'Eminenza Vostra troverà qui compiegate le risposte pervenutemi dai suddetti Prelati.
Siccome poi Ella mi ordinava al tempo stesso di aggiungere il mio umile parere al riguardo, mi permetto di osservare rispettosamente e subordinatamente quanto segue:
Com'è ben noto, "communicatio in divinis cum haereticis et schismaticis ut illicita regulariter habenda est
48v
in praxi, vel ob periculum
perversionis in fide catholica, vel ob periculum participationis in ritu haeretico et
scismatico, vel denique ob periculum et occasionem scandali" (Instr . S. C. de
Prop . Fide 1729 pro Missionariis Orientis). "Illicitum est ergo
in sacris functionibus haereticos in chorum invitare, alternis psallere, dare eis pacem,
sacros cineres, candelas et palmas benedictas, aliaque id genus externi cultus, quae
interioris vinculi ac consensionis indicia iure meritoque existimatur" (Instr.
S. C. S. Officii 8 Junii 1859). Ciò non
esclude tuttavia che detta comunicazione possa in alcuni casi essere tollerata, giacché,
secondo la dottrina di Benedetto XIV, "communicatio in divinis cum haereticis non potest nec
debet tam facile ac tam generaliter pronunciari in omni penitus circumstantia de iure
vetitam" (S. C. S. Officii 24 Februarii 1752). A tale
riguardo occorre principalmente distinguere la comunicazione nei riti propri della setta
eretica o scismatica dalla comunicazione cogli eretici nei riti cattolici. Quanto alla
prima, "difficillime casus inveniuntur, in quibus ea communicatio liceat" (cfr.
Instructio sopra citata della S. C. de Prop. Fide); la seconda invece non
sempre è illecita. E così nulla osta, 49r
ad esempio, a che gli
gli [sic] eretici e gli scismatici assistano alle sacre funzioni, "non se immiscentes
precibus ac ritibus catholicis" (cfr. la succitata Instr. S. C.
Officii – 8 Junii 1859). Che anzi, secondo il can. 1149, "benedictiones
dari quoque possunt, nisi obstet Ecclesiae prohibitio, etiam a catholicis ad obtinendum
fidei lumen vel, una cum illo, corporis sanitatem". Ciò nondimeno, secondo i decreti della
S. Sede (i quali però al presente sembrano avere nella prassi una più mite
interpretazione), non sarebbe lecito di invitare gli acattolici alle sacre funzioni.
Così, infatti, si legge nella Instr . S. C . de
Prop . Fide (29 Jan. 1763 ad Praef. Miss. Tripolit.): "Sebbene
possa tollerarsi che i protestanti intervengano di spontanea loro volontà alle sacre
funzioni, che fanno i cattolici nella propria chiesa, …non devono però i medesimi cattolici
invitare gli eretici ad intervenirvi, cooperando coll'invito alla comunicazione in
divinis, a cui si oppongono lo spirito e le leggi della Chiesa in tutte le occasioni
pubblicate e fatte note al gregge cattolico ed a quelli cui ne è commessa la cura". E
parimenti cotesta Suprema (22 Septembris 1763):
49v
"Accessum graecorum non unitorum ad ecclesias catholicorum
posse permitti, dummodo iis non administrentur Sacramenta, neque quoque modo communicent in
divinis, nec ad hujusmodi adventum fuerint invitati". – D'altra parte, lo scandalo ed il
pericolo di perversione dovranno giudicarsi secondo le varie circostanze, specialmente di
luogo, e quanto maggiori l'uno e l'altro appariranno, tanto minore potrà essere la
tolleranza.In particolare, per ciò che riguarda l'ammettere gli acattolici a cantare nelle chiese, sono da ricordarsi due decisioni già emanate da cotesta Suprema S. Congregazione. Nella prima (7 Julii 1864 – Archiep. Smyrn.) al quesito: "Si possono gli eretici far cantare nelle nostre chiese ed assistere all'altare per servire la Messa?" la prelodata S. Congregazione rispose: "Ad utramque partem: Negative". – Nella seconda (1 Maii 1889) il Vicario Apostolico N. "implorava in via d'eccezione la facoltà di permettere ad alcuni scismatici ed eretici, eventualmente anche israeliti, specialmente fanciulli e fanciulle, che frequentavano le scuole congregazioniste, di poter cantare nelle nostre chiese ed oratori, essendo scarso il numero di cantori e cantatrici cattoliche",
50r
ed aggiungeva che "ciò riusciva a maggior decoro delle
funzioni, massime nel mese di maggio, e nelle grandi solennità" e che "con tal mezzo si
allettano gli eterodossi a frequentare le nostre funzioni che loro piacciono assai;
frequenti volte è questo il principio del loro riavvicinamento, e poi della loro
conversione." Come si vede, siffatto scopo era quello stesso, cui tende
ora con lodevole zelo il Revmo Mons. Rémond a riguardo dei Russi scismatici, profughi in
Germania. Sebbene, però, nel caso proposto dal Vicario
Apostolico N. si trattasse di "un costume assai diffuso in Oriente, specialmente
nelle scuole delle Congregazioni religiose", e tale che "volerlo togliere affatto non
sarebbe stato scevro d'inconvenienti", pure cotesta Suprema rispose: "Instet Vicarius Ap. ut
quo citius et efficacius amoveantur abusus de quibus agitur; et interim curet ut pueri
catholici doceantur accurate cantus liturgicos". Per venire ora più specialmente ai dubbi sottomessi dal più volte menzionato Mons. Rémond, occorre soprattutto tener presenti le condizioni della Germania,ove i cattolici si trovano misti coi protestanti. Sotto questo rispetto non potrei che associarmi alle osservazioni dei Revmi Vescovi di Treviri, di Magonza e di Limburgo, i quali stimano
50v
che, se quei dubbi avessero una soluzione affermativa, ne
verrebbe scandalo ai fedeli e si fomenterebbe l'indifferentismo religioso e
l'interconfessionalismo. Nel caso attuale si verificherebbero per conseguenza
il "periculum perversionis in fide catholica" ed il "periculum et occasio scandali", di cui
è parola nella summenzionata Istruzione della S. Congregazione de Propaganda Fide. Già per questa considerazionedi ordine generale parrebbe quindi più opportuno di non
accogliere favorevolmente
la domanda, pur ispirata alle migliori intenzioni, del sullodato
Prelatoe di consigliarlo a valersidi altri mezzi per attirare gli scismatici alla Chiesa cattolica e
sovvenire alle loro ristrettezze economiche.Senonché alla stessa conclusione conduce pure, se non m'inganno, l'esame dei singoli punti della domanda. Nei due primi quesiti, invero, si tratterebbe di chiamare a cantare nelle chiese cattoliche non scismatici uti singuli, ma delle corporazioni o società corali; il che offrirebbe occasione di maggiore pubblicità e scandalo. Che se anche l'esecuzione dei loro canti avesse luogo al di fuori e senza connessione con alcuna funzione sacra, vale a dire come semplici concerti artistici, non si avrebbe bensì comunicazione in sacris, ma provocherebbe ammirazione che per società corali
51r
scismatiche si scelgano a
tale scopo precisamente i templi cattolici, e non delle sale profane, massime ove esiste una
chiesa russa, come in Wiesbaden. – Nel terzo punto
si fa parola soltanto di scismatici pauci e uti singuli, che dovrebbero essere associati ai cantori cattolici nelle funzioni
liturgiche; ora
ciò sembra vietato dalle due surriferite risposte di cotesta
Suprema.
Debbo tuttavia aggiungere che, a quanto mi è stato riferito
specialmente dal Rev. P. Sierp S.J., in Germania, in Danimarca, in Svezia, ecc., soprattutto
nei luoghi ove sono scarsi i cattolici, si verificano casi di protestanti, i quali sono
ammessi senza scandalo (come si afferma) a suonare l'organo od a cantare nelle chiese
cattoliche, naturalmente non nel coro o presbiterio, ma nella cantoria. L'Eminenza Vostra
giudicherà quindi se e dentro quali limiti sia forse possibile a questo riguardo una più
benigna soluzione. In tutti i punti, infine, è questione non di semplice tolleranza o
dissimulazione, ma di positivo invito.Nel sottoporre quanto sopra intieramente al superiore giudizio dell'Eminenza Vostra, m'inchino umilmente al bacio della s. Porporae con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
Di Vostra Eminenza Reverendissima