Dokument-Nr. 2718
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
München, 15. Januar 1920
Regest
Pacelli weist Gasparri darauf hin, dass aufgrund der gestiegenen Preise in Deutschland sein monatliches Gehalt von 6.000 Mark nicht mehr für den Lebensunterhalt ausreiche. Durch die Spenden verschiedener Bischöflicher Ordinariate sei es bis jetzt noch nicht notwendig gewesen, den Heiligen Stuhl um eine Erhöhung der Bezüge zu bitten oder Geld aus dem Peterspfennig zu entnehmen. Da die Mark immer weiter an Wert verliere und die Preise für alle Güter gestiegen seien, sei sein Gehalt, in Lire umgerechnet, geringer als das jedes anderen päpstlichen Repräsentanten. Da eine Änderung der Lage nicht abzusehen sei, bittet Pacelli um eine Erhöhung seines Gehaltes.[Kein Betreff]
Nel 1917 l'Eminenza Vostra Reverendissima si degnò di fissare il mio stipendio di Marchi 6.000 mensili (equivalenti a Marchi 72.000 annui). D'allora in poi i prezzi in Germania, come del resto più o meno dovunque, sono cresciuti e crescono sempre in modo favoloso; tuttavia, grazie sia a qualche dono straordinario che nell'anno 1918 varie Curie vescovili fecero alla Nunziatura per i servigi prestati loro durante la guerra, sia, soprattutto, a continue economie, sono riuscito finora a sopperire alle spese senza chiedere aumenti alla S. Sede; anzi nemmeno mi valsi dell'autorizzazione concessami dall'Eminenza Vostra con lettera particolare del 23 Ottobre 1918 di prendere in più Marchi 5.000 dall'obolo di S. Pietro.
Contemporaneamente, però, non solo è venuta a cessare totalmente la causa degli incerti suddetti, ma, ciò che più conta, il valore del Marco è andato da oltre un anno diminuendo progressivamente,
70v
tanto che già da vari mesi esso non rappresenta in Svizzera se non dai 9 ai 12 centesimi. Ciò mi espone a perdite rovinose per tutti gli acquisti, che debbo fare colà di merci necessarie e che qui o non si trovano o si trovano soltanto a prezzi altissimi, appunto perché importate dalla Svizzera. Che se anche si paragoni con la moneta italiana, essa pure assai deprezzata, il mio assegno non raggiunge (almeno col cambio di qui) neppure venti mila lire annue ed è quindi, per quanto io sappia, inferiore a quello di qualsiasi altro Rappresentante Pontificio anche di terza classe; oltre di che mi trovo così egualmente soggetto a gravi perdite per tutte le spese, che sono obbligato di fare in Italia. Se si fosse trattato di uno stato di cose transitorie, non avrei certo mai molestato l'Eminenza Vostra; ma perché esso dura ormai già da lungo tempo né sembra vi sia speranza di miglioramento in un prossimo avvenire, mi permetto di sottoporre rispettosamente al di Lei giudizio, se non sia giusto ed equo che, perdurando le anzidette circostanze, almeno una parte dell'assegno mi venga corrisposta in altra moneta.Nella fiducia che questo ossequioso esposto sarà preso dall'Eminenza Vostra in benevola considerazione, m'inchino umilmente al bacio della S. Porpora e con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
Dell'Eminenza Vostra Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Pacelli Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico