Dokument-Nr. 675
La questione delle colpevolezze per lo scoppio della guerra mondiale, September 1917
Nella notte dal 30 al 31 luglio 1914, fui chiamato dal capo di Stato maggiore generale dell'armata, colonnello generale von Moltke. Arrivai da lui fra la mezzanotte e l'una, e lo trovai in uno stato di spirito eccezionalmente grave. A passi agitati misurava in lungo e in largo il suo gabinetto di lavoro, debolmente rischiarato da una sola lampada a gas. Dapprincipio non si accorse nemmeno della mia venuta. Quando mi scusai per essermi presentato a lui in tenuta civile, essendo giunto in quell'istante da un lungo viaggio in ferrovia, mi interruppe con un'asprezza a me fin allora sconosciuta da parte sua, e disse: "Non ho bisogno del suo abito, ma della sua testa."
Mi diede, quindi, una commissione di carattere militare-politico. Il lavoro doveva esser pronto per il giorno seguente. Gli feci osservare che, per soddisfare ai suoi desideri, mi sarebbe stato necessario essere più esattamente orientato sulle condizioni politiche del momento, non conoscendo di esse altro che quello che dicevano i giornali.
Il colonnello generale mi rimise, allora, un memoriale scritto di suo pugno sulla situazione politica e militare; memoriale che sembrava avergli servito di documento per la sua udienza avuta presso Sua Maestà. Il memoriale, che porta la data del 28 luglio 1914, menziona anzitutto le notizie di carattere militare pervenute dalla Russia fino a quel momento, annuncianti che la mobilitazione, segretamente cominciata da qualche giorno, non era diretta soltanto contro l'Austria-Ungheria, ma anche contro la Germania. " La Russia " – si legge testualmente nel documento in questione – " fa tutti i suoi preparativi per poter mobilitare nel più breve tempo possibile i corpi d'armata dei governatorati di Kiew, d'Odessa e di Mosca, ossia complessivamente 12 corpi d'armata: e prende misure preparatorie analoghe egualmente al nord, alla frontiera tedesca, e sul Baltico. Se, ora, la Germania mobiliterà a sua volta, la Russia ne approfitterà per dire che è attaccata della Germania; e riuscirà, in tal modo, ad assicurarsi l'appoggio della Francia. Così l'alleanza franco-russa, proclamata come puramente difensiva, e sedicentesi conclusa col solo intento di opporsi ai piani d'aggressione della Germania, avrà allora tutto il suo effetto, e lo strazio reciproco dei civili Stati europei comincerà.
Non si può negare che la messa in iscena immaginata dalla Russia è abilissima. Non cessando di moltiplicare le assicurazioni che non ha ancora cominciato a mobilitare, si prepara alla guerra; in modo che quando dichiarerà davvero la mobilitazione, i suoi eserciti saranno già pronti a prender l'offensiva. Se la Germania comincerà a mobilitare prima che la mobilitazione russa sia notificata ufficialmente, la Russia griderà al mondo: ' Io non ho voluto la guerra; è la Germania che l'ha provocata! ' E così le cose andranno fatalmente verso la loro china, se non avviene, starei per dire, un miracolo, che impedisca, nell'ultimo minuto, una guerra micidialissima che annienterà per decenni la cultura di quasi tutta l'Europa.
La Germania non vuol provocare l'orribilissimo conflitto. Ma il Governo tedesco sa che violerebbe in modo funesto i sentimenti profondamente radicati di fedeltà alla sua alleanza, uno dei più bei tratti del carattere germanico, e che si metterebbe in contraddizione collo spirito dell'intiera nazione, se non aiutasse il paese alleato in un'ora decisiv a per la sua esistenza.
Secondo le notizie raccolte sembra che anche la Francia proceda egualmente a misure preparatorie, in vista d'una imminente m o bilitazione.Russia e Francia operano strettamente di conserva nelle loro misure militari : la cosa è più che evidente. Se l ' urto sarà inevitabile, la Germania d ovrà tener testa su due fronti…"
11r
"Frattanto" – aggiunse il colonnello generale consegnandomi
il memoriale – "la situazione s'è alquanto chiarita. Noi siamo in possesso di due notizie
sicure, indipendenti l'una dall'altra, secondo le quali la mobilitazione generale di tutta
l'armata è già stata ordinata in Russia. La guerra è, per conseguenza, inevitabile; a meno
d'un miracolo, cioè a dire, a meno che la mobilitazione russa non venga immediatamente
arrestata. La Germania non può più conservare la pace senza pagarla a prezzo d'una dura
umiliazione nazionale; perchè niente altro significherebbe qualsiasi concessione alla
pressione russa. Ma se noi mobilitiamo è la guerra. D'altra parte, se la Germania indugia a
prendere le sue misure, per dar tempo a negoziati destinati, secondo tutte le apparenze, a
fallire già in anticipo, incomincerà la guerra nelle condizioni ad essa più sfavorevoli.
Così agendo noi permetteremo ai nostri nemici di portare la guerra sul nostro proprio
territorio. Qualsiasi ritardo nella mobilitazione ci metterà, di giorno in giorno, in sempre
peggiori condizioni che possono aver per noi le conseguenze più funeste, se i nostri
presunti avversari potranno continuare a prepararsi in tutta pace."Le spiegazioni del colonnello generale mi fecero subito comprendere la gravità della situazione. Involontariamente, sotto l'impressione del momento, mi feci sfuggire queste parole: "Se le cose stanno come Vostra Eccellenza mi dice, la nostra esistenza nazionale è gravemente minacciata e qualsiasi esitazione o ritardo implicherebbe un tradimento verso la patria. Il nostro popolo è troppo fiero per sopportare umiliazioni."
L'assentimento del colonnello generale mi fece supporre che le mie parole, pronunciate con tutta la vivacità propria d'un sentimento sincero, gli avessero procurato un certo sollievo in mezzo alla lotta interiore che l'agitava dinanzi alla gravissima decisione.
"Questa guerra" – proseguì Sua Eccellenza con un tono di una gravità particolare – "diverrà mondiale e vi interverrà la Gran Bretagna. Poca gente soltanto può farsi un'idea della sua estensione, della sua durata e della sua fine. Come andrà a finire, nessuno lo immagina, oggi."
Il persicace istinto del colonnello generale e il dono di veder chiaramente le cose come esse erano in verità e non come si sarebbe voluto che fossero, gli fecero riconoscere allora con tutta evidenza che la Germania era alla vigilia di una delle più terribili lotte per la sua esistenza. Io, che non potevo ancora abbracciare coll'occhio tutta la portata degli avvenimenti fino a quel momento, credevo che il colonnello generale peccasse di troppo pessimismo. La enorme responsabilità che la sorte faceva pesare sulle sue spalle in quell'ora decisiva, sembrava gravarlo troppo pesantemente.
"Domani a mezzogiorno" – così chiuse egli il nostro colloquio – "si deciderà la questione della guerra o della pace. Il cancelliere, il ministro della Guerra ed io, avremo un' udienza comune presso Sua Maestà. Ma avanti di consigliare a Sua Maestà la mobilitazione, voglio ancora attendere una terza conferma della mobilitazione russa. Questa conferma l'attendo domattina insieme colla notizia da Vienna se l'armata austro-ungarica sarà mobilitata o no. Non resta più, a dir la verità, che una debolissima speranza di conservare la pace."
Mi congedai coll'impressione che le sorti fossero ormai già tratte e che la guerra fosse inevitabile.
Questo rapporto dimostra fino all'evidenza con quale alta coscienza morale della sua enorme responsabilità davanti a Dio, davanti al suo Sovrano e davanti al Popolo tedesco, il capo dello Stato maggiore generale non ricorse che esitando, e sotto il colpo d'una ineluttabile necessità, alla grave decisione di mobilitare le forze tedesche. Fu questa severa coscienza tedesca che lo de terminò ad attendere ancora una terza conferma della mobilitazione russa prima di pronunciarsi definitivamente nel Consiglio della Corona. Quale stridente contrasto colla delittuosa leggerezza dei consiglieri della Corona russa, colpevoli della grande tragedia mondiale! Un rapporto del maggiore von Eggeling, allora addetto militare tedesco a Pietroburgo, ci offre i dettagli seguenti sui suoi colloqui con i generali russi Suchomlinoff e Januschkevic:
Il maggiore von Eggeling scrive:
"Il 25 luglio 1914, l'indomani del giorno della pubblicazione dell'ultimatum austriaco alla Serbia, gli addetti militari stranieri si trovavano al campo di Krassnoje-Selo dove le truppe facevano esercitazioni in presenza dello Zar Niccola. Nel pomeriggio doveva aver luogo una rivista, che ritardò più d'un ora per un Consiglio della Corona convocato in tutta fretta e svoltosi sotto la presidenza dello stesso Zar. Dopo la rivista, rapidamente terminata, fu annunciato che gli esercizi in tutti i campi di manovra dell'Impero russo sarebbero stati interrotti, e che le truppe avrebbero raggiunto immediatamente le loro guarnigioni. Quest'ordine suscitò un grande entusiasmo fra gli ufficiali russi. La misura non aveva per essi che questo significato: mobilitazione, dunque guerra! La promozione al grado di ufficiali degli allievi delle scuole militari di Pietroburgo, decretata improvvisamente alla fine della rivista, non fece che accrescere l'entusiasmo, il quale si manifestò apertamente fra i convitati, nel pranzo che segui alla rivista. Alcuni giovani ufficiali mi espressero francamente la loro gioia di partire alfine in guerra 'contro l'Austria'. Altri davano libero corso alla loro indignazione contro "l'arroganza austriaca". Il principe Pietro del Montenegro credette di dovermi assicurare che un eguale entusiasmo regnava anche nel suo paese e che la mobilitazione era già in pieno corso, colà. Nessuno sembrava ricordarsi, nemmeno per un istante, che fra noi e l'Austria-Ungheria correva un'alleanza.
12r
Dopo il pranzo lo Zar prese congedo da ciascuno degli
addetti militari; e, giunto dinanzi a me, mi disse in un tono amabilissimo: 'A rivederla'.
Il mio collega austriaco era assente. Al pranzo seguì una rappresentazione teatrale, alla quale non assistei perchè obbligato a ritornare subito a Pietroburgo a causa di certi telegrammi urgenti da spedire. Appresi più tardi che la rappresentazione aveva offerto il pretesto per una dimostrazione entusiastica a favour della guerra; dimostrazione avviata dallo stesso granduca Niccola.
Già nel pomeriggio di quello stesso giorno gli addetti militari avevano potuto raccogliere da più parti notizie che dicevano di una mobilitazione già iniziata. Lo strano concetto d'una " mobilitazione parziale " era sbucato fuori non si da dove e si faceva strada. Naturalmente non si trattava che di voci vaghe, nè nulla di positivo si poteva sapere.
Il 17 luglio verso sera, il generale Suchomlinoff telefona al mio domicilio e mi prega di recarmi da lui dovendomi parlare. Mi ricevette, come sempre, con una calorosa cordialità.
Mi disse che Sasonoff l'aveva pregato di darmi alcune spiegazioni sulle intenzioni militari della Russia, affine d'evitare qualsiasi malinteso. Lo Zar aveva in vista una mobilitazione dei governatorati militari confinanti coll'Austria per il caso che questa avesse attaccato la Serbia. Nessuna mobilitazione, invece, avrebbe avuto luogo nei governatorati militari rivolti contro di noi (Varsavia, Wilna e Pietroburgo). In quanto al governatorato militare di Varsavia la cosa era alquanto dubbiosa, confinando questo tanto colla Germania come coll'Austria. Ma egli, il ministro, aveva insistito espressamente per sconsigliare una mobilitazione del governatorato di Varsavia; e questo per non destare in noi la benché minima sfiducia. La sua proposta era stata accettata. "Si desidera – aggiunge – di conservare in ogni caso la pace colla Germania, e di mantenere verso di essa le vecchie tradizioni d'amicizia."
Assicurai il ministro che avrei spedito immediatamente a Berlino le comunicazioni fattemi, convinto che colà avrebbero apprezzato nel loro pieno valore le intenzioni amichevoli a nostro riguardo. Dover, tuttavia, insistere sul fatto che qualsiasi misura diretta contro la nostra alleata avrebbe egualmente costituito minaccia contro di noi, e che a Berlino non avrebbe potuto essere interpretata in altro senso. Per questa ragione non potevo fare a meno di mettere in guardia contro misure così pericolose.
Suchomlinoff replicò vivamente che qualsiasi idea di minaccia doveva essere giustamente evitata. Era per questo che egli mi aveva fatto le franche dichiarazioni che sopra, perchè io potessi riferire al mio Governo delle buone ed amichevoli intenzioni della Russia. Tutto avrebbe dovuto essere chiaro e leale fra di noi. Anche la mobilitazione contro l'Austria era stata progettata solo per un certo caso, ma fino a quel momento non era stata nè ordinata nè cominciata. Fino a quel momento non era avvenuto nulla di nulla: nè un cavallo nè un veicolo era stato requisito, nè un soldato chiamato sotto le armi. E il ministro mi diede solennemente la sua parola d'onore.
Si può facilmente immaginare qual fosse la mia situazione.
Io avevo dinanzi a me l'uomo, che, nella sua qualità d'autorità suprema dell'immense armata russa, era il primo consigliere dello Zar. Quest'uomo mi faceva sotto forma ufficiale, a nome del primo dirigente della politica russa, dichiarazioni di una straordinaria importanza, e me le confermava sulla sua parola d'onore di soldato. Per guadagnarsi la mia fiducia aveva persino invocato le vecchie tradizioni che sapeva esser sempre care a un ufficiale prussiano.
Allora, prima della guerra, non possedevamo l'alto grado d'esperienza sulla menzogna e l'ipocrisia a cui i nostri nemici ci hanno ormai abituato. Questa era, in certo qual modo, la prima battuta d'una canzoncina tutta nuova.
In ogni caso si comprenderà come non mi fosse facile di ostentare, davanti ad affermazioni così solenni d'un uomo di quell'importanza, lo scetticismo al quale mi obbligavano le osservazioni e le notizie raccolte altrove.
Tuttavia io non adottai subito allora, come si sa, nel mio rapporto, l'idea che il generale Scuchomlinoff m'avesse scientemente ingannato. Poteva esser ben possibile che I preparativi di cui avevo avuto sentore fossero avvenuti, non dietro un ordine formale di mobilitazione, ma in seguito ad istruzioni generali o per ordine delle autorità militari subalterne.
Oggi è risultato chiaro che il generale Suchomlinoff cercava d'ingannarmi. Le sue comunicazioni erano false, forse non relativamente all' ordine di mobilitazione stesso, ma certo in quanto alle intenzioni generali, già concretate mentre il Suchomlinoff parlava meco.
La conversazione col generale Januschkewic, il 29 luglio, differì dalla precedente solo in quanto lasciò penetrare meglio quali erano le vere intenzioni. Le notizie sui preparativi si erano frattanto talmente accumulate, che, ormai, non esisteva in me più dubbio alcuno. La mobilitazione era in pieno corso.
Il generale Januschkevic mi fece chiamare per telefono il 29 luglio nelle ore pomeridiane.
13r
Ritornava, mi disse, da un'udienza avuta presso lo Zar a
Krasnoje-Selo, ed era stato incaricato dal ministro della Guerra di orientarmi ancora una
volta sulla situazione militare. Egli doveva confermarmi espressamente che tutto era rimasto
come il ministro mi aveva detto due giorni più avanti: si aveva in vista una sola
mobilitazione parziale contro l'Austria nel caso che quest'ultima avesse attaccato la
Serbia. Lo Zar non desiderava assolutamente una mobilitazione dei governatorati militari
rivolti contro la frontiera tedesca. Fino al quel momento, comunque, non era stata ordinata
nessunissima mobilitazione nemmeno contro l'Austria.Obbiettai al generale che possedevo numerose notizie, impossibili a interpretarsi altrimenti che come misure di mobilitazione.
Il generale Januschkewic dichiarò queste notizie assolutamente erronee. Può darsi che qua o là fossero dati falsi allarmi, o che certi preparativi di carattere generale fossero stati male interpretati data la critica situazione del momento. Mi diede, quindi, la sua parola d'onore che non erano stati richiamati riservisti sotto le armi nè erano state fatte requisizioni di cavalli. Non avrebbe saputo dire, però, quello che poteva accadere più tardi.
Alla mia riposta che le sue comunicazioni mi mettevano davanti ad una specie d'indovinello, il generale mi offrì di confermarmi per iscritto la sua parola d'onore. Declinai l'offerta assicurandolo che la sua dichiarazione verbale mi bastava.
Credetti opportuno non spingermi troppo oltre nell'esprimere il mio dubbio. Se Januschkewic avesse negato più tardi la sua affermazione, avrebbe bastato la mia parola a mettere le cose perfettamente in chiaro.
Il generale estrasse il suo orologio, constatò che erano le 3 ed osservò:
"Se un giorno si dovesse riconoscere che io non le ho detto la verità, ella potrà afferma re davanti a tutto il mondo: il 29 luglio 1914, alle ore 3 pomeridiane, il capo dello Stato maggiore generale dell'armata russa, mentì in mia presenza!"
Mi fece poi osservare che anche lui aveva ricevuto notizie dalle quali sarebbe risultato che anche in Germania si procedeva a preparativi in vista di una mobilitazione generale. Gli avevano riportato, fra l'altro, che in un gran numero di stazioni, ufficiali coperti di fiori accompagnati dai loro parenti, partivano per destinazioni ignote, e che in tutto il paese regnava il più grande entusiasmo bellico. Gli risposi che non poteva trattarsi d'altro che del ritorno di ufficiali in permesso; misura comprensibilissima data la situazione. Se altre disposizioni più serie fossero state prese, io nè sarei stato informato; ciò che, invece, non era assolutamente il caso.
Il tono della conversazione rimase perfettamente amichevole e corretto, per quanto assai più misurato che non nella conversazione con Suchomlinoff. Non potei fare a meno di esprimere al generale il mio sentimento di disillusione; che egli aveva, del resto, ben compreso come mi confermò esso stesso.
Con in tasca l'ordine di mobilitazione, debitamente sottoscritto dallo Zar, la sua parola d'onore non poteva riguardare che la forma esteriore e non il senso reale delle sue dichiarazioni.
Il Libro bianco tedesco ha riprodotto il mio giudizio sulle dichiarazioni del generale Januschkevic; e verrà un giorno nel quale i corpi degli ufficiali russi si vergogneranno del contegno tenuto dal loro più alto rappresentante.
Firmato: Maggiore von Eggeling.