Dokument-Nr. 8439
[Erzberger, Matthias]: La parte politico-religiosa delle nuove direttive del Centro1, 21. Juli 1918
Politica estera.
Quinto punto. Creazione di un territorio coloniale tedesco sufficiente ad appagare i bisogni economici tedeschi. – Incoraggiamento della diffusione della fede cristiana fra gl'indigeni. – Abolizione di ogni forma di schiavitù.
Il partito del Centro domanda un territorio coloniale che soddisfi i bisogni economici tedeschi. Le passate colonie tedesche nell'Africa e nel Mar del Sud furono un acquisto puramente fortuito. Il partito del Centro vuole non soltanto la restituzione delle colonie tedesche occupate dall'Intesa, ma un accrescimento di esse tale che corrisponda alle legittime pretese della Germania. Per il Centro sono nel caso decisivi motivi economici, non politici. Il Centro non vuole saperne di aspirazioni imperialistiche che quindi respinge anche nel riguardo delle colonie. L'abolizione di ogni forma di schiavitù è una vecchia richiesta del Centro. Già Windthorst invocò provvedimenti dell'Impero per l'abolizione del mercato degli schiavi in Africa e sollecitò il Consiglio federale a compiere passi internazionali per metter fine agli orrori dell'Africa orientale. La sua proposta ebbe il consenso del Governo e del Reichstag. Il primo atto compiuto da Tedeschi contro il commercio degli schiavi si deve, quindi, all'iniziativa del Centro. Negli anni seguenti il Centro ha sempre vigilato perché nel mettere economicamente in valore i possedimenti coloniali tedeschi si badasse che la popolazione indigena non ne risentisse danno, giovando così non soltanto agli interessi di questa, ma altresì a quelli dei bianchi che hanno bisogno
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della mano d'opera dei negri, sicché
devono tenerci quanto mai a conservarsi durevolmente questo prezioso fattore economico. La
questione della politica degli indigeni tornerà ad essere dopo la guerra una questione del
giorno per effetto della domanda di mano d'opera nelle colonie necessarie per l'estrazione
delle materie prime. Innanzi tutto si tratterà di ristabilire un ordinato stato di cose fra
gli indigeni che durante la guerra hanno molto sofferto per la carestia, le epidemie e
altresì moralmente. Il Centro ha considerato sempre compito dello Stato di promuovere la
diffusione del cristianesimo fra gl'indigeni e di lavorare d'accordo con le
missioni cristiane alla elevazione morale e intellettuale degli indigeni. Il Centro chiede
la cristianizzazione – non la militarizzazione degli indigeni. Il Centro non
desidera che dopo la guerra incominci sul continente africano una gara di armamenti fra le
grandi Potenze europee come si ebbe, prima della guerra, sul continente europeo. L'Africa
dev'essere una sede di pacifico lavoro non l'arena di imprese guerresche. Gl'indigeni devono
essere educati al lavoro, non al cruento mestiere delle armi che, una volta imparato, essi
possono facilmente, più tardi, usare contro i maestri.Settimo punto. Creazione e applicazione di un diritto internazionale che corrisponda ai principi cristiani. – Piena indipendenza della Santa Sede assicurata da garanzie internazionali. – Incremento della procedura internazionale d'arbitrato.
Quanto alla richiesta di un diritto delle genti che corrisponda ai principi cristiani, il Centro si basa sull'idea fondamentale della Nota pontificia del 1 agosto 1917, che nei rapporti dei popoli al posto della forza materiale delle armi deve sostituirsi quella morale del diritto. Il Centro desidera, con il Papa,
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il predominio del diritto nella politica
internazionale e si oppone a rapporti fra i popoli civili che siano fondati solamente sulla
forza. Perché il Centro vuole il predominio del diritto, la piena indipendenza della
Santa Sede è parte integrante del diritto internazionale da lui invocato e così le
garanzie per l'indipendenza della Santa Sede. La questione è, dunque, per il Centro una
questione di diritto. Pure per quel che riguarda l'incremento della procedura
internazionale d'arbitrato il Centro prende le mosse dal suggerimento del Papa nella sua
Nota ai popoli belligeranti del 1 agosto 1917. A tale questione è strettamente connesso
il problema del disarmo. Disarmo e procedura arbitrale hanno avuto il consenso del Governo
germanico nella sua risposta alla Nota del Papa. Come il Centro si contenga verso il
principio politico rappresentato in Germania dai pangermanisti e da altri partiti in tutti
gli Stati belligeranti si ricava esattamente da un articolo della "Germania" nel quale è
detto: "Noi abbiamo nelle colonne della "Germania" pubblicato perfino considerazioni di
ecclesiastici protestanti che dimostrano in modo irrefutabile il carattere
anticristiano della politica imperniata esclusivamente sulla forza, sia essa
scopo a se medesima o solo mezzo per raggiungere lo scopo. Se la politica imperniata
esclusivamente sulla forza è di per sé inammissibile, essa non può mai diventare migliore o,
come si dice, venir "giustificata" da uno scopo superiore. La domanda è chiara e precisa: –
forza o diritto? Il diritto è determinato dalla forza o viceversa? Il
cristianesimo dà alla domanda una risposta altrettanto chiara e precisa: Il diritto, e cioè
il diritto che ha il suo fondamento in Dio, che abbraccia tutti gli uomini e tutti i tempi,
è l'idea superiore cui quella della forza deve subordinarsi. Chi sostiene il
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trario non ha una nozione giusta non solamente del
sentimento cristiano del diritto, ma altresì del naturale. Ma già le manifestazioni
indubitabili del Papa lo dovrebbero trattenere dal discorrere di una conciliabilità
degli scopi pangermanistici con i principi fondamentali del cristianesimo cattolico.
Perciò anche noi abbiamo, sino dal principio, molto prima della guerra, respinto e
combattuto, con ogni energia, la politica pangermanistica. Tradiremo la verità
cristiano-cattolica se ci lasciassimo adescare da lei per qualsiasi
motivo."45r
Politica interna.Ottavo punto. Conservazione e consolidamento degli ideali cristiani di civiltà e d'educazione nella vita nazionale tedesca.
In certo modo si tratta qui di una restaurazione delle condizioni del tempo di pace, della cancellazione degli effetti della guerra sulla vita nazionale per ricondurla a uno stato normale. Durante la guerra lo Stato ha per necessità conseguito una potenza quasi illimitata. In pace si dovrà pensare a ricacciare lo Stato nei suoi confini. Il Centro non è d'avviso che lo Stato sia da considerarsi come la fonte prima di ogni diritto, ma che dopo la guerra occorra riaffermare di nuovo il diritto naturale di fronte alle intrusioni dello Stato nella intimità della vita di famiglia e privata, nei rapporti possessuali e patrimoniali. La vita civile cristiana dovrà svolgersi di nuovo, come prima, nelle famiglie e in pubblico, scomparse che siano le necessità della guerra. Il socialismo di Stato e l'onnipotenza di Stato dovranno far posto di nuovo agli ideali cristiani viventi nel popolo tedesco.
Nono punto. Promozione e rafforzamento del buon accordo fra Stato e Chiesa; lotta contro le tendenze alla separazione dei due poteri. – Libertà della Chiesa, delle associazioni ecclesiastiche, specialmente degli ordini e delle congregazioni religiose cattoliche.
In questo riguardo il Centro è dell'avviso manifestato da Papa Leone XIII nella sua enciclica sull'ordinamento statale cristiano secondo il quale esistono due poteri, Stato e Chiesa. Ciascuno di essi è il supremo della sua specie, ciascuno ha i suoi confini determinati, entrambi devono reciprocamente aiutarsi e lavorare in-
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sieme per il bene dell'umanità. Dopo la guerra i
compiti che si dovranno risolvere richiederanno le forze unite dello Stato e della Chiesa.
Tutti i tentativi di seminare zizzania fra lo Stato e la Chiesa saranno combattuti dal
Centro. Una separazione di Stato e Chiesa sarebbe un rivolgimento
politico-ecclesiastico di straordinaria portata. Secondo il Centro contraddice al carattere
dello Stato, come istituzione voluta da Dio, che egli trascuri la religione e la Chiesa e si
ricusi di rispettare ed onorare la religione e la Chiesa. È vero che una separazione di
Stato e Chiesa non implicherebbe senz'altro in Germania un rapporto di ostilità fra i due
poteri, come è avvenuto in Francia, tuttavia esso costituirebbe sempre un grave attentato
alla vita della Chiesa. Insegnamento, scuola, educazione, conclusione del matrimonio,
ordini, proprietà ecclesiastica, sussidi dello Stato per scopi ecclesiastici e istituti, in
tutti questi punti si avrebbero modificazioni a svantaggio della Chiesa. Il Centro non si
dichiarerà mai favorevole a un tale mutamento e si opporrà sempre ad ogni tentativo dovunque
venisse osato. Forse la Chiesa, se separata dallo Stato, verrebbe ad avere, in qualche cosa,
più libertà, più possibilità di sviluppo. Ma dove oggi questa libertà manca non dipende già
dal rapporto fondamentale fra lo Stato e la Chiesa, sì, invece, dagli influssi che
determinarono a suo tempo la legislazione. Il Centro sosterrà sempre la piena libertà
della Chiesa, una libertà armonizzante con il vincolo d'amicizia che oggi congiunge
legalmente Stato e Chiesa: ciò è nell'interesse sia dello Stato che della Chiesa. Il Centro
esige la medesima libertà anche per le associazioni ecclesiastiche, gli ordini e le
congregazione cattoliche. In Germania gli ordini religiosi non hanno ancora la
condizione giuridica che potrebbero esigere. La peggiore fra le leggi d'eccezione, quella
contro i gesuiti, è stata, com'è noto, abolita durante la guerra, ma alcuni Stati
confederati sbarrano, con le loro leggi speciali, ancor oggi, ai figli di Sant'Ignazio
l'ingresso nel loro territorio o permettono che vi 47r
si
stabiliscano solo a condizioni restrittive. Recentemente il conte von Galen, membro del
partito del Centro, ha parlato di ciò nella Camera dei Signori prussiana e domandato al
Governo piena libertà per gli ordini in Prussia.Decimo punto. Eguale considerazioni dei membri e degli istituti delle diverse confessioni religiose in tutti i campi, particolarmente nella provvista dei pubblici uffici e nella assegnazione di pubblico danaro.
È un vecchio lamento dei cattolici tedeschi di non essere negli uffici superiori e direttivi dello Stato rappresentati nella misura corrispondente al numero complessivo dei sudditi cattolici dell'Impero e al numero degli aspiranti cattolici. Nei corpi legislativi il Centro risolleva sempre la questione della parità. In tale riguardo proprio durante la guerra si è verificato un miglioramento nei più alti uffici dell'Impero, ma una vera piena parità non sussiste ancora. Per ottenerla il Centro non si stancherà di combattere nell'Impero e in tutti gli Stati confederati, come pure per ottenere un eguale assegnamento del pubblico danaro agli istituti delle varie confessioni religiose.
Und e cimo punto. Libertà per l'azione di carità cristiana ed eguale incoraggiamento delle sue opere.
In guerra si è manifestata la naturale tendenza da parte dello Stato ad organare e regolare tutta l'azione per il pubblico benessere. Pure l'ecclesiastica e la privata. Al Centro sembra però sbagliato convertire questo eccezionale stato di cose in una sistemazione permanente, di trasformare una necessità del momento in un ideale per l'avvenire. Il Centro chiede libertà e indipendenza per l'azione di carità cattolica. Gl'istituti cattolici di carità, ospe-
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dali, orfanotrofi, case per i corrigendi si
sottomettono volontariamente, come gli istituti simili di altre confessioni, alla vigilanza
dello Stato richiesta dall'igiene e da altri giusti motivi. L'azione di carità cattolica non
deve essere, però, secolarizzata, avocata allo Stato, burocraticamente ordinata, perché essa
riassume in sé la beneficienza da uomo a uomo, da cuore a cuore, da anima a anima. Questa
sua efficacia tutta particolare non è resa superflua né meno dalla meglio organata
beneficienza pubblica. Il Centro intende quindi propugnare la piena autonomia dell'azione
di carità cattolica, il suo riconoscimento come organizzazione autonoma munita dei
medesimi diritti, pronta sì a lavorare in comune con altre organizzazioni, ma contraria a
sottomettersi a qualsiasi burocrazia ed accentramento di Stato o comunale.Duodecimo punto. Mantenimento della scuola elementare confessionale. – Istituzione di scuole confessionali superiori libere senza scapito del diritto di vigilanza e di esame dello Stato. – Assicurazione di una sufficiente istruzione religiosa in tutte le scuole. – Difesa della competenza dei singoli Stati per l'istruzione e l'educazione, anche nei riguardi della gioventù licenziata dalla scuola. – Concessione del tempo libero per l'adempimento di doveri religiosi.
Movendo dal principio che il diritto naturale dei genitori e il diritto divino della Chiesa deve rimanere, per ciò che riguarda l'educazione, inviolato, il Centro chiede il mantenimento della scuola elementare confessionale. Vi sono correnti che esigono l'esclusione della religione della Chiesa dalla scuola e che fanno propaganda per una cosiddetta "scuola unica nazionale" invece della scuola elementare confessionale. Tali correnti
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che mirano ad una scuola mista per tutte le
confessioni si manifesteranno forse dopo la guerra con maggiore energia, ma troveranno
decisa opposizione nel partito del Centro e del resto anche nel conservatore e nel
nazionale-liberale. I Governi dei singoli Stati confederati non pensano essi pure a toccare
la scuola elementare confessional e. Il Centro, però, chiede pure l'istituzione
di scuole confessionali medie e superiori, che presentemente sono in maggioranza miste.
Nelle scuole superiori miste il Centro domanda per l'insegnamento religioso dei cattolici la
necessaria libertà e la concessione del numero di ore indispensabile. Nelle Università
gli studenti devono aver modo di imparare e giudicare dal punto di vista cattolico,
filosofia, storia, filosofia e storia delle religioni. Il Centro domanda, quindi,
l'istituzione di cattedre per cultori schiettamente cattolici di queste scienze. Tali
cattedre cattoliche esistono già, del resto, in alcune Università. Il Centro si oppone
all'accentramento della scuola per via di leggi dell'Impero: gli Stati confederati devono
rimanere, in proposito, indipendenti come sin qui. Per le scuole di perfezionamento il
Centro domanda che sia introdotto 1'insegnamento religioso e che nessuno alunno per mancanza
di tempo sia impedito nell'adempimento dei suoi doveri religiosi.Tredicesimo punto. Difesa del matrimonio e della famiglia; arginamento dei divorzi; incoraggiamento di tutti gli sforzi diretti a favorire una numerosa procreazione nelle famiglie. – Lotta contro la decadenza morale e specialmente contro l'arte degenere e la letteratura corrotta.
La guerra ha cagionato dappertutto danni alla vita famigliare. Si è avverato un certo allentamento dei vincoli che richiede seria attenzione dopo la guerra. Gli uomini sono al fronte, le donne nei pubblici uffici, nelle fabbriche ecc., i ragazzi
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in parte senza sufficiente sorveglianza. Lo Stato,
costretto dalla necessità, si è intruso nelle più intime cose della vita famigliare e
privata. Sennonché queste necessità della guerra non possono essere prese a base di un
riordinamento dopo la cessazione delle ostilità, anzi è del più grande interesse per lo
Stato che alla famiglia sia restituita quella misura di libertà e
indipendenza che le spetta per la sua natura. A tutela della famiglia, a
difesa della sua santità e indissolubilità contribuirà già di per sé il ritorno dello stato
di pace, ma saranno necessari accora altri provvedimenti: Miglioramento degli stipendi per
rendere possibile i matrimoni precoci ecc. Già per motivi di politica demografica si dovrà
pensare a toglier di mezzo ogni cosa che possa nuocere alla fertilità del matrimonio. Leggi
sono in preparazione che comminano gravi pene per l'impedimento delle nascite, la sterilità
artificialmente ottenuta e l'interruzione della gravidanza. La famiglia come la vita
pubblica dovrà essere preservata dagli eccessi di un'arte e di una letteratura libertina. Il
Centro è d'avviso che specialmente nell'educazione dei fanciulli si debba lasciare molto
alla famiglia. Giacché lo Stato non ha né il primo né l'esclusivo diritto sui figlioli: il
primo diritto lo hanno i genitori. Si tratta, come abbiamo accennato, di procurare che dopo
la guerra siano segnati fra la famiglia e lo Stato confini che permettano di nuovo alla
famiglia, la cellula della società, di dedicarsi, interamente al suo compito della
educazione dei bambini e all'attuazione dell'ideale famigliare cristiano. Strettamente
connesso con questo è ilSedicesimo punto. Efficace assistenza delle famiglie ricche di prole (sgravi tributari, politica delle abitazioni, supplementi di stipendi agli impiegati, padri di molti figli. – Difesa della gioventù dallo sfruttamento e dal-
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la corruzione.Ciò che si vuole è la riduzione dei tributi; l'incremento della costruzione di case per una sola famiglia, per trar fuori le famiglie dalle grandi caserme d'affitto delle grandi città; speciali sussidi agli impiegati per ogni figliolo; sussidi per l'istruzione e l'educazione. La gioventù deve essere preservata dalla legge da precoci ed eccessive fatiche fisiche, nonché difesa, con l'integrazione della legislazione giovanile, dai pericoli morali.
Venticinquesimo punto. Lotta contro la cupidigia e la mancanza di scrupoli nella vita economica, specialmente contro l'usura di guerra e gli smodati guadagni di guerra.
Innanzi tutto si tratta qui, in generale, come dice la pastorale d'Ognissanti dell'episcopato germanico (a cui si ispirano, del resto, le direttive del Centro nei riguardi della politica interna) di rimettere in onore, in tutti i campi dell'attività umana, il settimo comandamento che in guerra è caduto assai in oblio. Il Centro vuole combattere con severi provvedimenti legislativi gli eccessi della sete di guadagno. Ciò vale pure per l'usura di guerra. I guadagni di guerra eccessivi devono essere colpiti da una speciale legislazione tributaria.
Quattordicesimo punto. Abolizione dell'obbligo del duello.
Da decenni il Centro si adopera a togliere di mezzo l'obbligo morale dell'accettazione di una sfida a duello nell'esercito. Chi nell'esercito respinge una sfida, dopoché il giurì d'onore non è riuscito a ottenere un pacifico componimento della contesa, viene licenziato. Convien dire che i duelli sono quasi scomparsi nell'esercito tedesco per effetto di disposizioni che rendono difficile che si giunga a questo estremo. Formalmente, però, il duello non è nell'esercito vietato. Un tale divieto fu emanato per l'eser-
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cito austro-ungarico dall'Imperatore Carlo nel
novembre dell'anno scorso. Ciò mosse i deputati del Centro Erzberger e Trimborn a domandare
al Cancelliere se egli fosse in grado di promettere già durante la guerra l'emanazione di un
simile divieto pure per l'esercito germanico. Il 4 marzo u. s. il Cancelliere
rispose così:Con decreto imperiale del 1 gennaio 1897 sono state prese disposizioni generali per impedire duelli fra ufficiali. Esse hanno avuto ottimo effetto. Il capo d'anno 1913 Sua Maestà l'Imperatore e Re esortò nuovamente il corpo degli ufficiali alla più severa disciplina personale in tale riguardo. Con ciò si è compiuto un nuovo progresso nella lotta contro il duello nell'esercito. Di fatto in paragone del numero degli ufficiali si sono avuti, da allora, assai pochi duelli.
Un ordine del giorno diretto a tutto l'esercito e che vietasse agli ufficiali il duello non avrebbe l'effetto desiderato sino a tanto che non saranno stabilite altre garanzie a tutela dell'onore.
Da ciò si ricava che per un simile divieto esistono ancora impedimenti, sia tali che hanno il loro fondamento nelle tradizioni del corpo degli ufficiali, sia tali che traggono origine dalla mancanza, di fatto sentita, di sufficienti garanzie legali per la difesa dell'onore. Questi ostacoli non impediranno tuttavia il Centro di continuare ad adoperarsi pure in avvenire per l'abolizione dell'obbligo del duello, come un'istituzione anticristiana ed illogica.
1↑Unterhalb des Betreffs hds. notiert, vermutlich vom Empfänger: "inviata da Pacelli
il 21 luglio '18".