Dokument-Nr. 8500
Dalbor, Edmund an Pacelli, Eugenio
Posen, 04. April 1918

Eccellenza Reverendissima,
L'Episcopato di Polonia, specialmente l'Arcivescovo-Metropolita di Varsavia, Mons. Kakowski, mi hanno pregato di sottoporre all'Eccellenza Vostra parecchie osservazioni intorno alle condizioni nelle quali si trova la Chiesa Cattolica in questi territori dell'antico Regno di Polonia che ora, per la maggior parte, sono occupati dagli eserciti austro-tedeschi e dei quali la parte minore e soggetta al dominio dei Bolscevichi e degli Ucraini.
Importa soprattutto ai Vescovi Polacchi:
1.) di ristorare e di provvedere il più presto possibile la diocesi di Podlachia (Janów),
2.) di ristabilire la diocesi di Kamieniec-Podolski,
3.) di prestare appoggio alla diocesi di Vilna e particolarmente all'Amministratore Apostolico di essa, Monsignor Michalkiewicz.
1 Ad 1.) La storia della Podlachia nei tempi del regime degli Czar, specialmente nella seconda metà del secolo XIX, è bene nota alla Santa Sede. Ancora nell'anno 1905 quando – malgrado la vigilanza della polizia russa – riuscì ad una deputazione degli abitanti di Podlachia e della terra di Chelm di passare a Roma, pianse Pio X, vedendo di propri occhi sui corpi di questi martiri per la fede cicatrici provenienti dalle piaghe inflitte loro dai cosacchi.
La terribile incertezza in che modo, forse già nei tempi prossimi, si deciderà la sorte politica della Podlachia adempie tutto l'Episco-
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pato polacco di gravi inquietudini e sveglia il desiderio di ristorare il più presto possibile la diocesi di Podlachia.
La suddetta diocesi – colla residenza a Janów – eretta dal Papa Pio VII nell'anno 1818, fu soppressa, senza l'accordo della Santa Sede, in forza di un ucase imperiale dell'anno 1867. Quale anche sarà la sorte della Podlachia, se una volta vi fosse già stabilita la diocesi, una soppressione eventuale di essa sarebbe sempre congiunta con più o meno grandi difficoltà, e la sistemazione degli affari ecclesiastici di quel territorio riuscirà meglio ora che nel tempo in cui la Podlachia sarà forse la parte di qualche nuova "repubblica popolare"ossia sparirà nelle onde dello czarato.
La terra di Chelm di cui tanto si parlava nei tempi ultimi, è la sorella gemella della Podlachia. Anche essa gemeva lungo tempo sotto il flagello di una acerbissima persecuzione religiosa. La separazione di questa terra dalla Polonia e la sua aggiudicazione definitiva alla Repubblica popolare ucraina sarebbe non solamente un torto politico, ma darebbe sopratutto un colpo mortale ai cattolici i quali costituiscono ivi la grande maggioranza. Il Governo Ucraino, non conoscendo nessuna misura nel liberalismo male compreso e procedendo conseguentemente nel adempiere il suo programma, scarterà ben presto senza dubbio ogni concetto di religione dalla vita pubblica e sociale, creando così il più favorevole terreno per la frammassoneria e tutte le altre idee sovversive, naturalmente se il suo dominio non finirà col risorgimento dello czarato e della reazione scismatica. La Chiesa Cattolica deve prepararsi ad una dura persecuzione nella Repubblica Ucraina, la quale, benché formalmente contraria al bolscevismo, infatti segue le
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sue dottrine, o le approva almeno permettendo la confiscazione delle proprietà – in questo caso dei Polacchi-cattolici – e sradicando così gli elementi, cattolici, rappresentati ivi esclusivamente dai Polacchi.
Ad 2.) 2 La questione del ristabilimento della diocesi di Kamieniec-Podolski è ugualmente un'affare di grande importanza. La città di Kamieniec-Podolski, situata vicino alla frontiera sud-est della Galizia meridionale, era dall'anno 1375 capitale di una diocesi, fondata ivi da Lodovico, Re di Polonia e di Ungheria d'accordo col Papa Gregorio XI. Nell'anno 1866 questa diocesi fu soppressa, e la sua amministrazione fu conferita ai Vescovi di Luck-Zytomierz, i quali la esercitano fin ad oggi. La diocesi di Kamieniec contava nel 1913 312.087 fedeli e possedeva 131 sacerdoti e 101 parrocchie. La restaurazione di questa diocesi costituirebbe un immenso vantaggio per la Chiesa Cattolica, e così – considerando le condizioni politiche presenti – si impone la questione, se non fosse opportuno di approfittare del momento attuale e di fare dei passi per ristabilire la suddetta diocesi. Spero che le autorità occupatori (adesso sono truppe austriache in questa regione) non farebbero, riguardo a questo punto, troppo grande difficoltà alla Santa Sede, e il giovane Governo ucraino lascia per ora in tranquillità la Chiesa Cattolica. Se la Santa Sede poté ristorare la diocesi di Minsk sotto il Governo Russo Bolscevista, esiste la speranza che riuscirebbe eziandio il tentativo di ristabilire la diocesi di Kamieniec sotto il Governo Ucraino. Ma anche in questo caso i vescovi polacchi sono dell'opinione che si dovrebbe affrettare l'azione quanto si potesse.3
Ad 3.) Con una profonda angoscia adempiono i vescovi le
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condizioni ecclesiastiche che regnano in Lituania.
Dopo una convivenza pacifica di parecchie centinaia di anni si sviluppò in Lituania un forte antagonismo nazionale fra Polacchi e Lituani il quale – attizzato con fuoco dal Governo Russo – si inasprì gravemente dagli ultimi vent'anni.
Certi fattori si danno ogni pena di mettere in mala vista i Polacchi, di rigettare a loro tutta la colpa e di fare loro responsabili di tutte le discordanze.
La Lituania e abitata da tre nazioni principalmente, cioè dai Lituani, i Polacchi ed i Ruteni-bianchi. I Lituani si trovano per la maggior parte nella diocesi di Kowno (o Samogizia), i Polacchi in quella di Vilna, i Ruteni-bianchi in quella di Minsk. Ora, le autorità militari tedesche che occupano attualmente la Lituania, favoreggiavano dal principio i Lituani ed i Ruteni-bianchi e opprimevano invece i Polacchi. Mentre si permetteva ai Lituani di partire fuori della Lituania e di diffondere le loro lagnanze contro i Polacchi, mentre era lecito a loro di esternare le loro opinioni in giornali ed opuscoli, si impediva i Polacchi, o si impossibilitava piuttosto, di passare la frontiera e si proibiva di scrivere e di entrare in contatto colla Sede Apostolica e con Vostra Eccellenza. Se dai Polacchi in Lituania penetravano qualche volta rarissime notizie al Santo Padre ed a Vostra Eccellenza, la trasmissione di esse si effettuava nel più stretto segreto ed era soggetta sempre a gravi difficoltà.
Negli ultimi giorni ancora ricevetti dal Comitato Lituano in Lausanne uno scritto coll'annunzio di un memoriale in cui i Lituani vogliono esprimere l'idea che le condizioni ecclesiastiche in
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Lituania non diventeranno migliori prima che non sparisca dalla superficie di quel palese il clero polacco.
Mi permetto di aggiungere a questa mia lettera un memoriale che mi pervenne dalla diocesi di Kowno l'autunno scorso. Vostra Eccellenza vi troverà una prova delle tristi condizioni che si svilupparono ivi sulla base dell'antagonismo nazionale.
Quale è il regime militare in Lituania, quali sono le relazioni fra lui e l'Amministratore Apostolico della diocesi di Vilna, il Protonotario Mons. Michalkiewicz, questo provano ottimamente non soltanto tutti i testi imparziali che riuscirono di conoscerle da vicino, ma i numerosi inconvenienti furono già parecchie volte stimmatizzati dalla tribuna parlamentare in Berlino. Basterà dire che malgrado l'esasperata opposizione di certi circoli, il Governo Tedesco dovette richiamare dal posto di Capo dell'Amministrazione civile a Vilna il Principe Isenburg il quale, benché cattolico, lasciò un ricordo fatale nella storia della Chiesa Cattolica in Lituania, mettendo dappertutto a Monsignor Amministratore Apostolico ostacoli nel regime della diocesi.
I Lituani si danno ogni pena di caratterizzare Monsignor Michalkiewicz come un polonizzatore, un persecutore dell'elemento lituano. Ma il contegno di Monsignor Michalkiewicz è obiettivo e assolutamente giusto. Il Sac. Dott. Krebs, Professore all'Università di Friburgo in Brisgovia, Tedesco, il quale nell'anno 1916 fece un viaggio in Lituania, rende – sotto questo proprio rapporto – un testimonio molto lodevole all'imparzialità di Monsignor Michalkiewicz; lo stesso conferma il Dott. Steuer, Canonico di Posnania, anche un Tedesco,
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in presenza di cui esclamo il sullodato Prelato "Sacerdos catholicus sum, nec Polonus nec Lithuanus", ed il fatto che prima della guerra si sollevarono da parte polacca varie voci che Monsignor Amministratore favoreggi precisamente i Lituani, dimostra quanto lontano sono a quel Prelato le intenzioni di una polonizzazione forzata.
La città di Vilna ha un carattere polacco. Fra la popolazione cristiana di questa città il numero dei Polacchi raggiunge il 90 %. La popolazione lituana – malgrado tutto che si dica e si scriva da certe parti – forma nella diocesi di Vilna una grande minoranza e non eccede la settima parte della popolazione indigena. Quindi, se sulla Sede vescovile di Vilna dovesse esser chiamato un lituano fanatico, ostile ai Polacchi, questo fatto potrebbe provocare delle conseguenze funeste ed incalcolabili per la cattolicità della Lituania.
Voglia gradire, Eccellenza Reverendissima, l'omaggio della mia profonda stima con cui ho l'onore di confermarmi
Di Vostra Eccellenza Reverendissima
devotissimo servitore
+ Edmondo, Arcivescovo di Gnesna
e Posnania.4
1An dieser Stelle, vermutlich vom Empfänger eingefügt: """.
2"Ad. 2.)" hds. gestrichen, vermutlich vom Empfänger.
3"Ad 1.)… quanto si potesse." hds. in blauer Farbe am linken Seitenrand markiert; zudem an dieser Stelle hds. eingefügt, vermutlich vom Empfänger: """.
4"Voglia gradire… e Posnania." hds. in roter Farbe gestrichen, vermutlich vom Empfänger.
Empfohlene Zitierweise
Dalbor, Edmund an Pacelli, Eugenio vom 04. April 1918, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8500, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8500. Letzter Zugriff am: 26.04.2024.
Online seit 17.06.2011.