Dokument-Nr. 8673
[Erzberger, Matthias]: La nota di risposta tedesca alla lettera pontificia. E la stampa dei grandi partiti in Germania. I., 22. September 1917
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Il testo della risposta del Governo germanico all'appello di pace del Papa del 2 agosto u. s. è stata comunicata oggi, sabato 22 settembre, al pubblico tedesco. I giornali la riproducono tutti integralmente, e la fanno seguire da più o meno diffusi commenti. L'accoglienza già avuta dalla Nota Pontificia in quella parte della pubblica opinione tedesca che si è schierata intorno alla "risoluzione" del Reichstag del 19 luglio, lasciava prevedere come sarebbe stata accolta la risposta del Governo di Berlino se favorevole alle proposte del Santo Padre. In una relazione destinata ad essere di preparazione alla presente noi cercammo di tracciare un quadro della situazione interna della Germania nel riguardo politico. In essa facemmo notare che gli annessionisti cercavano di mantenere, con una lotta accanita, la loro linea di combattimento; presentendo che essa sarebbe divenuta insostenibile in conseguenza del contenuto della imminente risposta del Governo alla Nota del Papa. Nessuno, infatti, dubitava che il Governo germanico determinerebbe, omai con precisione, i fondamenti della sua politica di pace e che il suo programma tenderebbe tutt'altro che ad una pace imposta colla forza. La risposta pubblicata oggi conferma interamente tali previsioni; e sicché, com'è naturale, i giornali che sostengono la politica discendente dalla surricordata "risoluzione" del Reichstag e che accolsero, quindi, con soddisfazione il nuovo passo del Papa per la pace, se ne dimostrano soddisfatti, mentre i giornali fautori di una pace imposta con la forza dimostrano, nella misura almeno che per ora è dato giudicare, sebbene preparati, un certo imbarazzo di fronte al fatto compiuto. Per esempio le "Tägliche Rundschau", che, 5r
ancor ieri, per attenuare l'importanza della Nota, dichiarava trionfante essere essa un documento di poco conto, non contenere nulla di "palpabile", la menzione della "manifestazione" del Reichstag esser priva d'importanza, e via di seguito; pubblica oggi solo il testo della Nota senza una riga di commento. Avendo il Governo germanico dichiarato esplicitamente nella Nota di essere d'accordo con la "risoluzione" del 19 luglio, la condizione della stampa pangermanistica, è divenuta, a dir vero, oltremodo difficile; giacché essa deve ora sentire che i suoi attacchi alla politica del Reichstag non possono più interpretarsi come semplici attacchi alla politica del Governo. I giornali della maggioranza approvano unanimi che il Governo abbia accolto le proposte del Papa e abbia fatto, così, tutto quanto stava in lui per dimostrare che al popolo e al Governo tedeschi una pace per via d'intesa, una pace mondiale informata a spirito di conciliazione, sembra l'unico modo di metter fine alla guerra e di evitare, il più possibile, il ripetersi in avvenire di simili catastrofi. Questi giornali approvano pure, che nella risposta della Germania non si discorra dettagliatamente dei singoli scopi di pace in quanto essi riguardano questioni territoriali ed altre questioni controverse; e osservano che l'idea che il Governo germanico mostra, nella Nota, di avere della pace mondiale e che qualifica come sua persuasione, nonché l'esplicita dichiarazione di concordanza fra questa idea e la "risoluzione" del 19 luglio, implicano la soluzione delle singole questioni controverse in senso conciliativo. Ciò vale soprattutto nei riguardi del Belgio.Diamo, in quel che segue, brevemente riassunti,
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i commenti dei singoli giornali, mettendone in risalto i punti più importanti.Il liberale "Berliner Tageblatt" giudica come il più importante il passo della Nota nel quale si dice che al Governo germanico "sta a cuore, di trovare in armonia con i desideri di Sua Santità e della manifestazione di pace del Reichstag, basi pratiche per una pace giusta e duratura." Il "Berliner Tageblatt" si compiace che il Governo aderisca alla proposta del Papa concernente il disarmo, e dice che si debbano prendere accordi formali sugli armamenti, giacché solo così può farsi strada un "nuovo spirito" nei reciproci rapporti degli Stati. Questa guerra immane ha dimostrato le conseguenze della febbre degli armamenti in cui per decenni si riscaldò soverchiamente e che l'ha precipitata verso la catastrofe. Mentre prima la questione della limitazione degli armamenti come quella dell'arbitrato erano state considerate ingenue e utopistiche, è giunto adesso il momento in cui dappertutto si comincia a pensare altrimenti su di esso. Il Governo germanico giudica che tali questioni siano le prime che debbano venir trattate, e il "Berliner Tageblatt" sottolinea il valore di "questo riconoscimento emanante da savia accortezza." Non è probabile che tali parole rimangano lettera morta e che non vengano attuate. Una continuazione della gara degli armamenti è impossibile: solo con accordi sugli armamenti la vita dei popoli potrà tornare ad essere tollerabile sotto l'onere dei miliardi di debito. Ottenuta una buona volta la limitazione degli armamenti e trovato il metodo migliore per procedere alla limitazione, nessuna difficoltà tecnica può più impedire la diminuzione degli armamenti stessi. Non è "più complicato diminuire notevolmente le forze armate che il dimi-
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nunirle di poco, una volta raggiunto l'accordo sull'idea e i mezzi di tradurla in atto. – Dopoché il Governo ha affermato di aderire ai desideri del Papa e alla manifestazione per la pace del Reichstag, non è stato necessario menzionare particolarmente nella Nota la questione belga o un'altra delle questioni territoriali. È chiaro che la Germania è disposta a restituire il Belgio solo a condizione che i suoi nemici siano pure disposti a "una simile restituzione delle colonie germaniche." La richiesta probabile del Governo germanico che i diritti della popolazione fiamminga non vengano di nuovo calpestati dalla signoria dei Valloni ha, innegabilmente, un valore ideale; è bene tuttavia non aspettarsi gratitudine: chi spera grandi effetti da un appoggio dei Fiamminghi, brancola nel reame delle illusioni. Il fatto decisivo è che la Germania è pronta, in principio, a restaurare l'indipendenza del Belgio. Solo persone che non hanno alcun intelletto per le necessità politiche e ancor meno per i principi elementari del diritto, hanno potuto desiderare una soluzione diversa. La Germania non vuole aver il Belgio. Il punto di vista del diritto e della morale politica coincide, in questo caso, con quello della previdenza e della ragione politica. Se la Germania mantenesse il possesso del Belgio, essa sarebbe costretta a difendere questo possesso in sempre nuove guerre. La lotta per il Belgio non cesserebbe con una annessione del Belgio. La Germania avrebbe in permanenza contro di sé una coalizione mondiale, né si avrebbe modo di attuare una sana libera politica e un libero sviluppo economico. Nonostante splendidi trionfi esterni, ciò significherebbe l'indebolimento duraturo, l'isolamento, e, 8r
in realtà, la pace-fame che gli annessionisti profetizzano alla Germania se non si annetterà il Belgio. Si può essere di diverso parere se sia stato bene non nominare nient'affatto il Belgio nella Nota, o seppure sarebbe stato meglio dire oggi subito, a secco, ciò che dovrà esser detto domani. Il Governo germanico ha scelto la tattica di attendere una domanda del Papa che certo non si farà aspettare a lungo. Nel Reichstag il Cancelliere parlerà sul Belgio e sulle altre questioni affini, e può attendersi che egli si asterrà a scegliere parole capaci di diversa interpretazione. Ad ogni modo dalla risposta alla Nota pontificia si ricava direttamente e indirettamente la disposizione del Governo germanico a restaurare l'indipendenza del Belgio. E questa disposizione esiste in realtà. La restaurazione del Belgio, la limitazione degli armamenti, la costruzione dell'edificio della pace su nuove basi, tutto ciò è di vantaggio per il popolo tedesco e deve compiersi senza riguardo agli umori e alle intenzioni dei nemici. Si domanderà come i nemici accoglieranno la risposta. È da ritenersi che i Governi dell'Intesa tenteranno di persuadere i loro popoli che, restituendo il Belgio, la Germania dà prova della sua impotenza, sicché la continuazione della guerra è più che mai opportuna. Ma dappertutto nei popoli, dietro le facciate coperte di trofei, si desta "il nuovo spirito" di cui parla la Nota. Non sarà più possibile dare ad intendere a questi popoli che la Germania, la cui forza di resistenza non poté essere fiaccata dagli assalti del mondo coalizzato contro di lei, sarà costretta domani, dopodomani o fra tre mesi a implorare la pace. Appena alla Nota, in molti riguardi ottima, sarà aggiunto un chiaro epilogo, diventerà più che mai difficile nascon-9r
dere ai popoli che la Germania, in piena consapevolezza della sua forza e ispirata soltanto dal desiderio di metter fine alla lotta pazzesca, stende loro la mano per far la pace e gettare i fondamenti di un migliore avvenire.La "Berliner Börsenzeitung" (nazionale-liberale di sinistra) scrive che qualunque possa essere la diversità di giudizio sullo storico documento, nessuno potrebbe affermare non esser esso animato da capo a fondo dal desiderio di restituire al mondo la pace. Una nota diplomatica non può contenere espressioni di una chiarezza opportuna fra persone del medesimo sentimento: suo scopo è precisamente di fornire la base per altri negoziati. Di carattere decisivo è la tendenza generale. Ora, ogni lettore, anche solo relativamente oggettivo, riceverà dalla Nota l'impressione di una ferma volontà di giungere alla pace nata da matura riflessione. La "Börsenzeitung" mette in risalto che la Nota di risposta evita di toccare più da vicino la questione della responsabilità della guerra; addita come suo punto essenziale quello nel quale il Governo tedesco si dichiara parimenti d'accordo con gli scopi manifestati sia nell'appello del Papa, sia nella "risoluzione" della maggioranza del Reichstag. Importante è pure che la concordanza con le intenzioni del Papa venga, al temine della Nota, ancor una volta esplicitamente confermata con la dichiarazione che il Governo germanico scorge nelle idee esposte dal Pontefice una base acconcia per la pace. Negli ultimi tempi si è combattuto accanitissimamente intorno alla mozione di pace del Reichstag, divenuta in questo modo base della politica estera tedesca. Ma comunque si pensi di questa "risoluzione" non può negarsi l'opera chiara, energica, e, sinora, pure coronata di successo svolta
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sin qui a favore della pace in conformità della menzionata "risoluzione". Il giornale accenna al logico svolgimento dell'azione per la pace, alle sue prime tre tappe, e cioè la "risoluzione" del Reichstag, la Nota del Papa e la risposta della Germania a questa Nota. Devesi sperare che la risposta della Germania costituirà un ponte per la concordia interna degli animi nel paese. Il fatto che la Nota-risposta è stata compilata per incarico dell'Imperatore, dimostra ad ogni modo chiaramente che il Governo dell'Impero ritiene giunto il momento per ottenere sulla falsa riga della "risoluzione" del Reichstag una pace che assicuri l'avvenire dell'Impero. Sembra al giornale che la risposta della Germania al Papa costituisca la base per una nuova tregua civile. La stragrande maggioranza del popolo tedesco può accogliere i pensieri espressi nella Nota di risposta e che riposano sull'appello di pace del Papa e la risoluzione del Reichstag, e che, con una pace-fame, hanno a che vedere come con le annessioni violente domandate dai pangermanisti che o eternerebbero questa guerra o ne provocherebbero nuove in breve tempo. Il giornale è soddisfatto specialmente che il Governo tedesco, senza riguardo alle difficili condizioni politiche interne rispetto agli scopi di guerra, abbia fatto ottimo viso alle proposte di disarmo e di arbitrato. Indubbiamente il Governo ha dimostrato la sua buona volontà di collaborare all'opera della pace. Se anche questa parte della Nota (disarmo e arbitrato), troverà in Germania molti scettici, non si deve tuttavia dimenticare che gli ampi circoli dell'estero, specialmente negli Stati Uniti divenuti oggi così importanti in materia di conclusione della pace, pensano ben diversamente sul disarmo e sui tribunali arbitrali. Bisogna ancora tener presente 11r
che, dopo questa guerra, il pacifismo diverrà tanto forte in tutti i popoli della terra da trovare assolutamente la sua espressione nelle buone relazioni fra i popoli. Per motivi economici e finanziari, poi, la limitazione degli armamenti in terra, in mare e nell'aria, diverrà una questione vitale per tutte le nazioni. – Chi rimprovera alla Risposta mancanza di chiarezza, sol perché essa non scende a particolari, non dovrebbe dimenticare che si può soltanto comprendere se la si legge con alla mano la "risoluzione" di pace del Reichstag, e la Nota del Pontefice. Vedrà allora come nei singoli periodi siano contenute dichiarazioni ed assicurazioni precise. Del resto, il mondo comprenderà benissimo che tutto dipende dalla volontà che anima i Governi degli Stati belligeranti. Quando anche questi saranno pronti, in principio, di addivenire ad un'intesa, la risposta tedesca si presenterò, anche per essi come base accettabile. Se l'iniziativa di pace del Papa sarà soltanto un episodio, o se realmente ridarà la pace al mondo, ce lo dirà il futuro. L'Impero tedesco ha, comunque, fatto tutto il suo possibile perché la pace non tardi più oltre a venire.La "Germania" di Berlino, organo del Centro, richiama l'attenzione sul linguaggio dignitoso e gradevole a leggersi della Risposta; linguaggio che si distingue subito dalle presuntuose escandescenze mandate dall'America a Roma; e dice di esser completamente soddisfatta anche del contenuto della risposta stessa. La prontezza della Germania a concluder la pace non è altro, infatti, come dichiara la Nota tedesca, che una continuazione di quella politica sempre difesa e sempre praticata dall'Imperatore. Il nocciolo essenziale della Nota, la "Germania" lo ravvisa – ed è in questo d'accordo col "Berliner Tageblatt" – nella
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dichiarazione "concordare i desideri del Santo Padre colla manifestazione di pace del Reichstag germanico". Così è data la prova che il Governo tedesco non solo tiene la "risoluzione" del Reichstag come norma per la sua opera di pace, ma che, ponendo la "risoluzione" stessa accanto ai desideri del Papa, ne ingrandisce di tanto il significato e ne fa una manifestazione di carattere internazionale. La politica pacifista tedesca rimane, così, ben illuminata tanto al di dentro come al di fuori; perché approvare i desideri del Papa e la linea d'azione seguita dal Reichstag, vuol dire ancora approvare i singoli fini di guerra. Il giornale crede che, dunque, anche secondo l'opinione della Curia, sia inutile scendere ora a particolari; avendo inteso la Santa Sede non di dettare al mondo la pace ma di aver trovato una base di riavvicinamento fra i Governi avversari; ciò che le è completamente riuscito, almeno per quel che riguarda la Germania e le sue alleate. La completa chiarezza sui fini di guerra tedeschi, di cui siamo grati alla Risposta tedesca, mette anche la nostra politica interna su un terreno saldo e sicuro; perché, come ben si comprende, una decisione tanto netta non sarebbe stata possibile senza l'accordo completo di tutti i fattori responsabili in Germania. La speranza del cancelliere – come ebbe a dire il 19 luglio – di poter realizzare i fini di guerra tedeschi sul terreno della "risoluzione" del Reichstag, è divenuta persuasione di tutto quanto il Governo. Il merito di questa chiarezza d'intenti compete, più che od ogni altro, al nuovo segretario di Stato agli affari esteri, von Kühlmann. A Roma dovranno specialmente riconoscere che il Governo tedesco ha esaminato seriamente ed approvato le proposte del Papa riguardanti il disarmo 13r
e l'arbitrato, malgrado la gravezza della questione stessa data la critica posizione geografica della Germania. Dopo questa risposta il Governo tedesco ha il diritto di dire possedere esso davvero "ciò che unisce e non ciò che divide" nei rapporti dei popoli. È ora compito dell'Intesa mostrare altrettanto apertamente e onestamente se è o no in grado di adempiere alle necessarie premesse per una pace duratura. Sta ad essa decidere se il grande desiderio di pace dei popoli dovrà essere finalmente adempiuto. All'Intesa sta la decisione; sull'Intesa ricade tutta quanta la responsabilità.La "Vossische Zeitung", molto vicina in quanto a politica estera ai fogli di destra, rileva che in tutto quanto il documento non si trova una sola parola sui nemici. Quello che viene detto sulle cause del conflitto non potrebbe essere espresso in modo più blando, se si pensa ai fatti che precedettero la guerra e che, finalmente, la scatenarono. Il modo di trattare la proposta del Papa nella risposta tedesca, mostra il sincero sforzo di fare tutto ciò che possa essere atto a far ritornare la pace nel mondo. Nella limitatezza del contenuto, riguardo al silenzio su tutti i problemi territoriali, la "Vossische Zeitung" scorge il valore principale della risposta. Essersi messi, infatti, a discutere la carta della guerra, ad enumerare i desideri nazionali e le varie possibilità, non avrebbe fatto altro che versare olio nel fuoco dei dibattiti e non nelle onde della passione. Siffatte questioni possono essere trattate soltanto al tavolino dei negoziati e con una calma priva di qualsiasi passione. Per ora si tratta di condurre gli uomini di Stato nella sala del Congresso e di fissare le condizioni alle quali
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sono possibili le ulteriori trattative. In uno spirito di riconciliazione e di accomodamento caratterizzato dal fatto che esso riconosce il disarmo e l'arbitrato, il Governo tedesco vuol vedere i singoli punti di controversia regolati in modo da creare per ogni popolo soddisfacenti condizioni d'esistenza. È vero che è questione abbastanza difficile sapere che cosa si intende per "soddisfacenti condizioni d'esistenza." La Germania ha già dato la promessa di non voler violar nessun popolo. Ma se l'Intesa insistesse sugli intenti di guerra annunciati dalla sua stampa, le condizioni d'esistenza concesse alla Germania sarebbero davvero curiose. Painlevé e Ribot hanno esposto ancora ultimamente i loro piani sull'Alsazia-Lorena; l'Inghilterra non ha detto una sola parola se intende o no recedere dalle violazioni in Turchia, e restituire le colonie tedesche. Lo stesso dicasi delle isole greche e dell'Egitto. Solo trattando questi argomenti al tavolino dei negoziati si vedrà se regna davvero il nuovo spirito dell'accordo fra i popoli, e da questo dipenderà se la Germania affiderà o no la sua sorte alla forza del diritto. La risposta che la Germania darà sulla limitazione degli armamenti e sull'arbitrato internazionale, dipende esclusivamente da come risulterà l'Europa ai negoziati di pace. Il giornale vede la più grande garanzia per la pace europea in un'unione delle nazioni europee. Uno dei pensieri più accarezzati dalla "Vossische Zeitung" è questo: attendersi la pace mondiale da un orientamento della politica tedesca specialmente colla Russia. Il più sacro dovere di un'Europa unita sarà quello di non farsi imporre la guerra dall'al di fuori. E in una tale Europa, sempre più forte che non i singoli 15r
Stati i quali potrebbero cercare di produrre perturbamenti di fuori, si penserà indubbiamente ad una limitazione degli armamenti e ad un ampliamento dell'arbitrato. Il giornale scorge nell'unione dell'Europa la più forte espressione del nuovo spirito, documentato colla limitazione degli armamenti e cogli accordi sull'arbitrato. Che se l'Europa rimarrà al punto di prima; se i suoi popoli rimarranno a fronte sol mascherati d'amicizia; se i confini della Germania saranno e continuamente minacciati da una Francia pervasa da spirito di rivincita, e, tanto dall'una come dall'altra parte, da Stati guancialetto [sic] sobillati dall'Inghilterra e dalla Russia; allora per la Germania non rimarrà che il duro dovere di spendere miliardi sopra miliardi per gli armamenti. Come sarebbe trattata una Germania isolata in un tribunale arbitrario internazionale ce lo fa ben comprendere tutto il livore che il mondo le testimonia. La Germania ha imparato a conoscere a sazietà in questa guerra tutta la potenza dell'oro inglese. Non accetterà dunque un sistema che dichiarerebbe in permanenza un arbitrato sui generis, tutto soggetto all'influenzamento in grande stile dei giudici inglesi contro la Germania. Questa è pronta, si, a riconoscere la forza del diritto, e ne porta infatti la prova rinunciando al diritto della forza, – di quella forza che le ha procacciato enormi territori a oriente e ad occidente, – ma premessa per l'accettazione della Germania è appunto il nuovo spirito di cui parla il Papa, e che l'Intesa deve provare con fatti al tavolino dei negoziati.L'organo dei socialisti della maggioranza, il "Vorwärts", scrive che la risposta della Germania sorprende per il calore con il quale manifesta l'adesione all'idea del disarmo e della procedura arbitrale internazionale.
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Nel passo della Nota nel quale è detto che il Governo germanico è disposto a prendere benevolmente in considerazione ogni proposta, conforme al pensiero fondamentale dell'appello pontificio, "purché conciliabile con gl'interessi vitali dell'Impero e del popolo tedeschi", il "Vorwärts" non ravvisa alcuna restrizione, si, invece, un'aggiunta estensiva. Proprio gl'interessi vitali dell'Impero e del popolo tedeschi spingono al disarmo e all'introduzione dell'arbitrato obbligatorio. Questa dichiarazione dà origine ad una situazione nuova per gli amici della pace all'estero. Il riconoscimento che i rapporti internazionali devono fondarsi sul diritto significa una disfatta per quello spirito militaristico che, sebbene di tutti i paesi, secondo l'Intesa avrebbe avuto sempre in Berlino il suo centro. Se questa guerra viene davvero combattuta per far trionfare una grande idea e non per appagare le brame di conquista dei guerrafondai e degli sciovinisti, l'Intesa può bene oggi dichiarare sconfitto pienamente non il popolo tedesco in armi, ma quello della concezione militaristica del mondo ed entrare in negoziati di pace. A garanzia della sincerità della risposta della Germania può servire per tutti gli scettici dubbiosi il fatto che questa risposta è sostenuta dalla volontà del partito socialista tedesco. Il Governo germanico ha dichiarato nella Nota il suo consenso alla "risoluzione" del Reichstag in modo che non si sarebbe potuto desiderare più esplicito e più chiaro. L'accordo di tutti gli organi supremi dello Stato con la citata "risoluzione" del Reichstag è solennemente proclamato dinanzi a tutto il mondo. L'Intesa può prendere in parola il Governo di Berlino ed assodare nei negoziati se l'adesione all'idea del disarmo e della 17r
procedura arbitrale internazionale sia sincera oppure no. Se nelle trattative si riuscisse ad ottenere una pace anche ristretta ad un determinato spazio di tempo, per esempio trent'anni, tutte le altre questioni che hanno portato alla guerra scenderebbero al grado di insignificanti bazzecole. Naturalmente non è detto che ad un trattato che garantisse la pace per un certo periodo di tempo dovrebbe, terminato che fosse, ricominciare l'abominevole carneficina. A questo trattato, al contrario, sarebbe assicurata continua rinnovazione e durata eterna purché esso non costringesse nessun popolo a vivere in condizioni insopportabili. Il "Vorwärts" è d'avviso che sebbene la rinunzia al Belgio sia nella Nota implicitamente contenuta ne sarebbe stata consigliabile una menzione aperta per impedire maligne inesatte interpretazioni. Parimenti si sarebbe dovuto dire chiaramente che la garanzia di un trattato di pace durevole può essere assunta esclusivamente dai popoli stessi ai quali, in ogni Stato contraente, vanno riconosciuti i diritti a ciò necessari. Ma sia comunque, solo la malafede può sostenere che la risposta della Germania contenga alcunché di sfavorevole all'azione del Papa per la pace. Il popolo tedesco in generale e i socialisti tedeschi in particolare seguono questa azione con palese simpatia e desiderano, nel loro proprio interesse e in quello del mondo intero, che abbia pronto e pieno successo.E qui passiamo ai giudizi dei giornali che si sono fatti banditori di una pace imposta colla forza.
Il "Berliner Lokalanzeiger" (annessionista) interpreta la Nota scrivendo che essa promette di appoggiare soltanto le proposte che siano conciliabili con
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gl'interessi vitali dell'Impero e del popolo tedeschi. Questo è per il "Lokalanzeiger" il nocciolo e il punto essenziale della Nota. La fiducia manifestata nella chiusa, che pure in Londra, in Parigi, in Roma ed in Washington le proposte del Papa vengano giudicate una base adatta per trattative di pace, il giornale dice di non poterla condividere, anzi che gli è incomprensibile dopo la risposta di Wilson e gli ultimi discorsi di Painlevé e di Ribot. La risposta di Wilson e il programma di guerra del nuovo Ministero di guerra francese significano una brusca repulsa delle proposte pontificie, mentre la risposta della Germania dimostra a tutto il mondo che non sarebbe davvero colpa del Governo di Berlino se gli sforzi del Papa per la pace dovessero rimanere infruttuosi.La "Kreuzzeitung", organo principale conservatore, dimostra una relativa riservatezza. Vede anzitutto nella risposta tedesca un atto di cortesia, anche perché – dice – il Governo tedesco non avrebbe potuto dare una risposta negativa di principio, dopo il contegno tenuto sin qui nella questione della pace. Il fatto che la Nota non entra nei particolari della proposta di pace del Papa, viene spiegato dalla "Kreuzzeitung" così: che la risposta non significa affatto il riconoscimento della base proposta dal Papa, molto meno perché per il regolamento delle singole questioni, essa mette, per dir così, anzitutto la condizione che si noti prima un altro spirito nei rapporti dei popoli col riconoscimento del diritto, del disarmo e dell'arbitrato. La via che il Governo tedesco calca, riconoscendo per principio questi punti, la "Kreuzzeitung" la chiama una via pericolosa; e ammonisce il Governo di esaminare anzitutto con serietà e con cautela ciò che può andare d'accordo cogli interessi
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vitali tedeschi. Si tranquillizza pensando che i danni che il Governo tedesco può attirar su di sé col riconoscere il disarmo, ecc. saranno eliminati dal fatto che il contegno dell'Intesa davanti alla Nota del Papa non rende probabile che l'Intesa sia pronta già oggi ad entrare in negoziati. L'Intesa richiama, quindi, ancora una volta, su di sé la responsabilità per la prosecuzione della guerra. Questo fatto prova alla "Kreuzzeitung" che la manifestazione di pace del Reichstag non ha avuto la virtù di accrescere le correnti pacifiste nei paesi nemici. È tempo di trarre da tutto ciò l'insegnamento che colle sole parole di pace non ci si avvicina alla pace, ma è solo continuando la guerra che si rinforza il desiderio pacifista anche nei paesi nemici.La pangermanista "Deutsche Tageszeitung" chiama l'ultimo periodo della risposta una nuova offerta di pace all'Intesa. Il Cancelliere si mette così in contrasto colla sua opinione espressa nel Reichstag allorché disse che la Germania non avrebbe potuto procedere ad una nuova offerta di pace dopo avere steso una volta e inutilmente la mano. Chiama la Lettera Pontificia un tentacolo inglese messo fuori per tastare la pace. La seconda critica del giornale si rivolge contro quel passo della risposta nel quale è detto che appunto la posizione geografica della Germania impone alla Germania le relazioni pacifiche coi vicini e col mondo. La "Deutsche Tageszeitung" dice che, considerata appunto la situazione geografica della Germania, l'unica garanzia per la libertà e la pace dell'Impero non si può vedere altro che nella sua forza positiva. Si tranquillizza alquanto, tuttavia, leggendo nella risposta anche della necessità
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del reciproco "spirito nuovo", ma conclude che le dichiarazioni della risposta tedesca diverranno pericolose quando non più il Governo, ma la Maggioranza del Reichstag avrà in mano gli affari dello Stato.A questa relazione ne terranno dietro altre sull'accoglienza della Risposta alla Nota Pontificia nella pubblica opinione tedesca.
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