Dokument-Nr. 1674
Lottini OP, Giovanni an Gasparri, Pietro
Rom, 25. September 1920

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Eminentissimo Principe,
In risposta alla venerata lettera del 22 Settembre del corrente anno 1920 N. B. 10902, ecco, dopo averci pensato seriamente, ciò che con tutta sottomissione vengo ad esporre all'illuminato giudizio dell'Eminenza Vostra Rev.ma.
Non è facile trovare il mezzo di far ricerche per venire a sapere se siano stati trasportati o no in Siberia Soldati prigionieri dai paesi Francogalli al tempo della guerra; e non credo che per via siffatta sia possibile venire ad una conclusione sulla proposta questione. Piuttosto mi pare che si possa prendere un'altra via, la quale ci conduca al porto; ed è la seguente; di non dare troppa importanza alle ragioni in contrario o alla difficoltà riportata nella lettera del 7 Settembre 1920 di Dr. Francesco Hergenröther off. Canc.
Infatti, qui, noi, trattandosi di cose contingenti e di atti umani, non dobbiamo cercare la certezza fisica o metafisica, la certezza, per così dire, infallibile o quasi; ma deve bastarci la certezza che dai teologi è detta morale e per la quale conseguiamo la verità ut in pluribus. S. Tommaso così parla di questa certezza: "Secundum Philosophum, certitudo non est similiter quaerenda in omni materia. In actibus enim humanis, super quibus constituuntur judicia et exiguntur testimonia, non potest haberi certitudo demonstrativa, eo quod sunt circa contingentia et variabilia. Et ideo sufficit probabilis certitudo,
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quae ut in pluribus veritatem attingat, etsi in paucioribus a veritate deficiat" II – II qu. LXX a. 2°c. –
E quindi lo stesso S. Dottore nella risposta alla prima obiezione dice: "Nec tamen, quia non potest in talibus infallibilis certitudo haberi, debet negligi certitudo quae probabiliter haberi potest."
Quando dunque dall'insieme delle circostanze si ha una certezza morale negli atti umani, o, come dice S. Tommaso, una probabile certezza probabilis certitudo, è irragionevole smuoversi per ogni piccolo dubbio.
Del resto qui non si tratta di un fatto particolare, ma piuttosto di stabilire un principio generale e poi applicarlo. Il principio è questo presso a poco: Dopo un dato tempo che non si sa più nulla dei soldati stati in guerra, mentre o potrebbero esser ritornati alle loro case, o si potrebbero aver notizie, fatte le debite ricerche, si possono considerar come morti da poter procedere prudentemente a contrarre un nuovo matrimonio per parte delle loro mogli. Il dubbio che qualcuno di quei soldati possa essere ancor vivo, dopo un dato tempo che non si hanno notizie, non è sufficiente ad infirmare quel principio; poiché un simile dubbio, che non può riguardare che qualche fatto particolare, se fosse attendibile e applicabile, danneggerebbe moltissimi, e diciamo certamente i più, nei quali sta certamente il diritto di andar avanti, e la stessa società.
Sarebbe lo stesso che se si argomentasse così: Nei processi che ordinariamente si fanno sulla nullità dei matrimoni, sebbene ordinariamente e per lo più non si erri, pure qualche volta si è errato, e si può errare di nuovo, e anche di fatto qualche volta si errerà; dunque non si può a cagione di questo dubbio e pericolo di errare,
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rilasciare la fede di stato libero per non esporsi ad inganno. Questo modo di ragionare sarebbe disastroso e assurdo, perché porterebbe a conchiudere di non far più processi per dichiarar nulli i matrimoni. Ebbene qui nella lettera trasmessa di cui si tratta, abbiamo un'argomentazione a conclusione simile; e cioè abbiamo proprio un sofisma come il precedente poco più poco meno. Sia pure (si noti che non è neppur certo) che alcuni soldati siano stati trasportati in Siberia dalla Francogallia, ma quanti più sono quelli fatti prigionieri e non trasportati in Siberia, ma trasportati altrove? Quanti più sono che, oltre ai prigionieri, sono morti in guerra e combattendo e per malattia e per altre cause? E di quei trasportati in Siberia quanti non ve ne sono morti? Giacché la mortalità tra quei prigionieri è stata anche maggiore per il peggior trattamento, per il clima e per altre cause. Di modo che anche se ammettiamo che vari soldati Francogalli sono stati trasportati in Siberia in proporzione agli altri devono essere stati pochissimi; che se poi da questi pochissimi si sottraggono i morti, certamente non pochi, quanti ne resteranno vivi in Siberia? E per questi pochissimi rimasti vivi, se ci sono, si noti, perché anche questo è incerto, si può negare la fede di libertà a tanti che la richiedono o la possono richiedere certamente in condizioni di doverla avere? Credo che il negarla sia disastroso e anche assurdo. Se in Siberia ancora ci sono, quando ritorneranno, in quei pochissimi casi che la moglie abbia contratto un secondo matrimonio, si dichiari nullo questo e si obblighi a ritornare col primo marito reduce dalla prigionia. Sarà questo un male assai minore di quello d'impedire che si contraggano chi sa quanti matrimoni validamente in tutti quei casi, nei quali i soldati di cui non si ha notizia sono veramente morti.
Conchiudo dunque che, secondo il mio umile parere, la difficoltà esposta nella citata lettera non merita nessuna considerazione e non
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può essere di ostacolo al rilascio del documentum libertatis per contrarre un nuovo matrimonio.
Al bacio della sacra Porpora con profondissimo ossequio mi confermo dell'Eminenza Vostra Revma
Devmo Servo
(F) P. Giovanni Lottini dei Pred.
Commissario Generale del S. Off.
Empfohlene Zitierweise
Lottini OP, Giovanni an Gasparri, Pietro vom 25. September 1920, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 1674, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/1674. Letzter Zugriff am: 28.04.2024.
Online seit 14.01.2013, letzte Änderung am 25.03.2013.