Dokument-Nr. 4884
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
[München], 27. September 1917

Schreiber (Textgenese)
PacelliPacelli
Betreff
La Germania e la questione del Belgio
Facendo seguito al mio cifrato di oggi, ho l'onore di inviare qui acclusa all'E.V.R. una lettera del Sig. Cancelliere dell'Impero in data del 24 corr. (giuntami però soltanto stamane) relativamente alla richiesta dichiarazione intorno al Belgio.
Il Sig. Michae In essa il Sig. Michaelis, dopo aver accusato ricevimento della mia lettera in data del 30 agosto scorso (di cui ho già inviato all'E.V. la traduzione italiana col mio rispettoso Rapporto N. 1523 del 22 corrente) e cortesemente ringraziato per le fattegli comunicazioni e per le sollecitudini dell'E. V. in favore della pace, osser as osserva che il Governo Imperiale divida l'opinione che una precisa determinazione dei fini della guerra rappresenta la via, per la quale si potrà giungere ad un accomodamento fra le parti belligeranti. Giacché appunto una tale determinazione delle reciproche condizioni renderà possibile di valutare se
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con un esame condotto condotto con spirito di ragionevole conciliazione possano essere rimosse le difficoltà esistenti. Senza dubbio, poi, nella trattazione dei vari punti da esaminarsi, deve essere stabilito un certo ordine, ed a questo riguardo anche secondo il modo di vedere del Governo Imperiale la questione del Belgio deve essere posta in prima linea.
Ciò non di meno (prosegue a notare il Sig. Cancelliere) tutti gli sforzi di accomodamento sarebbero preventivamente a priori condannati all'insuccesso, se nello scambio delle idee non prevale quello spirito di oggettività e di rispetto verso il punto di vista del nemico, di cui certamente Sua Santità durante tutto il corso di questa terribile guerra ha dato ai popoli un così luminoso esempio.
Invece presso di i nemici della Germania ha predominato generalmente la tendenza di gettare unicamente sulle Potenze Centrali la colpa della guerra e di parlar di esse come di un accusato che deve comparire dinanzi al tribunale di un giudice severo. Anche nel telegramma del R. Governo Britannico re-
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lativo all'Appello di pace di Sua Santità il Governo Imperiale ha con dispiacere riscontrato simili affermazioni. E tuttavia, secondo le informazioni pervenute al Governo medesimo, parecchie volte anche nelle espressioni dei principali uomini di Stato inglesi si sono manifestate opinioni più oggettive , le quali potrebbero essere accettate dalla Germania e corrispondere al giudizio che la storia darà un giorno sulle cause di questo immane conflitto.
Soltanto un siffatto spirito di calmo giudizio e di intesa può creare un'atmosfera favorevole ad un felice scambio di vedute. Sarebbe invece del tutto incompatibile col legittimo amor proprio del popolo germanico di intraprendere sul terreno di altre idee o sentimenti una discussione coi suoi nemici circa la possibilità e le condizioni della pace.
Il Sig. Cancelliere continua nella sua lettera dichiarando che ha toccato così ampiamente questo punto non già allo scopo di risollevare antiche controversie, che per più di tre anni hanno infiammato i popoli, e di rendere più difficile l'azione per la pace, ma
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piuttosto a fine di spianare ad essa la via, determinando accuratamente le condizioni di spirito, necessarie anche nei nemici della Germania, e senza le quali anche i più sinceri e bene intenzionati sforzi sono destinati a rimanere infruttuosi.
Che se poi, i nemici si appellano alla risposta data alla Nota del Presidente Wilson, nella qual in cui esposero i loro fini di guerra, non il Sig. Michaelis stima cosa non superflua inutile di rilevare come essi non sareb avrebbero potuto essere presi in considerazione quali basi per uno scambio di vedute, giacché partivano dal presupposto che, grazie alla fermezza del popolo germanico, non si verificherà giammai, cioè il completo schiacciamento della Germania e dei suoi Alleati. Se la Germania volesse pubblicare o far comunicare ai suoi nemici fini di guerra, che partissero dall' ipotesi inversa, vale a dire del completo schiacciamento dei suoi avversari, con ciò resterebbe non già promossa, ma danneggiata la causa della pace, poiché le divergenze colle pretese della parte contraria sarebbero così grandi che anche
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colla migliore buona volontà dovrebbe perdersi qualsiasi speranza sulla possibilità di un accordo. Se invece nel momento attuale si vuol discorrere sulla possibilità della pace, essi dovrebbero essere posti su di una nuova base, sulla base cioè che presentemente nessuna delle due Parti è vittoriosa e nessuna deve esigere dall'altra nell'ordine morale e politico cose che insoppor che l'onore di un popolo, anche se vinto, non potrebbe tollerare.
Se però la Germania non è quindi nell'odierno tali degli situazione in grado per le esposte considerazioni non è in grado, nell'attuale fase degli avvenimenti, di dare la richiesta precisa dichiarazione circa le sue vedute relativamente al Belgio ed alle garanzie da esso desiderate, ciò non significa, tuttavia, in alcun modo che il Governo medesimo sarebbe in massima contrario a rilasciarla o che non apprezzi la importanza decisiva per la questione della pace o che pensa stima che le sue vedute intenzioni e le garanzie che da esso ritenute indispensabili costituiscano un ostacolo insormontabile per la pace, ma semplicemente che
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le condizioni preliminari per poter dare una tale dichiarazione non sembrano ancora abbastanza chiarite.
Il Governo Imperiale si sforzerà di ottenere una tale chiarezza e spera – se le circostanze favoriranno il suo proposito – di dar essere in un tempo non troppo lontano di essere in condizione, in un tempo non troppo lontano, di fornirmi esatte notizie circa le vedute e le richieste, particolarmente per riguardo al Belgio.
Il Sig. Cancelliere conclude coll'esprimere la viva speranza che la grande iniziativa del S. Padre di dar nuovamente ai popoli, dopo i tanti orrori di questa lotta senza esempio, le benedizioni della pace, sia coronata da pieno successo.
Tale è esattamente la risposta del Sig. Cancelliere. – Come ebbi già l'onore di significare all'E. V. col mio cifrato in data del 15 corr., nella visita fattami in questa Nunziatura dal Sig. von Kuehlmann, Segretario di Stato per gli Affari Esteri di Berlino, trattai con lui lungamente la questione del Belgio
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ed egli finì per dichiararsi assai personalmente convinto della necessità di una risposta favorevole. Mi prevenne, tuttavia, ad evitare disillusioni che la prima risposta sarebbe stata alquanto vaga; ma mi fece lasciò pure intendere esp sperare che, sopratutto se da parte dell' Intesa si mostrasse da parte sua un poco di buona volontà, si giungerebbe lentamente, ma fermamente, ad una formula del tutto concreta e soddisfacente. Purtroppo la prima previsione si è verificata anche al di là di quel che io avrei creduto giacché la risposta del Sig. Cancelliere mi è sembrata meno che semplicemente vaga; Dio faccia voglia che si attuino le speranze concepite per l'avvenire!
Intanto, ier l'altro, Martedì 25 corrente, i Capi dei Partiti ebbero col Sig. Cancelliere una lunga conferenza segreta col Sig. Cancelliere . Questi comunicò in base ad un rapporto del maresciallo di campo Hindenburg: che la situazione militare è ottima, la guerra dei sottomarini raggiunge pienamente il suo effetto, la fronte dell' occidentale rimane incrollabilmente
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salda, tutte le operazioni nemiche sono fallite. Passando a parlare della situazione politica, dichiarò il Sig. Michaelis che la risposta del Governo Imperiale all'Appello Pontificio per la pace ha messo in imbarazzo gli avversari, ma il Governo medesimo non può unilateralmente e pubblicamente entrare in maggiori dettagli, giacché ciò danneggerebbe recherebbe danno agli interessi della Germania, né andar ora ad una più precisa esposizione dei fini di guerra, poiché ciò sarebbe interpretato dai nemici come un segno di debolezza. Inoltre qualsiasi pubblica dichiarazione al riguardo sarebbe priva di efficacia e piuttosto che avvicinar avvicinare la pace, allungherebbe la guerra. Per ciò che concerne il Belgio, esso non costituisce alcun impedimento per una pronta conclusione della pace, come sa tutto il mondo; ma stabilire il modo ed il tempo, in cui la Germania debba giuocare e far valere questa gran carta, che è il Belgio, è una questione puramente tattica e perciò tale argomento non può essere pubblicamente discusso. –
D'altra parte, è cresciuta notevolmente
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in questi ultimi tempi l'agitazione dei pangermanisti e del nuovo "partito della patria". Lunedì scorso ebbe luogo a Berlino una grande assemblea nella quale parlò il famoso Am Grande ammiraglio von Tirpitz. "La fine di questa guerra, egli disse fra le altre cose, deve chiaramente mostrare a tutti i popoli che l'Inghilterra non ci ha vinto. Per dare questa prova e per creare una sicura base al nuovo sviluppo della Germania, noi dobbiamo curare che questa mantenga ferma la sua posizione mondiale. Ciò può ottenersi soltanto mediante una buona soluzione della questione del Belgio. Non vi è stato mai un Belgio veramente neutrale. Il Belgio fu sempre il ponte dell'Inghilterra. Noi dobbiamo invece volere che non l'Inghilterra, ma la Germania sia la potenza protettrice di quello Stato. Ciò costituisce per noi una questione di esistenza militare ed economica".
Per i pangermanisti chi vuol spingere il Governo germanico Anche secondo il giornale sedicente cattolico "Koelnische Volkszeitung", un Belgio neutrale è incompatibile inconcepibile. O sarà nel Belgio la Germania o i
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suoi nemici. Se fin dal principio della guerra la stampa ed il Governo avessero con costante pertinacia affermato che il Belgio politicamente, economicamente e militarmente deve rimanere nelle mani della Germania, l'opinione pubblica anche dei paesi nemici si sarebbe dopo tre anni a ciò adattata come ad un fatto immutabile. Chi vuole ora spingere il Governo Imperiale a pronunziare fin da ora una rinunzia del Belgio, sacrifica gli interessi vitali del popolo germanico. – Anzi il "Dusseldorfer Tageblatt" ha pubblicato una dichiarazione contro il Sig. Erzberger, che è stata firmata da sessanta membri del Centro. In essa si dice: "Noi vediamo con preoccupazione che l'attività del deputato Erzberger semina nel popolo tedesco la discordia e la debolezza. Tutti vogliamo di cuore la pace. Ma l'agitazione per la pace senza riguardo alle condizioni vitali del popolo tedesco non è la via per raggiungerla. Riteniamo cosa urgente e necessaria che la frazione del Reichstag si opponga chiaramente e decisamente al deputato Erzberger, prima che sia troppo tardi."
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Decis Decisamente, la causa della pace ha fatto in questi ultimi tempi in Germania parecchi passi indietro. Del resto, è stato qui sempre così: quando le cose andavano piuttosto male, era no pronti ad ogni accomodamento; ma se per un poco l'orizzonte si rischiara, si abbandonano alle più folli illusioni ed avanzano pretese inaudite. Voglia il Signore che l'immortale opera per la pace del Nostro amatissimo Santo Padre non incontri qui nuovi e più potenti ostacoli!
In tale fiducia, chinato
15r, unterhalb des Datums hds. von Torricella notiert: "N. B. Accus. ricev. il 15/10 47001 / Posiz. VII Parlamentarizzazione (1900)".
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 27. September 1917, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 4884, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/4884. Letzter Zugriff am: 06.05.2024.
Online seit 24.03.2010.