Dokument-Nr. 8619

[Erzberger, Matthias]: La discussione pubblica sulla politica estera nel Reichstag e il contegno dei partiti davanti alla politica pacifista, 12. Oktober 1917

La discussione pubblica sulla politica estera nel Reichstag, fu preceduta da una dichiarazione del Cancelliere concernente quel punto che, ormai, è da più mesi argomento dei più calorosi dibattiti: la "risoluzione", cioè, del 19 luglio da parte del Reichstag e i pensieri in essa contenuti riguardanti una pace d'accomodamento. Il Cancelliere dell'Impero ha riconosciuto ed accettato i pensieri espressi nella "risoluzione", esprimendosi con parole che non lasciano più posto alle sfavorevoli interpretazioni da parte avversaria, ossia da parte dei pangermanisti e del neo "Partito della Patria", i quali nella stampa e nelle riunioni menano una lotta accanitissima contro la "risoluzione" suddetta. Ha difeso la "risoluzione" dall'accusa "navigare essa verso una pace della fame e delle rinunce", – come amano continuamente ripetere i pangermanisti – l'ha quindi illustrata, e, rilevandone la parte positiva che i pangermanisti fan finte di non comprendere, l'ha propugnata con parole e pensieri che hanno incontrato l'approvazione e l'applauso della grande maggioranza del Parlamento. Il Cancelliere sottolineò le parole "esser ben la Germania al caso di raggiungere una pace nell'àmbito della "risoluzione" del Reichstag, che assicuri alla Germania l'avvenire e il pieno sviluppo economico". Egli spiegò, così, in modo non ambiguo, la intercalazione che fece il 19 luglio, quando disse di approvare i fini di guerra della manifestazione "come lui li intendeva", e la illustrò in modo da escludere per sempre qualsiasi malinteso, e, quindi,
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qualsiasi incentivo alla propaganda pangermanista che si valeva dell'espressione per fomentare malumori e discordie. In questo senso è stata interpretata la dichiarazione del Cancelliere anche dagli oratori dei vari partiti. Il deputato del Centro, Trimborn, si affrettò a constatare che il Cancelliere si era messo in modo chiaro e netto sul terreno della "risoluzione" del Reichstag. Anche i discorsi degli oratori che lo seguirono, del socialista David e del democratico progressista Naumann, si aggirarono attorno al pensiero della pace d'accomodamento, nonché al concetto esser la guerra tedesca niente altro che una guerra di pura difesa. Specialmente l'onorevole Naumann diede rilievo alla circostanza che la Germania non procede ad una guerra di conquiste, ricordando che questo pensiero origina dallo stesso Imperatore tedesco e che significherebbe offendere l'alto e sacro pensiero se si accarezzassero piani di conquista come certi fantastici li hanno messi in circolazione nel mondo. Ricorda all'oratore conservatore che concepisce la pace come un affare, che quando i popoli, dopo la guerra dei trent'anni – nella quale la Germania si ritrovò alle stesse vicende, se anche suddivise in quel lungo spazio di anni, alle quali si ritrova oggi – si decisero a concludere la pace, questo non avvenne in via affaristica, ma la pace uscì fuori da saldi princìpi. L'atmosfera di pace deve anzitutto crearsi sul mondo; e solo quando quest'atmosfera più pura solleverà i petti degli uomini nel vecchio e nel nuovo emisfero, si verrà anche in questa guerra, come dopo la guerra dei trent'anni ad Osnabrück e Münster, ad una
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Pax christiana e Restitutio; ad una pace in base all'accomodamento e ad una rintegrazione [sic] dei confini delle varie nazioni. Su questa base generale dovranno costruirsi poi i cambiamenti da prendersi in considerazione uno per uno, separatamente. Naumann disse infine che, contrariamente all'affermazione dei pangermanisti aver la "risoluzione" di pace del Reichstag prolungato la guerra, essendo stata interpretata dai nemici come una debolezza della Germania, essa "risoluzione" ha favorito la causa della pace, avendo determinato le deliberazioni degli operai inglesi e la lotta dei socialisti italiani pro-pace. Ricorda le parole di Bethmann Hollweg quando disse che i Tedeschi debbono marciare alla testa di tutto il mondo nella manifestazione dei loro intendimenti pacifisti. Il Reichstag seguì nella sua grande maggioranza il cancelliere di allora, mentre la minoranza credette opportuno rifiutarsi. Naumann termina dicendo: "Voler, però, fare di questo rifiuto della minoranza, un rifiuto della maggioranza, è un'ingiustizia alla quale ci ribelliamo." Il suo discorso fu coronato da vivi e lunghi applausi da parte della maggioranza del Reichstag.
La discussione vera e propria della politica estera fu iniziata con un discorso del deputato del Centro Fehrenbach. Egli disse che la maggioranza del Reichstag riconosce oggi come allora di avere colla "risoluzione" del 19 luglio compiuto un buon gesto; e illustra la "risoluzione" stessa dicendo rigettar essa non solo gli ampliamenti di territorio ottenuti colla forza e le viola-
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zioni politiche economiche e finanziarie, ma anche tutti quei piani che mirano alla serrata economica e all'inimicizia dei popoli dopo la guerra. Esige, però, in compenso e positivamente la libertà e l'indipendenza della Germania e l'intangibilità del suo territorio, unitamente alla libertà dei mari, alla pace economica e alla riorganizzazione internazionale del diritto. L'on. Fehrenbach passò quindi a parlare dell'appello del Papa che disse essere un'eco della manifestazione di pace del Reichstag. Il Papa – proseguì – ha rivolto un avvertimento di pace al mondo in lotta, e l'ha fatto con un linguaggio commuovente, colla piena serietà e l'altissima dignità del suo ministero sacerdotale, col dolore amarissimo che un principe della pace prova per tutte le miserie rovesciate su l'umanità da lotte così cruente ed orribili, ma anche colla sapienza e la giustizia di un uomo, il quale, mantenendosi sull'alta torre dell'imparzialità e della spassionatezza, vede le cruente complicazioni dei tempi e può trovar i mezzi per guarirle e ordinarle. Un applauso nutritissimo coronò le parole di Fehrenbach quando asserì che tutto il mondo doveva al Santo Padre la più grande riconoscenza. La più perfetta imparzialità del Papa innanzi alle nazioni belligeranti vien confermata, meglio di tutto, dal fatto che tanto da parte dell'Intesa quanto da parte delle Potenze Centrali si sono sollevate singole voci rimproveranti al Pontefice prevenzioni contro la propria parte. Riconoscere l'imparzialità del Papa – proseguì Fehrenbach – non impedisce che in Germania si constati rispettosamente, che, in quanto all'Alsazia-Lorena, non esistono questioni
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territoriali controverse fra la Germania e la Francia, perché l'Alsazia-Lorena è un paese prettamente tedesco, con una popolazione di pura stirpe, lingua e costumi germanici, paese strappato all'Impero tedesco; di modo che, la Germania, non fece altro, nel 1871, che rimediare ad un'ingiustizia fattale in altri tempi. Fehrenbach chiamò le risposte dei Governi tedesco ed austro-ungarico all'appello pontificio "manifestazioni nobilissime ispirate al più onesto desiderio di pace." Proseguì osservando esser fuor di dubbio che il Governo tedesco pensa ad una pace onorevole anche per l'Intesa. Constatò che il Governo tedesco non aveva sollevato nessuna protesta per la proposta pontificia riguardante il completo sgombro del Belgio e la rintegrazione [sic] di questo paese. Di speciale interesse sono le dichiarazioni seguenti dell'on. Fehrenbach, imperocché riproducono il concetto del partito del Centro sulla questione belga:
"Noi esigiamo una nuova neutralità belga meglio assicurata di quel che non fosse per il passato; che offra le garanzie non venir questo paese adoperato da qualche Potenza come ariete contro i suoi nemici. La indipendenza nazionale del Belgio è una imperiosa necessità per la Germania. Noi chiediamo che il Belgio non cada più nella dipendenza militare delle Potenze dell'Intesa; e, aggiungiamo, tanto meno alle dipendenze della Germania. (Applausi e proteste.) Naturalmente, premessa indiscutibile per lo sgombro del Belgio e dei territori conquistati nella Francia
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del nord dopo la conclusione della pace, è che avvenga lo sgombro di tutti i territori delle Potenze Centrali occupati ancora dai nemici, sia in Europa, sia in Asia, sia in Africa o in qualsiasi altra parte del mondo. Noi esigiamo specialmente la restituzione delle colonie tedesche. Un'altra premessa è che sia esclusa una volta per sempre l'egemonia di un solo Stato sul mare. (Giustissimo!)"
Nel discorso del conte Czernin – continuò l'on. Fehrenbach – si scorge la logica e coerente prosecuzione dei pensieri del Papa; quei pensieri che aprono una prospettiva tutta nuova. È vero che è enormemente difficile ottenere l'intento del disarmo; tuttavia ci si può bene aspettare dalle esperienze fatte colla guerra mondiale che sia ben giunto il tempo di abbandonare le considerazioni filosofiche e passare ai fatti. L'alto pensiero del diritto deve ottenere una buona volta la vittoria; il santo insegnamento del cristianesimo non deve essere cancellato dal catechismo dei costumi e rapporti dei popoli. – Seguito dalle approvazioni di tutto il Reichstag, l'on. Fehrenbach disse che, ormai, sta all'Intesa decidere sulla prosecuzione della guerra e che il Reichstag tedesco non potrà più procedere a nuove manifestazioni di pace dopo avere fatto l'umanamente possibile per giungere ad una conclusione onorevole per tutti.
Nel susseguente discorso del segretario di Stato agli affari esteri, dottore von Kühlmann, si apprese anzitutto che gli sforzi della Germania per addivenire
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cogli uomini di Stato avversari ad uno scambio di pensieri sulle possibilità per mettere fine alla guerra, non avevano fatto un solo passo dal giorno della risposta tedesca all'Appello pontificio; e che non è certo favorevole la prospettiva che gli Stati dell'Intesa abbiano a seguire la generosa iniziativa del Pontefice colla loro risposta ancora di là da venire. Ciò corrisponde abbastanza esattamente alle parole colle quali il conte Czernin caratterizzò ultimamente la situazione, dichiarando non essere troppo ottimistiche le sue aspettazioni riguardo alla volontà di pace dei nemici. Il signor dottor von Kühlmann lo disse apertamente qual è la causa di questo stato di cose fatalissimo per l'avvenire d'Europa e per l'umanità civile. Non è la questione belga che sbarra la porta della pace, ma il pensiero francese di rivincita e la pretesa di voler ristrappare alla Germania l'Alsazia-Lorena. Von Kühlmann corroborò il suo asserto riferendosi al discorso tenuto a Leeds dall'ex-primo ministro inglese Asquith; nel qual discorso si chiedeva non solo lo sgombro del Belgio, ma, soprattutto, la restituzione dell'Alsazia-Lorena. Oltre a ciò il signor von Kühlmann basò il suo asserto su informazioni avute, secondo le quali l'Inghilterra si sarebbe obbligata colla Francia di appoggiare politicamente e militarmente la restituzione dell'Alsazia-Lorena finché la Francia stessa insisterà su questa sua pretesa. Questa sua costatazione va d'accordo colle dichiarazioni fatte alcune settimane fa da Bonar Law, Balfour e da altri ministri di Stato inglesi. L'Alsazia-Lorena forma, dunque, una specie di gancio che tiene insieme l'alleanza fra la Francia e l'Inghilterra. In certi momenti si ha
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quasi l'impressione che il Governo britannico sia divenuto, fino a un certo grado, prigioniero di una situazione creata colle sue stesse mani. Per l'Inghilterra e per il popolo britannico esiste dunque la grave questione se debbono continuare la lotta fino all'annientamento per adempire un sogno di vanità francese; per riottenere la conquista di un re francese combattuto a suo tempo dall'Inghilterra. Infatti, il signor von Kühlmann l'ha rilevato colla massima chiarezza: all'infuori della pretesa francese tendente alla conquista dell'Alsazia-Lorena non vi è un assoluto impedimento per la pace "né questione che non possa essere risolta con negoziati e tale da giustificare davanti ai popoli ed alla storia lo spreco di tanto sangue e di tanti beni." Il senso di questa frase è chiarissimo. Essa risponde, in certo qual modo, anche alla questione, sull'avvenire del Belgio reiteratamente presentata dagli uomini di Stato inglesi e dalla loro stampa; e non si può certo ammettere che in Inghilterra non si possa comprendere questa risposta. Stando così le cose si deve considerare come premessa indispensabile che, se la Germania dichiara non esser la questione belga di impedimento alla pace, – ciò che implicitamente significa voler essa ridare la completa libertà al Belgio una pace di accomodamento, – anche da parte inglese si deve dir chiaro e tondo che non intendono, colà, di appoggiare la Francia nei suoi desideri di conquista dell'Alsazia-Lorena. Questo insistere che Inghilterra e Francia fanno sull'Alsazia-Lorena, prova alla Germania che gli avversari non sono animati da spirito di accomo-
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damento, sperando tuttora di abbattere militarmente ed economicamente la Germania e di forzarla ad accettare qualsiasi condizione. Il discorso del segretario di Stato ha caratterizzato magnificamente i due punti di vista della Germania e dell'Intesa, ponendoli l'uno di fronte all'altro. I fini di guerra della Germania sono sobri, ossia il semplice quoziente dei fatti. La Germania non mira a conquiste fantastiche, ma combatte, – sebbene i suoi eserciti siano molto addentro in terra nemica, – per la intangibilità dell'Impero. Il segretario di Stato ha constatato ancora una volta che i tratti fondamentali ed essenziali della politica tedesca furono fissati dai fattori competenti dopo accurati consigli e non dipendono affatto da risultato di singole imprese militari. Quello che l'Intesa ha dato, invece, come complesso dei suoi fini di guerra, altro non è – dice von Kühlmann – che un programma massimo di conquiste completamente utopistico, che non tiene conto dei fatti e che può essere effettuato solo dopo lo schiacciamento completo della Germania e dei suoi alleati. Il segretario di Stato non prende sul serio un tale programma, e si rifiuta di seguire i nemici su questa via. Quel che seriamente importa sono, infatti, le due questioni messe, nel discorso, una in fronte all'altra; l'Alsazia-Lorena e il Belgio; e, osservato ancor più attentamente, la sola Alsazia-Lorena. In quanto a quest'ultima, il segretario di Stato non ha lasciato il benché menomo dubbio, rinsaldato da un applauso scrosciante e lunghissimo di tutta quanta l'assemblea, che i nemici potranno pensare a quelle due province solo quando la Germania sarà annientata. "L'Alsazia-Lorena è lo scudo,
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è il simbolo dell'unità tedesca", disse von Kühlmann; ed espresse con queste parole una grandissima verità.
Le dichiarazioni del signor von Kühlmann riguardanti l'Alsazia-Lorena sono state approvate con energici battimani fino all'estrema sinistra di tutti i partiti del Reichstag. Il socialista Gardhauer disse, che sintanto la Francia insisterà nella restituzione dell'Alsazia-Lorena, le prospettive di pace saranno ben piccole e bisognerà combattere ancora, non potendosi permettere che la cessione dell'Alsazia-Lorena divenga terreno di discussioni. Il medesimo oratore aggiunse ancora che l'Appello pontificio della pace vien salutato caldamente dal partito socialista e che anche la risposta del Governo tedesco a quest'appello ha incontrato la sua approvazione. Che l'oratore si sia dichiarato per il disarmo dopo la guerra, corrisponde alle tendenze predicate dall'internazionale socialista anche prima della guerra, ma andate perdute durante il conflitto per i socialisti dell'Intesa.
Anche l'oratore del partito democratico-progressista, Haussmann, dichiarò che il suo partito approvava la risposta tedesca alla Nota del Papa e il discorso del conte Czernin; e disse segnare le due manifestazioni un passo importante nella via degli scopi ideali. Assicurò il segretario di Stato von Kühlmann che il Reichstag approva la sua politica, che la maggioranza del luglio l'appoggia egualmente, unita e compatta. L'oratore toccò, quindi, la questione delle colpevolezze allo scoppio dell'immane conflagrazione, e lo fece, come egli disse, non tanto in omaggio alla storia quanto perché è di speciale
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interesse, per fermare i fini di guerra, mettere prima in sodo quali popoli sono responsabili dello scoppio delle ostilità. La colpa storica dell'Inghilterra – proseguì Haussmann – consiste in questo: che l'Inghilterra tentò di impedire con tutte le sue forze l'accordo tedesco-francese, mira costante dell'Imperatore Guglielmo; che aumenta in Francia la certezza che l'Inghilterra avrebbe aiutato la Francia, e che fece riconoscere chiaramente alla Russia di avere nell'Inghilterra una sostenitrice delle sue mire belliche. Gettando fasci di luce sull'ambiente francese prima dello scoppio della guerra, l'on. Haussmann ricordò che 15 giorni prima che la medesima scoppiasse, si diceva impunemente a Parigi che nel primo giorno della mobilitazione Jaurès doveva essere ammazzato. Richiamò, inoltre, sul fatto che la notizia della mobilitazione russa fu tenuta segreta ai Francesi per ben 24 ore; e la contromisura tedesca, ossia la dichiarazione dell'imminente pericolo di guerra, presentata come la determinante della mobilitazione russa. Con questa spudorata falsificazione dei fatti si eccitò lo spirito bellico nel popolo francese, mantenuto tutt'oggi nel fatale errore. Jaurès fece ogni sforzo nei giorni che precedettero lo scoppio delle ostilità per mantenere la pace. Egli domandò che la Francia protestasse a Pietroburgo; caso contrario ritenersi questa sciolta da qualsiasi impegno. Haussmann disse esser Jaurès il più grande patriota che la Francia abbia mai posseduto. Comunicò, infine, all'alto consesso che Jaurès, 30 giorni prima di essere assassinato, gli aveva detto a quattr'occhi: "La politica della Francia
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deve essere questa: sciogliere la Francia dall'abbraccio della Russia e avvicinarla alla Germania." Per l'on. Haussmann lo stato di cose in Russia è una prova che la sovranità del popolo nei paesi democratici non è che frase vuota, quando i Governi non posseggono il senso della responsabilità e nascondono la verità al popolo. Per la prosecuzione della guerra, l'on. Haussmann, chiama anzitutto responsabile il presidente Wilson. Wilson era, in questa guerra, il tutore predestinato del diritto internazionale, specialmente della libertà dei mari. E che cosa ha fatto invece? Non ha mosso dito contro il blocco inglese della fame; non ha mosso dito per salvaguardare i diritti dei popoli neutrali. A ragione l'on. Haussmann fa notare che fu proprio il blocco inglese della fame che provocò la guerra subacquea illimitata; e che il Governo tedesco, prima di dichiararla, scongiurò reiteratamente Wilson perché procedesse contro le violazioni britanniche del diritto delle genti; aggiungendo che se gli Stati Uniti avessero riportato un insuccesso la Germania si sarebbe veduta costretta a trarne le conseguenze. Corrisponde ai fatti che – come dice l'on. Haussmann – la stragrande maggioranza del popolo tedesco veda nella inasprita guerra subacquea un terribile mezzo di difesa tedesca contro una terribile violazione inglese del diritto delle genti. La Germania accettò la nota di Wilson, ma l'Inghilterra non ne volte sapere. La colpa di Wilson consiste nel non aver saputo trarre immediatamente le conseguenze da un tale stato di fatto. Egli avrebbe dovuto dichiarare di arrestare le forniture per l'Inghilterra, finché questa non cessasse dalla sua violazione del diritto internazionale. Ma Wilson non
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fece uso alcuno di questa sua arma. – Il secondo principale colpevole per il prolungarsi della guerra, l'on. Haussmann dice essere Lloyd George, che nel dicembre 1916, quando la Germania offrì pubblicamente la pace, fece cadere il suo stesso Gabinetto perché sapeva contenere uomini pronti a negoziare. Citando quel discorso di Lloyd George, l'on. Haussmann, aggiunge:
"Allora il signor Lloyd George tenne il suo famoso discorso pieno d'immagini tolte all'arte del pugilato. Il primo cittadino dell'Inghilterra parlò della guerra in modo così brutale, come non l'avrebbe fatto nessun onesto soldato inglese. Egli parlò come un lottatore negro che sputa addosso all'avversario, lo graffia e lo ricopre di improperi."
In Germania, continuò l'on. Haussmann, Bethmann Hollweg non voleva, né il Governo attuale vuol prolungare la guerra. Il contegno del Governo germanico, così come è espresso nella risposta al Pontefice, non ha trovato eco nei paesi dell'Intesa. Anche per Haussmann e per il suo partito è chiaro, che se Lloyd George dichiarò qual fine di guerra, nel suo ultimo discorso, la conquista dell'Alsazia-Lorena, ha annunciato così la lotta per la vita e la morte. La Germania accetta il guanto di sfida. L'oratore espresse, quindi, la sua soddisfazione che il Segretario di Stato von Kühlmann abbia fatto conoscere nel suo discorso che il Belgio non è un impedimento per una pace d'intesa. Comunque, egli avrebbe desiderato che il signor Kühlmann avesse pronunciato ciò in modo formale.
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Astrazione fatta da questa diversità nel concetto della tattica, l'on. Haussmann approvò, ancor una volta, in nome del suo partito, la politica estera del Segretario di Stato. Ai fautori della politica della forza egli oppose il riconoscimento della pace basata sull'accordo reciproco. –
Quello che l'oratore dei liberali nazionali, on. Stresemann, disse, è oltremodo notevole, perché in molti punti del suo atteggiamento dinanzi alla politica pacifista del Governo si scorge un avvicinamento ai partiti della maggioranza e un allontanamento, quindi, da quello dei conservatori e pangermanisti. Stresemann si partì dalle parole di Hindenburg che mai la situazione militare della Germania è stata così favorevole come lo è attualmente; e fece notare che lo stesso "Temps" ha dovuto ammettere che la Germania si presenterà alla conferenza grandemente più forte dal lato militare "se anche economicamente implorante." (!) La guerra subacquea – continuò a dire Stresemann – ha tali effetti, che l'Inghilterra combatte oggi coll'orologio alla mano. L'on. Stresemann vede in questo la decisione fondamentale per l'avvicinarsi della pace. Passando al discorso del Segretario di Stato von Kühlmann, ammette che molti pensieri espressi in questo discorso non vadano d'accordo colle opinioni del partito liberale nazionale. Ciò non impedisce che il partito provi gioia e soddisfazione per la forma e per il contenuto delle dichiarazioni del Segretario di Stato. Secondo Stresemann la lotta per la formulazione di future condizioni di pace è meno importante degli sforzi da farsi per indurre, anzitutto, l'Intesa a sedersi attorno al tavolino della
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pace. Seconda condizione essenziale è che la Germania si faccia rappresentare al tavolino della pace da buoni diplomatici. Se certe frasi del discorso di Kühlmann sono state sottoposte dalla stampa tedesca ad una certa critica, non si deve dimenticare che il Segretario di Stato deve aver riguardo alla psicologia dell'estero. Ora, appunto a questo rapporto, l'on. Stresemann dichiarò di dover approvare proprio certe locuzioni criticate, e aggiunse di sperare nel miglior successo del modo di agire del Segretario di Stato. Il suo discorso, – proseguì – conteneva molte sfumature, era, dal punto di vista statale, ben pensato fin nei suoi particolari; breve come un refrigerio. In quanto alla "Risoluzione di pace" del Reichstag, l'on. Stresemann è d'opinione che essa non abbia avuto l'effetto sperato dai partiti della maggioranza, specialmente sulla Russia, che non ci si debbano fare speranze col credere che dichiarazioni di pace del Reichstag, dichiarazioni di rinuncia riguardo ai territori occupati o ad altri territori, possano avere l'effetto tattico di avvicinare il mondo alla pace. L'Appello pontificio ha creato una situazione nuova, e Stresemann dice che il partito nazionale liberale ha approvato il pensiero fondamentale di questo appello anche riguardo al disarmo e i tribunali arbitrali. Una diminuzione degli armamenti dopo la guerra mondiale deve venire e verrà; purché sia graduale e simultanea. Per la Germania, che ha una situazione geografica difficile, la cosa è, però, ben più difficile che non per gli altri paesi; specialmente per l'America. Per questo il disarmo spinto fino al punto da lasciare soltanto le forze necessarie all'ordine interno, sembra a Stresemann, per
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ora, un desiderio campato nel mondo ideale. Dice che anche il partito liberale nazionale non vuole una guerra di conquiste, e approva, naturalmente, che non si combatta nemmeno un giorno più a lungo se l'Intesa manifesta il desiderio di negoziare colla Germania. Spera che si addivenga presto alla fine della guerra, e osserva che se alla pace si verrà, lo dovremo agli effetti della guerra subacquea illimitata; i quali, se non metteranno in ginocchio l'Inghilterra, la condurranno però assai più remissiva al tavolo verde della pace. Conclude dichiarando che il suo partito rifiuta decisamente di dividere il popolo in due parti, in una parte patriottica ed in una non patriottica. Queste parole non si possono riferire ad altro che agli intrighi del nuovo "Partito della Patria", il cui nome presuntuosamente altisonante, rappresenta già una provocazione per la maggior parte del popolo tedesco.
Una mentalità diametralmente opposta a quella degli oratori che lo precedettero, fu rivelata dal discorso dell'on. conte Westarp, oratore dei conservatori. Egli dichiarò di sentire per la manifestazione pontificia quella riconoscenza e quel rispetto che si deve al Capo supremo della Chiesa cattolica; ma che, considerate obbiettivamente, le proposte del Papa non corrispondono affatto agli interessi vitali della Germania, come non vi corrispondono per la maggior parte le dichiarazioni del conte Czernin. Quando leggiamo nella Nota del Papa che alla forza materiale delle armi deve subentrare la forza morale del diritto, e sentiamo dire al conte Czernin che spera in
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un nuovo ordinamento mondiale, confessiamo che i pensieri del disarmo generale e del tribunale arbitrale internazionale sono davvero inebrianti, ma io non credo – dice il conte Westarp che dichiara di parlare anche a nome del partito – alla possibilità di un disarmo internazionale e alla salvaguardia della pace mondiale per mezzo dei tribunali arbitrali. Un motivo internazionale di pace non sarebbe altro, per il conte Westarp, che un'alleanza anglosassone-americana per tener la Germania terra terra. La Germania, situata nel cuor dell'Europa, dovrà rinfidarsi, come per lo passato, esclusivamente nella sua forza. Essa non dovrà lasciarsi imporre limite alcuno nei suoi armamenti; anzi, il desiderio del partito conservatore è che non si parli nemmeno di disarmo nella conferenza della pace. La Germania potrà assicurare il suo diritto all'esistenza e allo sviluppo delle sue energie solo in quanto che un tal diritto sarà appoggiato validamente dalla forza. Le dichiarazioni del Segretario di Stato, von Kühlmann sull'Alsazia-Lorena, sono ritenute giustissime, secondo l'oratore, non foss'altro dinanzi all'estero. Grave è, però, che il Segretario di Stato dica esser la questione alsaziano-lorenese l'unico impedimento per addivenire alla pace. Compito di questa guerra è quello di liberare l'Europa dalla unilaterale tirannia dell'Inghilterra, ed a questo altissimo compito debbono essere esclusivamente ispirate le pretese della Germania. Passando alla questione belga disse che, volendo l'Inghilterra avere assolutamente il Belgio come testa di ponte contro la Germania, è dovere della Germania, se vuol difendere il suo avveni-
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re e la sua esistenza, mettere il Belgio sotto l'influenza tedesca. Dice di non ritenere felice la "Risoluzione" di pace del Reichstag, perché secondo il suo modo di vedere non fa che legare le mani ai plenipotenziari tedeschi. La dichiarazione del Cancelliere – potersi assicurare l'avvenire della Germania nell'ambito della "Risoluzione" di pace del Reichstag, – l'oratore la chiama l'argomento che contrasta col concetto conservatore. Esprime i suoi dubbi riguardo alla dichiarazione del Segretario di Stato "esser già tracciate definitivamente nelle loro linee principali le direttive del Governo tedesco indipendentemente dagli avvenimenti militari". Contro la dichiarazione dello stesso Kühlmann "dover la politica estera essere improntata dall'approvazione della gran massa del popolo e della sua rappresentanza", obbietta che deliberazioni del Reichstag sulla conformazione della pace non scioglie i ministri dalla responsabilità che loro incombe davanti alla storia e al popolo germanico, alla negoziazione della pace. Comunque, qualsiasi pace vittoriosa che gli uomini di Stato concluderanno nella piena coscienza della loro responsabilità, troverà il popolo sempre consenziente. Il discorso del conte Czernin non avvicinerà, certo, alla pace la Germania e le Potenze Centrali, come non ce l'avvicinerà il dibattito odierno. Militarmente la Germania trovasi in condizioni tali da poter dir che essa non potrà essere vinta. La posizione economica è tale che ci si può ben attendere lo sfruttamento politico delle vittorie militari. –
Il conte Westarp fu in certo qual modo, secon-
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dato dall'oratore susseguente, ossia dall'on. Warmuth della frazione tedesca. Questi disse, fra l'altro, che il Governo ha risposto al Pontefice in modo da conservarsi mano libera, se pur le dichiarazioni del Governo destano l'apparenza che questa libera mano sia, in verità, abbastanza legata. Il Belgio non dovrà divenire territorio di marcia dell'Inghilterra e della Francia. Vi è anche un diritto morale di conquiste e di indennizzi, ma un diritto che compete però all'assalitore e non al difensore. I fautori della "Risoluzione" di pace del Reichstag dissero doversi escludere qualsiasi acquisto territoriale (la "Risoluzione" in parola varia soltanto del rigetto di acquisti territoriali mediante la "violenza"). Propugnavano, dunque, una rinuncia vera e propria; – osserva Warmuth – ed a questo io e i miei amici ci apponiamo [sic]. – Precisa quindi la sua idea in quanto al disarmo, dicendo che, senza la forza, la Germania non potrà mai tutelare il suo diritto.
L'ultimo oratore sulla questione della politica estera fu il socialista indipendente Ledebour. Egli salutò i progressi dell'idea del disarmo e dei tribunali arbitrali; disse, però, che queste idee si potranno realizzare in tutto il loro valore sol quando gli Stati europei si risolveranno di discutere insieme i loro interessi e di creare una organizzazione, se anche alquanto libera nei movimenti. Ma siamo ancor lontani da questo, mancando tanto al Governo tedesco quanto ai Governi dell'Intesa le necessarie premesse per ciò fare. Se i Governi avversari non vogliono la pace, il Governo tedesco non deve, per questo, dedurne che bisogna tener le mani conserte. Esso
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deve tener conto del valore morale di una dichiarazione pacifista chiara e non ambigua. Se ai Governi non riuscirà a conseguire la pace, sarà compito del proletariato di tutti i paesi di occuparsene, per metter fin a questo macello conducente all'annientamento dell'umanità.
Se ora si prende in considerazione dal punto di vista della politica interna tutta quanta la discussione sulla politica estera, si rileva anzitutto questo vantaggio: che, in virtù, della dichiarazione del Cancelliere sulla "Risoluzione" del 19 luglio, è stato tolto terreno alla propaganda pangermanista che faceva una guerra accanita alla "Risoluzione" discreditandola, dicendo che menava ad una "pace della fame". Il Cancelliere aggiunse alla sua rinnovata accettazione della "Risoluzione", ciò che gli avversari della politica d'accomodamento dovrebbero sapere senz'altro se non avessero perduto, col loro fanatismo, qualsiasi senso d'obbiettività: che, cioè, non è affatto vero che la pace, concertata col Reichstag e col Governo, venga ad assumersi il carattere di una pace della fame e delle rinunce. Il Cancelliere dell'Impero dichiarò che tutto quello che la Germania ha bisogno per il suo sviluppo economico e culturale, si può raggiungere nell'ambito della "Risoluzione" e in via d'una politica d'accomodamento, a patto, naturalmente, che anche l'Intesa voglia seguire la medesima politica, sulla base del nuovo ordinamento dell'Europa. Togliendo alla "Risoluzione" il carattere di rinuncia affibbiatole intenzionalmente dai pangermanisti, e rilevandone il lato positivo, il Cancelliere volle, indubbiamente, darle un'interpretazione che toglies-
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se di mano agli avversari le loro armi e li avvicinasse, se possibile, alla medesima formula. Che i conservatori e i fautori di una pace basata sulla forza non abbiano, però, cambiato la loro posizione dinanzi alla "Risoluzione" del Reichstag, lo comprovarono le dichiarazioni degli oratori del partito conservatore e della frazione tedesca. Comunque l'interpretazione del Cancelliere tende a togliere di mezzo alcuni svisamenti nella lotta contro la manifestazione del Reichstag.
La dichiarazione di von Kühlmann "esser la questione alsaziano-lorenese il solo impedimento per la pace" ha creato una situazione nuova nella discussione dei fini di guerra, perché è data così la base dell'unità, colla necessità di rimanere tutti compatti nel combattere le pretese dell'Intesa miranti al territorio dell'Impero tedesco. A questo riguardo vi è unanimità di pensiero in tutto il popolo Germanico, dall'estrema destra all'estrema sinistra; è impossibile, cioè, che il Governo tedesco possa far concessioni riguardo all'Alsazia-Lorena, e la Francia non riceverà giammai terra dell'Impero finché la Germania sarà in grado di muoversi militarmente ed economicamente. Sintanto che l'Intesa manterrà il suo programma di conquiste, non c'è nemmeno da pensarci che la Germania abbia a cedere alle pretese inglesi. Solo quando l'Intesa avrà receduto dalle sue brame conquistatrici, sarà venuto il momento di discutere anche la questione belga insieme al complesso delle questioni riguardanti la pace. Per questo, assai più importante che formulare i fini di guerra, è creare l'atmosfera necessaria per la pace; creare cioè
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un ambiente nel quale amici e nemici si rendano esatto conto dei seguenti punti capitali raccolti in sintesi nel discorso del Segretario di Stato von Kühlmann:
1) che la Germania non combatte per fantastiche conquiste, ma per l'intangibilità del territorio dell'Impero;
2) che la politica tedesca è reale e sobria e non si regola secondo il risultato di singole imprese militari;
3) che non c'è, all'infuori di quella alsaziano-lorenese, nessuna questione che non possa essere regolata coi negoziati, e che possa giustificare il proseguimento della guerra davanti ai popoli e davanti alla storia. Quando la politica di Kühlmann, espressa in questi tre punti, avrà avuto i suoi effetti ed ottenuto che le belligeranti si seggano al tavolo della conferenza, allora sarà venuto il momento per intendersi sui singoli punti. Il Segretario di Stato Kühlmann ha ottenuto così che il partito liberale nazionale si mostri proclive ad appoggiare insieme ai partiti della maggioranza la politica di Kühlmann. I liberali nazionali vengono a mettersi così sulla nuova base creata colla Nota del Papa. Per dare un esempio l'oratore liberale nazionale Stresemann ha accettato l'idea del disarmo. Ne è derivato che i liberali nazionali si son venuti a trovare più isolati che mai. Il conte Westarp ha, per così dire, ritirato il consenso condizionato dei conservatori alla nota di risposta al Papa, dicendo non corrispondere le proposte del Papa agli inte-
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ressi vitali tedeschi. Disse impossibile qualsiasi disarmo e si dichiarò contrario a che nella conferenza della pace vengano persino toccate certe questioni, ed altre simili (tribunali arbitrali). I conservatori si dichiararono tuttora fautori della politica della spada. I liberali nazionali, invece, hanno operato una certa evoluzione, riconoscendo accanto alla forza delle armi la necessità che anche la diplomazia lavori per addivenire alla fine del conflitto. Lo si deduce dalle stesse espressioni di Stresemann, quando disse che la guerra dei subacquei non metterà tanto presto in ginocchio l'Inghilterra ma la porterà più presto che non si creda al tavolo della conferenza. I liberali nazionali riconoscono, dunque, che la guerra può essere terminata in via di trattative e in modo onorevole e vantaggioso per la Germania, se le armi daranno posto ai negoziati nel momento in cui l'Inghilterra, e per i successi militari tedeschi e, sopratutto, in forza della guerra subacquea, si vedrà costretta di abbandonare la tesi della guerra fino agli estremi e di preferire ad essa i negoziati. I conservatori, invece, si irretiscono nel concetto che tutto quello che la Germania ha bisogno per il suo avvenire si possa ottenere soltanto da un avversario completamente battuto, e che la guerra dovrà esser, quindi, continuata fino alla completa distruzione militare della Gran Bretagna.
La situazione di politica interna è dunque questa; che, in certi rapporti, tutti i partiti del Reichstag, ad eccezione dei conservatori, formano una certa unità compatta in quanto che vogliono appoggiare la
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politica di Kühlmann. Ora, in questo appunto sta lo sviluppo positivo e continuativo della situazione politica.
Si comprende senza fatica che i gruppi conservatori e pangermanisti sono poco contenti delle dichiarazioni del Governo in quanto alla politica estera, e dei risultati del dibattito. La loro stampa si lamenta che il Cancelliere faccia sempre più concessioni alla maggioranza del Reichstag, e trincia critiche acerbissime sulla politica di Kühlmann. Invece nella stampa dei partiti della maggioranza, a cominciare dal socialista "Vorwärts" fino alla liberale nazionale "Berliner Börsenzeitung", il Segretario di Stato Kühlmann viene indicato come l'uomo su cui si impernia la direzione del Governo. Se in questi partiti della maggioranza viene salutato von Kühlmann con maggior calore del Cancelliere dipende da questo: che dal Cancelliere si aspettava esprimesse con maggior energia la sua decisione di seguire la politica di accomodamento e di avversare le tendenze dei pangermanisti. Questo desiderio sta in rapporto colla risposta formalmente meno felice del vice-cancelliere Dr. Helfferich, responsabile anche per la politica interna, all'interpellanza socialista riferentesi all'agitazione del Partito della Patria nell'esercito; infine col trattamento – tatticamente non prudente nei suoi effetti di politica interna, secondo il modo di vedere dei partiti della maggioranza, – fatto dal Cancelliere e dal Segretario di Stato per la Marina ad alcuni membri del partito socialista indipendente. Gli organi conservatori e pangermanisti, al contrario, difendono il Cancelliere dall'a-
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cerba critica cui è stato fatto segno per questo; gli stessi giornali, cioè, che lo attaccano senza pietà nella sua politica pacifista. Se negli organi della maggioranza si parla di una crisi del Governo, si va troppo avanti; non foss'altro perché i partiti della maggioranza non vogliono saper essi stessi di crisi ed aspettano che misure acconce contribuiscano e che la posizione del Governo si consolidi automaticamente. Vero è, però, che tutti domandano un corso più fermo e più sicuro di intenti nella politica del Governo: lo che, come ben si comprende, non si riferisce affatto al signor Kühlmann, che gode la fiducia di tutti quanti i partiti, conservatori e pangermanisti compresi.
12.10.17
Empfohlene Zitierweise
[Erzberger, Matthias], La discussione pubblica sulla politica estera nel Reichstag e il contegno dei partiti davanti alla politica pacifista vom 12. Oktober 1917, Anlage, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 8619, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/8619. Letzter Zugriff am: 26.04.2024.
Online seit 24.03.2010, letzte Änderung am 30.04.2013.