Betreff
Rapporti fra Chiesa e Stato nel Baden
Non appena mi pervenne il venerato telegramma cifrato dell'E.V.R.
N. 9 del 7 Dicembre s.a., mi diedi premura di significare al Revmo Mons.
Arcivescovo di Friburgo quanto mi ero rispettosamente permesso di proporre nel mio
ossequioso Rapporto del 19 Novembre s.a. relativo alla nomina del Decano nella Chiesa metropolitana. di
Il sullodato
Arcivescovo mi ha risposto colla lettera in data del 30 Gennaio p.p., di cui l'E.V.
troverà qui unita copia (Allegato I) insieme alla rispettiva traduzione italiana
(Allegato II). In essa Mons. Fritz afferma che il momento attuale non è favorevole per l
iniziare trattative col Governo del Baden allo scopo della conclusione di un Concordato,
aggiungendo tale esser pure l'opinione del Presidente dello Stato, Sig. Trunk, del
Capo del Centro, Mons. Schofer, e di altri ancora. Lo stesso aveva già affermato
l'antecessore del menzionato Arcivescovo, Mons. Tommaso
Nörber, nella sua relazione sulla situazione politico-religiosa nel Baden, che mi feci un
dovere di trasmettere all'E.V. col rispettoso Rapporto N. 16332 del 15 Aprile
1920. Pur riconoscendo le gravi difficoltà, colle quali193v
si
dovrebbe lottare, non meno di quel che avv avvenne in
Baviera, per gi concludere un Concordato, sembrami tuttavia che, qualora vi fosse
buon volere da parte
dell'Arcivescovo e del Centro, il quale è nel
Landtag il partito numericamente più forte, potrebbesi non senza speranza di successo tentarsi l'impresa. Ma pur troppo da parte di non pochi Governi, ed anche di alcuni Vescovi, [sic] della Germania, vi è una certa tendenza di scansare la S. Sede e di trattare direttamente le questioni concernenti i
rapporti fra Chiesa e Stato. Checché sia di ciò, poiché il più volte nominato Mons. Fritz,
non lascia, si può dire, malgrado la restrizione
"il momento attuale", non lascia in realtà alcuna speranza per un futuro Concordato, parmi
subordinatamente che converrebbe di significargli che per la provvista degli offici e dei benefici ecclesiastici in
quella Archidiocesi vige il diritto comune. Dopo i rivolgimenti
politici del 1918,194r
il Governo del Baden, sebbene abbia certo più che qualunque altro Stato della Germania concesso libertà alla Chiesa, non si è curato in alcun modo di
mettersi in rapporto relazione colla S. Sede per un nuovo ordinamento delle cose
ecclesiastiche. Le
disposizioni della Bolla Ad dominici gregis custodiam (28 Maggio 1827) non sono di fatto già più intieramente osservate, avendo tale Go quel Governo
annunziato, senzadubbio con vantaggio della Chiesache alla partecipazione che ivi eraaccordataal Sovrano nella provvista della Sede arcivescovile, del
Decanato, dei Canonicati e Vicariati in quel Capitolo
metropolitano. Non può quindi il Governo medesimo accusare la S. Sede di aver
rotto per prima la Convenzione concordataria, se Essadopo di ciò dichiarassein vigore ilius commune. Quanto alle prestazioni finanziarie fissate in dette nella
precedente Bolla concordata Provida solersque (16 Agosto 1821), non sembrain vinvero, malgrado
194v
le
preoccupazioni dell'Arcivescovo, che vi sia fondato timore per la loro soppressione, essendo esse basate
sulla secolarizzazione,sulla cosiddetta parità, cui sono interessati anche i protestanti, e
sulla
Costituzione del Reich.
Se invece la S. Sede concedesse
aalal
Badenche, malgrado il rifiuto di concludere un Concordato, il diritto di
elezione capitolare
dell'Arcivescovo ed il modo di provvista del Decanato, dei Canonicati e
Vicariati, determinati nella succitata Bolla, ciò
costituirebbe un pericolosissimo precedente nei riguardi della Prussia. Qualora,
invece al contrario, potrà additarsi al Governo prussiano
l'esempio del Baden, ove, mancando un nuovo Concordato, tutte le nomine ecclesiastiche sono state puramente e semplicemente ridotte ai termini del diritto
comune, ciò sarà un
valido mezzo di pressione per mostrare ad esso
195r
la necessità di
trattative colla S. Sede.
Nella succitata lettera del 30 Gennaio Mons. Fritz
riferisce altresì di essersi accordato (per quanto è a me (almeno per quanto io
sappia, senza previa autorizzazione od intesa della S. Sede) col Governo intorno ad un
progetto di legge sull'amministrazione del patrimonio ecclesiastico, di cui egli invia ora
copia (cfr. Allegato III). Teoricamente, anche in esso la Chiesa cattolica è
ridotta alla stregua di qualsiasi altra società religiosa e sottomessa all'autorità suprema dello Stato, il quale giudica in ultima
istanza (§ 3) su gli statuti,lo
Statuto, pur della che alla sua volta non deve essere in opposizione colle leggi
dello Stato medesimo (§ 2).
Praticamente Mons. Arcivescovo ha ben diritto di affermare che il progetto in discorso, se
se verrà approvato, darà alla Chiesa maggior libertà
che nonl'analoga legge emanata già in
Prussia,195v
come è ben noto all'E.V. (cfr. Rapporti
N. 27355 del 30 Aprile 1923, N. 28893 del 4 Novembre 1923 e
N. 29738 del 12 Febbraio 1924).
Chinato
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 08. Februar 1926, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 20117, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/20117. Letzter Zugriff am: 27.12.2024.