Dokument-Nr. 3155
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro
München, 30. September 19181

Schreiber (Textgenese)
PacelliPacelli
Betreff
Visita ai campi di prigionieri italiani in Halle a. S., Celle, Minden, Münster, Ellwangen
Come compii il dovere di annunziare all'E. V. R. col mio rispettoso cifrato N. 225, ‒ non essendosebbene allora non fossero ancor giunti i pacchetti di viveri per i prigionieri italiani da tempo annunziati dall'E. V. R., tuttavia, poiché non se ne aveva alcuna notizia, affine di evitare il freddo e le intemperie della già inoltrata stagione, mi è sembratobrò di non poter più attendoltre procrastinare la progettata mia visita ad alcuni almeno fra i principali campi della Germania, ove i prigionieri suddetti trovansi internati in Germania, e cioè a Halle, Cell a. S. (Sassonia Prussiana), a Celle (Hannover), a Minden, a Münster e ad Ellwangen. Debbo dire che per la verità che il Ministero della Guerra di Berlino mi ha accordato in proposito tutte le facilitazioni, ha
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messo a mia disposizione senza mia domanda per tutto ill'intiero viaggio uno splendido vagone-salon, (cosa privilegio riservatao ai Principi e difficilissima in tempo di guerra), Sovrani ed al Cancelliere dell'Impero, e particolarmente raro in tempo di guerra a causa della difficoltà delle comunicazioni), e mi ha fatto accompagnare da due ufficiali addetti al Ministero medesimo, il Maggiore Ritter e il Richter e il Capitano von Holtzbrinck, i quali sono stati sotto ogni riguardo g cortesi e deferenti, e che per ciò mi permetterò dopo la guerra di addit segnalare alla benevolenza della S. Sede per una convenien decorazione corrispondente al loro rango, conformemente all'autorizzazione impartitami dall'E. V. col Suo venerato cifrato N. 33.
Riservandomi di riferire più appresso in particolare su ogni campo, mi permetto intanto di sottomettere all'E. V. alcune notizie ed informa e considerazioni di ordine generale.
Innanzi tutto ho dovuto constatare che soprattutto nel campo di officiali di Halle e specialmente in quello di Celle il malcontento il malcontento degli ufficiali prigionieri controper il trattamento usato verso di loro è superiore a qualsiasi descrizione. Ho naturalmente
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rappresentato i loro lamenti ai rispettivi Comandanti, i quali cercano di giustificarsi osservando che non è possibile di fare ai prigionieri nemici, per ciò che riguarda il vitto, gl'indumenti, il riscaldamento, ecc., una situazione migliore che alledi quella delle popolazioni della civili della Germania, che pure soffrono innegabilmente per la deficienza di nutrimentozione e di indumenti. Pur ammettendo ‒ sia facendo la dovuta parte sia atalitenendo nel debito conto sia tali innegabili e gravissime difficoltà interne, p sia anche alla ben comprensibile eccitazione e nervosità dei poveri prigionieri, i quali sono facilmente portati ad esagerare le loro sofferenze,ho tuttavia fatto notarerilevatonon ho tuttavia mancato di segnalare, specialmente ai due suddetti ufficiali del Ministero della Guerra, l'enorme interesse politico che ha la Germania di trattarli nel miglior modo possibile. Essa, infatti, ha già abbastanza nemici nel mondo per potersi prendere il lusso di aumentarne il numero; ora se i centotrentamila prigionieri italiani torneranno dopo la guerra in patria
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coll'odio nel cuore contro la Germania, questa, che pure desidera per tanti interessi soprattutto commerciali ristabilire buone relazioni coll'Italia, avrà ivi altrettanti nemici irreconciliabili nemici, oltre i loro parenti, i loro amici, ecc.; il che è tanto più grave, in quanto che specialmente fra gli ufficiali ve ne sono molti, che i quali avranno grande influenza nella cosa pubblica. Ho notato infine che, malgrado le difficoltà suaccennate, con un poco di buon volere si può riuscire a non esacerbare troppo l'animo dei prigionieri, ed ho citato all'uopo l'esempio di Ellwangen, ove, essendovi un buon Comandante, le cose procedono assairelativamente meglio. Il Maggiore Richter ha ammesso la giustezza delle mie osservazioni, ed anzi mi ha mostrato una circolare segreta del Ministero della Guerra del Dicembre 1917, nella quale si inculcava ai Comandanti dei Campi di mostrare riguardo ai usare verso i prigionieri italiani il miglior possibile trattamento. Ha convenuto meco che molto dipende dal buon volere dei dalle disposizioni dei singoli Comandanti e mi ha promesso che procurerà di ottenere miglioramenti, specialmente particolarmente per il campo di Celle, di cui egli stesso am riconosciuto gl'inconvenienti. Mi ha confidato anche l che aver l'Ambasciata di Germania tedesca a Berna ha comunicato testé al Governo di Berlino che si prepara in Italia una violenta campagna contro la Germania per il trattamento dei prigionieri e che questa ha chiesto perciò al Governo Svizzero l'autorizzazione di pubblicare eventualmente per propria difesa la relazione officiale della Commissione svizzera, compilata in seguito alla visita fatta ai campi dei prigionieri e favorevole alla Germania.
Le visite ai prigionieri italiani in Germania, specialmente ai campi di officiali, rappresentano per un nunzio una missione estremamente difficile e delicata. Da una parte, infatti, i prigionieri medesimi si lamentano con paroleespressioni spesso fiere assai forti e fiere, ed anche violente, di protesta contro i maltrattamenti veri, o forse talvolta immaginari,od esagerati, e il nunzio non solo non può contraddirli, ma deve mostrare di compatirli e promettere di adoperarsi nei limiti del possibile a loro favore; dall'altra egli è seguito continuamente da uno o più
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ufficiali tedeschi, i quali conoscono bene la lingua italiana e fungono perciò sul campo da interpreti, e chee sono tutti orecchie per udireascoltare ogni parola della conversazione, il che; il che richiede naturalmente una somma circospezione prudenza nella conversazione stessa ed impedisce di dare ai prigionieri maggiore soddisfazione. Soltanto più tardi ho saputo che il Ministero della Guerra di Berlino aveva permesso che io parlassidato istruzione ai Comandanti perché mi permettessero di parlare coi prigionieri senza testimoni, e qualora ciò fosse stato prima a mia conoscenza, io avrei cortesemente pregato,avrei, specialmente a Cellelager, cortesemente pregato il Comando di levarmi un po' d'attorno i noiosila continua molestia di quegli importuni interpreti, sebbene; ciò nondimeno, ( debbaoanchepur riconoscerelo)che in questo caso vi sarebbe stato assai sarebbe potuto poi nascereil pericolo che io venissi sospettato di aver ch'io fossi poi facilmente il sospetto che io avessi eccitato i prigionieri ovvero ordito chi sa quali trame con loro. Essendosi invece udita ogni mia espressione, resta eliminata eliminato tale eventualità, pericolo, e così, ad
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eliminato tale pericolo, e così, ad esempio, come ho saputo confidenzialmente, il Comando di Halle, nel rapporto sulla mia visita alle Autorità superiori, ha potuto rilevare con soddisfazione che le mie parole hanno avuto soltanto scopo caritativodi carità e sono state immuni da qualsiasi intento politico. Debbo poi aggiungere che le più vive proteste mi sono venute nei campi di ufficiali, (Halle e Celle), mentre che i semplici soldati, gente semplice e modesta, si mantengono calmi e rassegnati, pur in mezzo alla più desolante miseria. Ad Ellwangen, data la bontà del Comandante Barone von Gemmingen, ottimo e fervente cattolico, ho potuto parlare liberamente coi prigionieri senza alcun controllo di sorta.
I lamenti e i desideriLe domande, che i prigionieri esprimono al nunzio, sono già statie generalmente da loro più e più volte presentatie al Comando, e da questo respinte, e spesse voltequasi sempre è anche intervenuta invano la Potenza protrett po protettrice. Si tratta quindi di domande irradesideri che pur troppo irraggiungibili ‒nella maggior massima parte è assai difficile di poter soddisfare; e anche ciò rende pure assai penosa la missione del nunzio, il quale vorrebbe che la sua visita perfosse piùriuscisse il più possibile praticamente proficua agli a quegliinfelici prigionieri. Tuttavia ho cercatofatto del mio megliostudiato ogni mezzo per ottenere qualche miglioramento, e spero che il Signore si degnerà di benedire questi miei sforzi. Inoltre la stessa visita fatta
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nel Nome Augusto del S. Padre, qualche soccorso elargito ai prigionieri e l'interessamento dimostrato a loro riguardoa quegli infelici sono già di grande conforto per per i prigionieri, i quali non mancano mai di esprimere tutta la loro commossa riconoscenza verso il la paterna sollecitudine di Sua Santità. Questa gratitudine si è anzi talvolta manifestata con vero entusiasmo, specialmente nel campo di Ellwangen, ove le parole da me indirizzate ai prigionieri sono state salutate ed spesso interrotte da lunghi, ed fragorosi ed unanimi applausi. Aggiungerò anzi che, siccome le noteconsuete raccomandazioni "per un trattamento di favore e per speciali riguardi" non hanno e non possono avere quasi mai alcuna efficacia, (non essendo possibile ai Comandanti di fareusare delle parzialità a favore di questo o di quel prigionierodell'uno o dell'altro), questoa delle visite è forseè in generale l'unicoamezzovia veramente utile e adatta per confortare ed aiutare i prigionieri e far loro in qualche modo comprendere ed apprezzare la nobilissima opera della S. Sede nel pres del S. Padre.
Una tTale paterna sollecitudine dell'Augusto Pontefice riesce poi tanto più cara al cuore degli italiani, in quanto che essi
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(come ho potuto dovunque constatare) si sentono abbandonati dalla loro patria. I francesi, ad esempio,(com e così anche gl'Inglesi) ricevono moltissimi vestiti e pacchi di viveri non solo dalle loro proprie famiglie, ma anche dai vari Comitati di soccorso,(ad es. quello di Lione), di guisa che non vive ne è alcuno che rimanga senza soccorso. Gli italiani invece, le cui famiglie o sono povere o si trovano nei paesi occupati, non hanno aiuto di sorta (salvo quel pochissimo che possono loro fornire i Comitati formatisi nei vari campi), e quindi si trovano nella più squallida miseria, e moltideperiscono miserabilmente, oltre che si sentono moralmente umiliati e depressi di fronte ai prigionieri delle altre Nazioni. È perciò che tudovunque gli italiani mi hanno dappertutto pregato di far conoscere al loro Governo mediante la S. Sede questa tristissima situazione, affinché vi sia posto sollecitamente rimedio. LaGli alimenti,Il nutrimento, infatti, che i prigionieri ricevono dal Comando tedesco, sonoè senza dubbio insufficiente, né vi è speranza di poterottenere di piùun aumento, perché le Autorità dicono che
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esse non possono dare ai prigionieriné, per la ragione che ho già più sopra accennatao, vi è speranza di poter ottenere di più. Quanto agli indumenti, avendo appresso [sic] nel campo di Minden che essi vennero tolti ai soldati italiani, allorché furono fatti prigionieri, vennero di estolti ne domandai spiegazione al Maggiore Richter, ed egli mi rispose che, secondo la Convenzione dell'Aia, le uniformi degli ufficiali sono loro proprietà dei medesimi, mentre quelle dei soldati sono predacostituiscono bottino di guerra, e quindi possono essere loro prese dallo Stato che li ha catturati. I soldati medesimi, giunti al campo, ricevono un vestito, naturalmente secondo le condizioni del paese, ed a quelli che vanno a lavorare innei vari KommandoComandi ne hannovien dato un secondo. Il Checché sia di ciò, certo si è che i poveri prigionierisoldati italiani hannosono nella maggior parte vestiti in modo da far pietà, ed hanno perciò urgente bisogno, specialmente all'approssimarsi dell'inverno, che lo Stato od i Comitati di soccorso inviino
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loro ves vestiti e calzature uniformi, biancheria e calzature; altrimenti molti di loro resteranno irrimediabilmente rovinati nella salute e non pochi anche moriranno(come già nello scorso inverno) troveranno la morte. I pochi Le maglie e calze di lana, che io ho potuto distribuire a nome del S. Padre, sono state ricevute con indescrivibile gioia e riconoscenza, ma esse non hanno pur t p trop potuto [ein Wort unlesbar] giovare che ad un troppo piccolo numero di infelici. Se la S. Sede potràcrederà di richi far presente a chi di dovere tale condizione di cose, si guadagnerà un nuovo titolo di benemerenza nel sollevare le mis le sofferenze dei poveri prigionieri.
Mi permetto infine, al termine di questa parte generale, di trascrivere qui appresso lo schema del piccolo discorso da me pronunziato nei rivolto ai prigionieri nei vari campi:
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"Se io non mi trovassi fra voi che come vostro connazionale, sentirei già in quest'ora il mio cuore riempirsi d'ineffabile commozione. Ci unisce il ricordo soave della diletta patria lontana; ci unisce il cocente desiderio nostalgico della bella Italia, da cui vi separò non la viltà, che non alberga in cuore italiano, ma le aspre vicende della guerra.
Tuttavia ancor più mi commuove il pensiero che son qui venuto come rappresentante della più alta Potestà morale della terra, di Benedetto XV, Pontefice Romano, Padre comune dei popoli, spirito largo e penetrante, cuore alto e generoso, che, in mezzo agli strazianti orrori ed alle rovine che desolano il mondo, agita fra le genti in lotta la fiaccola della carità, lenisce i dolori ed ai prigionieri dedica con costante predilezione e con delicata mano paterna le Sue benefiche cure. Quante volte, allorché lavoravo in Roma presso di Lui, io fui colpito nel costatare fino a qual punto Egli spingeva la Sua sollecita tenerezza per i prigionieri! Ed ora m'invia a voi per distribuire nel Suo Augusto Nome ai più bisognosi, senza distinzione di religione né di partito politico, un immediato soccorso, e per annunziare il prossimo arrivo a ciascuno indistintamente di un pacco di viveri, come simbolo di amore e per nostri sostegno dei vostri corpi, ma soprat-
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tutto per far discendere, a protezione delle anime vostre, i conforti e le benedizioni del Cielo.
Sì, o Signore, Dio degli eserciti, Padre onnipotente e buono, Che con misterioso ma soave provvidenza dirigi gli avvenimenti umani e della virtù sei fonte e premio immortale, Tu vedi questi Tuoi prodi figli, questi fiori della giovinezza italica, che nel compimento del loro dov dovere lottarono da eroi, soffrirono sereni, e adesso, pur nel dolore dell'esilio, pur nell'amarezza indicibile della separazione dalle loro care famiglie solitarie e gementi, attendono, ansiosi ma calmi, l'ora della liberazione. Tu dunque li benedici, o Dio benefico, nella larghezza infinita della Tua bontà, Tu esaudisci le loro aspirazioni e le loro preghiere, Tu proteggi la loro virtù e la loro fede, Tu fa sì che la prigionia non snervi il vigore delle loro forze, ma affini nei loro cuori come fuoco purificatore la vivezza del sentimento cristiano. E poi, quando sarà giunto il sospirato momento dalla volontà Tua benedetta prefisso, Tu li riconduci nella dolce Italia, che la Mano Tua carezz carezzò coll'incanto delle naturali bellezze, e ove il genio umano, che Tu creasti e che Tu ispiri, profuse i tesori più sublimi e più gentili dell'arte; Tu là li riconduci, fra le braccia dei loro cari, all'ombra fida dei tempii maestosi o delle soavi chiesuole del villaggio, ove essi impararono a pregare, ove appresero a considerar la vita terrena come un breve passaggio verso la futura più felice e più vera; Tu là li riconduci, sempre giovani nell'affetto, sempre fervidi nella carità, sempre più pronti a servire servir la loro patria e Te sopra ogni cosa, o Dio sommo, a Cui sia lode e onore e gloria pei secoli."
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Campo di Halle a. S.
Partito da Monaco il 17 sera,la sera di Martedì 17 corr., giunsi la mattina seguente ad Halle a. S., città st eminentemente protestante, chiamata perciò la "Roma protestante" o la "città di Lutero", ove nessun nunzio apostolico aveva mai messo piede, almeno dopo la Riforma. Fui ricevuto alla stazione dal parroco militare cattolico, decano Heddergott, e, alle celebrata la S. Me alle ore 10 mi recai a visitare celebrata la S. Messa nella cappella delle Suore grigie di S. Elisabetta, mi recai subito alle ore 10 alvisitare il campo, ove rimasi fin quasi all'una pomeridiana. Si trovano ivi internati, circa cinquecento prigionieri italiani, fra cui circa quattrocento venti ufficiali ed ottanta soldati. I sacerdoti sono in numero di dodici. Dopo aver visitatoessermi recato a pregare nella cappella graziosamente dipinta da un prigioniero, fui condotto alla sala della mensa, addobbata per la circostanza con fiori nastri e fiori, e là, salito sopra un
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un [sic] apposito palco, indirizzai ai prigionieri ivi radunati le parole analoghe a quelle sopra riferite. Rispose ringraziando a nome di tutti, con belle espressioni improntate a sentimenti di fede e di gratitudine, il Maggiore Bertolotto, primo per rango fra gli ufficiali del campo. Visitai poi il lazzaretto, la cucina, qualche dormitorio, ecc., e finalmente distribuii ai più poveri n nel Nome Augusto del S. Padre alcun ai più poveri (indicatimi dall'ottimo capitano medico Dr. Spanio) alcuni indumenti di lana e lasciai pure per soccorso dei più bisognosi la somma di Marchi 1000 e per i sacerdoti Marchi 200.
Durante la visita, udii dai prigionieri molti e gravissimi lamenti circa il trattamento loro fatto dal Comando tedesco. Essi hanno specialmente sofferto a Rastatt, ove furono concentrati al principio della loro prigionia, e vennero lasciati mal nutriti, spogliati, e spesso anchepure battuti. Particolarmente triste è poi, sempre secondo le affermazioni dei prigionieri stessi, la sorte dei soldati semp
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semplici, che sono mandati a lavorare nelle miniere ed ananche al fronte occide occidentale, e i quali ritornano poi al campo in così misere condizioni, che la loro salute deve considerarsi come rovinata per sempre.
Non meno vive, tuttavia, furono le lagnanze contro il Governo italiano (il quale, a differenza della Francia e dell'Inghilterra, nulla ha organizzato a favore deiper soccorrere i prigionieri bisognosi), e contro la Croce Rossa italiana. Vari ufficiali mi hanno asserito che i pacchi, i quali arrivanogiungono in Germania, non vanno perduti (come, del resto, li ricevono i francesi e gl'inglesi), ma la causa della dispersione deve ricercarsi in Italia. Essi desiderano che la Santa Sede faccia conoscere
Mi sono poi stati espressi molti desideri e domande particolari, che non ho mancato di raccomandare alle competenti Autorità germaniche.
InHo chiesto finalmente in modo particolare mi sono finalmente trattenutodi parlare col Sottotenente Vincenzo Nitti, col quale mi sono alquanto intrattenuto.eEgli ha buon aspetto e mi ha
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ringraziato per l'interesse preso a Suo riguardo. Con vivaci parole ha mosso deplorato il ca cattivo trattamento, cui soggiacciono i prigionieri nel campo di Halle, e che rende ancor più cruda la già triste loro situazione. Gli ho detto che avevo ottenuto il suo trasferimento ad Ellwangen, ma egli mi ha risposto di aver preferito, pur con suo sacrificio, di rimaner là, per aiutare e proteggere i suoi compagni di cattività.
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Campo di Celle (Hannover)
Fu da me visitato il Venerdì 20 corrente. È il più grande campo di ufficiali italiani in Germania, f trovandosi internati in numero di circa tremila, e fra loroessi i due generali Fochetti e Pisani (parente di Mons. Pisani, al qualecui desidera di essere ricordato). Vi è stata costruita una bella ed abbastanza ampia cappella, ove feci innannella qualeove al mio arrivo, dopo le solite present presentazioni, fuimi recai innanzi tutto introdotto ed ove ed ove, e dove,e nella quale,dopo aver tenutotenni un discorso ai prigionieri ed impartii la benedizione col Santissimo. Parlai poi di nuovo all'aperto; alla fine delle mie parole vi furono grida di "Viva l'Italia!". visitai quindi il lazzaretto, la sala di lettura, il teatro, qualcuna delle baracche coi letti, ecc. Qui, ancor più che ad Halle, ho inteso fiere parole di lamento malcontento contro il trattamento fatto ai prigionieri modo infame (così lo ha qualificato il Generale Fochetti), con cui vengono trattati i prigionieri italia-
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ni; essi porteranno sempre nel cuore l'odio contro la Germania! Alcuni mesi fa le guardie tedesche, temettero,avendo temuto, sembra senza serio fondamento, una sommossa nel campo, euccisero un ufficiale italiano venne da esse ucciso quasi a bruciapelo; il che produsse vivissima indignazione nei compagni. Speciali lamenti ho inteso, per l'perché è insufficiente l'alimentazione, per la mancanza d'perché mancano nelle baracche l'illuminazione e died il riscaldamento nelle baracche,indispensabile nell'inverno, perché queste le baracche stesseesse sono troppo strette e gli ufficiali vi si trovano eccessivamente accalcati, perché i letti sono cattivi e sudici (allorché io chiesi di visitare una di dette baracche, un ufficiale gridò: Attento ai pidocchi!). Le Autorità tedesche, a cui non mancai di rappresentare cortesemente tali aggravi, si scusano dicendo (come ho già accennato in principio) che pur troppo non possono fare di più, che anche le popolazioni civili tedesche soffrono egualmente, chesimili privazioni, che manca il carbone, che fa difetto la lana per le materasse e si è quindi dovuto ricorrere a un surrogato. Per portare, tuttavia, qualche rimedio a tali inconvenienti, e avendo notato quale importanza i prigionieri davano al riscalda-
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mento delle baracche ove dormono, ho offerto al Ministeroproposto agli ufficiali del Ministero della Guerra di Berlino, che mi accompagnavano, di pagarne a nome della S. Sede le spese, (le quali sperocredo resterebbero almeno in gran parte ricoperte dal residuo del noto fondo); ed essi mi hanno promesso di esaminar la cosa con premura e di comunicarmi poi la decisione. Incaricai inoltre il Generale Fochetti di distribuire ai più bisognosi alcuni indumenti di lana, e lasciai duemila marchi per i prigionieri più poveri e trecento per i sacerdotigli ecclesiastici ivi internati. Ai sacerdoti ed ai seminaristi del campo, che feci insieme riunireti, con apposito discorso raccomandai vivamente la pietà, la disciplina, il buon esempio, facendo loro intendere quale importante misfecondo apostolato essi debbanopossono esercitare in mezzo ai prigionieri loro compagni di prigionia.
La ristrettezza del tempo e la sorveglianza continua degl'interpreti non mi permisero di trattenermi col Generale Fochetti come(il più anziano del campo), come questi avrebbe forse desideratovoluto; ciò nondimeno, egli poté espormi almeno i principali suoi desideri e mi pregò particolarmente di portare a conoscenza delle Autorità italiane per il
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per il tramite della S. Sede i seguenti punti, che l'E. V., se lo giudicherà opportuno, potrà comunicare alla medesima:
1°) occorre soccorrere sollecitamente i tubercolosi facendoli rimpatriare ed intanto inviando loro sollecitamente del latte dall'Italia o dalla Svizzera.
2°) occorrebisogna che il Governo italiano provveda ada spedirespedisca ai prigionieri uniformi militari e calzature, ed inoltre (per ciò che riguarda il campo di Celle) viveri almeno per un centinaio.
3°) è necessario in modo speciale provvedere ai prigionieri appartenenti ai territori italiani invasi, mandando loro viveri e vestiti, perché essi nulla ricevono dalle loro famiglie.
4°) sono state erett istituite nel campo scuole per studenti e per soldati, è stato me si sono formate piccole orchestre, un teatro, ecc., tutto a cura ed a spese degli italiani. "Quanto qui vi è di buono (ha concluso il Generale) è opera nostra. Desidero che il nostro Governo lo sappia."
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Come già nel campo di Halle, ho procurato anche qui di racco soddisfare vari desideri espressimi da singoli prigionieri, e ho fatto venire a me, per tratquelliquelli che erano stati più particolarmente raccomandati dalla S. Sede comdall'E. V.tra questi essimi sono più conpremurosamente intrattenuto colSpeciali attenzioni ho rivolto al, tra gli altri, al Tenente Pio Taliani (il quale hapresenta florido aspetto, mi ha ricevuto i pacchi da me inviatigli e mi ha incaricato di salutare l'E. V. e di far sapere all'E. alla famiglia che ha bisogno di un paio di scarpe) ed al tenente Arnaldo de Paolis, parente del Comm. Costa, il quale pure sta ora bene.
Campo di Minden (Westfalia)
Domenica 22 corrente (ho visitatovisitai il campo di Minden, ove si trovavano il in quel momento circa cinquecento soldati italiani, essendo molti altri (appartenenti al campo medesimo) dispersi nei vari Arbeiterkommandos Comandi per i lavori. Furono tuttiVennero insieme riuniti in
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una baracca, ove parlai loro e poi distribuii indumenti di lana ai più po bisognosi. Pur troppo la difficoltà fu nella scelta. Salvo qualche rara eccezione, tutti erano miserabili, laceri, senza camicia, senza calze, senza scarpe, con semplici zoccoli di legno. Uno sSpettacolo desolante! e tanto più triste, in quanto che nello stesso campo si vedevano i prigionieri francesi ed inglesi convenientementeben vestiti e nutriti! Molti poi di questi poveri soldati (come mi fu detto) sono a per turno mandati a lavorare al fronte, ove, oltreché essere esposti ai pericoli della battaglia, rimangono ancor più rovinatidanneggiati nella loro salute. Tuttavia, malgrado tante miserie e tante sofferenze, si mostrano calmi e rassegnati, e generalmente, secondo che mi hanno assicurato i due cappellani tranquilli; si direbbe che, fiaccati dall'indebolimento fisico, non hanno più forza di reagire e deperiscono e muoiono quasi incoscientemente [sic]! In generale, poi, secondo che mi hanno assicuratoriferito i due cappellani italiani, sono buoni e frequentano le pratiche religiose.
Anche qui ho lasc lasciato al Comitato locale di soccorso Marchi mille. Una maggior somma (mi ha assicurato il Presidente) sarebbe stata
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inutile, perché i prigionieri non possono comprare né viveri né vestiti; di quel danaro, che hanno ricevuto con mia riconoscenza, si serviranno per le spese necessarie nel loro cimitero.
Ho raccomandato al Comandante del Campo vari desideri dei prigionieri medesimi, e mi è stato promesso che saranno presi in benevolo esame. Ho chiesto di parlare con alcuni, a favore dei quali la Santa Sede si è particolarmente interessata,adoperata, trattenendomi in modo speciale col soldato Di Maio Luigi, che sta trovasiè in buona salute e a cui ho dato qualche indumento di lana.
Avendo poi appreso che nello stesso campo (come ho già accennato) si trovavano anche prigionieri francesi ed inglesi, mi sono interessato anche di loro e hoed ho chiamandoto a me i cinque rispettivi cappellani francesi ed il Presidente del Comitato di [em] soccorso francese. A questo anzi ho offerto una oblazione in danaro; ma egli, pur ringraziandomi calorosamente, mi ha assicurato che i suoi connazionali internati in quel campo non ne abbisognano.
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Campo di Münster (Westf.)
In Münster vi sono tre separati campi di prigionieri, assai distanti l'uno dall'altro. Per facilitare la mia vis Comandanti del Campo I e II sono due buoni cattolici, ossia il Gen Maggior Generale Nutten e il Maggior Generale Barone Raitz von Frentz; quest quest'ultimo porta con orgoglio sul petto la Croce pro Ecclesia et Pontifice. Per facilitare la mia visitamissione furono radunati Lunedì 23 corrente tutti i prigionieri italiani nel Campo I, ove mi recai accompagnato dal Maggiore Richter e dall'ottimo Cappellano militare tedesco sac. Francken, Vicerettore del Seminario di Münster. Il giorno seguente, poi, per espressa e viva domanda del sullodato Barone Raitz von Frentz, visitai anche il Campo II, ove egli volle anche purealtresì offrire una colazione in mio onore. Debbo dire per la verità che, sebbene anchepure qui, per le ben note ragioni, la nutrizione il vitto fornito ai prigionieri del Comando non sia insufficiente, e quindi sia si mostrinecessario l'invioi prigionieri abbisognino dell'invio
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dall'Italiadall'Italia di viveri e di vestiti, tuttavia, grazie ai sentimenti di carità cristiana carità cheda cui sono animanoati i due Comandanti suddetti, il trattamento può dirsi buono, come mi hanno espressamente attestato ancheanche gli ecclesiastici francesi internati nello stessonegli stessinei due campi summenzionati, che credo possano dirsi se i quali sono senza dubbio i migliori Campi per semplici soldati fra tutti quelli da me finora visitati in Germania. Tutto è bene ordinato, le baracche da dormire, le baracche da lavoro, la cucina, il lazzaretto, il bagno, ecc. I prigionieri delle varie nazionalità hanno messo su una buona orchestra, che suonò per la circostanza vari pezzi di musica, fra i quali ammirabile uno eseguito da un valorosissimo violoncellista dell'Opera di Parigi. Distribuii, come al solito, dopo il consueto discorso, ai prigionieri italiani più bisognosi gl'indumenti di lana e diedi complessivamente 1200 marchi perai Comitati italiani di soccorso italiani dei tre campi; elargii pure duecento marchi ad ognuno dei cappellani francesi dei Campi I e II, che mi richiesero
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un'elemosina per le loro cappelle, in una delle quali parlai ai prigionieri francesi ivi riuniti.
Qualche desiderio manifestatomi dai prigionieri stessi venne da me raccomandato ai rispettivi Comandanti, e subito esaudito. Così ho avuto la promessa che non solo due seminaristi (uno di Milano e l'altro di Tortona) saranno inviati quanto prima all'erigendo Seminario di Tauberbischofsheim, ma altresì che un cappuccino venga internato nel convento del suo Ordine a Münster; che un seminarista belga (a cui tale favore era stato finora negato) vengasia mandato al Seminario per i francesi in Limburg; che vengano eseguiti alcuni miglioramentirestauri nella cappella italiana del Campo II; che siano miglioratimigliorati nel Campo stesso imedesimo i letti più comodi per i prigionieri italiani, ecc.malati, ecc.
Malgrado ciò, anche qui pure, come ho già avuto l'onore di accennare, è urgente il bisogno di soccorrere i prigionieri italiani più indigenti, indi i cui nomi
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l'E. V. potrà trovare indicati nelle liste, consegnatemi durante la mia visita, e che, mi permettoper ogni buon fine, compio il dovere di trasmetterLettere qui accluse.
In particolare, poi, i prigionieri ita italiani del Campo II mi hanno pregato di far conoscere alle competenti Autorità italiane quanto segue: i seguenti loro desideri:desideri e bisogni:
1°) Invio dall'Italia di soccorsi per gli ammalati ricoverati nell'infermeria, negli ospedali e lazzaretti, ‒ per coloro che si trovano ai Comandi di lavoro e sono privi di aiuti da parte delle loro famiglie, ‒ per quelli che appartengono– per gli gli appartenenti ai territori occupati, – per coloro che sono affetti da tubercolosi.
2°) Spedizione sollecita di indumenti per la prossima stagione invernale.
3°) Invio di sillabari, libri di lettura elementari e quaderni per ad uso della scuola per analfabeti. istituita nel campo, come 4°) pure di commedie, farse e canzonette per la piccola società teatrale ivi egualmente creatacreata allo scopo di sollevare lo spirito dei poveri prigionieri.
4°) Che sia Migliorata la spedizione dei pacchi
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della Croce Rossa Italiana, i quali o non giungono o giungono con tale ritardo, che specialmente il pane arriva il più delle volte ammuffito.
5°) RendereChe sia reso più regolare il servizio postale fra i prigionieri e le loro famiglie.
Infine mi permetto di rimettere qui uniti, come saggio, ili biglietti e le monete il danaroalcuni biglietti e monete in corso nel Campo di Münster II. Ai prigionieri, infatti, non viene generalmente permesso di ritenere i marchi la moneta corrente, per timore che se ne servano a scopo di fuga, ma essa vienedeve essere subito cambiata inin ogni campo in danaro, in moneta in altrain altra, che non ha valore se non nei singoli campi.
Campo di Ellwangen (Württemberg)
Passando attraverso Colonia, ove feci la visita, già da tanto tempo promessa, all'Eminentissimo Signor Cardinale von Hartmann, il quale mi accolse coni segni della più grande benevolenza e mi pregò di umiliare al S. Padre i sentimenti della sua filiale devozione, – giunsi Venerdì mattina 27 corrente
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nella graziosa cattolica città di Ellwangen (Württemberg), chiamata la "Roma sveva". Ricevuto alla stazione dall'ottimo Mons. De Keppler, Vescovo di Rottenburg, venuto colà appositamente, dal già menzionato Comandante del campo dei prigionieri, Sig. Barone von Gemmingen, egregio cattolico, daldallo zelante parroco locale sac. Staudenmaier, di cui fui ospite, edsalutatoossequiato da grande concorso di popolo, che s'inginocchiava al mio passaggio per le vie della città imbandierata con numerosi vessilli dai coloridai colori pontifici, e cittaho celebratoai la S. Messa nella chiesa parrocchiale, e mi recai poi subito al campo dei prigionieri, accompagnato dal sullodato Vescovo. Erano ad attendermi il suddettodetto comandante col coi suoi aiutanti, e poi, all il Generale Farisoglio, che colle lagrime agli occhi mi diede il benvenuto a nome dei prigionieri. VisitataDopo una commovente preghiera aver pregato alquanto nella cappella, ove impartii la benedizione,io fui condotto nella sala della mensa, ove parlai agli ufficiali, interrotto da prolungate ovazioni. Rispose ringraziando commosso il Generale summenzionato,sunnominato; e quindi, visitati i principali locali del campo, ricevetti fino alla sera
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i molti prigionieri, che o furono da me chiamati, perché in modo particolare raccomandati dalla S. Sede (fra cuiessi mi permetto di ricordare il Marchese Tenente Giovanni Patrizi, l'Aspirante Ufficiale Conte Giovanni Chiassi, il Marchese Tenente Ludovico Poschi Meuron, il Tenente Conte Ranieri della Gherardesca, il Tenente Colonnello Alberto Mazzino, il Capitano Ubaldo Galeotti, il Tenente Vincenzo Vedovi, il Sottotenente Ferdinando Coddì, il Sottotenente Virgilio Signori, il Sottotente [sic] Faustino Vita, ecc. il Tenente Umberto Mantovani, ecc.) o chiesero essi stessi di parlarmi. Ebbi da loro naturalmente uno straordinario numero di svariate domande, alcu così di ordine generale (presentatemi specialmente dal Generale Farisoglio e dal Colonnello Porro, che s'intrattennero con me lungamente), come di indole personale. Esse sono state tutte da me vivamente raccomaDi tutte e di ognunaDi tutte e singole mi sono vivamente interessato, secondo la competenza, presso il Comandante del Campo o presso le Autorità centrali di Berlino, mentre che alcune poche, le quali debbono essere espletate in Italia for-
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meranno manomano oggetto di un mio separato Rapporto all'E. V. Debbo ad ogni modo riconoscere tuttavia che(ana analogamente a quanto ho avuto l'onore di riferire circa il i campi di Münster I e II per i semplici soldati) che, nonostante le lagnanze e i reclami, i quali mi sono stati anche qui avanzati, è questo, grazie ai sentimenti cristiani del Barone von Gemmingen, il migliore dei campi di per ufficiali prigionieri ita, da me finora visitati in Germania.
Distribuii, come al solito, ai più bisognosi gli indumenti di lana edlasciai per i prigionierielargii a favore dei poveri la somma di Marchi mille.
Alcuni ufficiali, appartenenti a società cattoliche italiane, mi consegnarono un omaggioindirizzo di devozione e di riconoscenza verso il S. Padre, che qui accluso mi pregiocompio il dovere di inviare all'E. V. con preghiera di volerlo rassegnare nelle Auguste Mani di Sua Santità.
La mia partenza dal Campo fu accompagnata dai calorosi applausi degli ufficiali prigionieri. Il giorno seguente lasciai Ellwangen alla volta di Monaco, ove son giunto stamane circa le ore 7.ieri mattina alle ore 6 e 40 6 e 40 6.40.
Dopo di ciò
1Datum hds. von Pacelli korrigiert aus "29 Settembre 1918".
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Gasparri, Pietro vom 30. September 19181, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 3155, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/3155. Letzter Zugriff am: 27.12.2024.
Online seit 20.12.2011.