Document no. 3061
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro
Munich, 22 October 1918
Summary
Pacelli besuchte das Kriegsgefangenenlager in Lechfeld, das sich auf einer Ebene befindet und aus sehr vielen Hütten mit circa 20.000 Kriegsgefangenen besteht. Die italienischen Gefangenen, zu denen er geführt wurde, haben eine Bühne für ihn organisiert, von der aus er eine Rede hielt. Pacelli berichtet, dass er darin seiner Freude, unter Mitbürgern zu sein, Ausdruck gegeben und das Engagement des Papstes für die Kriegsgefangenen hervorgehoben hat. In der Erinnerung an das gemeinsame Vaterland erteilte er den Segen des Papstes und verteilte die Geschenke des Papstes. Für die besonders Bedürftigen gab es auch wollene Unterwäsche. Den entsprechenden Dankbrief der Kriegsgefangenen, in dem sich besonders die neun Offizierärzte und die zwei Geistlichen dankbar zeigen, sowie eine Liste von Gesuchen um Informationen von den Familien übersendet er direkt nach Rom. Der Nuntius übergab Spenden für die Kapelle und für das Komitee der Kriegsgefangenen. Anschließend traf er den Vorsitzenden des französischen Komitees, dem er auch eine Spende für die französische Kapelle übergab. Der Besuch, der drei Stunden dauerte, hinterließ bei Pacelli einen ordentlichen Allgemeineindruck, zumal der Gesundheitszustand der Gefangenen gut ist und er keine großen Klagen seitens der Offiziere und Soldaten vernahm. Diesen ist bewusst, dass die Verbesserung ihrer Haftbedingungen durch ihn erfolgt ist. Negativ vermerkt der Nuntius, dass die Verteilung der Post nur verzögert vonstatten geht, weil es zu wenig Personal für die Kontrolle gibt. Pacelli ist immer mehr davon überzeugt, dass die Besuche der größte Trost für die Kriegsgefangenen sind, weil sie die päpstliche Barmherzigkeit und die wohltuende Wirkung der Religion vermitteln.Subject
Visita ai prigionieri di Lechfeld
Ieri ho visitato un altro campo di prigionieri: quello di Lechfeld in Baviera. È distante da Monaco circa tre ore di ferrovia, cambiando il treno alla stazione di Augsburg. Sono partito alle 12.10. Ad Augsburg è venuto ad incontrarmi un Ufficiale superiore tedesco del campo che mi ha accompagnato fino a Lager Lechfeld.
Quivi si sono presentati, per portarmi il saluto del Generale Comandante del campo, un Maggiore – ottimo cattolico, che in ginocchio, con le lacrime agli occhi, mi ha chiesto la Benedizione Apostolica per sé e per la vecchissima Madre – ed un Tenente.
In carrozza abbiamo fatto il tragitto dalla stazione al campo: venti minuti. Lager Lechfeld è un'immensa pianura disseminata di moltissime baracche. Prima della guerra era un campo di esercizi militari: oggi vi si esercitano soltanto gli aeroplani. A Lechfeld sono circa ventimila prigio-
71v
nieri; francesi, italiani, belgi, inglesi, russi ecc.
Degli italiani la maggior parte sono ai lavori nei comandi presenti al campo solamente
trecento in circa, di cui nove medici e due ecclesiastici.Il Generale, che si recò a salutarmi all'ingresso del campo, mi accompagnò subito al luogo, all'aperto, dove gli italiani, su tre fila, erano raccolti intorno ad un podio ornato di fiori e di foglie, su cui montai dicendo ai prigionieri parole d'occasione. Parlai loro della mia gioia commossa di trovarmi fra connazionali, del mio piacere ed onore di rappresentare l'Augusto Pontefice, del Quale narrai le instancabili, paterne premure amorose pei prigionieri. Cercai elevare il loro spirito al sentimento della Fede cristiana confortatrice di ogni dolore. Ricordai la patria, le case, i cari lontani a cui li può unire la preghiera, dinanzi a Dio. Infine impartii in nome di Sua Santità la Apostolica Benedizione fra la commozione evidente di tutti, che si manifestò anche in lacrime di tenerezza e di dolore.
Dopo, sfilarono alla mia presenza, uno dopo l'altro, tutti i prigionieri ed a ciascuno con acconce parole detti il dono del Santo Padre, mentre a parecchi – i più bisognosi fra i bisognosi – consegnai indumenti di lana anche a Nome
72r
dell'Augusto Pontefice. Tutti ebbero parole di riconoscenza
ed affetto per Sua Santità. L'indirizzo, che qui accludo, è
un piccolo segno della grande gratitudine verso il Santo Padre, che raccolsi sulle labbra di
quegli sventurati. Particolarmente grati si mostrarono i nove ufficiali medici, coi quali mi
intrattenni a lungo, ed i due ecclesiastici, a cui non mancai di dare buoni consigli circa
la loro condotta sacerdotale, mentre consegnai loro Cento Marchi per la Cappella italiana
del campo. Al presidente del Comitato locale di soccorso offrii un
sussidio di Mille Marchi.Accompagnato dall'ufficiale tedesco e dai medici italiani mi recai a visitare la baracca degli ammalati. Ve ne sono circa cento. Tutti con lacrime di riconoscenza mi baciarono l'anello, ricevettero il dono del Santo Padre, ascoltarono le parole di confronto e l'esortazione alla pietà ed alla rassegnazione cristiana, che ripertai al letto di ciascuno.
La mia visita era particolarmente per gli italiani, ma credetti opportuno non trascurare i prigionieri di altre nazionalità. A tale scopo, non essendomi pur troppo assolutamente possibile a causa della ristrettezza del tempo di recarmi anche presso ognuno di loro, feci venire a me
72v
il Presidente del Comitato Francese e lo pregai di portare a tutti i suoi compagni
una mia parola di calda simpatia e dire loro che l'anno scorso avevo visitato i francesi,
come pure gli inglesi, i belgi, ecc., a Puchheim e ad Ingolstadt, e quest'anno era il turno degli italiani, ma ciò nonostante
desideravo che anche i francesi di Lechfeld conoscessero del Sovrano interessamento del
Santo Padre per loro e ricevessero tutti il conforto della Benedizione Apostolica. Al
medesimo Presidente – il quale, dietro mia richiesta, mi assicurò che i Francesi non avevano
bisogno di sussidi, ma solo di un'elemosina per la Cappella – lasciai a tale scopo la somma
di Marchi trecento.Erano passate circa tre ore in questo pellegrinaggio di pietà e di conforto. Accolsi le domande di molti, fra le quali parecchie per avere notizie delle famiglie, e queste affido alla carità di Vostra Eminenza Reverendissima, qui compiegando un apposito elenco. Altre domande presentai e raccomandai caldamente al Generale Comandante; di altre senza indugio prenderò cura io stesso presso le competenti Autorità.
Alle 5 ½ feci ritorno alla stazione accompagnato dai medesimi ufficiali, ai quali rinnovai le più vive
73r
preghiere in
favore dei prigionieri.Le impressioni generali di questa visita non sono state cattive. Ufficiali e soldati non si sono troppo lamentati del trattamento che viene loro fatto, almeno ora. Al principio le cose erano andate assai male. Essi stessi riconobbero che il miglioramento, di cui godevano, era dovuto in buona parte all'intervento del Rappresentante Pontificio. Ricevono molti pacchi dall'Italia, sebbene a causa della ristrettezza del locale e della insufficienza del personale per il controllo rimangano a giacere giorni e settimane. Spero però che, in seguito alla mia insistenza, la distribuzione d'ora in poi sarà fatta più sollecitamente. Anche la salute generale è buona ed il vitto relativamente passabile. Gli Ufficiali hanno ottenuto il permesso di una passeggiata giornaliera di due ore nei dintorni del campo.
Sempre più mi convinco che queste visite sono il conforto più grande pei poveri prigionieri ed il mezzo più sicuro ed efficace per far sentire loro la carità paterna del Sommo Pontefice ed i benefizi della nostra Santa Religione. Il fatto poi che il Rappresentante del Santo Padre è stato il primo e forse sarà l'unico che si è recato a visitarli costituisce un avvenimento talmente apprezzato
73v
(come mi dicevano gli ufficiali italiani) che certamente produrrà verso il Santo Padre una
larga messe di riconoscenza e di amore, che non potrà mai essere dimenticata.Chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico