Document no. 7180

Hertling, Friedrich Georg Graf von: Il discorso del Cancelliere dell'Impero, conte von Hertling, nella seduta del 25 febbraio 1918 al Reichstag, before 28 February 1918

Signori Deputati!
Il Reichstag ha il giustificato diritto di essere informato sulla politica estera e sul contegno che il Governo ha preso dinanzi ad essa. Io adempio al mio obbligo per quanto nutra dubbi sull'utilità e sul successo dei colloqui pubblici tenuti sin qui da Ministri e da uomini di Stato dei paesi belligeranti (Giustissimo! a destra). Un membro liberale della Camera dei Comuni ed ex-Ministro in Inghilterra, M. Walter Runciman, espresse ultimamente l'opinione che ci si avvicinerebbe molto più alla pace se, invece di continuare nei colloqui pubblici, rappresentanti idonei e responsabili delle Potenze belligeranti si riunissero in un circolo più ristretto per uno scambio reciproco di idee (Bene!). Io non posso che approvare tale proposta. Sarebbe questa la via per toglier di mezzo tutti quanti i malintesi voluti e non voluti; per costringere gli avversari ad intendere le nostre parole come devono essere intese, e per indurli da parte loro a pronunciarsi apertamente. Infatti io non trovo che le parole da me pronunciate in due occasioni siano state sottoposte all'estero nemico ad un apprezzamento obbiettivo e libero da pregiudizi (Verissimo! a destra). Una discussione in un cerchio ristretto potrebbe, oltre a ciò, portare ad un'intesa sulle tante singole questioni che debbono essere prese in considerazione, se si vuole addivenire all'appianamento dei contrasti esistenti, e la cui soluzione soltanto può portare all'appianamento desiderato. Ciò dicendo io penso in modo speciale alla nostra posizione dinanzi al Belgio. Ripetutamente è stato detto da questo posto, che noi non pensiamo affatto di tenerci il Belgio né di fare dello Stato belga una parte dell'Impero germanico; ma che, come fu anche dichiarato nella nota
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al Papa del 1 agosto dell'anno scorso, vogliamo preservarci soltanto dal pericolo che il paese col quale vogliamo vivere dopo la guerra in pace e in amicizia, divenga l'oggetto o il territorio di marcia degli intrighi avversari. In uno di questi circoli ristretti si dovrebbe discutere sui mezzi per raggiungere un tale scopo e di servire così alla pace mondiale. Se dunque dalla parte opposta ci venisse una proposta in questo senso, per esempio dal Governo in Le Havre, noi non terremmo un contegno negativo; anche se i colloqui dovessero avere, dapprincipio e come è naturale, un carattere non impegnativo (Giustissimo!) – Per ora non sembra che il suggerimento del parlamentare inglese abbia speranza di prendere forma concreta; ed io devo, dunque, mantenere forzatamente il metodo seguito sin qui del dialogo attraverso il Canale e l'Oceano.
Accingendomi a far ciò, ammetto volentieri che il messaggio del presidente Wilson dell'11 del mese corrente, rappresenti, forse, un piccolo passo verso il reciproco avvicinamento. Per questa ragione sorvolo sulle prolisse dichiarazioni al principio del discorso di Wilson per rivolgermi subito ai quattro princìpi fondamentali da lui esposti, i quali, secondo l'opinione del signor Wilson, potrebbero essere adoperati in uno scambio reciproco di opinioni.
Il primo principio dice "che ciascuna parte della soluzione finale debba essere basata essenzialmente sulla giustizia di ciascun caso particolare e su un tale appianamento che sia più suscettibile di produrre una pace permanente". Or chi potrebbe contraddire in questo punto? (Giustissimo! ilarità). Il motto coniato millecinquecento anni fa dal gran Padre della Chiesa, Sant'Agostino, "Justitia fundamentum regnorum", vale ancor oggi; ed è certo che soltanto quella pace ha probabilità di mantenersi che sia fondata in ogni sua parte sui princìpi della giustizia.
Il secondo punto chiede "che non si possa far mercato di popoli e di province per farli passare da una sovranità all'altra, come se fossero semplici oggetti o pedine di un giuoco, fosse pure un gran giuoco, ora screditato per sempre, dell'equilibrio delle forze".
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Anche questo passo dev'essere approvato incondizionatamente; ci meravigliamo, anzi, che il signor presidente degli Stati Uniti abbia ritenuto necessario di ritornarci sopra ancora una volta. Questo passo contiene una polemica contro uno stato di cose e punti di vista ormai spariti da molto tempo; contro la politica e la guerra di Gabinetto; contro il mescolamento del territorio di Stato coi possessi privati dei Prìncipi, ciò che, ormai, appartiene a un passato ben lontano da noi. Io non vorrei essere scortese; ma se si ripensa alle passate dichiarazioni di Wilson, lo si potrebbe ritenere ancora impigliato nella illusione che esista in Germania un contrasto fra Governo autocratico e la massa del popolo priva di qualsiasi diritto. Eppure il Presidente degli Stati Uniti – come prova almeno l'edizione tedesca del suo libro sullo Stato – conosce la letteratura tedesca sul diritto pubblico, e sa, quindi, che da noi Prìncipi e Governi non sono che i membri supremi del popolo organizzato in Stato; membri supremi cui spetta l'ultima decisione, sì, ma essendo essi, sebbene organi supremi, parte del tutto, hanno per linea di contegno nelle decisioni da prendere esclusivamente il bene di tutto il popolo. Dovrebbe essere di grandissima utilità portare tutto ciò ed espressamente a conoscenza dei compatriotti di Wilson. Se, finalmente, alla fine del secondo passo egli dichiara discreditato per sempre il "giuoco dell'equilibrio delle forze", noi non possiamo che salutar con gioia le sue parole. È noto essere stata l'Inghilterra a inventare il principio del mantenimento dell'equilibrio delle forze (È vero! – Si ride) per poterlo far valere, specialmente quando un qualche Stato del continente europeo minacciava di divenire troppo potente. Era solo una diversa espressione per significare il predominio dell'Inghilterra (Approvazioni).
Il terzo passo, secondo il quale "qualsiasi soluzione territoriale che la guerra implichi debba essere effettuata nell'interesse e per il vantaggio delle popolazioni interessate e non come parte di una semplice sistemazione qualsiasi o di un compromesso fra le pretese di Stati rivali" non è che l'illustrazione in una certa direzione di quanto è stato detto sopra, od anche una conseguenza dell'argomen-
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tazione stessa e quindi compresa nell'approvazione da noi data.
E, finalmente, il quarto passo, il quale domanda "che tutte le aspirazioni nazionali ben definitive siano soddisfatte nel modo più assoluto possibile, senza introdurre nuovi o perpetuare vecchi elementi di discordia e di antagonismo suscettibili di provocare, eventualmente, la fine della pace dell'Europa e per conseguenza del mondo".
Anche qui posso pronunciare in massima la mia approvazione; e dichiaro insieme al presidente Wilson che la pace generale può essere discussa benissimo su tali basi (Approvazioni!).
Una sola riserva è necessaria. Questi princìpi fondamentali non dovrebbero essere proposti soltanto dal presidente degli Stati Uniti, ma riconosciuti realmente anche da tutti gli Stati e da tutti i popoli (Giustissimo!). Il signor Wilson, che coglie l'occasione per rimproverare al Cancelliere tedesco di vivere col pensiero in un mondo morto e scomparso, mi sembra essersi, col suo volo ideologico, allontanato un po' troppo dalla realtà dell'oggi. Certamente una lega dei popoli edificata sulla giustizia e sul riconoscimento reciproco e disinteressato; uno stato dell'umanità nel quale fosse sparita completamente la guerra insieme a tutti gli altri resti di una passata barbarie e ove non fossero più vittime sanguinose, non più l'auto-dilaniamento dei popoli, non più la distruzione di valori di civiltà creati con grandi sforzi, sarebbe uno scopo da desiderarsi con tutto il cuore. Ma questo scopo non è ancora raggiunto; ancora non esiste un Tribunale arbitrario costituito da tutte le Nazioni a tutela della pace e in nome della giustizia.
Se il signor Wilson dice di sfuggita che il Cancelliere parla davanti al Tribunale di tutto il mondo, io debbo, considerato lo stato odierno delle cose e a nome dell'Impero tedesco e dei suoi alleati, rigettare questo Tribunale semplicemente perché pregiudicato (Vivi applausi!); e questo sebbene io sia disposto a salutar con gioia un Tribunale arbitrario veramente imparziale, e a contribuire lietamente per addivenire ad uno stato di cose ideale.
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Ma, purtroppo, le Potenze dirigenti dell'Intesa non dimostrano, per ora, di nutrire eguali sentimenti (È vero!). I fini di guerra della Gran Bretagna, come risultano dal recente discorso di Lloyd George, son di natura completamente imperialistica e vogliono dettare al mondo una pace secondo gli intendimenti inglesi. Mentre l'Inghilterra parla del diritto dei popoli di disporre di sé, non pensa affatto di impiegare questo principio nell'Irlanda, nell'Egitto o nelle Indie (Approvazioni!).
Il nostro fine di guerra è stato, fin dal principio, la difesa della patria, il mantenimento della nostra integrità territoriale e la difesa del nostro sviluppo economico in tutte le direzioni (Giustissimo!). La condotta della nostra guerra, anche se deve procedere aggressivamente, è, nei suoi fini, solo difensiva; rilevo ciò in modo specialissimo appunto oggi per non dare adito a malintesi sulle nostre operazioni in Oriente. Dopo la rottura dei negoziati di pace da parte della Delegazione russa il 10 del mese corrente, noi avevamo, dinanzi alla Russia, libera mano. La marcia delle nostre truppe, iniziata 7 giorni dopo la rottura dei negoziati, aveva esclusivamente lo scopo di assicurarci i frutti della pace conclusa coll'Ucraina. Non sono state certo tendenze conquistatrici a determinarci in questa linea del nostro agire. Il grido di aiuto dell'Ucraina, che vuol essere appoggiata per procedere all'ordinamento del suo giovane Stato contro le manovre dei Bolscevichi, ha contribuito alla nostra determinazione. Lo stesso dicasi delle operazioni militari che si svolgono su altri territori: anche queste non hanno assolutamente in mira fini di conquiste (Bravo!) e sono state decise esclusivamente per rispondere alle urgenti preghiere e rimostranze delle varie popolazioni che vogliono esser protette contro le crudeltà e le devastazioni della Guardia rossa e di altre bande. Non sono, dunque, che misure decise in nome dell'umanità; né debbono avere altro carattere. Si tratta di creare l'ordine e la tranquillità nell'interesse delle popolazioni bramose di pace. Noi non pensiamo affatto di stabilirci nella Estonia e nella Livonia (Udite! udite! a sini-
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stra): ma nutriamo soltanto il desiderio di vivere dopo la guerra in buoni e amichevoli rapporti cogli Stati che là vanno formandosi (Bravo! a sinistra). Sulla Curlandia e la Lituania non ho bisogno oggi di dir nulla; si tratta di dare alle popolazioni di quei paesi organi atti a creare un'amministrazione propria, e a disporre di sé; o a completare quelli che già sono iniziati (Bene!). Con calma attendiamo l'ulteriore sviluppo delle cose.
L'azione militare in oriente ha, però, avuto un successo di gran lunga superiore al fine che c'eravamo proposti, e di cui ho parlato poc'anzi. Un successo è già noto a Lor signori per le comunicazioni fatte dal signor Segretario di Stato degli Esteri; che, cioè, il signor Trotzki si è dichiarato pronto, con un radiotelegramma al quale ha tenuto subito dietro la conferma scritta, di riprendere i negoziati di pace interrotti. Noi abbiamo subito risposto inviando le nostre condizioni di pace in forma di un ultimato. Ieri, finalmente, – ed è questa la lietissima comunicazione che ho da fare a Lor signori – giunse la notizia che il governo di Pietroburgo accetta le nostre condizioni di pace (Udite! udite! e calorosissimi applausi) e che ha inviato rappresentanti a Brest Litowsk per gli ulteriori negoziati. Anche i Delegati tedeschi partirono iersera alla volta di Brest Litowsk. È probabile che si disputi ancora su particolari, ma l'importante è stato raggiunto. La Russia ha espresso così la sua vera volontà di pace. Le nostre condizioni sono state accettate e la conclusione di pace si avrà nel più breve tempo possibile.
Forse mai, nel corso della storia, ha avuto più brillante conferma di questa il motto aristotelico che noi dobbiamo deciderci alla guerra per amor della pace. Per assicurarci i frutti della nostra pace coll'Ucraina, il nostro comando militare ha sfoderato la spada; e la pace colla Russia ne sarà il felice risultato (Entusiastici applausi). Noi non vogliamo che questa nostra gioia sia diminuita dai radiotelegrammi stolti e sobillatori che continuano a incrociarsi nel mondo.
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I negoziati di pace colla Rumenia cominciarono ieri a Bucarest dinanzi al signor Segretario di Stato degli Esteri. Era necessario che questi fosse la presente alle prime e più importanti battute dei negoziati; ben presto egli potrà, però, recarsi a Brest-Litowsk. In quanto ai negoziati colla Rumenia, bisogna tener presente che noi non siamo soli a parteciparvi, e che ci incombe l'obbligo di intervenire per gli interessi giustificati dei nostri fedeli alleati, l'Austria-Ungheria, la Bulgaria e la Turchia, per cercare l'accomodamento su certi desideri che risultassero in contrasto. Può darsi che vi siano delle difficoltà da superare, ma, considerato la buona volontà che tutti anima, queste saranno ben presto sormontate. Anche dinanzi alla Rumenia noi dobbiamo lasciarci guidare dal principio che noi dobbiamo farci, e ci faremo, amici per l'avvenire quegli Stati coi quali oggi concludiamo la pace appoggiati sui successi delle nostre armi.
Se, in relazione a ciò, mi è lecito dire una parola sulla Polonia – per la quale ultimamente l'Intesa ed anche il signor Wilson mostrano di interessarsi in modo tutto speciale – ricordo che questo paese è stato liberato dalla opprimente schiavitù della Russia dello Czar dalle forze riunite della Germania e dell'Austria-Ungheria, coll'intenzione di richiamare in vita uno Stato indipendente, il quale, sviluppando liberamente la sua civiltà nazionale, dovrà divenire nel contempo una pietra angolare per la pace dell'Europa. Il problema del diritto pubblico, nello stretto senso della parola, la questione della costituzione da darsi al nuovo Stato, non ha potuto, come è comprensibile, essere subito risolta; e trovasi ancor oggi nello stadio di attive discussioni fra i tre Stati partecipanti. Alle molteplici difficoltà da superarsi – difficoltà precipuamente di natura economica – vi si è aggiunta, collo sfacelo della vecchia Russia, anche la nuova resultante dalla demarcazione dei confini del nuovo Stato rispetto a quelli dei territori finitimi russi. Per questa ragione la notificazione della pace colla Ucraina ha prodotto nel primo momento in Polonia grande agitazione. Spero, tuttavia, che colla buona volontà si riuscirà ad
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appagare le varie pretese, considerando con equanimità i rapporti etnografici. Anche la già proclamata intenzione di fare un serio tentativo in questo senso ha condotto già fin d'ora ad un grande tranquillamento dei circoli polacchi, ciò che io constato con soddisfazione. Da parte tedesca non si domanderà altro nel componimento della questione dei confini che l'assolutamente indispensabile alle ragioni militari.
Come Lor signori rileveranno dalle qui fatte dichiarazioni, è imminente la conclusione della pace su tutto quanto il fronte orientale, dal Baltico al Mar Nero (Bravo!). Il mondo, saturo ormai di guerra, specialmente il mondo neutrale, si domanda, in tensione febbrile, se non è, così, aperto l'accesso anche alla pace generale. Ma i capi dell'Intesa – i capi in Inghilterra, in Francia e in Italia – sembrano completamente alieni di ascoltare la voce della ragione e dell'umanità. In contrasto colle Potenze centrali, l'Intesa ha perseguito fin dal principio soltanto fini di conquista. Essa combatte per rendere l'Alsazia Lorena alla Francia. Io non ho nulla da aggiungere a quello che, nel passato, dissi a tale riguardo (Applausi calorosi).
Non evvi alcuna questione alsaziano-lorenese nel senso internazionale (nutritissimi applausi); e se una tale questione esiste, essa è puramente interna e riguarda la sola Germania (Rinuovati entusiastici applausi). L'Intesa combatte per l'acquisto all'Italia di territori austro-ungarici. Se anche in Italia si son escogitate le belle parole delle "sante aspirazioni" e del "sacro egoismo", ciò non cancella la brama di procedere ad annessioni. L'Intesa combatte per la separazione della Palestina, della Siria e dell'Arabia dall'Impero turco. L'Inghilterra ha specialmente rivolto i suoi sguardi sulle terre turche; essa ha improvvisamente scoperto in se stessa un cuore per gli Arabi, e spera mettendo avanti questo popolo, forse creando uno Stato arabo dipendente dalla signoria britannica, di annettere nuove terre all'Impero inglese. Che i fini di guerra
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coloniale dell'Inghilterra mirino ad aumentare e ad arrotondare l'immane possesso britannico specialmente nell'Africa, è stato dichiarato più volte dagli stessi statisti inglesi. Orbene: dinanzi a questa politica completamente aggressiva mirante all'appropriazione di territori stranieri, gli statisti dell'Intesa osano ancora presentare la Germania come militaristica, imperialistica, autocratica, disturbatrice della pace, da costringersi in più angusti confini, se non proprio da annientarsi nell'interesse della pace mondiale. Grazie al sistema della menzogna e della calunnia si sforzano incessantemente di sobillare non solo i loro propri popoli, ma anche gli Stati neutrali contro le Potenze centrali, ed agiscono specialmente su questi ultimi, agitando lo spettro della violazione della neutralità da parte della Germania. Davanti ad un così sfacciato giuoco d'intrighi, come vien fatto anche ora nella Svizzera, io colgo l'occasione per dichiarare dinanzi a tutto il mondo, che noi mai un solo istante abbiamo pensato, né mai penseremo a violare la neutralità svizzera (Benissimo! applausi a destra). Noi ci sappiamo strettamente impegnati dinanzi alla Svizzera non solo dai princìpi del diritto internazionale, ma anche dai rapporti di secolare amicizia (Bravo!). Alla Svizzera come a tutti gli altri Stati neutrali, all'Olanda, ai Paesi scandinavi, e alla Spagna, specialmente esposta a difficoltà a causa della sua situazione geografica, e non meno a tutti gli altri paesi fuori d'Europa che non hanno creduto di entrare in guerra, noi tributiamo la nostra stima e la nostra riconoscenza per il virile contegno col quale essi mantengono la neutralità a dispetto di qualsiasi pressione o sobillamento (applausi da tutte le parti del Reichstag).
Il mondo sospira la pace (Verissimo! a sinistra). Il mondo non ha altro desiderio che di metter fine ai dolori della guerra sotto i quali sospira; ma i Governi degli Stati avversari sanno incitare e scatenare di nuovo la furia della guerra fra le loro popolazioni. "Continuazione della guerra fino agli estremi!" È questa, per quanto si dice, la parola data recentemente nella conferenza di Versailles; parola che incontra una viva eco nei discorsi del primo
Ministro inglese.
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Ma accanto a queste parole belligere, in vero dire, ultimamente hanno cominciato a farsene sentire ben altre. Oltre al discorso di Walter Runciman, che ho citato al principio del mio discorso, ne abbiamo udito ultimamente uno simile e forse anche più conciliativo, sebbene non in Parlamento, ed è quello di Lord Milner.
Speriamo che tali voci aumentino e che riescano ad imporsi alle correnti pacifiche indubbiamente esistenti anche nei paesi dell'Intesa. Il mondo si trova dinanzi alla più grande decisione; o i nemici si decidono a fare la pace – a quali condizioni noi siamo pronti ad entrare in negoziati lo sanno! – oppure credono di dover continuare la delittuosa pazzia della guerra di conquista, e allora le nostre magnifiche truppe seguiteranno a combattere sotto la guida dei loro geniali condottieri. Che noi siamo bene armati e ben preparati anche i nemici lo sanno a sufficienza, e sanno pure che il nostro bravo e meraviglioso popolo persevererà fino alla fine. Ma il sangue dei caduti, i tormenti dei mutilati, tutte le privazioni e tutte le sofferenze dei popoli ricadranno sulla testa di coloro che si ricusano ostinatamente di ascoltare la voce della ragione e dell''umanità. (Il discorso del Cancelliere è coronato da una imponentissima ovazione).
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Hertling, Friedrich Georg Graf von, Il discorso del Cancelliere dell'Impero, conte von Hertling, nella seduta del 25 febbraio 1918 al Reichstag from before 28 February 1918, attachment, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', document no. 7180, URL: www.pacelli-edition.de/en/Document/7180. Last access: 14-10-2024.
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