Document no. 9284
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro
Munich, 08 September 1918
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StenotypistSchioppaPacelliPacelliSubject
[Kein Betreff]
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necessari. La
posizione dello Stato Maggiore nell'organismo dell'esercito non si è più cambiata negli
ultimi decenni. Ultimamente fu concesso allo Stato Maggiore il carattere di una autorità
centrale, mentre figurava sin qui nel rango di una autorità provinciale. I suoi rapporti
di servizio colle altre autorità, specialmente col Ministero della Guerra, rimangono
difatto le medesime; si tratta soltanto di una onorificenza esteriore considerati i
meriti e il significato dello Stato Maggiore. In quanto agli affari veri e propri dello
Stato Maggiore, il Capo di esso è, come abbiam detto, responsabile soltanto dinanzi
all'Imperatore. Quando il Ministro della Guerra ha vergato la controfirma nella nomina
degli ufficiali, ha, oltre alla responsabilità per il bilancio dello Stato Maggiore,
anche quella della nomina degli ufficiali della Stato Maggiore. II.
Mentre in tempo di pace si può appena parlare di dualismo fra il Comando militare e quello politico, la guerra porta quasi naturalmente seco che il punto di gravità del Comando Generale tenda facilmente verso la parte militare. Perfino un ferreo uomo di Stato come Bismarck si ritrovò a vedersi trascurare dai generali. Lamentalità militare è troppo facilmente disposta a perder di vista gli scopi politici della guerrae il suo significfato quale strumento politico, incaricato soltanto di vincere il nemico.
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Se il più grande statista della Prussia dovette fare l'esperienza che
sopra, lo si spiega col passato storico
della Prussia e della Germania, che sempre furono il campo di battaglia
dei nemici e che si son potute affermare solo grazie ad una vigorosa
organizzazione militaree comando della guerra. La formazione dello Stato prussiano e l'unione nazionale della Germania sono state
possibili solo per mezzo della dura lotta; ciò che ha dato all'autorità
militare una certa preponderanza tradizionaleche conviene studiare nelle sue cause per ben comprenderla.
Coll'armata prussiana Bismarck ha raggiunto i suoigrandifiniideali, 1'unione della
Germania; finiideali che egli non avrebbe potuto raggiungere mai
senza l'armata prussiana. Da più passi delle sue memorie
"Pensieri e ricordi" apprendiamo che i circoli
militari non lo vedevano di buon occhio e che egli ebbe spesso occasione di inquietarsi per il contegno e le espressioni
di certi circoli militari. Nella guerra tedesco-austriaca del
1866 egli prese sempre parte ai consigli militari e i rapporti fra lui, qual ministro
responsabile, e i circoli militari erano ottimi; finché non
sorse fra i generali un certo malumore per avere egli predetto il giusto in varie questioni
e perché egli aveva il Re dalla sua Il malumore raggiunse il massimo diapason quando egli ottenne che 1'esercito tedesco non marciasse
su Vienna ma su Presburgo, e questo per non ferire troppo gli Austriaci e i Viennesi nel
loro sentimento d'onore. Bismarck pensava a già allora di stringere un'alleanza coll'Austria e non
voleva mettere in pericolo questo suo progetto con affrettate ed impolitiche misure
militari. Il malvolere dei circoli militari, nato in quel 19r
tempo, ebbe i suoi echi anche fino alla guerra del 1870, nel qual tempo il Re dovette intervenire
più volte qual paciere fra lui e i circoli militari. E non fu tanto il Capo dello Stato Maggiore, conte Moltke, quanto gli ufficiali dello Stato
Maggiore a lui sottoposti, il cui contegno dispiacque spesso a Bismarck e lo indusse afare dichiarazioni di disapprovazione. Egli non fu chiamato a
prender parte ai consigli militari e più volte dovette attingere informazioni di seconda
mano. Bismarck, però, non era uomo da lasciarsi posare le mosche sul
naso. Egli combatté sempre per il principio da lui
severamente applicato, che soltanto a lui, qual ministro
politico responsabile, spettava far della politica ed esprimere giudizi sulla situazione. Nel capitolo "Versailles" dei suoi
"Pensieri e ricordi" dice sull'argomento quanto appresso: "Se si può esprimere così la teoria, che lo Stato Maggiore ha impiegato riguardo a me e che deve essereinsegnataanche colla scienza bellica: "il Ministro degli Affari Esteri riavrà la parola, quando il Comando dell'esercito troverà che è venuto il tempo di riaprire il tempio di Giano"; osservo che già nel doppio viso di Giano sta 1'avvertimento che il Governo di uno Stato belligerante deve guardare anche in direzioni opposte a quelle dello scacchiere di guerra. Compito del Comando dell'esercito è l'annientamento delle forze avversarie; scopo della guerra: combattere per il raggiungimento della pace e delle condizioni corrispondenti alla politica perseguita dallo Stato. Constatare
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e limitare i fini da raggiunsersi
mediante la guerra; attinger consigli da parte del Monarca relativamente ad essi, è e
rimane, durante la guerra come prima di essa, un compito politico, la cui soluzione non può
rimanere senza influenza sul modo di condurre la guerra." Egli condusse a porto conservandosi indipendente, i negoziati di pace, e si sforzò ininterrottamente, tenendo bene a distanza chi avrebbe voluto impedirlo nella sua opera, di addivenire ad una pronta pace.Materialmente egli prese in considerazione, si intende, quello che da parte militare lo si riteneva inevitabile, ma sempre si attenne al pensiero politico di riprendere dell'Alsazia e della Lorena solo le parti di lingua tedesca, e, limitandosi a Metz e Strasburgo, di avanzare soltanto quelle domande atte a creare le premesse per l'unione delle stirpi tedesche del sud colla Germania del Nord. È noto che Moltke voleva avere anche Belfort, ma riuscì a Bismarck di dissuaderlo dall'idea e di persuadere il Re, eguadagnarlo al suo punto di vista. Bismarck fece alla Francia questa concessione, pur sapendo che in tal modo rimaneva aperta una gran porta nei confini tedesco-francesi. L'irruzione di truppe francesi in una parte dell'Alsazia meridionale al principio di questa guerra mostra infatti che la rinuncia di Bismarck a Belfort era strategicamente criticabile. Ma Bismarck seguiva l'idea politica di determinare la pace al più presto possibile e non badava quindi ad una concessione di più o di meno pur di non correr pericolo che la conclusione della pace fosse mandata per le lunghe.Egli pensava ancora di ammansire la Francia con questo
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suo atto di generosità e di iniziare un avvicinamento fra le due
nazioni. Comunque sia, Bismarck si impegnò per i suoi fini politici che
raggiunse operando con mano ferrea. Se, dunque, egli, la forte personalità
politica e il fattore dell'unità nazionale della Germania, ebbe da
lottare con grandi difficoltà a causa della casta militare e contro i tentativi di
sopraffazione di essa pur in un tempo in cui la situazione
politica e militare era eccellente e, internazionalmente, quasi scevra di pericoli; come non si potrà comprendere lo stato di coseattuale, oggi che non solo manca una forte personalità politica, ma
che all'esercito sono affidati compiti incomparabilmente più grandi?Le tradizioni, nonché le circostanze odierne, debbono aiutare e
comprendere lo stato di cose attuale.III.
La conflagrazione mondiale, cogli immani compiti che domanda dallo Stato Maggiore generale tedesco – la guerra comciò subito su due fronti e contro nemici formidabili– ha, come ben si comprende, accresciuto enormamente [sic] in Germania la considerazione e il significato dell'esercito. L'aumento andò di pari passo coi sempre più grandi compiti dello Stato Maggiore imposti dall'intervento alla guerra di nuovi Stati a fianco dell'Intesa; molto più che si vide ben presto come ai Comandanti
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riuscisse non solo di
tenere, più o meno, lontani
inemici dal suolo della patria, ma di
infliggere gravi colpi al nemico di gran lunga
superiore di numero; ciò che giustificava la fiducia dell'opinione popolare e la
rendeva sconfinata. Le grandiose gesta dello Stato Maggior generale
tedesco meritano, infatti, considerazione ed ammirazione. Purtroppo il sinceroentusiasmo dell'opinione pubblica
per la condotta della guerraebbe le sue ombre, perché parallelamente ad esso i circoli
conservatori e pangermanisti si diedono a dir male delle autorità politiche, della diplomazia e del
Ministero degli Esteri. Il giudizio, in parte unilaterale, delle gesta militari condusse al
giudizio avventato e antipolitico delle azioni politiche, –giudizio al quale contribuì non poco lo spirito nazionalista– mentre il malanimo rivolto contro la direzione politica hacontribuito a ostacolare il Governo nella libera azione delle sue vedute politiche.La direzione politica si vide allora costretta, sotto la pressione
dell'opinione pubblica nazionalista, a fare più volte concessioni a questo spirito
impolitico, interpretato a sua volta dai medesimi nazionalisti come una prova di
debolezza. Al Governo non è stato risparmiato specialmente il rimprovero di non
saper sfruttare politicamente la situazione militare. Ciò condusse ad una abberazione dell'opinione pubblicala
quale si mostrò disposta a concedere al Comando militare anche 1'iniziativa politica ed a
rilevare i contrasti fra la direzione politica e quella militare, e ciò affine di creare la
premessa necessaria per far passare nelle mani del Supremo Comando dell'esercito anche la
direttiva politica. I solchi profondi che una guerra così immane
scava
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in tutti i rami della vita statale, pubblica e privata, non permettono
l'esecuzione pratica incondizionata della tesi: "La battaglia al Condottiere, e all'uomo
di Stato la politica". Il Comando militare lavora sotto certe premesse politiche e in
considerazione di certi scopi politici. In tutti i paesi belligeranti le opinioni
politiche e le pretese del Supremo Comando invadono, quindi, l'àmbito della politica
competente e tentano di imporsi. Tutto ciò lo si può benissimo spiegare colla stretta
connessione della grande politica colla politica sul campo di battaglia. Possono da
questo fatto risultare due cose: o i desideri e i bisogni delle autorità militari si
attagliano alla politica generale fatta dal Governo responsabile, oppure al Comando
militare riesce di imporre le sue vedute per le quali e per le cui conseguenze il
Governo deve portare la responsabilità, come per singoli atti politici indipendenti del
Comando dell'esercito.Bethmann Hollweg seppe benissimo – grazie alla sua eminente personalità degna d'ammirazione e cosciente della sua responsabilità, – tenere in mano le redini del Governo. Gli riuscì di guadagnare il partito socialista al pensiero unitario col resto del popolo e di mostrare con successo atutto il paese il carattere di difesa della grande lotta. La sua politica estera era regolata dal pensiero che, prima o tardi, si dovesse venire ad un'intesa coll'Inghilterra e che il principale fine della politica tedesca consistesse nel limitare la guerra alle Potenze che erano intervenute
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nel
conflitto. Per questo si oppose alla guerra subacquea illimitata
temendo che l'America prendesse il pretesto, come infatti fece, per
intervenire nella guerra. Egli voleva praticare, davanti all'arrogante America, una
politica indulgente, sperando di tenerla, in tal modo, lontana dalla guerra. Da parte militare, invece, si facevano pressioni per la guerra subacquea illimitataperché la si riteneva
necessaria per la lotta contro 1'Inghilterra. Lo stesso domandava la corrente nazionalista
nell'opinione pubblica, quella corrente che faceva a Bethmann il rimprovero di debolezza e
che lo combatté insieme ai circoli reazionari i quali gli facevano muso per le concessioni alla sinistra nella questione
elettorale prussiana. I pangermanisti poi, considerarono come un
affronto l'offerta di pace delle Potenze centrali nel dicembre 1916, avvenuta sotto il suo cancellierato, sebbene l'iniziativa fosse partita dallo
stesso Imperatore. Nel febbraio 1917 comciò la guerra
sottomarina senza restrizioni, domandata dalle autorità militari. Bethmann Hollweg
cedette perché si era convinto, frattanto, che anchesenza la guerra subacquea, l'America sarebbe intervenuta attivamente nel
conflitto a fianco dell'Inghilterrae perché credette di potersi addossare la responsabilità dal lato tecnico
per la riuscita della guerra subacquea. Compendiando si può dire che a Bethmann Hollweg
sia riuscito di mantenere integrale la sua direttiva politica. È vero che il suo
cancellierato ha dovuto coprire colla sua responsabilità la deportazione degli operai
belgi disoccupati e la proclamazione del Regno di Polonia, due fattori che si debbono,
invece, all'iniziativa del Comando dell'esercito. Le dimissioni di
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Bethmann Hollweg furono desiderate dal Comando dell'esercito che, al pari
del Reichstag, non riponeva più fiducia in lui.Nel luglio 1917 si ebbe la Risoluzione del Reichstag per una pace d'accomodamento sulla base "niente annessioni e niente indennità di guerra". Il Governo sotto il nuovo Cancelliere Michaelis accettò questa risoluzione quale base della sua politica esterna, con grande dolore di tutti i circoli nazionalisti, e, formalmente, d'accordo, sì, col Comando dell'esercito, ma, di fatto, contrariamente al suo vero concetto. Cominciò allora il dibattito aspro sul carattere e il genere dei fini di guerra tedeschi fra la maggioranza del Reichstag consolidatosi e il partito pangermanista che si sentiva protetto alle spalle dal Supremo Comando dell'esercito. La maggioranza del Reichstag e la politica ufficiale del Governo si eranopronunziate contro le annessioni, mentre i pangermanisti, e specialmente il cosidetto "Partito della Patria," fautore di una pace imposta colla spada e fondato a scopo di propaganda in questo senso, domandavano a gran voce la garanzia di confini militari, ed anche, corrispondentemente interpretando questo principio, il possesso delle coste fiamminghe. Il Supremo Comando, naturalmente, non ha nulla che fare colle correnti pangermaniste, ma, d'altra parte, si deve ammettere che la guerra dei pangermanisti contro la politica della maggioranza del Reichstag a favore di un vasto sfruttamento militare della situazione bellica, specialmente per quel che riguarda le garanzie militari ai confini, corrisponda col suo punto di vista. Non è tanto la politica della maggio-
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ranza del Reichstag, mirante ad una pace
di accomodamento, quanto la tattica seguita dal Reichstag che viene a trovarsi, in certo
qual modo, in contrasto colle vedute del Supremo Comando. Il Governo fa da mediatore ai
due punti di vista, usando formule conciliatrici, sì, ma sovente a rischio, specialmente
daché Hertling è Cancelliere, che, dall'al di fuori non si scorga chiaramente la rotta
seguita dal Governo. Hertling sa egregiamente tener basse, nella stampa, le onde
dell'agitazione politica e sa piaggiare al Reichstag; ma non desta l'impressione di
sapersi anche, in effetto, tenere in mano la direttiva in ogni direzione.Kuehlmann, nominato Ministro degli Esteri nell'agosto del 1917, si èsforzato continuamente e non senza successo, di mantenere la sua indipendenza; ogni volta che dovette cedere, seppe anche, e presto, rifarsi. I pangermanisti l'hanno aspramente combattuto per il suo preteso orientamento verso l'Inghilterra, e non si sono dati pace, finché non l'hanno sbalzato di sella. A Brest-Litowsk Kuehlmann ebbe l'arduo compito di trattare, nei negoziati per la pace tedesco-russa, col dialettico radicale Trotzki. Il nocciolo della questione era, come è noto, il diritto dei popoli marginali appartenuti all'Impero russodi decider di sé; e si ricorderà come il generale Hoffmann, il rappresentante del Supremo Comando dell'esercito, abbia
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influito sui negoziati diplomatici affrettandoli con fiere parole che ricordavano i
diritti del vincitore. Quando, più tardi, i negoziati furono interrottisi ebbe, per consiglio del Supremo Comando dell'esercito, la nuova marcia in Russia; la quale condusse, è vero, all'accettazione da parte della Russia delle condizioni
imposte dalla Germania, ma non rimase senza seri effetti politici nei futuri rapporti
tedesco-russi. Dopo la pace di Brest-Litowsk la maggioranza del Reichstag pose il punto di
gravità del lavoro politico sulla edificazione dei nuovi Stati marginali autonomi. La politica del Supremo Comando mirava,
invece, a lasciare là le cose in sospeso; politica che non fu avversata sufficientemente dal
Governo. Soltanto oggi si comincia a creare una situazione stabile in
Oriente (Polonia, Lituania). Frattanto il malumore contro il Segretario di Stato
von Kühlmann era talmente cresciuto, specialmente a causa dei resultati del trattato di pace
tedesco-rumeno, chenon sembravano sufficienti ai circoli nazionalisti, che
bastò una frase, naturale del resto, pronunciata in un discorso al Reichstag, per
scatenare contro di lui una feroce campagna giornalistica che ebbe la forza di rovesciarlo.
Al ritiro di Kühlmann ha la sua parte il Supremo
Comando, e se anche il Segretario di Stato non possedeva l'incondizionata fiducia politica
della maggioranza del Reichstag, il giudizio della stessa maggioranza e di ampi cerchi popolari sulle sue dimissioni sorse dalla coscienza che
Kühlmann era la malvista vittima del Comando militare e dei
pangermanisti, e dal rico-