Dokument-Nr. 20430
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele
[Berlin], 25. November 1929

Regest
Pacelli übersendet dem Präfekten der Konzilskongregation Sbarretti zwei Schreiben des Rottenburger Bischofs Sproll zur Frage der Patronatsrechte. In dem einen Schreiben inklusive der Anlagen geht es um Patronatsrechte, die einige Adelsfamilien aus der Säkularisierung des kirchlichen Besitzes im Jahr 1803 ableiten wollen. Es ist nach Pacellis Einschätzung eindeutig, dass diese ungerechte Enteignung kein legitimier Anspruch auf das Patronat sein kann. Er zitiert hierfür den Kirchenrechtler Wernz, der darauf hinwies, dass der Heilige Stuhl ein solches Recht weder in den Konkordaten noch in anderen päpstlichen Indulten zugestand. Dieses Zugeständnis gab es in Württemberg nicht einmal für die Privatpatronate, wie aus dem beiliegenden Schreiben von Kardinalstaatssekretär Antonelli aus dem Jahr 1858 hervorgeht. Im Gegenteil scheinen noch nicht einmal die reaedificatio oder die redotatio einen Weg zur Erlangung des Patronats darzustellen und auch eine Verjährung scheint nicht zu greifen. Außerdem scheint die Konvention, die Maximilian Fürst von Thurn und Taxis mit dem Rottenburger Bischof Lipp schloss, nicht gültig zu sein, da der Ordinarius die Grenzen des gemeinen kirchlichen Rechts nicht ohne Zustimmung des Heiligen Stuhl überschreiten kann. Außerdem stellt das beiliegende Schreiben Antonellis aus dem Jahr 1859 in Pacellis Augen keine nachträgliche Genehmigung dar. In dem zweiten Schreiben geht es um andere Patronatsrechte, deren Ursprung oft ungewiss ist und die teilweise seit Jahrhunderten angewandt werden. Die Abgaben, die die Patronatsherren dafür an die Regierung und nur in Ausnahmefällen an die Pfarrei entrichten mussten, wurden seit 1865 in für sie günstigen staatlichen Gesetzen neu geregelt. Infolge dessen übten die Patronatsherren weiter das Patronatsrecht aus, sie fühlten sich aber von den daraus resultierenden Verpflichtungen befreit. Die Regierung übernahm die Kosten. Sie gibt anstelle des Patronats eine Gesamtsumme für alle Pfarrer, die vom Bischof verteilt wird. Diese Summe reicht allerdings nicht aus, weshalb sie ergänzt wird zum einen durch 400 Mark, die jede Kirchengemeinde zu zahlen hat, und durch die Diözesansteuern. Im ebenfalls beiliegenden Schreiben vom 19. November erläutert Sproll die Nachteile, die aus der Ausübung der Präsentationsrechte im Gegensatz zu den Ehrenprivilegien entstehen. Die republikanische württembergische Landesregierung verzichtete auf die Patronatsrechte. Die Adelsfamilien hingegen sind sehr daran interessiert, sie zu behalten, zumal sie nach den politischen Umwälzungen von 1848 und 1918 alle anderen Privilegien verloren. Die damit verbundenen Lasten wollen, oder wie Sproll behauptet, können sie allerdings nicht tragen. Der Bischof bittet deshalb um Anweisung des Heiligen Stuhls, damit er die vielen Streitigkeiten beenden kann, die dazu führen, dass Pfarreien lange vakant bleiben. Sproll fragt unter anderem, ob gerade mit Blick auf die zweite Frage ein Kompromiss erreicht werden könnte, möglicherweise indem zwischen der freien bischöflichen Besetzung und der Präsentation durch den Patron abgewechselt wird.
Betreff
Dubbi proposti dal Revmo Mons. Vescovo di Rottenburg circa il diritto di patronato
Il Revmo Mons. Giovanni Battista Sproll, Vescovo di Rottenburg, mi ha pregato di far pervenire all'E. V. R. i due qui acclusi esposti, nei quali propone a cotesta S. Congregazione vari dubbi circa il diritto di patronato.
Il primo di detti esposti (con annessi) riguarda i diritti di patronato, che alcune nobili Famiglie pretendono derivare dalla secolarizzazione dei beni ecclesiastici del 1803. E' chiaro che tale ingiusta spogliazione non può essere un titolo legittimo per il patronato medesimo. "Quare (osserva il Wernz, Jus decretalium, t. II, p. II, 1915, n. 422) iurapatronatus sive realia sive personalia in novos possessores bonorum ecclesiasticum et rectores principatuum usurpatorum de iure non transierunt, v. g. in Germania ineunte ultimo saeculo per 'saecularizationem', nisi postea in concordatis vel aliis indultis pontificiis novus iuris titulus fuerit concessus". Questa nuova concessione non si è avuta nel Württemberg per i patronati privati, come risulta dalla lettera dell'Emo Sig. Cardi-
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nale Antonelli del 20 Ottobre 1858 (annesso 2). Che anzi nemmeno la reaedificatio o la redotatio pare che potrebbero per sé in questo caso costituire un modo di acquisto del giuspatronato, giacché non sarebbero che una parziale restituzione dei beni tolti alla Chiesa, e non un atto di liberalità. Né varrebbe di invocare la prescrizione, poiché essa è un "modus probandi, non costituendi titulum legitimum iurispatronatus" (Wernz, op. cit., n. 416). D'altra parte, la Convenzione conclusa dal Principe Thurn e Taxis col Vescovo nel 1864 non sembra valida, giacché l'Ordinario non può oltrepassare, senza autorizzazione od approvazione della S. Sede, i limiti del diritto comune, né pare, salvo errore, che una simile autorizzazione sia stata in realtà concessa colla susseguente lettera del sullodato Eminentissimo del 5 Ottobre 1859 (annesso 4).(1)
Il secondo esposto concerne invece piuttosto gli altri diritti di patronato, spesso di incerta origine, l'uso dei quali rimonta, almeno in alcuni casi, a vari secoli. Gli oneri annessi ai medesimi (come anche ai primi) furono - pagando al Governo (in casi eccezionali alla parrocchia) una determinata somma, - riscattati negli anni 1865 e seguenti, dai patroni, in modo per essi molto favorevole, in base ad una legge dello Stato (a quanto pare, riconosciuta dalla Curia vescovile), di guisa che i patroni stessi, pur continuando ad esercitare i diritti inerenti al giuspatronato, si considerarono come liberati dagli obblighi correlativi. Questi furono così assunti dal Governo, che dà ancora, in luogo del patrono, una somma totale per tutti i parroci, la quale viene ripartita dal Vescovo; ma, poiché essa non è sufficiente,
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si provvede 1º) coi 400 marchi, che deve versare ogni comunità parrocchiale (Kirchengemeinde), ricevendola dai beni della fabbrica (per es., foreste), se vi sono, o dalle tasse ecclesiastiche locali, 2º) colle tasse diocesane.
In un susseguente Foglio Nr. A. 7849 del 19 corrente, parimenti qui compiegato, il Revmo Vescovo espone gli inconvenienti, che (a differenza dei privilegi puramente onorifici) derivano dall'esercizio del diritto di presentazione. D'altra parte, mentre il Governo repubblicano wüttemburgese ha nella nuova Costituzione rinunziato al giuspatronato dello Stato, invece le anzidette nobili Famiglie, le quali né vogliono né (a quanto afferma Mons. Sproll) possono nelle attuali condizioni, almeno nella maggior parte dei casi, soddisfare agli oneri del patronato, tengono assai al mantenimento del medesimo, massime dopoché, in seguito agli sconvolgimenti politici del 1848 e 1918, sono rimaste prive di tutti gli altri antichi privilegi. Mons. Vescovo implora quindi le istruzioni della S. Sede al riguardo, affine di porre fine alle molte contese, che continuamente sorgono in questa materia con danno della pronta provvista dei benefici, e chiede, fra l'altro, se, calcolando ai patroni ciò che lo Stato paga in seguito al riscatto, possa (in modo speciale per i benefici cui si riferisce il secondo esposto) addivenirsi ad un compromesso, ad es. mediante l'alternativa fra la libera collazione vescovile e la presentazione da parte del patrono.
Chinato
(1)Questo punto potrebbe, se cotesto S. Dicastero lo giudicasse utile, esser chiarito mediante ricerche nell'Archivio della S. Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari
Empfohlene Zitierweise
Pacelli, Eugenio an Sbarretti, Donato Raffaele vom 25. November 1929, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', Dokument Nr. 20430, URL: www.pacelli-edition.de/Dokument/20430. Letzter Zugriff am: 12.12.2024.
Online seit 20.01.2020, letzte Änderung am 01.02.2022.