Document no. 1737
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro
Munich, 22 October 1924
Summary
Pacelli antwortet auf Gasparris Frage nach einer politischen Zusammenarbeit zwischen der Zentrumspartei und der deutschen Sozialdemokratie und begründet seine späte Reaktion mit den Verhandlungen, die Reichskanzler Marx zur Stärkung der Regierung sowohl mit der Deutschnationalen Volkspartei als auch mit den Sozialdemokraten aufnahm. Der Nuntius betont, dass es eine solche Zusammenarbeit in der gegenwärtigen Regierung bisher nicht gab, auch nicht im letzten Wahlkampf, da sich die Deutschnationalen wie das Zentrum ausdrücklich von den Theorien der Sozialisten distanzieren. Mit Blick auf die Wahlen seit der Revolution von 1918 konstatiert Pacelli in den mehrheitlich katholischen Gegenden des Reichs deutlich weniger Stimmen für die Sozialdemokratie als in den mehrheitlich protestantischen, in denen die Sozialdemokraten bei den Wahlen von 1920 und 1924 ebenfalls verloren. Generell hält der Nuntius die katholische Bevölkerung den sozialdemokratischen Ideen gegenüber für abgeneigt. Nachfolgend führt er aus, wie es in dem 1919 gebildeten Kabinett von Reichskanzler Scheidemann zur Zusammenarbeit zwischen der Sozialdemokratie und dem Zentrum kam und nennt das Parteibefindlichkeiten übertreffende Staatswohl und den Schutz kirchlicher Interessen als Motive für die Zusammenarbeit. Dies gilt auch für die nachfolgenden Kabinette der ebenfalls sozialdemokratischen Reichskanzler Bauer und Müller. Pacelli zitiert mehrere Zentrumspolitiker, die betonten, dass eine Koalition mit den Sozialdemokraten nicht bedeute, mit ihren Ideen zu sympathisieren. Nach der Minderheitsregierung unter Reichskanzler Fehrenbach vom Zentrum ohne Beteiligung der Sozialdemokratie kam es erneut zu einer Zusammenarbeit unter Reichskanzler Wirth, der dem linken Flügel des Zentrums angehört und der Sozialdemokratie im sozialen Bereich sehr entgegen kam. Der Zusammenschluss der beiden sozialistischen Parteien im September 1922 erschwerte die Zusammenarbeit und in seiner Folge scheiterte die Regierungskoalition. Nach zwei weiteren Regierungen von kurzer Dauer bildete der amtierende Reichskanzler Marx eine Minderheitsregierung aus den bürgerlichen Parteien Zentrum, Deutsche Volkspartei und Deutsche Demokratische Partei. Pacelli resümiert, dass das Zentrum folglich mehrfach mit der Sozialdemokratie koalierte, was viele konservative Katholiken kritisierten und deshalb zur Deutschnationalen Volkspartei übertraten. Auch die Abspaltung der Bayerischen Volkspartei ist hierauf zurückzuführen, wenngleich der Nuntius zu deren besseren Verständnis auch auf die großen Unterschiede zwischen Bayern auf der einen und Preußen und dem Reich auf der anderen Seite zu sprechen kommt.Nachfolgend geht Pacelli auf die aktuelle Debatte über die Zusammenarbeit zwischen Zentrum und Sozialdemokratie ein, die auf Marx' Vorstoß zur Bildung einer Großen Koalition zurückgeht, für die sich der Reichskanzler sowohl an die Sozialdemokratische Partei als auch an die Deutschnationale Volkspartei wandte. In diesem Zusammenhang zitiert der Nuntius eine in der "Germania" vom 1. Oktober 1924 veröffentlichte Erklärung des Reichskanzlers, in der dieser für eine Zusammenarbeit als Volksgemeinschaft zum Wohl des Vaterlands wirbt. Im Anschluss geht Pacelli auf die Reaktionen des Zentrums auf Marx' Erklärung ein. Während die einen zugestimmt hätten, wollten andere, auch mit Unterstützung der Deutschnationalen Volkspartei, eine Koalition gegen die Sozialdemokratie ins Leben rufen, wieder andere hätten sich für die so genannte "kleine Koalition" nur mit den Sozialdemokraten und den Deutsch-Demokraten ausgesprochen. Die Zentrumsfraktion blieb trotz langer Diskussion uneinig hinsichtlich einer Erweiterung der Regierungskoalition nach Links oder Rechts. Da eine Koalition mit den Deutschnationalen die Position des Zentrums schwächen sowie eine vehemente Opposition der Sozialdemokraten auslösen würde und die Forderungen der Deutschnationalen für eine Regierungsbeteiligung unverhältnismäßig waren, wurde diese Idee schließlich verworfen. Am 20. Oktober wurde dann die Auflösung des Reichstags dekretiert und der Weg für Neuwahlen frei gemacht.
Im Anschluss berichtet Pacelli über sein Treffen mit Reichskanzler Marz am 17. Oktober, bei dem er Marx vorsichtig auf die negativen Konsequenzen hinwies, die aus der Zerstrittenheit des Zentrums erwachsen können, gerade auch mit Blick auf die Neuwahlen. Auch rief der Nuntius Marx seine Einschätzung vom Juli in Erinnerung, wonach eine Erweiterung der Regierung ins rechte politische Lage ein Reichskonkordat wahrscheinlicher machen würde, insbesondere mit Blick auf die Schulfrage. Mit einem Abriss zu den Regelungen der kirchlichen Belange in den Einzelstaaten und mit Hinweis auf den Gesetzentwurf des Reichsinnenministers zu den Staatsleistungen für die Kirche stellte Pacelli dem Reichskanzler eine weitere Aufschiebung der Verhandlungen für ein Reichskonkordat als unmöglich dar und forderte von der Regierung, zur Konkordatsfrage Stellung zu beziehen. Pacelli und Marx waren sich einig, dass das im November 1921 vom Nuntius vorgelegte Schema sowie das Bayernkonkordat den Ausgangspunkt für die Verhandlungen bilden können. Wie der Nuntius erfuhr, stellte der Reichskanzler seinem Kabinett die Konkordatsfrage am 18. Mai zur Diskussion. Die Minister sprachen sich für Konkordatsverhandlungen aus und beschlossen, umgehend mit den Vorarbeiten zu beginnen.
Subject
Sulla collaborazione dei cattolici coi socialisti in Germania – Crisi governativa –
Trattative per il Concordato col Reich
Mi è regolarmente pervenuto il venerato Dispaccio confidenziale N. 34408 del 12 Settembre p. p., col quale l'Eminenza Vostra Reverendissima mi chiedeva informazioni sull'asserita collaborazione dei cattolici coi socialisti in Germania. Avendo nel frattempo il Cancelliere del Reich, Sig. Marx, iniziato, come è noto, trattative coi partiti tedesco-nazionale e socialista per una estensione delle base dell'attuale Ministero, mi è parso indispensabile di attendere lo svolgimento e l'esito delle medesime, affine di poter rispondere adeguatamente al proposto quesito.
Innanzi tutto può affermarsi che detta collaborazione non si è finora mai avuta né nella fase preparatoria alle elezioni né durante il periodo elettorale. Per non parlare dei cattolici aderenti al partito tedesco-nazionale, i quali sono strettamente conservatori e quindi irriducibilmente avversi al socialismo, lo stesso partito del Centro ha sempre per sé combattuto le teorie socialiste, e quindi in nessun caso si è nella lotta elettorale unito alla socialdemocrazia. Ciò si manifestò soprattutto nelle prime elezioni dopo la rivoluzione del Novembre 1918, durante le quali la parte cattolica della popolazione in Germania, a differenza della protestante, dimostrò ammirevole spirito di resistenza e di combattività contro l'allora straripante socialismo, riuscendo
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in tal modo ad impedire che questo ottenesse la maggioranza
assoluta nell'Assemblea Nazionale e si costituisse così un Governo puramente di sinistra. Le statistiche dei risultati di quelle
elezioni provano che nei collegi elettorali cattolici od a maggioranza cattolica i
socialisti riportarono un numero assai inferiore di voti che in quelli protestanti od a
maggioranza protestante. Nelle posteriori elezioni degli anni 1920 e
1924 il partito socialista subì perdite anche in queste ultime
regioni; ma rimane pur sempre vero che le popolazioni cattoliche nel loro complesso hanno
reagito con molto maggiore energia ed efficacia contro la infiltrazione delle dottrine
socialiste che non le protestanti. Né ciò può arrecare meraviglia, se si consideri che,
mentre la forza di resistenza dei cattolici contro le teorie socialiste si fonda sulla
convinzione della inconciliabilità delle medesime coi principi della loro fede, i
protestanti invece si lasciano almeno prevalentemente guidare piuttosto da punti di vista
politici, quali sono, ad es., il rinvigorimento del sentimento monarchico, la tendenza verso
il ristabilimento dell'antica Prussia colla sua dinastia protestante, ecc.Se tuttavia i cattolici hanno evitato qualsiasi collaborazione coi socialisti nel periodo elettorale, è però vero, d'altra parte, che il Centro dopo la rivoluzione ha più volte fatto parte di Ministeri, nei quali erano altresì membri di quel partito. – La questione si presentò per la prima volta, allorché si aprì nel Febbraio 1919 l'Assemblea Nazionale costituente, come mi feci al-
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lora un dovere di riferire all'Eminenza Vostra
particolarmente nei rispettosi Rapporti N. 12140, 12210 e 12315. Le elezioni, come si è già sopra
accennato, avevano avuto per risultato un notevolissimo aumento dei deputati socialisti,
sebbene, grazie alla resistenza dei cattolici, essi non avessero raggiunto la maggioranza
assoluta. Dei 421 deputati 163 appartenevano ai socialisti maggioritari, 90 al Centro, 74 ai
democratici, 43 ai tedesco-nazionali, 22 al partito popolare tedesco e 22 al partito dei socialisti
indipendenti o minoritari; 7 deputati non appartenevano a frazione alcuna.
Le due frazioni socialiste contavano così insieme 185 seggi. La frazione del Centro ebbe
quindi subito a discutere il difficile problema della partecipazione o meno al Governo coi
socialisti maggioritari. Un numero non esiguo di membri della frazione medesima sollevò
obbiezioni di varia natura. Si fece invero osservare che soltanto la socialdemocrazia era
colpevole delle calamità, nelle quali si dibatteva la Germania; che invano il Centro
tenterebbe di influire beneficamente sul corso degli avvenimenti, poiché questi
precipitavano per la loro china verso lo sfacelo finanziario ed economico, e quindi al
Centro verrebbe attribuita la sua parte di colpa per aver partecipato alle responsabilità
del Governo; e che infine molti aderenti al partito non avrebbero compreso ed approvato un
appoggio dato al socialismo.Alle sufferite [sic] difficoltà si rispose dagli altri, e specialmente dai veterani del partito (Spahn, Trimborn, Groeber, Burlage, Hitze, Marx, ecc.), che, di fronte alla immane sciagura, in cui
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era precipitato lo Stato ed il popolo tedesco, qualsiasi
interesse di partito doveva essere posposto al bene della patria. A questo scopo dovevano
convergere tutte le energie ed ognuno doveva fare quanto era in suo potere per risparmiare
al Paese maggiori rovine. Ora non vi era dubbio che sarebbe di grandissimo vantaggio per il
ristabilimento dell'ordine e della sicurezza dello Stato, se il Centro avesse partecipato al
Governo. In tal caso infatti il Governo medesimo, essendo composto dei socialisti
maggioritari, del Centro e dei democratici, avrebbe disposto di una maggioranza schiacciante
(327 voti su 421) nell'Assemblea Nazionale, e ciò avrebbe rinforzato validamente la sua
posizione interna. Ma anche le Potenze estere sarebbero state meglio disposte ad entrare in
negoziati di pace con un Gabinetto, che si basasse incontestabilmente sulla grande
maggioranza del popolo germanico. Infine si notò che nelle questioni, allora così acute,
riguardanti i rapporti dello Stato e della scuola colla Chiesa il Centro avrebbe potuto esercitare una ben più efficace
influenza, partecipando al Governo, anziché restandone fuori e costringendo così i
socialisti ad appoggiarsi esclusivamente sul partito democratico, anche esso a tendenze
antireligiose. In questo caso, invero, socialisti e democratici, insieme uniti, avrebbero
senza freno alcuno perseguito i loro scopi comuni e vi sarebbe stato quindi da temere
fortemente che ne sarebbero derivate conseguenze irrimediabili per la Chiesa cattolica in
Germania.Questa seconda tendenza finì col prevalere in seno alla frazione, ed in seguito a ciò nel Gabinetto presieduto dal Cancel-
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liere
Scheidemann, socialista, entrarono a far parte tre Ministri del Centro (Erzberger, Giesberts e Bell).Occorre riconoscere che simile partecipazione al Governo distolse allora il gravissimo pericolo della formazione di una maggioranza socialista e democratica, la quale, come si è detto, avrebbe svolto un programma nettamente ostile alla religione. Solo in quella guisa fu possibile di ottenere che la nuova Costituzione repubblicana del Reich non riuscisse troppo sfavorevole alla Chiesa, la quale anzi sotto molti aspetti acquistò una libertà ed indipendenza ben maggiore che non sotto l'antico regime monarchico.
Il Gabinetto Scheidemanncadde il 20 Giugno 1919 nei critici ed angosciosi giorni, i quali precedettero la firma del trattato di pace di Versailles. Di fronte all'atteggiamento intransigente dei democratici il Centro credette di dover acconsentire a formare una coalizione coi soli socialisti nel Ministero presieduto dal Cancelliere Bauer. Il capo della frazione Sig. Groeber nella seduta del 21 di quello stesso mese così spiegò tale attitudine del partito: "Che cosa sarà del popolo tedesco, se noi ci ritiriamo e l'Assemblea Nazionale non riesce più a formare un Governo? Noi abbiamo il dovere morale, la responsabilità dinanzi a Dio ed al popolo tedesco, le cui sorti ci sono affidate, di sostenere questo popolo nei giorni della più profonda umiliazione e di salvare ciò che è ancora possibile. Perciò, se altri vengono meno, noi dobbiamo cercar di formare un Governo coi soli socialisti."
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Lo stesso atteggiamento fu mantenuto dal Centro, allorché entrò di nuovo a far parte del Gabinetto formato il 29 Marzo 1920 dal Cancelliere socialista Mueller. Il capo della frazione, Sig. Trimborn, espose il punto di vista del partito nel primo Congresso nazionale del medesimo nei seguenti termini:
"La nostra entrata e la nostra permanenza nella coalizione non significa alcuna alleanza di idee colla socialdemocrazia; si tratta né più e né meno che di una collaborazione provvisoria pratica per salvare l'esistenza stessa della patria. Noi siamo, ora come prima, pienamente coscienti del profondo abisso, che separa il Centro dal socialismo. Noi ci basiamo sulla concezione cristiana del mondo, il socialismo sulla dottrina storica materialistica. Il socialismo proclama la lotta di classe, noi la conciliazione degli interessi tra tutte le classi e professioni… Nel campo della scuola, così importante per il bene temporale ed eterno degli individui, come per l'avvenire del popolo e della patria, la socialdemocrazia vuole la scuola obbligatoria di Stato senza religione. Noi proclamiamo il diritto dei genitori e degli aventi diritto all'educazione dei fanciulli".
Parimenti così si espresse nella stessa occasione il deputato Herold:
"Molti sono malcontenti che il Centro abbia formato il Governo colla socialdemocrazia, ma ciò è stata una necessità politica. Per il Centro rimarrà sempre di altissima importanza nazionale il fatto che esso dopo un'aspra campagna elettorale contro il partito socia-
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lista si è deciso a costituire il Ministero insieme con questo".Tali dichiarazioni vennero confermate dall'attuale Cancelliere del Reich, Sig. Marx nel Congresso del partito del 1922: "Ha forse il Centro (egli esclamò) rinnegato il suo carattere di partito popolare cristiano, allorché subito dopo la riunione dell'Assemblea Nazionale entrò nella coalizione con socialisti e democratici, rimanendo poi in essa almeno di fatto sino ad oggi? Di che si trattava in detta coalizione? Non di una alleanza, non di una fusione, non della unione estintiva di un partito nell'altro; non di una comunanza di idee, ma semplicemente di una comunanza di lavoro, affine di dare al Governo del nuovo Reich Germanico all'interno ed all'estero la forza ed il vigore necessari per poter adempiere i suoi gravi compiti di fronte alla ancora assai malsicura situazione interna. Mai non è stato richiesto dal partito del Centro un cambiamento qualsiasi delle sue opinioni, in modo particolare delle sue convinzioni religiose. Qualora fosse stato fatto il più lieve tentativo in questo senso, il Centro lo avrebbe con indignazione energicamente respinto".
La coalizione dell'Assemblea Nazionale, composta, come si è accennato, dei socialisti maggioritari, del Centro e dei democratici, venne a perdere la sua maggioranza colle elezioni del Giugno 1920, non disponendo più se non di 225 su 466 mandati, ed in seguito a ciò il Gabinetto Mueller dovette dimettersi. Il Centro sarebbe stato favorevole ad una estensione dell'antica coalizione colla inclusione del partito popolare tedesco, ma questo piano naufragò a causa della insuperabile avversione dei socialisti a far parte di un Governo, in cui entrasse pure il partito anzidetto.
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In tal guisa altro non restò che di
costituire un Ministero di minoranza, cui parteciparono il Centro
col Cancelliere Fehrenbach, il partito popolare tedesco ed i democratici (Cfr. Rapporto N. 17150 del 26 Giugno 1920).Il Gabinetto Fehrenbach cadde il 5 Maggio del seguente anno 1921, allorché si rifiutò di accettare l'Ultimatum di Londra. Il 10 dello stesso mese si formò in mezzo a forti contrasti un nuovo Governo composto del Centro e dei socialisti, cui aderirono in seguito anche i democratici, e che ebbe come programma la "politica di esecuzione" degli obblighi assunti dalla Germania di fronte all'Intesa. Il Capo di detto Governo fu il Cancelliere Wirth, appartenente all'ala sinistra del Centro, la quale tende, praticamente, nel campo soprattutto delle riforme sociali, a fare il maggior numero possibile di concessioni ai socialisti. (Cfr. Rapporti NN. 20616 e 20933 rispettivamente dell' 11 Maggio e del 18 Giugno 1921).
Nel secondo Gabinetto Wirth, il quale si costituì dopo la decisione della questione dell'Alta Slesia ed in seguito alla uscita dei democratici dal Governo (sebbene vi rimanesse come "Fachminister" il Gessler) vi erano 4 ministri socialisti. <(cfr. Rapporto N. 22353 del 16 Novembre 1921).>1 Avvenne tuttavia che nel Settembre del 1922 i due partiti socialisti, maggioritario ed indipendente, si unirono, accrescendo per ciò stesso la loro forza e rendendo così al Centro più difficile una collaborazione politica coi medesimi. Si pensò quindi nuovamente ad una più ampia coalizione colla inclusione del partito popolare tedesco; ma, poiché il partito socialista anche questa volta, sotto la influenza della sua ala sinistra, vi si rifiutò, il Wirth si vide costretto a dare le sue di-
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missioni il 14 Novembre di quello stesso
anno.Succedette il MinisteroCuno, di cui non fece parte alcun socialista, ed il quale era anzi appoggiato anche dai tedesco-nazionali, ma che dovette ritirarsi dopo il crollo della politica della "resistenza passiva". Nell'Agosto 1923 Stresemann, capo del partito popolare tedesco, riuscì a costituire il Ministero della "grande coalizione", nel quale entrarono oltre il Centro, anche i socialisti, che ebbero quattro portafogli. Tale Ministero però, formato di elementi così eterogenei, non aveva alcuna stabile coesione intrinseca; onde i socialisti, sotto la pressione della sinistra radicale del partito, ben presto ne uscirono (6 Ottobre 1923) e furono sostituiti da Ministri borghesi, finché il 23 Novembre cadde l'intiero Gabinetto. Dopo vari inutili tentativi l'attuale Cancelliere Sig. Marx creò un Governo di minoranza, composto dei partiti borghesi di mezzo (partito popolare tedesco, Centro e democratici).
Così, dopo la rivoluzione, il Centro, mosso da motivi senza dubbio gravi di politica interna ed estera, ha più volte fatto parte del Governo insieme ai socialisti. Una simile collaborazione – ed in genere la orientazione politico-sociale del partito – ha provocato sempre più vivo malcontento nei cattolici a tendenza conservatrice, molti dei quali, come è ben noto alla S. Sede (cfr. Dispaccio N. 31510 [sic] del 20 Settembre scorso e Rapporto N. 31358 del 3 corrente), sono passati ai tedesco-nazionali; essa è stata anzi, insieme alle rivendicazioni federaliste, la causa principale, per cui il partito popolare bavarese si staccò ed è rimasto sino ad oggi
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separato dal Centro. Al quale riguardo tuttavia deve per un giudizio obbiettivo tenersi
presente che la situazione in Baviera, paese prevalentemente agricolo, è ben diversa da
quella della Prussia e del Reich, ove, a causa della grande industria e quindi delle
masse lavoratrici, è ben più arduo di governare contro i socialisti, senza esporsi, massime
in periodi critici, al pericolo di gravi turbamenti sociali.La questione della collaborazione del Centro col partito socialista è stata dibattuta in modo speciale in questi giorni, vale a dire dopoché il Cancelliere Marx propose al principio del corrente mese un allargamento dell'attuale Gabinetto di minoranza, rivolgendosi al tempo stesso ai socialisti ed ai tedesco-nazionali. Egli espresse il suo pensiero ad un redattore della Germania nei seguenti termini, riprodotto nel N° 423 (1° Ottobre c. a.) di detto giornale:
"Io ho sempre ritenuto che l'allargamento dell'attuale coalizione governativa si imporrebbe, non appena venissero iniziati gli urgenti provvedimenti per il risanamento finanziario ed economico all'interno e si fosse raggiunta una soluzione provvisoria della questione delle riparazioni. I problemi, che debbano ora essere risolti all'interno per non compromettere nuovamente il risanamento economico, esigono assolutamente la unione di tutte le forze nazionali, economiche e sociali. Ora è venuto il tempo di effettuare tale unione, ed io per conseguenza mi studierò nei prossimi giorni di raccogliere sul terreno di un programma ben definito tutti i partiti del popolo tedesco, i quali vogliano cooperare ad un migliore avvenire della Nazione.
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Il Governo del Reich, cui mi trovo a capo dalla fine dello scorso anno, è un Ministero di minoranza, costretto ad appoggiarsi su partiti al di fuori del Governo in tutte le decisioni di politica interna ed estera, nelle quali è stata necessaria l'approvazione del Reichstag. Questo appoggio è stato sempre dato al Governo, ed è quindi naturale che io mi rivolga ora a quei partiti, coll'aiuto dei quali il Governo medesimo ha potuto attuare il suo programma. Sono perciò risoluto a mettermi in rapporto coi partiti così socialista come tedesco-nazionale, per conoscere se sono pronti a collaborare alla soluzione degli importanti compiti, che dovranno essere assolti nei mesi prossimi, entrando a far parte del Governo in unione coi partiti dell'attuale coalizione. In ciò mi guida il pensiero di una comunanza popolare (Volksgemeinschaft), abbracciante tutte le forze e tutte le classi del popolo tedesco, le quali hanno dimostrato col fatto di voler lavorare alla salvezza della Nazione ed alla ricostruzione della patria sul terreno dell'ordine statale e sociale ora esistente.
Non si può negare che non sarebbe stato possibile in questi ultimi anni di salvare la Germania dal caos economico e sociale e di assicurare la politica del Governo relativamente al rapporto dei periti ed agli accordi di Londra senza l'appoggio decisivo della frazione socialista. Considero perciò come mio dovere di rivolgermi al partito socialista per invitarlo a partecipare al Governo. D'altra parte, l'interesse patrio esige egualmente che le forti energie nazionali ed econo-
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miche rappresentate dal partito tedesco-nazionale
possano essere guadagnate ad una positiva collaborazione nel Governo. I tedesco-nazionali
sono stati finora un partito di opposizione di fronte a tutti i Governi, che hanno retto la
cosa pubblica in Germania dopo Weimar. Con tanto maggior soddisfazione saluto quindi la
decisione presa da circoli competenti di questo partito di non tenersi più in disparte, ma
di percorrere insieme a noi la via, che sola, a mio avviso, può salvare la Germania.
Comprendo che forti ostacoli e tenaci resistenze dovranno essere vinti per poter far
trionfare l'idea della comunanza popolare. Un'altra specie di vera comunanza popolare è però
per me inconcepibile, ed io confido che in vista delle impellenti necessità dell'ora
presente dovrà essere possibile di unire tutte le forze del paese per far la Germania di
nuovo grande e libera".Le appassionate discussioni, suscitatesi dopo questa dichiarazione del Cancelliere e durante le trattative, che ad essa seguirono, hanno messo ancor più al vivo le due opposte correnti, che dividono i cattolici, anche in seno al partito stesso del Centro. Nella difficoltà, infatti, di attuare praticamente il pensiero, proposto dal Cancelliere, della "comunanza popolare" abbracciante tutti i partiti dai tedesco-nazionali ai socialisti, alcuni (von Guérard, Lammers, Stegerwald) sostennero la tesi essere giunto il momento della formazione di un "blocco borghese" (includente i tedesco-nazionali) contro la socialdemocrazia; questa tesi è stata seguita anche dal partito popolare bavarese ed era anzi già stata apertamente enunciata dal Mini-
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stro
Presidente di Baviera Dr. Held nel discorso da lui tenuto a Tuntenhausen il 21 Settembre
scorso: "Noi in Baviera (egli disse) abbiamo la convinzione che la politica tedesca non può
essere che borghese ed orientata verso la destra. Deve formarsi il blocco borghese. Io
asserisco ciò con piena coscienza dell'opposizione, in cui mi trovo al riguardo, per
esempio, col deputato al Reichstag Dr. Wirth. In ogni caso la propensione verso
i socialisti non sarà di vantaggio per il popolo tedesco. La vera politica borghese di
destra può imperare soltanto se anche i tedesco-nazionali partecipano al governo". E
parimenti nel Congresso dello stesso partito popolare bavarese, tenutosi il 12 corrente
in Würzburg, dopo una relazione del Presidente della frazione al Reichstag, Can.
Leicht, a favore del blocco borghese e contro le tendenze verso
il socialismo, l'Assemblea adottò una analoga risoluzione chiedente l'entrata dei
tedesco-nazionali nel Governo ed affermante la impossibilità, nelle attuali circostanze, di
una collaborazione col Centro.Altri membri del Centro si dichiararono invece aspri nemici dell'entrata dei tedesco-nazionali nel Ministero, tendendo piuttosto a ricostituire l'antica cosiddetta "piccola coalizione" (Centro-democratici-socialisti), affine di poter fare su questa base una politica nettamente repubblicana. Un giornale (sebbene non dei principali) del Centro, il "Neues Reich" (4 Ottobre corrente) giunse anzi sino a preannunziare una rottura del partito: "Se l'ala destra del Centro (esso scrisse) coopera alla formazione del blocco borghese, si avrà una scissura, che potreb-
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be essere insanabile: vi sono persone, le quali
pensano che dovrà giungersi una buona volta a questo punto e formarsi in tutta la Germania
un partito sociale democratico repubblicano con inclusione dei democratici e dei
socialisti". Il più spiccato esponente di questa tendenza di sinistra è l'ex-Cancelliere
Dr. Wirth, così tenace ed avanzato nelle sue convinzioni democratico-repubblicane, per
il trionfo delle quali cerca volentieri l'appoggio dei socialisti, che il 28 dello scorso
mese di Settembre prese parte in Mannheim alla solenne inaugurazione del monumento al capo
della socialdemocrazia Ludovico Frank, caduto in guerra,
pronunziandovi un discorso, il quale, per essere stato il Frank un fiero avversario della
idea cristiana, produsse in vasti circoli del Centro stesso dolorosa sorpresa. Aderiscono
completamente alle idee radicali del Wirth in modo particolare il deputato Joos di München-Gladbach (testé, come mi è stato riferito, decorato dalla
S. Sede), la deputatessa Signorina Cristina Teusch (come si
dice, innamorata del Wirth), il deputato Ditz [sic] (il
quale2, amico
dell'Erzberger, lo accompagnava il giorno del di lui assassinio), il deputato ed ex-Ministro
Giesberts, il Sac. Ulitzka, deputato dell'Alta Slesia, ecc. Le
numerose sedute della frazione, in cui venne dibattuta la questione dell'allargamento della
coalizione, riuscirono estremamente agitate; il Wirth minacciò, qualora si effettuasse
l'estensione verso destra coi tedesco-nazionali, di consumare insieme ai suoi seguaci la
scissione del Centro, creando un nuovo partito. Sebbene poi la assoluta maggioranza dei
membri della frazione fosse apertamente per la an-18r
zidetta
estensione, particolarmente perché lo scioglimento del Reichstag, che sarebbe
riuscito altrimenti inevitabile, e le nuove elezioni, che ne sarebbero seguite,
costituirebbero nelle presenti circostanze una pericolosa incognita, il Cancelliere Marx si
dichiarò egli pure ad essa nettamente contrario; egli riteneva infatti che l'entrata dei
tedesco-nazionali nel Ministero avrebbe sollevato all'estero le più gravi diffidenze, – che
i medesimi avrebbero voluto mutare (come dimostravano le affermazioni della loro stampa)
l'indirizzo del Governo tendente ad una politica di conciliazione verso l'Intesa, – che il
Centro in un simile Gabinetto, dal quale i democratici sarebbero usciti, rimarrebbe come
l'estrema ala sinistra e sarebbe così ridotto allo stato di una minoranza al servigio dei
prevalenti partiti nazionalisti, compromettendo la sua situazione indipendente, – che il
Gabinetto stesso, perduto l'appoggio dei democratici, non avrebbe avuto nel Reichstag
se non una debolissima maggioranza di nove voti e condurrebbe quindi una vita stentata,
sempre esposto agli attacchi degli avversari, – che infine i socialisti, i quali avevano
tenuto sinora una condotta moderata e conciliante, avrebbero mosso al nuovo Governo la più
fiera opposizione. Malgrado ciò, il Sig. Marx, mosso dalle premure dell'ala destra del
Centro, consentì ad un tentativo per includere i tedesco-nazionali, a condizione però che
almeno il Ministro della Reichswehr Sig. Gessler (democratico) consentisse, d'intesa
col suo partito, a rimanere nel Ministero; ma, poiché il partito democratico rifiutò
qualsiasi collaborazione ad un siffatto blocco di destra e, d'altra parte, i
tedesco-nazionali avevano avanzato pretese esorbitanti, esigendo quattro portafogli, fra i
quali almeno due avrebbero dovuto essere conferiti a deputati, che avevano votato contro le
leggi 18v
per l'esecuzione del pianoDawes, il Cancelliere ha giudicato fallito qualunque tentativo di
soluzione della crisi ed ha proposto la sera del 20 corrente al Presidente del Reich lo scioglimento del Reichstag e le nuove elezioni. Il relativo decreto
presidenziale è stato immediatamente emanato la sera stessa.La mattina del 17 corrente alle ore 11 antimeridiane fui ricevuto dal Signor Cancelliere, il quale mi espose le considerazioni già sopra accennate, che avevano guidato la sua condotta nella crisi attuale. Trattandosi di questione interna di partiti, mi parve opportuno di osservare un'attitudine di riserbo; non mancai tuttavia di far delicatamente rilevare al Sig. Marx il danno che, anche in vista delle prossime elezioni, poteva derivare ai cattolici dalle loro attuali divisioni interne, rese anche più profonde da qualche deviamento di alcuni rappresentanti dell'ala sinistra del Centro; gli ricordai anche come, verso la fine dello scorso mese di Luglio, avendo avuto occasione di interrogarlo sulla possibilità della conclusione di un Concordato col Reich, egli stesso aveva affermato che un allargamento del Gabinetto verso destra ne avrebbe, sotto vari punti di vista, e soprattutto nella questione scolastica, reso più probabile la riuscita. Questo del Concordato col Reich fu del resto l'argomento, su cui intrattenni più specialmente il Sig. Cancelliere. Gli spiegai come il Concordato bavarese, già firmato, attendeva l'approvazione del Landtag, la quale non potrà aver luogo, se non dopoché il Sig. Ministro del Culto avrà terminato i negoziati pendenti coi protestanti; questi infatti, per votare a favore del Concordato stesso (ed il loro appoggio è necessario onde
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raggiungere la maggioranza) esigono che sia
contemporaneamente regolata altresì la loro situazione. D'altra parte, il Württemberg ha già
ordinato con legge unilaterale del 3 Marzo c. a. (su cui
non omisi a suo tempo di riferire all'Eminenza Vostra) i rapporti fra lo Stato e le società
religiose; la Sassonia sta attualmente preparando un simile progetto
di legge; nell'Hessen parimenti vari partiti urgono per una
sistemazione di questa importante materia (alcuni per mezzo di un Concordato, altri, come i
socialisti, nel senso della separazione dello Stato dalla Chiesa); in Prussia lo stesso Episcopato, e particolarmente l'Emo Sig. Cardinale Bertram, insiste perché sia quanto prima ristabilita una chiara
situazione di diritto, massime per ciò che concerne la provvista degli offici ecclesiastici,
non essendo l'attuale stato transitorio più a lungo tollerabile; ed anzi lo stesso Ministero
dell'Interno del Reich ha inviato sin dalla fine del passato Luglio ai Governi degli
Stati particolari per essere discusso nel Reichsrat un disegno di legge relativo allo svincolo delle prestazioni finanziarie dello Stato
alle società religiose. In vista di tutto ciò, rappresentai al Signor Cancelliere la
impossibilità di rimandare ormai più oltre le trattative per il Concordato anzidetto e la
necessità che il Governo del Reich prenda una decisione al riguardo, giacché una
volta che tutti od almeno la maggior parte degli Stati particolari avranno regolato la loro,
in via concordataria o legislativa, tale materia, verrà meno ogni fondamento per addivenire
alla conclusione del Concordato in que-19v
stione. Il Sig.
Cancelliere mi rispose che, essendo a norma della Costituzione germanica, di competenza del
Reich il determinare i principi relativi ai diritti ed ai doveri delle società
religiose, questo ha interesse di impedire che i singoli Stati procedano per conto loro, e
mi promise quindi che avrebbe preso in mano la questione, sottoponendola senza indugio al
Gabinetto. Rammentai allora al Sig. Marx che già sin dal Novembre 1921 avevo presentato al
Dr. Wirth, allora Cancelliere e Ministro degli Esteri del Reich, uno schema
contenente i desideri della S. Sede e previamente discusso in una riunione
confidenziale, cui anche l'attuale Cancelliere aveva preso parte; detto schema ed il testo
già fissato del Concordato bavarese potrebbero servire di base per le trattative, nelle
quali sarebbe altresì necessario di esaminare e di definire i limiti della competenza fra il
Reich e gli altri Stati particolari della Germania. Il Sig. Marx convenne
pienamente in tali concetti.La questione del Concordato col Reich fu difatti proposta dal Sig. Cancelliere all'intiero Gabinetto nella seduta del giorno seguente Sabato 18 corrente. Tutti i Ministri si dichiararono favorevoli a che, prescindendo da qualsiasi considerazione di crisi governativa, i lavori interni preparatori fossero immediatamente cominciati ed attivamente proseguiti. Ciò mi venne confermato in occasione di un déjeuner dato in mio onore Lunedì 20 corrente dal Presidente della Repubblica tedesca Sig. Ebert, ed al quale presero parte il Can-
20r
celliere, quasi tutti i Ministri e vari Segretari di
Stato del Reich, il Ministro Presidente ed il Ministro del Culto della Prussia, l'Ambasciatore di Germania a Mosca Sig. Conte Brockdorff-Rantzau, il Ministro di Germania a Berna Dr. Müller e il Revmo Mons. Ludovico Kaas,
deputato al Reichstag.Chinato umilmente al bacio della Sacra Porpora, con sensi di profondissima venerazione ho l'onore di confermarmi
Di Vostra Eminenza Reverendissima
Umilissimo Devotissimo Obbligatissimo Servo
+ Eugenio Pacelli Arcivescovo di Sardi
Nunzio Apostolico
1↑Hds. eingefügt von
Pacelli.
2↑Hds. am linken Seitenrand neben der Textpassage "il deputato Joos […] il
quale" eingefügt: "non è vero", vermutlich vom Empfänger.
Recommended quotation
Pacelli, Eugenio to Gasparri, Pietro from 22 October 1924, in: 'Kritische Online-Edition der Nuntiaturberichte Eugenio Pacellis (1917-1929)', document no. 1737, URL: www.pacelli-edition.de/en/Document/1737. Last access: 21-12-2024.Linking document(s)
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